Autore Topic: Una soldatessa italiana  (Letto 2223 volte)

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Offline Angelo

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Una soldatessa italiana
« il: Luglio 21, 2017, 00:35:05 am »
Non è necessario offenderla, a mio avviso. L'importante è dare spazio e visualizzazioni a questa soldatessa che onora così l'Italia.

Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro.

Gilbert Keith Chesterton

Alberto1986

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #1 il: Luglio 21, 2017, 04:23:02 am »
Come ho avuto modo di dire in altra sezione, il problema non è il fatto che questa tipa sia palesemente una prostituta (non critico certo il fatto che le piaccia prendere cazzi qua e là). Il problema è che questa tipa indossa, ahimè, una divisa e purtroppo, come confermano anche recenti casi di cronaca, di questo genere di femmine ne sono piene le caserme (che fanno pure carriera utilizzando questi mezzi). Per cui, per me, queste sono solo ulteriori conferme del fatto che le donne non dovrebbero stare nè nelle forze armate nè nelle forze dell'ordine, perchè naturalmente non adatte (fisicamente e psicologicamente) a ricoprire tali ruoli.

Offline freethinker

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #2 il: Luglio 22, 2017, 06:02:16 am »
Non solo le donne non sono adatte fisicamente e psicologicamente a ricoprire ruoli nelle FFAA e nelle forze dell'ordine, ma non è neanche produtivo che li ricoprano: tanto per fare un esempio, quali delinquenti  prenderebbero sul serio una pattuglia di poliziotte che potrebbero facilmente sopraffare?

Quale esercito si proccuperebbe di trovarsi di fronte a reparti femminili? I comandanti militari che si trovassero in una tale prospettiva, come minimo penserebbero che il nemico fosse ormai alla frutta, per ricorrere alle donne :lol:   
Those who would give up essential liberty to purchase a little temporary safety deserve neither liberty nor safety.
Benjamin Franklin, Historical Review of Pennsylvania, 1759

Offline bluerosso

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #3 il: Luglio 22, 2017, 09:54:09 am »
Non solo le donne non sono adatte fisicamente e psicologicamente a ricoprire ruoli nelle FFAA e nelle forze dell'ordine, ma non è neanche produtivo che li ricoprano: tanto per fare un esempio, quali delinquenti  prenderebbero sul serio una pattuglia di poliziotte che potrebbero facilmente sopraffare?

Quale esercito si proccuperebbe di trovarsi di fronte a reparti femminili? I comandanti militari che si trovassero in una tale prospettiva, come minimo penserebbero che il nemico fosse ormai alla frutta, per ricorrere alle donne :lol:   

Concordo, ma la tua preoccupazione è più teorica che pratica.
Tu immagini una guerra di tipo tradizionale. Che in effetti ancora oggi è nel campo delle possibilità anche se sempre meno presente.
E difatti l'addestramento dei reparti è ancora strutturato su quel tipo di combattimento, per il semplice fatto che è la base di ogni combattente.
Ma stai tranquillo che in un conflitto di quel tipo non vedrai nessuna donna sulla linea di fuoco. Forse nei reparti di artiglieria che lanciano da distanze di sicurezza. Forse....

Il problema sono però gli ufficiali. Che comandano i soldati in combattimento. E li stai tranquillo che presto ne vedrai a bizzeffe di ufficiale (ufficialesse?..boh).
Soprattutto tra gli ufficiali superiori e, Dio non voglia, anche tra gli ufficiali generali.
E negli stati maggiori no?!

Un tempo i gradi venivano dati in base al ruolino di combattimento. Diventavi capitano da tenente o tenente da sottotenente in base al comportamento in battaglia o in operazioni militari. Si valutava il valore insomma. Quello vero.

Non si può pensare che siccome oggi (domani?) le guerre non ci sono, si possono assumere ruoli di comando in base a titoli o peggio per anzianità.

Ecco perché in questi tempi di pace gli eserciti siano delle pantomime. Ma comunque dannosissime.


p.s. - non conosco bene la situazione di aeronautica e marina, ma a naso la situazione è la stessa se non più grave.

Online Frank

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #4 il: Luglio 22, 2017, 11:52:10 am »
Concordo, ma la tua preoccupazione è più teorica che pratica.
Tu immagini una guerra di tipo tradizionale. Che in effetti ancora oggi è nel campo delle possibilità anche se sempre meno presente.
E difatti l'addestramento dei reparti è ancora strutturato su quel tipo di combattimento, per il semplice fatto che è la base di ogni combattente.
Ma stai tranquillo che in un conflitto di quel tipo non vedrai nessuna donna sulla linea di fuoco. Forse nei reparti di artiglieria che lanciano da distanze di sicurezza. Forse....

Il problema sono però gli ufficiali. Che comandano i soldati in combattimento. E li stai tranquillo che presto ne vedrai a bizzeffe di ufficiale (ufficialesse?..boh).
Soprattutto tra gli ufficiali superiori e, Dio non voglia, anche tra gli ufficiali generali.
E negli stati maggiori no?!

Un tempo i gradi venivano dati in base al ruolino di combattimento. Diventavi capitano da tenente o tenente da sottotenente in base al comportamento in battaglia o in operazioni militari. Si valutava il valore insomma. Quello vero.

Non si può pensare che siccome oggi (domani?) le guerre non ci sono, si possono assumere ruoli di comando in base a titoli o peggio per anzianità.

Ecco perché in questi tempi di pace gli eserciti siano delle pantomime. Ma comunque dannosissime.

Concordo.



Citazione
p.s. - non conosco bene la situazione di aeronautica e marina, ma a naso la situazione è la stessa se non più grave.

E' più grave.
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Alberto1986

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #5 il: Luglio 22, 2017, 16:32:54 pm »
.....
Un tempo i gradi venivano dati in base al ruolino di combattimento. Diventavi capitano da tenente o tenente da sottotenente in base al comportamento in battaglia o in operazioni militari. Si valutava il valore insomma. Quello vero.
...

Esattamente ciò che dico anch'io quando esce fuori quest'argomento delle donne delle FFAA/FFOO. Purtroppo la tecnologia militare (inventata dagli uomini) ha permesso e permetterà sempre più l'ingresso e l'avanzamento di carriera delle femminucce in questi ambiti, perchè ci sarà sempre meno la necessità di schierare soldati di sesso maschile in prima linea, in ruoli pericolosi e di missione (basti pensare agli UAV) , nonchè ci sarà sempre meno la necessità di coordinare le truppe sul terreno, in quando le decisioni verranno sempre più prese dai computer. Per cui le donne in divisa ricopriranno sempre più la figura della bella bambolina graduata da mostrare alle telecamere.

Offline bluerosso

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #6 il: Luglio 22, 2017, 19:45:35 pm »
Vi prego di leggere il delirio di questa "studiosa".
Quando leggo queste cose mi viene la tentazione di augurare all'Italia il coinvolgimento in un conflitto armato vero, stile WW2 per poter far capire a queste intellettuali la differenza tra la realtà e la fantasia.
Questa s'è messa in testa che il ruolo di un esercito sia quello della protezione civile.
Che il ruolo attuale dell'esercito (peace keeping) sia quello connaturato alle forze armate. Che la guerra sia un brutto ricordo legato al passato.
Queste anime belle stanno scavando l'albero da dentro.
Fortunatamente la loro capacità d'influenza è prossima allo zero.

http://geopoliticalreview.org/2016/11/le-quote-rosa-della-difesa-complesso-ruolo-delle-donne-nelle-forze-armate/

Le “quote rosa” della Difesa: il complesso ruolo delle donne nelle Forze armate

Nel 1997, il regista Ridley Scott nel suo film «Soldato Jane» fece indossare la mimetica degli incursori americani a Demi Moore. Le gesta dell’attrice potrebbero essere emulate a breve da Kristen Griest e Shaye Haver, le prime donne nella storia a diplomarsi all’Army’s Ranger School, la miglior scuola d’addestramento dell’esercito americano.

Il binomio donne e forze armate suona come un ossimoro: l’esercito, la prestanza fisica e le armi sono caratteristiche tipicamente maschili, in base alle quali l’uomo si differenzia dalla donna. Per lungo tempo le donne non hanno potuto far parte né dell’esercito né della vita pubblica, la loro esistenza era racchiusa all’interno delle mura domestiche. L’immagine di una donna combattente, però, è sempre stata contemplata dalla tradizione popolare: già ai tempi delle leggendarie Amazzoni, il primo corpo di donne armate di cui si abbia conoscenza, e della Pulzella d’Orléans che guidò l’armata francese alla vittoria. L’esercito deve trasmettere un’immagine di stabilità interna, ma anche di forza, valore ed efficienza; dunque, la difesa dello Stato è stata affidata unicamente agli uomini. Il ruolo delle donne in un conflitto è quello di vittime, piuttosto che di soldati, e il loro contributo è quello di offrire i propri figli all’esercito. Mai si è pensato che l’animo femminile potesse incarnare i valori conservatori e tradizionali delle milizie. Quelle che hanno combattuto nel passato, senza legittimazione statale, erano perlopiù partigiane, terroriste o rivoluzionarie.

I primi ad aver attuato una riforma incisiva nel proprio modello di difesa sono stati gli Stati Uniti, dove la comparsa delle donne nelle Forze armate risale alla prima Guerra Mondiale. L’evoluzione del ruolo delle volontarie all’interno dell’esercito ha visto prima le donne arruolarsi per svolgere attività sussidiarie in qualità d’infermiere, di supporto logistico e d’impiegate amministrative. In seguito, si è sentita l’esigenza d’istituire un Corpo femminile con compiti simili a quelli svolti dai colleghi uomini ad eccezione della possibilità di combattere. Infine, la fusione dei reparti ha creato un unico esercito composto da uomini e donne.

Dal punto di vista della struttura militare, uno dei migliori modelli è sicuramente quello israeliano, non solo per l’efficienza dei suoi reparti ma anche per il rapporto uomo-donna al suo interno. Il sesso femminile nell’esercito israeliano è perfettamente speculare a quello maschile, non esistono test di reclutamento diversi e nemmeno valutazioni privilegiate. Le donne che intraprendono questo mestiere sono consapevoli dell’impegno che devono dimostrare prima dell’arruolamento e durante il servizio.

Per quanto riguarda l’Italia, il percorso è stato molto lento. Nel secolo scorso, a partire dal 1919, le cittadine italiane sono state ammesse a tutte le professioni con l’esclusione, però, della difesa militare dello Stato. Si riteneva il sesso femminile non qualificato a grandi responsabilità e si preferiva mantenerle in ruoli non rilevanti; un’esclusione che rappresentava una società impreparata al cambiamento.  Il primo evento che ha portato alla riforma delle Forze armate è stato lo scoppio della guerra del Golfo, durante la quale i mass media misero in risalto la figura della donna soldato che non poteva ancora combattere, ma che comunque partecipava attivamente nel conflitto. Nell’ottobre del 1992, fu lanciato un esperimento dall’Esercito nella caserma dei Lancieri di Montebello, dove fu consentito a ventinove ragazze di svolgere per 36 ore le normali attività di addestramento. I sondaggi d’opinione rivelarono un forte sostegno alle donne soldato, specie tra i giovani, e alcune ragazze fondarono l’Associazione Nazionale Aspiranti Donne Soldato (ANADOS) che ha dato un grande contributo all’ingresso femminile nell’esercito. Bisognerà aspettare sette anni affinché il disegno di legge presentato dall’onorevole Spini venisse approvato, a larghissima maggioranza, il 29 settembre 1999. La legge n. 380 del 20 ottobre 1999 ha delegato il Governo a predisporre uno o più decreti per disciplinare l’istituzione del servizio militare volontario femminile, divenuto realtà con i primi arruolamenti nell’anno duemila. L’Italia è stata l’ultima tra le nazioni aderenti alla NATO a consentire l’arruolamento femminile; un’opportunità che ha soddisfatto l’esigenza di confronto del mondo lavorativo militare con quello civile, in un’ottica di pari opportunità di genere, consentendo inoltre di poter compensare parzialmente le perdite di personale connesse con la sospensione della leva.  L’abbandono del modello del servizio militare obbligatorio ha permesso alle donne di avere il loro spazio anche nella difesa dello Stato, ma la piena integrazione è ancora molto lontana, in quanto le donne non possono andare a combattere in prima linea. L’equiparazione dei diritti e dei doveri tra uomini e donne rimane ancora oggi una facciata e una realtà incompleta. Le donne soldato, purtroppo, sono ancora spesso vittime di infondati pregiudizi da parte degli uomini; alcuni sostengono che la donna sia fisicamente inferiore all’uomo, che non sia portata per fare il soldato, che l’uomo non può prendere ordini da una donna e che l’esercito è stato fin dai tempi antichi un’esclusiva maschile.

 Il primo caso di discriminazione si trova nei test d’ammissione:doh: Per gli istituti di formazione, sia nell’Accademia sia nelle scuole militari, le donne italiane hanno diritto a uno sconto sulle prove fisiche. Negli altri Paesi, sia NATO che non, questa disparità di trattamento e questa attenzione verso il genere femminile non esistono e le donne soldato sono trattate in modo e misura uguale agli uomini. Volontarie o professioniste possono partecipare ai concorsi per il reclutamento di ufficiali e sottufficiali in servizio permanente e di militari di truppa in servizio volontario nell’Esercito, nella Marina, nell’Aeronautica e nella Guardia di finanza. Ai concorsi possono presentarsi tutte le cittadine italiane, ma in base al tipo di concorso variano poi i requisiti e l’età massima. Il Decreto del 27 maggio 2005 ha stabilito, inoltre, l’abolizione delle aliquote negli arruolamenti delle donne nelle Forze Armate e nell’Arma dei Carabinieri.

Alla fine del 2014 risultavano in servizio nelle Forze Armate italiane e nell’Arma dei Carabinieri 11.189 donne tra ufficiali, sottufficiali e militari di truppe mentre nel corso dello stesso anno sono state reclutate 2.586 donne su 19.362 unità immesse, il 13% circa dei posti messi a concorso. Uno dei ruoli principali svolto dalle donne soldato nelle operazioni militari riguarda una serie di attività necessarie ad avvicinare le donne nei territori stranieri, soprattutto nei Paesi islamici, come i controlli e le perquisizioni corporali nei check-point o l’assistenza medica in teatri come l’Afghanistan e l’Iraq, nel rispetto della loro cultura e religione. Le loro attività sono fondamentali per far percepire in modo più positivo la presenza militare straniera dalle popolazioni autoctone. Tale presenza di personale militare di entrambi i generi ha richiesto un cambiamento di approccio nella gestione delle risorse umane, sia per quanto riguarda la vita all’interno dell’organizzazione sia per l’aspetto legato all’impiego congiunto durante i loro compiti istituzionali. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione n. 1325 del 2000 a proposito di “Donne, Pace e Sicurezza” ha segnato un punto di svolta; per la prima volta viene menzionato esplicitamente l’impatto della guerra sulle donne e il contributo delle stesse nella risoluzione dei conflitti per una pace durevole. E’ così stato introdotto il concetto di prospettiva di genere inteso quale capacità di affrontare ed esaminare ogni situazione dal punto di vista sia degli uomini che delle donne, in modo tale da identificare ogni differenza nei bisogni e nelle priorità, come pure nel tipo di contributo che ciascuno di essi può dare. L’argomento più efficace chiamato in causa per sollecitare la sensibilità degli interlocutori è la ricaduta positiva, in termini d’incremento della sicurezza e della forza dei contingenti impegnati in operazioni, derivante dalla sua adozione. E’ quanto si è verificato ad esempio ad Herat, in Afghanistan, nella zona di controllo dell’esercito italiano, dove la tenente degli Alpini Silvia Guberti ha scelto di mettere il velo per facilitare il suo lavoro a contatto con le donne del luogo.

La questione della presenza femminile nei pubblici uffici, nelle Forze dell’Ordine, nelle Forze Armate ed anche in operazioni di peace keeping non attiene semplicemente alla sfera della “political correctness” e delle cosiddette pari opportunità. Si tratta di una questione di valorizzazione delle naturali differenze e dell’impiego ottimale delle potenzialità di ciascun operatore: genere, etnia e cultura devono rappresentare una ricchezza e non un ostacolo per il processo di pacificazione e stabilizzazione. Anche in campo strategico si sono registrati gli stessi trend; la NATO, ad esempio, ha affermato l’importanza del ruolo femminile sia nella risoluzione delle controversie attraverso misure diplomatiche o implicanti l’uso della forza, sia nel potenziamento della cooperazione tra organizzazioni regionali, internazionali e sovranazionali quali l’ONU, l’Unione Europea, l’Unione Africana e altre. Le difficoltà, sorte dalla progressiva espansione del ruolo delle donne nell’esercito e dalla loro crescente presenza in un territorio prevalentemente maschile, hanno causato numerosi problemi di convivenza tra i due sessi. Tra i più gravi si può collocare il fenomeno delle molestie sessuali, in costante aumento sia nella società civile che in quella militare. Un altro problema che è stato, ed è tuttora, al centro di numerose discussioni, è il dibattito sulla possibilità o meno di destinare il personale femminile a ruoli di combattimento. Le motivazioni sono legate alla divisione dei ruoli e alla concezione della donna come essere fragile e debole, un’immagine che non trova più riscontro nella realtà e che contribuisce a rallentare il processo d’integrazione della donna nell’esercito.  :blink: Le ultime tendenze in materia di difesa vedono la donna impegnata nelle missioni di mantenimento e rafforzamento della pace. Quest’ultimo tabù è stato fatto cadere dagli Stati Uniti all’inizio di quest’anno, con l’abolizione del vincolo che vietava ai militari di sesso femminile di essere impiegate nelle zone di combattimento più avanzato o in missioni delle forze speciali. Una decisione che ha avuto reazioni anche negative da chi come il colonnello inglese Richard Kemp, ex comandante delle truppe britanniche in Afghanistan, reputa le donne una faglia del sistema militare che va ad indebolire lo spirito della missione, ovvero l’istinto killer.

Se da una parte possiamo parlare di una parità raggiunta in molti Paesi, tra i quali quelli dell’Unione europea, dall’altra non è stata raggiunta un’effettiva parità in una realtà in cui le “quote rosa” sono ancora utilizzate come strumento politico, a volte demagogico, anziché di sviluppo. Parità dovrebbe significare integrazione e valorizzazione delle differenze, non livellamento ed imposizione di un’uguaglianza non universalmente accettata.


« Ultima modifica: Luglio 22, 2017, 19:57:36 pm da bluerosso »

Online Frank

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #7 il: Luglio 22, 2017, 20:41:12 pm »
Proprio vero che la femmina media è più stupida di una foca...
Dunque, a parte il fatto il fatto che le c.d. "amazzoni" son solo una leggenda urbana, non è assolutamente vero che "solo in Italia le donne sono discriminate nei test d'ammissione",  :doh: per il semplice fatto che le suddette sono fisicamente e muscolarmente inferiori agli uomini.
Fossero "uguali" anche alle Olimpiadi esisterebbero solo gare miste.
Ed invece, proprio per permettere alle femminucce di "esistere", le gare son divise in base al sesso.
Punto.

http://www.uomini3000.it/75.htm

Citazione
DONNE IN PRIMA LINEA    

 

Una bugia che si incrina

_________________________________________________ ______

Rapporto delle FFAA della Gran Bretagna - Maggio 2002

Raccolto, tradotto e presentato da L. Raveggi

__________________________

 

Qui di seguito la traduzione di un documento ("Le Donne nelle Forze Armate") che ritengo decisamente assai interessante ed importante.

Si tratta del rapporto delle Forze Armate britanniche del Maggio 2002 presentato a conclusione di un ciclo di esperimenti e simulazioni fatte per valutare la possibilità di schierare le donne in servizio in ruoli di combattimento (qui il termine "close combat" viene tradotto "combattimento ravvicinato" - non si tratta tuttavia evidentemente di combattimento "corpo a corpo" ma di "combattimento" in senso lato).

Con questo rapporto è definitivamente tramontata nelle Forze Armate un'epoca - durata un paio di decenni - in cui sembrava che l'inclusione delle donne in tutti i ruoli (in modo indistinto con gli uomini) potesse essere solo una questione di abitudine culturale e quindi di tempo.

Il rapporto ha dovuto quindi introdurre - per confermare il bando antifemminile ai ruoli di combattimento - l'esito di esami e valutazioni dettagliate, che portano a conclusioni tanto ovvie quanto finalmente chiare ed inconfutabili.

Essi interessano dinamiche di interrelazione tra i generi i cui esiti scientifici hanno un impatto assai più ampio di quello - qui considerato - relativo alla sola vita militare.

Per quanto "cauto" nella forma (rispettosa della correttezza politica in auge) il documento dice per la prima volta senza mezzi termini che l'efficacia operativa (e dunque la sicurezza della nazione) non può essere compromessa per considerazioni ideologiche pro-feminist.

Da quanto mi risulta, anche l'amministrazione Bush sta (pur se in modo meno esplicito e "scientificamente" supportato da studi) facendo marcia indietro in merito all'impiego delle donne nelle FFAA in modo promiscuo con gli uomini (non solo il famigerato co-ed-training).

L. R.

____


LE DONNE NELLE FORZE ARMATE

 

INTRODUZIONE

 

1. Nel 1997, l'allora Ministro della Difesa annunciò che era in procinto di estendere le possibilità d'impiego per le donne all'interno delle Forze Armate in linea con il loro più ampio impegno di massimizzare le opportunità di carriera per le donne.

Di conseguenza dal 1998 le donne hanno potuto servire nel 73% dei posti in Marina, il 70% dei posti nell'Esercito e nel 96% dei posti nella RAF, ed esse ora costituiscono più dell'8% delle Forze Armate.

Le donne hanno continuato ad essere escluse soltanto dai ruoli di combattimento sul terreno, dai sommergibili e da alcuni ruoli subacquei. È stato deciso che le rimanenti restrizioni avrebbero dovuto essere riconsiderate in un tempo di circa due - tre anni.

2. Per facilitare quella riconsiderazione, è stato deciso che il MOD avrebbe dovuto effettuare un dettagliato studio delle prestazioni e dell'idoneità delle donne in ruoli di combattimento ravvicinato.

Questo ora è stata completato ed il rapporto intitolato Le Donne nelle Forze Armate reso pubblico.

3. Considerando i risultati dello studio, il Ministro della Difesa ha annunciato il 22 maggio 2002 che il processo per la rimozione delle attuali limitazioni per le donne nei ruoli di combattimento ravvicinato non veniva attuato. Il presente documento precisa i presupposti ed i ragionamenti per quella decisione.

 

RUOLO STORICO DELLE DONNE NELLE FORZE ARMATE DEL REGNO UNITO.

4. Le donne hanno svolto un ruolo vitale nelle Forze Armate per molti anni. Durante la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, le donne sono state impiegate in un'ampia varietà di ruoli, compresi molti che le esposero a pericolo estremo. Dopo la guerra, fu riconosciuto che le donne continuavano ad avere un ruolo importante da giocare all'interno delle Forze Armate e sono stati stabiliti permanentemente i Servizi Femminili. L'inizio degli anni '90, tuttavia, ha visto i cambiamenti più drammatici in tempo di pace nei loro impieghi, con donne che servivano sulle navi di superficie, come equipaggio di aerei per la prima volta, ed in una gamma di impieghi molto più grande nell'Esercito. I ruoli delle donne inoltre sono stati completamente integrati ed i Servizi Femminili separati nell'Esercito ed in Marina sono stati aboliti (il WRAF non è mai stato un servizio separato, anche se l'uso del termine è stato interrotto).

 

LE DONNE NELLE FORZE ARMATE DI OGGI

5. Questi cambiamenti hanno fatto un ulteriore passo avanti nel 1998, e le donne oggi possono trovarsi in prima fila nelle adunate sulle navi, come piloti di velivoli da combattimento, ed in una varietà di ruoli nell'Esercito compresi i ruoli di supporto al combattimento nell'Artiglieria e nel Genio. Oggi svolgono molte mansioni che sono state un tempo considerate come appropriate solo per gli uomini ed hanno fatto ciò con grande successo. In tal modo, le donne danno un contributo assolutamente essenziale alle abilità, agli atteggiamenti ed all'efficacia delle nostre forze. Noi siamo impegnati ad assicurare che più e più donne approfittino dell'ampia gamma di carriere militari aperte a loro.

Le donne non possono servire sui sommergibili o come sminatrici subacquee per motivi medici. Queste restrizioni furono argomento di una separata revisione e non sono considerate ulteriormente qui.

 

LA DOTTRINA MILITARE BRITANNICA

 

6. Le Forze Armate sono mantenute, strutturate ed equipaggiate principalmente per combattere.

Esse esistono per essere in grado di intervenire efficacemente quasi senza preavviso in qualunque tipo di conflitto fino ad una guerra generale. Esse sono addestrate quindi per guerra ad alta intensità, benché adatte ad operazioni a più bassi livelli. È stata l'esperienza negli anni recenti delle Forze Armate Britanniche il fatto che unità schierate per operazioni diverse da quelle di guerra possano anche dover ingaggiare un combattimento diretto senza preavviso. C'è quindi un sempre presente rischio di coinvolgimento in combattimento ad alta intensità.

ESCLUSIONI ATTUALI

7. Le aree principali da cui le donne sono escluse oggi - e che erano ciò di cui si occupa questo riesame - sono quelle che per le quali è richiesto di entrare deliberatamente a contatto ravvicinato ed uccidere il nemico faccia-a-faccia, cioè, i Fanti di Marina, la Cavalleria, i Corpi Corazzati, la Fanteria e il Reggimento dell'Aeronautica. Benché ci siano differenze fra le forze, tutte operano in piccole squadre delle quali la componente base è spesso la squadra "di fuoco" composta da quattro persone, che può dover affrontare il nemico a distanza ravvicinata. Questo ambiente pone esigenze straordinarie nei confronti degli individui e successo o fallimento - e sopravvivenza - dipendono dalla coesione della squadra nelle circostanze estreme rispetto alle quali non ci sono paragoni diretti nella vita civile o persino nella vita militare.

 

ESPERIENZE IN ALTRI PAESI

 

8. Nel considerare se cambiare l'attuale posizione, è stato tenuto conto dell'esperienza di altri paesi. Nella storia recente soltanto l'ex Unione Sovietica (nella Seconda Guerra Mondiale) e Israele (guerra del 1948) hanno usato le donne in ruoli di combattimento ravvicinato. Entrambi hanno abbandonato la pratica dopo la conclusione della guerra in questione. Attualmente, alcuni paesi permettono alle donne di applicarsi per servire in tali ruoli, ma non le hanno mai verificate in combattimento. Quei paesi, quali il Regno Unito e gli Stati Uniti, che ottimizzano le loro Forze per guerra ad alta intensità, generalmente non hanno aperto i ruoli di combattimento ravvicinato alle donne, o hanno disposto limitazioni su come possano essere schierate.

 

LE CONSIDERAZIONI CHIAVE

9. Lo studio Le Donne nelle Forze Armate è stato condotto per avere una migliore comprensione dell'effetto di impiegare le donne nei più esigenti ruoli di combattimento ravvicinato. Esso ha incluso un'indagine della letteratura scientifica disponibile, una revisione degli standard di selezione per le reclute, un'indagine di opinione condotta fra le Forze Armate e le loro famiglie ed i risultati di un esercitazione sul campo per esplorare l'effetto di squadre miste sulla coesione e sulle prestazioni militari. Attenta considerazione è stata data alla disponibile prova dell'effetto di includere donne in unità di prima linea. I dati esistenti e la nuova ricerca sulle prestazioni fisiche comparate di uomini e donne in un contesto militare, le differenze psicologiche che hanno effetto sulle prestazioni nel combattimento ravvicinato, le dinamiche di squadre miste e di quelle di un solo sesso e le questioni legali ed etiche che circondano l'uguaglianza e la diversità nelle Forze Armate, sono stato fra i fattori considerati.

Fattori Fisiologici

10. Le capacità fisiche richieste al personale che serve in ruoli di combattimento ravvicinato sono necessariamente alte. Qualsiasi riduzione degli standard comporterebbe rischi inaccettabili per l'efficacia operativa delle nostre forze e deve quindi essere evitata. I test fisici a cui sono sottoposte le potenziali reclute misurano la loro capacità di effettuare le mansioni che sarà loro richiesto di effettuare dopo addestramento specifico. La difficoltà dei test stabiliti sono giustificate dalle difficoltà dell'impiego.

11. Il rapporto Le Donne nelle Forze Armate ha esaminato le differenze di uomini e donne nelle abilità fisiche che sono rilevanti per le prestazioni militari ed ha osservato, non sorprendentemente, che differiscono in modo significativo. Le differenze fra donne ed uomini nella loro capacità di sviluppare forza muscolare e la forma fisica aerobica sono tali che solo circa l'1% delle donne possono eguagliare le prestazioni dell'uomo medio. Nel sollevare, trasportare e simili mansioni effettuate ordinariamente dall'esercito britannico, questo significa che, in media, le donne hanno capacità di lavoro più basse degli uomini e, quando esposte alla stessa quota di lavoro fisico degli uomini, devono lavorare più duro di un 50-80% per realizzare gli stessi risultati. Ciò le mette a maggior rischio di ferite. Nella marcia con carichi, un'altra fondamentale mansione militare, ed in tutte le altre mansioni simulate di combattimento, è stato riscontrato che le donne hanno prestazioni peggiori degli uomini e più grande il carico, più grande la discrepanza. Lo studio ha concluso che circa lo 0.1% dei candidati femminili e l'1% delle donne soldato addestrate raggiungerebbero gli standard richiesti per rispondere alle esigenze di questi ruoli.

Fattori Psicologici

12. Il rapporto ha trovato che poche delle differenze psicologiche fra uomini e donne potrebbero dirsi avere un significativo rapporto con le loro rispettive idoneità per ruoli di combattimento ravvicinato. La capacità di aggressione, tuttavia, era generalmente più bassa per le donne, che hanno richiesto più provocazione ed erano più probabili temere le conseguenze di un comportamento aggressivo. Vi era prova comunque che questo divario potrebbe essere colmato data una sufficiente libertà sociale e provocazione.


Efficacia di Combattimento

13. Elemento critico per l'efficacia di combattimento è la capacità di un'unità, formazione, nave o sistema d'arma di effettuare la missione assegnata. La fanteria e le unità corazzate operano primariamente in piccole unità così come le squadre d'assalto o gli equipaggi dei singoli carri armati ed il mantenimento della coesione fra i membri della squadra è una componente vitale nel sostenere l'efficacia di combattimento. Vi è una certa evidenza nella letteratura scientifica che l'inclusione di piccoli numeri di donne aumenta la difficoltà di creare il necessario grado di coesione. E' stato trovato che gli atteggiamenti dei membri del gruppo, specialmente gli atteggiamenti positivi e negativi nei confronti del genere sessuale e degli stereotipi sessuali, potrebbero interessare le dinamiche di gruppo e in ultima analisi l'efficacia del gruppo. Il rapporto Le Donne nelle Forze Armate ha osservato che può essere più facile da realizzare e mantenere la coesione in una squadra di un singolo sesso.

14. Un altra prova tuttavia suggerisce che, nelle circostanze normali (cioè le difficili e ardue condizioni operative, diverse dalla guerra ma non di combattimento) e dati adeguati amministrazione e addestramento, la presenza di donne in piccole unità non ha un effetto nocivo sulle prestazioni. Tuttavia, gli studi rivisti non erano basati su situazioni di combattimento e non vi è prova per mostrare se questo rimane vero sottoposti alle condizioni estreme di un combattimento ravvicinato ad alta intensità. La realtà della battaglia è che la squadra di combattimento deve funzionare efficacemente per un periodo prolungato in condizioni caratterizzate da pericolo, confusione, affaticamento e rumore estremi. Non c'è modo di sapere se le squadre miste possano funzionare così bene come le squadre tutte-maschili in un ambiente di combattimento ravvicinato. La prova empirica a questo proposito non può essere ottenuta, poiché non c'è modo di replicare le condizioni di combattimento ravvicinato con alcun mezzo senza mettere a rischio le nostre forze in battaglia.

Posizione Legale

15. La Legge sulla Discriminazione in base al Sesso (1975) permette alle Forze Armate di escludere le donne da quei posti laddove il giudizio dei militari sia che l'impiego di donne insidierebbe e degraderebbe l'efficacia di combattimento. Questa politica è stata fatta propria dalla Corte di Giustizia Europea nel mese di Ottobre del 1999, che ha stabilito nella causa Sirdar contro i l'Alto Comando dell'Esercito ed il Ministro che la Direttiva per la Parità di Trattamento non preclude l'esclusione delle donne da determinati posti nelle Forze Armate, laddove tali esclusioni siano necessarie ed adatte ad assicurare l'efficacia operativa, ma vi era un impegno di valutare periodicamente le attività interessate in modo da decidere se, alla luce delle evoluzioni sociali, la deroga dallo schema generale della Direttiva può ancora essere mantenuta.

 
MOTIVI PER LA DECISIONE

16. Il Ministro è convinto che poiché alcune donne saranno certamente in grado di soddisfare lo standard di prestazioni richiesto al personale in ruoli di combattimento ravvicinato, l'evidenza di una capacità fisica delle donne più bassa non dovrebbe, in sé, essere un motivo per mantenere le limitazioni. Né le differenze psicologiche identificate tra uomini e donne, o il divario nella capacità di aggressione, sono costringente prova che le donne avrebbero prestazioni meno buone in combattimento.

17. L'argomento chiave è il potenziale effetto di mischiare i sessi nelle piccole squadre essenziali per il successo in un ambiente di combattimento ravvicinato. La piccola dimensione dell'unità base di combattimento sul campo, accoppiata con l'inesorabile pressione mentale e fisica che si prolunga per giorni o settimane, li pone al di fuori degli altri ruoli militari. Anche piccoli fallimenti in un ambiente di combattimento ravvicinato ad alta intensità possono condurre a perdita di vita o fallimento della squadra nel conseguire i propri obiettivi. Nessuno dei lavori sia che è stato, sia che potrebbe essere fatto può illuminare la domanda chiave dell'effetto di mescolare i sessi nella squadra di combattimento nelle condizioni di combattimento ravvicinato.

18. Data la mancanza di riscontro diretto, sia derivante da esercitazioni condotte sul campo o da esperienze di altri paesi, il Ministro ha concluso che il giudizio dei militari deve costituire la base di qualsiasi decisione. Il punto di vista militare era che sottoposti alle condizioni di una battaglia senza quartiere ad alta intensità, la coesione del gruppo diventa di importanza molto più grande per le prestazioni di squadra e, in un tale ambiente, le conseguenze di un fallimento possono avere conseguenze ampie e gravi. Ammettere le donne, quindi, implicherebbe un rischio senza alcun guadagno in termini di efficacia di combattimento a compensarlo.

19. I suddetti argomenti sono stati considerati rispetto a ciascuna delle unità e dei ruoli in questione - i Fanti di Marina, la Cavalleria e i Corpi Corazzati, la Fanteria ed il Reggimento dell'Aeronautica - per decidere se essi si applicavano ugualmente a tutti loro o meno. Poiché tutti i ruoli necessitano di individui che lavorano insieme in piccole squadre che devono affrontare ed impegnare il nemico a distanza ravvicinata, il Ministro della Difesa ha concluso che il caso della rimozione delle attuale limitazioni per le donne nel prestare servizio in ruoli di combattimento non è stata dimostrata per alcuna delle unità in questione. Prendere il rischio che l'inclusione delle donne nelle squadre di combattimento ravvicinato possa avere un effetto negativo su quelle unità nelle circostanze extra-ordinarie del combattimento ravvicinato ad alta intensità non può essere giustificato.
 
SVILUPPI FUTURI

20. Il governo si impegna a promuovere l'uguaglianza di opportunità. Il Ministro della Difesa e le Forze Armate continueranno a lavorare a stretto contatto con la Commissione per le Pari Opportunità e a condividere con loro i risultati di ulteriore lavoro per esaminare i più ampli argomenti sollevati da questo studio. Le donne devono avere le opportunità di fare carriera fino ai più alti gradi, e se faranno così devono essere trovati i modi per tenere più donne più a lungo. continueranno ad essere esaminate le modalità con le quali possono essere meglio riconciliate le uniche ed esigenti condizioni della vita militare, compresa l'illimitata responsabilità di schierarsi quasi senza preavviso, con le esigenze di vita familiare. Queste esigenze contrastanti interessano anche gli uomini, ma molto più spesso gravano sproporzionatamente sulle donne. Le forze armate continueranno a sviluppare regimi di addestramento che schiuderanno il potenziale di ciascun individuo tenendo tuttavia in considerazione le differenti capacità fisiologiche degli uomini e delle donne che il rapporto evidenzia. Si cercherà una migliore comprensione dell'effetto sulla coesione di squadra in quei ruoli in cui uomini e donne lavorano insieme. Per concludere, saranno esaminate le condizioni di servizio militare che offrano la più grande flessibilità di impiego ma senza compromettere i livelli generali di efficacia operativa.

Questo documento riflette la politica per il personale in servizio del Ministero della Difesa così come nel Maggio 2002. Qualsiasi richiesta di informazione sulla politica per il personale in servizio qui contenuta deve essere indirizzata a: Direzione per la Politica delle Condizioni del Personale in Servizio (Directorate of Service Personnel Policy Service Conditions).

Ministero della Difesa - Stanza 673 - St. Giles Court - Maggio 2002

1-13 St. Giles High Street - Londra - WC2H 8LD
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Online Frank

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #8 il: Luglio 22, 2017, 20:55:59 pm »
Commento di uno statunitense risalente a 23 ore fa.

Citazione
Gestire
John Mode
John Mode This is to anyone who thinks that a woman has the physical ability to pass Navy SEAL training. Does anyone doubt that the physical rigors of warfare are probably tougher than any sport? If so then why do people seriously consider that any woman can do this. Answer this question. Why do no women (and I mean NO women) compete against men in sports? Would the world's best female athlete make (even at the college division 3 level) a men's baseball, football, rugby, soccer, or basketball team a better team? Of course not! Otherwise she would have played on men's teams. This is true because all sports cares about is winning and if women can improve a men's team they would be playing on them. In 2014 the world's best female hockey players were routinely beaten by high school boy's hockey teams. Google it. The American women's hockey team, to prepare for the 2014 olympics practised against northeastern boy's high school hockey teams and were beaten half the time...and the boy's were not allowed to body check for fear of hurting the women. Want more proof? In 2015 the Australian boy's 15 and under soccer team beat the Australian women's national soccer team 7-0! This is why no women compete against men in sports. It would be a joke. Women are only humiliated in male vs female sports. In the military when women fight against men it will mean more deaths of Americans.


@@


Citazione
Nel 1997, il regista Ridley Scott nel suo film «Soldato Jane» fece indossare la mimetica degli incursori americani a Demi Moore. Le gesta dell’attrice potrebbero essere emulate a breve da Kristen Griest e Shaye Haver, le prime donne nella storia a diplomarsi all’Army’s Ranger School, la miglior scuola d’addestramento dell’esercito americano.

In quel ridicolo film "il soldato Jane" picchia pure un marine durante uno scontro fisico...  :doh:
Peccato, per le complessate femminucce, che la realtà sia molto diversa.

Io stesso, che oramai viaggio verso i 47, non avrei problemi a scontrarmi fisicamente con una di queste wonder woman.
Così, tanto per vedere quanto son "toste".
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Alberto1986

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #9 il: Luglio 22, 2017, 21:17:18 pm »
Vi prego di leggere il delirio di questa "studiosa".
Quando leggo queste cose mi viene la tentazione di augurare all'Italia il coinvolgimento in un conflitto armato vero, stile WW2 per poter far capire a queste intellettuali la differenza tra la realtà e la fantasia.
Questa s'è messa in testa che il ruolo di un esercito sia quello della protezione civile.
Che il ruolo attuale dell'esercito (peace keeping) sia quello connaturato alle forze armate. Che la guerra sia un brutto ricordo legato al passato.
Queste anime belle stanno scavando l'albero da dentro.
Fortunatamente la loro capacità d'influenza è prossima allo zero.

http://geopoliticalreview.org/2016/11/le-quote-rosa-della-difesa-complesso-ruolo-delle-donne-nelle-forze-armate/
....

Il punto è questo: in quest'epoca di femminile allo stato brado, dove tutto è concesso e dove non c'è più freno alla follia, le femminucce sono molto brave ad riversare fiumi di puttanate, inventare e rigirare sempre la frittata a loro favore. Semplicemente, per loro, i test non saranno più discriminatori solo quando le faranno entrare perchè munite di vagina e mestruazioni (questo intendono per "differenza"). A loro non bastano i privilegi che hanno già: vogliono accedere in quanto femmine. Per frenare tutta questa follia sarebbe servita la fermezza maschile, una volta presente nella società ma oggi del tutto assente in quanto la maggior parte dei maschi moderni sono ridotti ad un mero assorbente delle turbe mentali quotidiane femminili.

Offline freethinker

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #10 il: Luglio 23, 2017, 07:47:50 am »
Vi prego di leggere il delirio di questa "studiosa".
Quando leggo queste cose mi viene la tentazione di augurare all'Italia il coinvolgimento in un conflitto armato vero, stile WW2 per poter far capire a queste intellettuali la differenza tra la realtà e la fantasia.
Questa s'è messa in testa che il ruolo di un esercito sia quello della protezione civile.
Che il ruolo attuale dell'esercito (peace keeping) sia quello connaturato alle forze armate. Che la guerra sia un brutto ricordo legato al passato.
Queste anime belle stanno scavando l'albero da dentro.
Fortunatamente la loro capacità d'influenza è prossima allo zero.

Sono d'accordo Blurosso, ma le donne non sarebbero in grado di affrontare nemmeno situazioni tipiche della protezione civile; te la immagini una donna con addosso ta tuta da pompiere che porta in spalla una vittima, mentre intorno infuria l'incendio? Oppure che regge semplicemente una manichetta standard dei VVFF in pressione e la dirige sul fuoco?
Non ce le vedo neppure a pilotare un aereo antincendio, quando rischi la vita ad ogni decollo e ammaraggio ;)
Those who would give up essential liberty to purchase a little temporary safety deserve neither liberty nor safety.
Benjamin Franklin, Historical Review of Pennsylvania, 1759

Offline Sardus_Pater

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Re:Una soldatessa italiana
« Risposta #11 il: Luglio 23, 2017, 10:51:24 am »
Parlano di discriminazione, però sulla pelle degli altri. Quella "studiosa" prima della legge Basaglia sarebbe stata internata.
Il femminismo è l'oppio delle donne.