Autore Topic: Giliu Tododina : La discriminazione che non fa scandalo : le quote rosa .  (Letto 1164 volte)

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Offline Stendardo

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Fonte : http://it.avoiceformen.com/leggi-anti-uomo/parte-prima-la-discriminazione-che-non-fa-scandalo-le-quote-rosa/

-Parte prima- La discriminazione che non fa scandalo: le quote rosa.
February 19, 2014 By Giliu Tododina 2 Comments

quote rosa, discriminazione maschileIn un era in cui quotidianamente vengono affrontati i temi dell’uguaglianza e delle pari opportunità, il femminismo radicale trova il suo fertile terreno di coltura. Utilizzando argomentazioni populistiche che fanno presa sull’interlocutore medio, esso sta attuando, silenziosamente e con la complicità dei poteri forti, un profondo mutamento culturale e sociale che nei sui sviluppi futuri potrebbe mettere seriamente in pericolo la libertà e le opportunità del genere maschile.

Il lettore superficiale e frettoloso, lobotomizzato da anni di dottrina femminista, esercitata attraverso slogan, campagne mediatiche d’effetto e finti dati snocciolati in tv, potrebbe sorridere di fronte a questa affermazione. Ma la realtà, se ci si sofferma qualche minuto, è più drammatica di quel che si pensa.

In nessun’ epoca storica, il mondo occidentale ha mai dato tanto valore alle donne e alle loro problematiche come in quella contemporanea, al punto che oggi, se di discriminazione si vuol parlare, essa sta colpendo gli uomini, divenuti il capro espiatorio dei fallimenti del gentil sesso e valvola di sfogo delle sue frustrazioni.

L’ideologia femminista, abusando del principio delle pari opportunità, ha finito per scavalcarlo, facendo apparire addirittura legittimo e positivo il suo superamento. Essa non solo ha imposto coattivamente la partecipazione femminile in alcuni settori lavorativi e in politica, ma si è fatta promotrice di iniziative finalizzate alla tutela di genere che, paradossalmente, si sono tradotte in vere e proprie discriminazioni nei confronti del mondo maschile.

In ambito nazionale e internazionale, conseguenza diretta della propaganda femminista sono state le quote rosa. Introdotte con la legge 120/2011, cosiddetta Golfo-Mosca, esse hanno imposto alle società quotate in borsa, sia pubbliche che private a partecipazione statale, di rinnovare i propri organi sociali, riservando una quota pari al 30% dei propri membri alle donne. Successivamente, questo vero e proprio privilegio d’ancien regime  è stato esteso alle liste elettorali comunali, (aumentando la percentuale a un terzo e introducendo addirittura la doppia preferenza in lista), e alle commissioni esaminatrici pubbliche.

In totale spregio del principio di uguaglianza e della meritocrazia, di cui oggi se ne fa un gran parlare, questo strumento è una vera e propria corsia preferenziale che consente a qualsiasi persona di occupare un posto di rilievo, in un Consiglio di Amministrazione societario o in politica, solo perché di sesso femminile. A prescindere dalle reali ed effettive capacità, una donna dovrebbe avere un posto riservato solo perché tale, per l’unico motivo che una legge, ideologicamente orientata, ne imponga coattivamente la presenza.
Il merito, per le femministe, dovrebbe valere per tutti tranne che per le donne, al punto che, ancora oggi, riguardo alla recente riforma della legge elettorale di cui si discute in Parlamento, sono state avanzate proposte di imporre nelle liste elettorali il 50% di presenze femminili.
Addirittura, con legge cost. del 30 maggio 2003 è stato modificato l’art 51 della Costituzione, per rendere legittima questa vergognosa pratica discriminatoria, giudicata incostituzionale già nel 1995, perché le quote: «non si propongono di “rimuovere” gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro direttamente quei risultati medesimi» (Corte Costituzionale, sent. n. 422 del 1995).
Sfruttando strumentalmente il principio di uguaglianza, si è arrivati ad attribuire alle donne veri e propri privilegi di genere, con la grave compiacenza delle Istituzioni che sul rispetto effettivo di tale principio dovrebbero vigilare.

Vorremmo però chiedere alle lobbies femministe e a coloro che le rappresentano, per quale motivo tali battaglie ideologiche non vengono intraprese per garantire il rispetto della parità di genere in quei settori in cui a prevalere è la presenza femminile, ad esempio nelle scuole, nelle pubbliche amministrazioni o nei servizi sociali. Oppure perché non si impongono quote rosa anche in quei settori lavorativi usuranti e pericolosi che sono totalmente appannaggio del genere maschile.

Le pari opportunità non fanno comodo in questo caso?

Recentissima è la notizia dell’esplosione di una miniera in Ucraina il cui bilancio è di sette morti, ovviamente tutti di sesso maschile. Non abbiamo sentito nessuna femminista impegnata mostrare sdegno per le condizioni pietose in cui sono costretti a lavorare migliaia di uomini quotidianamente, correndo seri pericoli per la propria incolumità e rischiando la morte, né visto sventolare lo spauracchio dell’uguaglianza di genere in nome di un effettiva parità.

La logica deduttiva femminista è la seguente: dove le donne sono in minoranza, la causa è del maschilismo che impedisce loro l’accesso, ad eccezione dei settori in cui conviene non essere affatto presenti (cantieri, pescherecci, miniere, ecc.). Laddove, invece, esse sono in maggioranza, il merito è tutto personale e conseguenza della loro capacità, tenacia e intraprendenza.
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius