Autore Topic: l'università di classe  (Letto 1438 volte)

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l'università di classe
« il: Febbraio 14, 2010, 19:09:55 pm »

quello sotto è il quadro della nostra università

una università di CLASSE dove accedono e si laureano solo coloro che provengono da famiglie benestanti e colte. (evidenzio: famiglie COLTE perchè spesso si parla di classe/censo solo in base al reddito ma vi sono anche altri fattori!!)

l’ Italia è tra gli ultimi Paesi europei occidentali per laureati rispetto alla popolazione .

(i primi due articoli si riferiscono al 2009, il terzo al 2010)



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http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=11974

il rapporto pubblicato da Eurostat, l’equivalente europeo dell’ISTAT, fotografa un’Italia agli ultimi posti nella classifica dei giovani laureati: solo il 19% dei connazionali di età compresa tra 25 e i 34 sono in possesso del diploma di laurea.
Il nostro paese riesce a fare meglio solo di Slovacchia, Romania e Repubblica Ceca ma risulta ben al di sotto della media europea che è superiore al 30%. Per non parlare dei paesi più virtuosi (Francia, Gran Bretagna, Spagna) che si collocano oltre il 40%: più del doppio dell’Italia.[...] Ma quello che colpisce ancor di più è il dato sulla classe sociale di appartenenza. Meno del 10% dei laureati proviene da famiglie con basso livello di istruzione, mentre quasi 7 volte di più sono i laureati provenienti da famiglie con laurea.

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http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/scuola_e_universita/servizi/universita-2009-1/iscrizioni-in-calo/iscrizioni-in-calo.html

Immatricolazioni universitarie a picco. In appena due anni, mentre il numero di studenti promossi alla maturità è notevolmente cresciuto, i nuovi iscritti all’  università sono scesi del 4,4 per cento. Un calo con il quale dovranno fare i conti i singoli atenei che non sembrano più attrarre i giovani come qualche anno fa.
In Italia, il numero di immatricolazioni all%u2019anno accademico 2008/2009 fa segnare il record negativo degli ultimi sette anni. Secondo il dato diffuso qualche giorno fa dal ministero dell%u2019Università, le new entry di quest%u2019anno toccano quota 312.104. Nel 2006/2007 furono oltre 14 mila in più: 326.384 in totale. Le regioni italiane dove si registra il decremento più consistente sono quelle meridionali: meno 6,6 per cento in un solo anno.

Eppure, considerato che gli studenti promossi all%u2019esame di maturità sono aumentati in maniera consistente, le cose sarebbero dovute andare diversamente. In base alle percentuali di candidati, non ammessi (dall%u2019anno 2006/2007) e bocciati agli esami di stato pubblicati dal ministero dell%u2019Istruzione, nel 2004/2005 si diplomarono quasi 430 mila studenti che sono arrivati a 463.400 l%u2019anno scorso. Ma nello stesso periodo gli ingressi all%u2019università sono diminuiti. Nel corrente anno accademico, rapportando gli immatricolati con i diplomati dell%u2019anno precedente, solo due studenti su tre (il 67 per cento) hanno scelto di proseguire gli studi dopo la scuola. Due anni fa la percentuale era di gran lunga superiore: oltre il 75 per cento.

L%u2019università con ogni probabilità non è più vista da studenti e famiglie come l%u2019unico percorso di studi che può ampliare gli sbocchi lavorativi. Sempre più giovani preferiscono fermarsi dopo il diploma della scuola secondaria di secondo grado e cercare un lavoro. Erano 100 mila nel 2004/2005 mentre quest%u2019anno sono saliti a 150 mila. Oltre alle difficoltà di trovare un impiego anche dopo la, laurea, uno dei fattori che probabilmente ha contribuito a scoraggiare l%u2019ingresso all%u2019università è il costo delle tasse e dei contributi richiesti dagli atenei.

Nel 2002, la contribuzione studentesca totale ammontava a poco più di un miliardo e 100 milioni di euro. Cinque anni dopo, gli studenti hanno versato nelle case degli atenei italiani quasi un miliardo in più (2 miliardi e 79 milioni, con un incremento dell%u201989 per cento) che solo, in parte (260 milioni di euro) sono serviti ad aumentare i cosiddetti interventi a favore degli studenti: borse di studio, prestiti d%u2019onore, scambi internazionali, interventi a favore di studenti disabili, posti-alloggio e altri sussidi). Nello stesso periodo (dal 2002 al 2007) la popolazione studentesca ha subito un incremento ma soltanto del 22 per cento.
(4 febbraio 2009)

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AGGIORNAMENTO :

http://www.repubblica.it/scuola/2010/02/14/news/iscrizioni_universita-2297843/

In calo le immatricolazioni negli atenei italiani, ma solo al Centro e al Sud. Nelle regioni settentrionali le new entry nel sistema universitario sono in continuo aumento. Ancora una volta, i dati relativi alla formazione dei giovani mostrano un’Italia spaccata in due. Ma quella del Belpaese sembra anche un’università sempre più per soli ricchi. Gli ultimi dati sembrano confermare proprio questa linea. Anche perché non è un segreto che le tasse universitarie (e tutte le altre spese connesse allo studio) sono in continuo aumento e la spendibilità del titolo finale è sempre minore.

Come spiega lo stesso ministero dell’Università i dati sono ancora provvisori, ma comunque ufficiali e con tanto di confronto con l’anno precedente. Nell’anno accademico in corso, il 2009/2010, gli immatricolati (cioè coloro che si sono iscritti per la prima volta a un corso universitario) sono in calo del 2,3 per cento: 304 mila e 600 neo universitari contro gli oltre 312 mila dello scorso anno. Un dato che sommato a quello del 2008/2009 porta a una perdita secca del 5 per cento in un solo biennio.

Ma non tutti gli atenei devono fare i conti con la fuga degli studenti. Nelle regioni settentrionali, gli immatricolati sono in crescita di ben un punto e mezzo. E’ nelle regioni centrali e meridionali che il saldo è negativo. Quest’anno, i neoiscritti negli atenei del Sud sono diminuiti del 7 per cento, nelle regioni centrali il calo è più modesto: meno 2,4 per cento. Rettori e presidi di facoltà devono, quindi, mettere in campo le migliori intelligenze per evitare di ritrovarsi nei prossimi anni con aule semivuote.

Ma perché in Italia l’appeal della laurea fra i giovani sta lentamente scemando? Costi troppo alti per le famiglie o consapevolezza che anche con il titolo in mano trovare un lavoro ben retribuito diventerà un’impresa non da poco? Una cosa è certa, nel nostro Paese i costi per mantenere un giovane all’università sono in continuo aumento e gli immatricolati calano. Nel 2007/2008, di sole tasse universitarie si pagavano in media 870 euro l’anno, oltre 50 euro in più rispetto all’anno precedente. Ma la fascia più numerosa (il 20 per cento) pagava tra i 1.000 e i 1.500 euro. Adesso la media sfiora i 1.000 euro.

Occorre poi conteggiare le spese per i libri e tutto il materiale didattico, ma anche l’affitto e le spese di trasporto per coloro che vivono fuorisede. E’ lo stesso Cnvsu (il Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario) che nel suo rapporto annuale sottolinea il fenomeno del calo delle immatricolazioni. Dopo il picco del 2002, con 74,5 maturi al diploma che proseguono gli studi all’università, il trend si inverte. E nel 2007/2008 gli studenti dell’ultimo anno della scuola superiore che continuano gli studi sono appena 68,4 su 100 diplomati. Ma, nonostante il numero di immatricolati sia in netta diminuzione, in alcune regioni meridionali la percentuale di studenti che studiano fuori dalla regione di residenza è in crescita.
Io ho riposto le mie brame nel nulla.
(Stirner , L'Unico e la sua proprietà)
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