Contro il DDL femminicidio e altre oppressioni misandriche

In questi giorni nell’androsfera è un coro (cui mi sono unito ci mancherebbe) di lamentazioni sul DDL femminicidio, come se i partiti all’opposizione non ne avrebbero votato uno anche peggiore. Chi si straccia le vesti sono gli stessi che credono che le leggi misandriche si possano annullare con tavoli, gazebi e referendum, in una parola: inciuci.
Secondo loro il sistema femminista opprime gli uomini ma è “demokratico” e gli mette gentilmente a disposizione i mezzi per “cambiarlo”. Perché non si tratta più di combattere il femminismo ma di venire a patti con esso, tradotto mendicare un posticino nello Stato profondo in barba ad attivisti ed elettori. Questo spiega certe linee editoriali solo apparentemente dissociate, in cui da un lato si attacca “chirurgicamente” (cioè senza MAI metterne in discussione i presupposti di fondo) il femminismo, sperando di creare un disturbo lieve, ma sufficientemente forte da convincerlo ad aprire “tavoli” che si implorano tenacemente da anni.
Vengono invece passati sotto silenzio, persino da chi si interessa di salute maschile, due temi fondamentali: non è stato ratificato il trattato pandemico globale, che fa decidere a un’autorità non italiana e PRIVATA chi deve sottoporsi a trattamenti sperimentali coperti da segreto militare, addirittura chi può lasciare non dico il Paese ma il proprio quartiere.
Non so quanti uomini saranno falsamente accusati di femminicidio, ma sicuramente meno dei milioni che hanno accusato effetti avversi.
Salta anche la menata delle case green, che obbligherebbe a cedere la propria casa di abitazione a disinteressate banche che ci obbligherebbero a pagargli l’affitto (stabilito in base a criteri “privati”). Sempre che non blocchino la carta di credito perché non siamo femministi. Anche qui le cifre sono superiori a quelle dei femminicidi: il 75% delle prime case.
Ciononostante, queste inattese notizie (perché non mi aspettavo certo che il governo facesse qualcosa) non passano il paraocchi di certa androsfera.
Tutto bene dunque? Niente affatto, il DDL femminicidio è il preludio a discriminazioni ben più pesanti, non necessariamente basate (solo) sul genere ma anche sulle idee politiche, sanitarie, religiose e forse pure sull’appartenenza a una “razza” (la “nostra”, spero abbiate capito).
In un’epoca di tracollo ufficializzato dei più elementari diritti umani, c’è ancora chi pensa alle raccolte firme.

Veniamo ora al DDL:

E’ la fine del diritto e della convivenza umana

E’ la fine del diritto, tradotto della convivenza umana. E’ il fondo della barbarie per cui si tornerà alla legge della giungla e non mi riferisco ai femminicidi.
Oggi sono gli uomini. Domani gli anziani, o i disoccupati, o i non-immigrati.

Ennesima conferma di quanto vado dicendo da anni (lo dice anche il prof. D’Amico): è una sciocca illusione pensare che di fronte ad un’aggressione culturale, legislativa, ideologica possiamo difenderci con gli stessi mezzi messi a disposizione dal sistema. Eppure c’è ancora chi pensa che la QM si possa risolvere con petizioni, gazebi (vuoti) e referendum (deserti), che al massimo possono dare visibilità ma non servono assolutamente a nulla.
Altri scribacchiano che propongo “impossibili rivoluzioni palingenetiche”, tradotto il femminismo è il progresso eterno (un po’ come il presidente eterno del noto Paese) per cui non si torna indietro.

Il femminismo non è il progresso eterno

Invece simili cambiamenti sono non solo possibili, ma inevitabili. Sarebbe il caso di familiarizzare con l’idea che ogni fenomeno (ad es. il femminismo) spinto all’estremo si muta improvvisamente nel suo contrario. Lo scoprirono gli Scolastici 800 anni fa ma oggi viviamo nelle nebbie di Kant e compagni.
Per impossibile che appaia il mondo del futuro (in cui i popoli occidentali potrebbero non esistere più) sarà radicalmente diverso da quello di oggi, con valori che oggi ci appaiono superati ma che sono, appunto, alla base di ogni convivenza umana. A partire dall’uguaglianza giuridica degli esseri umani.

Perché gli Incel sono essenziali, e non da rieducare, nel movimento maschile

Agli Incel sono stati riservati dal mondo maschile toni duri, risparmiati alle donne e alle stesse femministe cui non di rado vengono profusi inaspettati complimenti.
Perfino quando si afferma di riabilitarli, degli Incel si parla con degnazione paternalistica e appena dissimulato imbarazzo, dietro cui balugina la ripugnanza verso gli ospiti malaccetti nel salotto buono.
Il lupo travestito da pecora non convince ma andiamo al punto.

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Società permissiva nemica dell’uomo

Attenzione: qui non si parla di società permissiva dal punto di vista morale, ma di società centrata sul capriccio individuale e sull’assenza di regole e tutele nei rapporti uomo-donna.

La condizione maschile si può migliorare solo mettendo in discussione alcuni assunti della società “liquida” dei consumi di cose e persone.

La guerra all’uomo iniziata col femminismo che pretende di aver coscienza politica, è in realtà funzionale alla disarticolazione delle strutture sociali e istituzionali fondamentali, che costituiscono un freno alla riduzione dell’essere umano a mero consumatore.

L’estremo permissivismo (a partire dai noti privilegi antimaschili che derivano da mantenimento e false accuse) è nemico di un ordine sociale stabile che parte dall’uomo, dal capofamiglia per arrivare alle complesse istituzioni che, piaccia o no, da sempre hanno fondamenta maschili.

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Femminismo: giocattolo distruttivo della finta rivoluzione borghese

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Uno degli aspetti più rivoltanti, ma anche più comici, del femminismo è la sua perfetta compatibilità col capitalismo terminale, che a parole avversa.
Il femminismo da decenni tuona contro ogni struttura sociale tradizionale; il capitalismo globale dissolve discretamente, con la persuasione morbida del marketing, la compagine civile sostituendo ogni ruolo umano con categorie socioeconomiche.
Il femminismo è il megafono servile del mercato, che per allevare docili consumatori ha bisogno di sbarazzarsi del passato, veicolando l’idea che non ci sia nulla da trasmettere.
Le femministe e gli uomini che le sostengono sono gli esemplari umani più idonei a questo modo di vivere.
Anche il debole dibattito sull’utero in affitto, estrema commercializzazione di processi naturali gratuiti come il brevetto delle sementi, sfocerà inevitabilmente nella sua promozione: col pretesto della libertà della donna.
E’ ora di scuoterci di dosso la pregiudiziale femminista e comprendere il femminismo per quello che è: un sistema ideologico puramente distruttivo, progettato per l’affondamento di società avanzate.

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Il femminismo non produce civiltà in grado di durare, è sempre in opposizione a qualcosa. Senza un avversario, vero o immaginario, cessa di esistere.
Afferma di essere contro il mercato e lo sfruttamento, che attribuisce a valori patriarcali, dimenticando che nulla è più liquido e aperto del capitalismo multinazionale. Il femminismo è un lusso della società dei consumi di cui la donna detta emancipata, ma in realtà integrata nel circuito del commercio globale, è un’icona.

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Noi uomini, discriminati dal supermercato mondiale, siamo in realtà una posizione di vantaggio sulle femministe e tutti gli altri soggetti che abbracciano questo periodo di transizione come fosse la sostanza e la realtà.
Il femminismo va preso per quello che è, un giocattolo distruttivo della finta rivoluzione borghese. In realtà, l’unica rivoluzione possibile nel mondo liquido è quella della stabilità: tutto ciò che è stabile è sovversivo per il potere con la sua semplice esistenza.
Alla logica femminea del consumo di merci e persone bisogna rispondere con costanti antropologiche senza tempo; alle emozioni facili necessarie a vendere con la ragione; alla società liquida con la creazione di realtà stabili; alla distruttività con lo spirito costruttivo.
Il femminismo, regno dell’isterismo emozionale, si dissolverà da solo, come un’onda sulla roccia di ritrovati principi maschili.

Il post-umano, traguardo ultimo dell’anti-maschile

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Se si volesse definire la Questione Maschile in una frase, si potrebbe dire che l’uomo (inteso come maschio) è una pietra d’inciampo nella marcia verso il post-umano.

Si è cominciato col femminismo, che ha progressivamente distrutto la paternità e la famiglia, in sinergia con la pseudo-liberazione sessuale della donna, determinata dalla pillola anticoncezionale, che ha escluso l’uomo dalla scelta della paternità.

La pillola era per il terzo mondo, ma costava troppo e sono state le donne occidentali a ingoiarla. Il risultato è stata la dissociazione della sessualità dalla procreazione, cui è seguita, grazie al femminismo, la dissociazione della procreazione dalla paternità. Il padre non è più il genitore naturale ma colui che cresce il bambino: solitamente il secondo marito, a spese del primo.

Le nuove tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno comportato un ulteriore trasferimento di responsabilità della procreazione, passata dalla coppia al legislatore, e dal legislatore alla sola donna.

Un’ulteriore tappa nella marcia verso il post-umano, che si vuole inesorabile, è il cosiddetto “matrimonio per tutti”, il cui vero obiettivo è celato.

Nel matrimonio per tutti la questione dell’omosessualità è del tutto secondaria, ci sono sempre stati omosessuali, ma questo pseudo-matrimonio è un ulteriore passo per infrangere la filiazione. E’ questo l’obiettivo, arrivare al postumano, all’“uomo digitale”.

Già una deputata francese favorevole al matrimonio omosessuale ha detto che “dissociare quest’ultimo dall’adozione sarebbe un grave errore”. Ha certamente ragione.

Tutti questi cambiamenti non sono possibili se non obliterando la nozione di uomo (maschio), facendo letteralmente sparire il maschile dalla società. Una sociologa femminista, Irène Théry, ha affermato che “le modalità di filiazione non possono restare ferme, quando la società non si basa più sulla distinzione tra maschio e femmina”. Si passa dalla filiazione biologica alla filiazione sociale.

Aggiunge che “la filiazione ieri non era biologica, ma fondata sull’istituto del matrimonio” considerato come causa di tutti i mali: “l’asimmetria dei sessi [vale a dire il maschile] non ha mai prodotto la minima socialità naturale. Al contrario può essere fonte di violenze e va sempre inquadrata con regole”.

Come si vede c’è perfetta sintonia tra teoria gender, nata in gruppi femministi, e femminismo classico che considera il maschile la causa di tutti i mali : la differenza sessuale è definita come fonte di violenza obbligatoria, da alterare e reprimere. Continua a leggere “Il post-umano, traguardo ultimo dell’anti-maschile”

La donna tradizionale, tabù da rivedere?

Donna tradizionale

Parlare di donna tradizionale suscita un riflesso pavloviano di ripulsa: viene associata alla Shari’a o al Medio Evo, alla rinuncia all’aspirina e all’acqua corrente.
Tuttavia in alcuni paesi del Nord Europa, considerati moderni ed avanzati, molte donne lasciano il lavoro per dedicarsi alla nuova famiglia. Si tratta spesso di donne con elevato livello di istruzione, insegnanti, medici, e il più delle volte sono famiglie molto riuscite.
Come recitava una pubblicità, “We have no nirvanas”: si è abolita la vita interiore, gli stimoli incessanti provenienti dai media ci impediscono di riflettere, di guardare in noi stessi, non si sa più cosa sia un essere umano. La nostra è la civiltà del vuoto di valori umani e culturali, dove conta solo la produzione. Il lavoro è il narcotico per la noia, e la noia lo sprone per il lavoro. Per questo l’idea che occuparsi della famiglia sia un fardello per la donna ha attecchito così bene. Continua a leggere “La donna tradizionale, tabù da rivedere?”

Gender: dalla parte del Potere

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Ma cosa andate a pensare, cari lettori: l’ideologia gender è per la libertà e l’uguaglianza. Mica difende qualche interesse costituito, per definizione patriarcale e maschilista. Anche quanto tenta di mettere il bavaglio a chi non è conquistato da questa narrativa, alla Prima Conferenza Internazionale sulla Questione Maschile.
Come ogni buona ideologia, il gender argomenta democraticamente con chi voglia difendere i diritti degli uomini, dei bambini e della famiglia: con minacce e intimidazioni. Il buonismo gender non esita a mostrare la sua mano sinistra quando si cerca di confutarne gli assunti.
In compenso, è materia obbligatoria da far ingurgitare nelle scuole a suon di decreti ministeriali.
Ma lasciamo parlare Paul Elam, fondatore di A Voice For Men:
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Basta ignorare le donne per migliorare la condizione maschile?

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Sulla rete è molto frequente imbattersi in siti, che suggeriscono agli uomini che il rimedio alla condizione maschile consiste semplicemente nell’evitare il matrimonio e darsi a sterili attività del tempo libero: pesca, ippica e chi più ne ha più ne metta.
Sono consigli superflui: vi è già una marcata tendenza degli uomini, anche quelli non informati sulle tematiche della questione maschile, ad evitare il matrimonio e le relazioni a lungo termine. Lungi dall’avanzare proposte per cambiare le cose, questi siti si limitano a constatare uno stato di fatto e a suggerire di conformarvisi. È sufficiente questo a migliorare la condizione maschile?
Ci si sente rispondere che i nostri governi sono contrari alla famiglia e discriminano gli uomini. Vero, ma presentato così il quadro è alquanto incompleto. Evitare di mettere su famiglia e ritirarsi nel proprio particulare è esattamente l’effetto desiderato dalle leggi e dalla cultura misandrica oggi in vigore.
È troppo semplicistico pensare che basti ignorare le donne e darsi all’ippica per risolvere i problemi maschili: malgrado l’idealizzazione che se ne fa sulla rete, la vita del single medio sarà sempre più vicina a quella di uno schiavo moderno
, che a differenza di quelli dell’antichità non può nemmeno permettersi una famiglia. Il maschio disporrà di un reddito di mera sussistenza, compensato da abbondanti circenses: tv, pornografia, intrattenimento vario che lo manterranno in uno stato di docile, abulica apatia. Continua a leggere “Basta ignorare le donne per migliorare la condizione maschile?”

Grazie a Vittorio Sgarbi: sono balle!

Ci sono domande che non hanno cittadinanza.

Perché?

Ci sono domande che non hanno cittadinanza, ci sono numeri che non si possono discutere, ci sono dogmi più indiscutibili dei dogmi religiosi.

Ci vogliono bastian contrari come Vittorio Sgarbi per fare domande a tutti evidenti, che abbiano il coraggio di mettersi contro tutti e urlare che i numeri sono numeri!

Dobbiamo ammettere che tutte le affermazioni di Sgarbi in questa intervista sono assolutamente condivisibili: noi tutti siamo contro la violenza, la violenza in quanto violenza ovvio, non solo contro la violenza sulle donne. Quindi siamo anche contro la violenza sulle donne. Ciò che contestiamo sono i numeri.

E ringraziamo Vittorio perchè ha avuto il coraggio di dirlo in un ambiente così intollerante da far rimpiangere le sette!

[è una trasmissione datata: ma il fatto che il messaggio di Sgarbi non sia stato ancora colto, è ancora più grave]