Autore Topic: un mondo in frantumi  (Letto 1241 volte)

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Offline jorek

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un mondo in frantumi
« il: Gennaio 03, 2011, 12:25:40 pm »
http://www.loccidentale.it/articolo/un+mondo+in+frantumi.+la+peggiore+eredit%C3%A0+del+concilio+vaticano+ii.00100558

Mentre l’imperialismo sovietico estendeva la sua ombra sul mondo, nel mese di giugno di quell’anno (1978, ndr) Alexander Solženicyn tenne ad Harvard un memorabile discorso, dal titolo Il mondo in frantumi in cui denunciava il cedimento dell’Occidente di fronte al “socialismo reale”. Il dissidente russo individuava l’errore di fondo nella “concezione del mondo dominante in Occidente che, nata nell’epoca del Rinascimento, ha assunto forme politiche a partire dall’Illuminismo ed è alla base di
tutte le scienze dello Stato e della società: la si potrebbe chiamare umanesimo razionalista o autonomia umanistica in quanto proclama e promuove l’autonomia dell’uomo da qualsiasi forza. Oppure ancora – e altrimenti – antropocentrismo: l’idea dell’uomo come centro di tutto ciò che esiste”247. Tale concezione, secondo Solženicyn:

“ha posto alla base della civiltà occidentale moderna la pericolosa tendenza a prosternarsi davanti all’uomo e ai suoi bisogni materiali. Al di fuori del benessere fisico e dall’accumulazione dei beni materiali, tutte le altre particolarità, tutti gli altri bisogni, più elevati e meno elementari dell’uomo, non sono stati presi in considerazione dai sistemi statali e dalle strutture sociali, come se l’uomo non avesse un significato più nobile da dare alla vita. E così in questi edifici sono stati lasciati vuoti pericolosi attraverso i quali oggi scarrozzano liberamente in ogni direzione le correnti del male”.

Il comunismo rappresentava, secondo Solženicyn, la forma più radicale e coerente dell’umanesimo moderno, “così che Karl Marx ha potuto dire (1844): il comunismo è un umanesimo naturalizzato”. Egli aggiungeva che:

“Se il sistema comunista ha potuto resistere e rafforzarsi nell’Est è precisamente per l’accanito e massiccio sostegno dell’intellettualità occidentale, che non notava le sue scelleratezze o, quando proprio non poteva fare a meno di notarla, si sforzava comunque di giustificarle. E oggi è lo stesso: da noi all’Est il comunismo, da un punto di vista ideologico, ha subito un completo tracollo, vale ormai zero, o anche meno; è l’intellettualità occidentale a restare in larga misura sensibile alla sua attrazione e a conservargli le sue simpatie. Ed è questo che rende incomparabilmente difficile all’Occidente il
compito di far fronte all’Est”.

Il cammino percorso dall’Umanesimo rinascimentale in poi, costituisce, secondo lo scrittore russo, la causa della perdita di interiorità dell’uomo contemporaneo. “All’Est è il bazar del Partito a calpestarla, all’Ovest la fiera del commercio. Quello che fa paura, della crisi attuale, non è neanche il fatto della spaccatura del mondo, quanto che i frantumi più importanti siano colpiti da un’analoga malattia. Se l’uomo fosse nato, come sostiene l’umanesimo, solo per la felicità, non sarebbe nato anche per la morte. Ma poiché è corporalmente votato alla morte, il suo compito su questa Terra non può essere che spirituale: non l’ingozzarsi di quotidianità, non la ricerca dei sistemi migliori di acquisizione, e poi di spensierata dilapidazione, dei beni materiali, ma il compimento di un duro e permanente dovere, così che l’intero cammino della nostra vita diventi l’esperienza di un’ascesa soprattutto morale, che ci trovi, al termine del cammino, creature più elevate di quanto non fossimo nell’intraprenderlo. Inevitabilmente dovremo rivedere la scala dei valori universalmente acquisita e stupirci della sua
inadeguatezza ed erroneità”.

Il discorso di Solženicyn fu commentato in tutto il mondo. Ciò che colpì gli osservatori più attenti, come Eugenio Corti, fu il fatto che i cristiani, anzi i cattolici, non avessero immediatamente individuato in quel discorso la analogia con la concezione della storia che li aveva caratterizzati quando la cultura cattolica non era entrata nell’attuale stato di confusione: quella visione storica che individua l’inizio della scristianizzazione nel passaggio dal teocentrismo medievale all’antropocentrismo e all’immanentismo moderno.

Nel 1959, Plinio Corrêa de Oliveira aveva tracciato sinteticamente il grande quadro di questo processo di scristianizzazione della società in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. L’opera del pensatore brasiliano, a differenza di quella del dissidente russo, era animata dalla speranza soprannaturale di chi confida nella forza indistruttibile della Chiesa cattolica. Il libro si concludeva con un omaggio di filiale devozione al Pontefice appena eletto, Giovanni XXIII, e con una espressione di fiducia assoluta nel trionfo del Cuore Immacolato annunciato dalla Madonna a Fatima. Nell’appendice alla nuova edizione dell’opera apparsa in Italia, nel 1977, il pensatore brasiliano, che 35 anni prima aveva denunciato l’infiltrazione degli errori liturgici nell’Azione Cattolica, vedeva nelle vicende storiche del proprio tempo lo sviluppo e i frutti di quegli errori che risalivano alla crisi modernista di inizio secolo. Il dialogo con il mondo era stato una resa al nemico, che ora costituiva una terribile minaccia.

Il punto di osservazione di Plinio Corrêa de Oliveira non era quello del teologo, ma del laico, filosofo, storico e uomo d’azione. Non sul merito teologico dei documenti conciliari, ma sulla realtà dei fatti e sulle loro conseguenze storiche, si fondava la denuncia che egli faceva del “silenzio enigmatico, sconcertante e spaventoso, apocalitticamente tragico, che il Concilio Vaticano II ha osservato a proposito del comunismo”.

“Questo Concilio – scrisse – si volle pastorale e non dogmatico. Infatti non ha avuto portata dogmatica. Inoltre, la sua omissione a proposito del comunismo può farlo passare alla storia come il concilio a-pastorale per eccellenza. Con tattiche aggiornate – delle quali, per altro, il minimo che si può dire è che sono contestabili sul piano teorico-pratico254 – il Concilio Vaticano II ha tentato di mettere in fuga, per così dire, api, vespe e uccelli rapaci. Il suo silenzio sul comunismo ha lasciato tutta la libertà ai lupi. L’opera svolta da questo Concilio non può essere scritta, come realmente pastorale, né nella storia, né nel Libro della Vita”.

“È duro dirlo. Ma l’evidenza dei fatti indica, in questo senso, il Concilio Vaticano II come una delle maggiori calamità, se non la maggiore, della storia della Chiesa. A partire da esso è penetrato nella Chiesa, in proporzioni impensabili, il ‘fumo di Satana’, che si va ogni giorno sempre più diffondendo, con la terribile forza di espansione dei gas. A scandalo di innumerevoli anime, il Corpo Mistico di Cristo è entrato in un sinistro processo che potrebbe essere chiamato di autodemolizione”.

Tratto da Roberto de Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau 2010

Offline ilmarmocchio

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Re: un mondo in frantumi
« Risposta #1 il: Gennaio 04, 2011, 18:26:21 pm »
Questo scritto e' molto interessante, anche se presuppone una notevole conoscenza della materia trattata.
per quanto mi riguarda, ne condivido la maggior parte delle affermazioni, sopratutto laddove si parla delle ricadute ad anni di sistanza di posizioni che potevano sembrare ottime