Autore Topic: Torino, neonato trovato morto per strada. La madre lo ha gettato dalla finestra.  (Letto 5261 volte)

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Offline ilmarmocchio

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Scusate, ma vi sembra normale che una nasconda la gravidanza fino all'ultimo, fino a negare l'evidenza del pancione, e il marito non si accorga di nulla(ma i vicini di casa invece la pancia l'avevano notata, e hanno subito sospettato di lei)?
O mentono entrambi, o sono entrambi disagiati mentali. Oppure vivono da separati in casa, e il marito non se la filava di striscio da mesi, evitava pure di guardarla...e anche in questo caso, cioè di totale abbandono morale da parte dei familiari, sarebbe un'attenuante per l'assassina!
rimaniamo ai fatti . Lei ha ucciso un infante.
il  resto sono illazioni, magari in funzione processuale.
Altrimenti, tutti gli omicidi sarebbero malati

Online Frank

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Questo è un post scritto parecchi anni fa da uno dei c.d. pionieri della QM.

Citazione
Quando una madre uccide un figlio, le condizioni psichiche-emotive e l'intenzionalità condizionano il giudizio e la pena molto di più di quanto non avvenga per i padri che di regola vengono giudicati e condannati in base a dati oggettivi: reato compiuto ed effetti prodotti.

   Già negli anni Settanta, negli Stati Uniti, Philip Resnick osservava una netta tendenza a considerare malate più che assassine le donne che uccidevano i propri figli, con il risultato che il 68% finiva in ospedale psichiatrico e solo il 27% in prigione. Per i padri assassini la proporzione era invertita: il 72% in prigione o dal boia e il 14% in manicomio.

   Anche in Italia, da uno studio svolto dal Centro Studi Psicologia Applicata sulle perizie psichiatriche disposte per i reati contro la persona nel periodo compreso tra il 1978 e il 1994, emerge l'assoluta prevalenza di femmine (13 contro 5 degli uomini) nell'uccisione dei figli, reato che rappresentava il 54% degli omicidi femminili. In questi casi le femmine non erano mai giudicate capaci di intendere e di volere mentre gli uomini risultavano in possesso delle proprie facoltà, dunque imputabili, nel 40% dei casi.

  Stessa violenza, due pesi e due misure.
« Ultima modifica: Giugno 01, 2017, 18:57:22 pm da Frank »
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Online Frank

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Ci voleva una donna a spiegare in modo così esauriente le motivazioni profonde dell'infanticidio.

Mah... ascolta Massimo, io conosco sia personalmente che virtualmente alcuni uomini che si occupano della QM da lustri, perciò posso dirti che di quella roba me ne parlarono loro stessi già diversi anni fa.
Perciò non credo proprio che ci volesse una donna per arrivare a certe conclusioni.


Citazione
E per farci capire a noi maschi quanto siamo fessi e coglioni a volere a tutti i costi trovare delle attenuanti a questi abietti crimini femminili.

Beh, "noi" no.
Casomai gli altri.
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Online Frank

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Ma speriamo che venga condannata anche lei, però credo che più di 3-4 anni non glieli daranno!

Anche perchè il fatto di buttare il bambino dalla finestra può essere fatto passare come minimo come un segno di scarsa lucidità mentale!

Se fossi perfettamente consapevole della gravità di quello che sto per fare, non butterei un neonato in mezzo alla strada( un neonato in mezzo alla strada non passa inosservato) ma occulterei il cadavere!


Certo che non perdi occasione per trovare ogni attenuante alle povere disagiate femminucce, eh ?
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Online Massimo

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Mah... ascolta Massimo, io conosco sia personalmente che virtualmente alcuni uomini che si occupano della QM da lustri, perciò posso dirti che di quella roba me ne parlarono loro stessi già diversi anni fa.
Perciò non credo proprio che ci volesse una donna per arrivare a certe conclusioni.

Purtroppo, caro Frank, una donna che spieghi in maniera così chiara e senza ipocrisie come riesca una donna ad uccidere il proprio figlio
continua maledettamente a volerci. Perchè tanti e troppi maschi continuano ad avere pudore a raccontare le stesse verità perchè non
vogliono attribuire alle donne una natura malvagia nè riconoscere alle femmine la capacità di commettere crimini e quindi sono portati
ad attribuire alle stesse attenuanti fino all'inverosimile. E tra questi c'è anche qualcuno, purtroppo che la pensa come noi e scrive qui.

Online Frank

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Purtroppo, caro Frank, una donna che spieghi in maniera così chiara e senza ipocrisie come riesca una donna ad uccidere il proprio figlio
continua maledettamente a volerci. Perchè tanti e troppi maschi continuano ad avere pudore a raccontare le stesse verità perchè non
vogliono attribuire alle donne una natura malvagia nè riconoscere alle femmine la capacità di commettere crimini e quindi sono portati
ad attribuire alle stesse attenuanti fino all'inverosimile.
E tra questi c'è anche qualcuno, purtroppo che la pensa come noi e scrive qui.

Certo, questo è fuori discussione.
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Online Frank

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Questo è un pezzo che mi fu segnalato anni fa da una conoscenza.

Citazione
Estratto da:
Atti  del  Convegno  di  Psicologia  Giuridica 
"La  criminalità  femminile  fra  stereotipi  culturali  e
malintese realtà"
 a cura di L. de
Cataldo
Neuburger, Noto 21-24 sett. 1995.
CEIPA
Centro Studi Psicologia Applicata
Istituto di Formazione e Ricerca Scientifica
Differenze qualitative tra
criminalità femminile e maschile:
violenza e distruttività nel legame oggettuale

 Paolo Capri* Anita
Lanotte** Rosanna Mansueto*** Stefano Mariani***
* Psicologo, Psicoterapeuta, Presidente Istituto di Formazione e Ricerca Scientifica CEIPA
** Psicologo, Psicoterapeuta, VicePresidente Istituto di Formazione e Ricerca Scientifica CEIPA
*** Psicologi, Soci Ordinari Istituto di Formazione e Ricerca Scientifica CEIPA
  La  ricerca,  di  tipo 
descrittivo-comparativo,  è  stata  effettuata  su  170  casi  di  reati  rispetto  ai  quali  era
stata disposta perizia psichiatrica in relazione alla capacità  o incapacità  di intendere e/o di volere.
Questi casi, tratti dalla consultazione degli archivi ANSA e Cassazione nel periodo compreso tra il 1978
e il 1994, evidenziavano il fatto che il 95% circa dei dati raccolti (163), erano riferibili a reati contro la
persona, così suddivisi:
La  comparazione  fra  i  gruppi  maschile  e  femminile  evidenziava  sia  una  differenza  quantitativa
relativamente  al  reato  (78%  maschi  -  22%  femmine),  sia  una  qualitativa,  in  quanto  negli  uomini  era nettamente  prevalente  il  reato  di  omicidio  mentre  nelle  donne  emergevano  significativamente  i  reati  di
figlicidio e infanticidio (Tab. 2).


Dalla  lettura  dei  dati  (Tab.  2)  ci  sembrava  interessante  il  fatto  che  omicidi  in  cui  esisteva  una  diretta
relazione  fra  autore  e  vittima  (52  casi),  caratterizzata  da  un  forte  vincolo 
emotivo-affettivo  primario
(infanticidio,   
figlicidio,   matricidio,   parricidio,   
parenticidio   e   fratricidio),   andavano   ad   equilibrare
quantitativamente i gruppi maschile e femminile.
A  questo  punto  abbiamo  evidenziato  le  differenze  qualitative  fra  i  due  gruppi  di  riferimento  (maschi-
femmine)  rispetto  questo  tipo  di  reato,  al  fine  di  analizzare,  in  riferimento  al  nostro  gruppo  scelto,  le
modalità intrapsichiche dell’uomo e della donna.
Da  sottolineare  il  fatto  che,  come  già  affermato  precedentemente,  l'omicidio  è  da  considerarsi  come
reazione  o  impulso  violento  e  distruttivo  diretto  contro  figure  non  coinvolgenti  dal  punto  di  vista
sessuale ma primarie nei vissuti familiari, ovvero all'interno del proprio nucleo familiare d'origine.
Pertanto,  volutamente,  non  abbiamo  preso  in  considerazione  i  delitti  caratterizzati  da  legami  di  natura
sessuale  (uxoricidio,  violenza  carnale  e  omicidi  di  partner  sessuale)  in  quanto  avrebbero  fuorviato  la
ricerca con l’interferenza di elementi secondari in relazione al legame oggettuale primario.
Sui 52 casi il 54% degli autori del reato erano maschi e il 46% femmine, di età compresa fra i 18 e i 35
anni (48% maschi e 58% femmine) e fra i 36 e i 55 anni (27% maschi e 22% femmine).
Nella  tabella  che  segue  si  possono  osservare  le  differenze  all’interno  dei  gruppi  uomini  e  donne,  in
frequenza numerica e percentuale, rispetto ai reati commessi.

Ciò che emerge immediatamente all’evidenza è che, nel gruppo femminile, elevatissimi risultano i reati
relativi  al 
figlicidio  e  all’infanticidio  (91%)  mentre  risultano  totalmente  assenti  i  reati  relativi  al
parricidio e al fratricidio, e scarsamente significativi quelli relativi al
parenticidio e matricidio
(8 %).

Per  quanto  riguarda  il  gruppo  maschile  la  percentuale  dei  reati  sembra  più  equamente  distribuita,  con
una punta riferita al matricidio. Soltanto il reato dell’infanticidio risulta essere totalmente assente.
I  reati  di 
figlicidio  e  infanticidio,  elevatissimi  come  abbiamo  visto  nel  gruppo  femminile,  in  questo  nel
loro totale non raggiungono frequenze superiori al 18 %.
  Come risposta giuridica in base all’eventuale
applicazione  degli 
Artt.  88  e  89,  riferiti  a  questi  tipi  di  reati,  abbiamo  ricavato  che  nel  69%  dei  casi  gli
autori dei reati erano stati giudicati infermi di mente e, quindi, incapaci di intendere e di volere, nel 17 %
semi-infermi di mente e, quindi, con capacità  ridotta di intendere e di volere, mentre nel 13 % dei casi il
giudizio era stato di capacità  di intendere e di volere.
L’attribuzione  dell’imputabilità  o 
inimputabilità  suddivisa  per  reato  specifico  ha  evidenziato  i  seguenti
dati.

Analizzando   i   dati   emersi   dalla   tabella   4   si   può   notare   che   
l’Art.   88   è   stato   applicato   molto
frequentemente  per  quanto  riguarda  i  reati  di 
figlicidio,  infanticidio,  fratricidio  e  matricidio.  Per  quanto
riguarda il
parenticidio più o meno equivalente è stata la distribuzione degli
Art. 88 e 89, mentre nei casi
di parricidio abbiamo una prevalenza nel giudicare capaci di intendere e di volere gli autori dei reati.
Come si può osservare dai dati successivi (Tab. 5) la donna è giudicata totalmente incapace di intendere
e di volere nell’83% (art. 88 c.p.) dei casi considerati, mentre viene definita con capacità  ridotte nel 17%
dei  casi  (art.  89  c.p.)  e  mai  totalmente  imputabile;  negli  uomini,  il  giudizio  sull’imputabilità  appare
maggiormente  distribuito  rispetto  alle  tre  possibilità,  con  una  punta  in  elevazione  per  ciò  che  concerne l’incapacità   di  intendere  e  di  volere,  con  frequenze  percentuali  comunque  nettamente  inferiori  in
relazione al gruppo delle donne (art. 88 maschi 57% / art. 88 femmine 83%).

Analizzando  l’orientamento  nel  giudizio  sull’imputabilità  maschi  -  femmine  (Tab.  5),  riferito  ad  alcuni
tipi di reati, si può osservare che per quanto riguarda il
figlicidio le donne venivano considerate incapaci
di intendere e di volere nell’85% dei casi, mentre negli uomini la frequenza scendeva al 60%; inoltre, le
donne non erano mai giudicate capaci di intendere e di volere, mentre gli uomini risultavano imputabili
nel 40% dei casi esaminati.

Nel matricidio - assieme al
parenticidio reato scarsamente commesso dalle donne del nostro gruppo - gli
uomini venivano definiti
inimputabili e imputabili nella misura del 67% e 33%, mentre nel
parenticidio
il giudizio sull’imputabilità  risultava equamente distribuito fra totale infermità mentale e semi-infermità.
Il  gruppo  femminile,  da  noi  considerato,  non  ha  commesso  i  reati  di  parricidio  e  fratricidio,  mentre  gli
uomini  venivano  considerati  prevalentemente  capaci  di  intendere  e  di  volere  per  il  reato  di  parricidio,
giudizio inverso rispetto al reato di fratricidio dove mai erano considerati capaci di intendere e di volere
ed anzi prevaleva nettamente il giudizio di
inimputabilità.
Infine,  per  ciò  che  riguarda  l’infanticidio 
<
  reato  non  presente  nel  nostro  gruppo  maschile 
>
  le  donne
erano considerate totalmente incapaci di intendere e di volere in misura molto elevata, mentre in nessun
caso era stata attribuita la completa imputabilità.
La  nostra  casistica,  non  esaustiva  e  certamente  non  ampia  rispetto  alla  complessità  del  fenomeno,
consente  di  avanzare  conclusioni  provvisorie  e  parziali  lasciando  aperte  molte  ipotesi  e  possibilità  di
successivi riscontri.
L’osservazione  di  tale  tipologia  di  reati,  dove  fondamentale  appare  il  rapporto  autore-vittima  sfociato,
attraverso   il   crimine,   nella   distruzione   dell’oggetto   d’amore,   ci   offre   l’opportunità   di   alcune
considerazioni:
-  più  è  emotivamente  significativo  il  legame  autore-vittima,  più  aumentano  i  reati  violenti  delle  donne
(dal 22% del gruppo generale, al 46% del gruppo scelto).
- l’aumento di tali reati è interessante al punto che nel nostro gruppo scelto la differenza quantitativa tra
maschi e femmine è esigua e trascurabile (54% maschi - 46% femmine).
-  la  differenza  fra  gruppo  maschile  e  gruppo  femminile  appare  esclusivamente  qualitativa  per  i  reati  da
noi considerati.

Infatti,  dalla  lettura  dei  dati  complessivi  del  nostro  campione  di  riferimento,  ciò  che  è  emerso
all’evidenza dai risultati preliminari della ricerca effettuata sono i differenti comportamenti delle donne
e degli uomini, in situazioni in cui il coinvolgimento
emotivo-affettivo riguardava oggetti primari interni
al   Sé,   con   le   donne   capaci   di   esprimere   l’agito   aggressivo   quasi   esclusivamente   verso   i   figli,
manifestando con ciò atteggiamenti diretti verso l’interno, di tipo
introversivo.
Nell’uomo,  invece,  pur  nella  maggiore  omogeneità  del  tipo  di  azione  violenta,  emerge  prevalentemente
l’aggressività  riferita  verso  la  propria  figura  materna,  quindi  verso  un  vissuto  apparentemente  ormai
esterno all’Io, nell’ottica delle relazioni oggettuali primarie.
I  dati  evidenziati,  a  nostro  avviso,  devono  essere  considerati  preliminari,  come  una  fase  iniziale  di  un
lavoro più ampio che stiamo affrontando anche in chiave psichiatrica; infatti, attraverso i dati del nostro
archivio   di   perizie   psichiatriche   degli   ultimi   30   anni,   cercheremo   di   analizzare   con   maggior
approfondimento  le  dinamiche  di  personalità  maschili  e  femminili,  relative  agli  autori  di  reati  violenti
contro la persona e quindi legate all’attribuzione dei concetti di infermità  di mente e semi-infermità

« Ultima modifica: Giugno 01, 2017, 20:14:18 pm da Frank »
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Offline Warlordmaniac

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Ma poi perché la pazzia deve essere un'attenuante?

Alberto1986

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Dopo l'analisi dei vari "esperti" tuttologi e psicologi popolari, buoni (forse) solo a raccogliere la merda di cane per le strade, ecco che si scopre la verità: la povera donnina pseudo disagiata ha gettato il neonato dalla finestra, come un sacco della spazzatura, perchè aveva avuto un'ingroppata extraconiugale ed il bambino era di un altro:


Citazione
Svolta nelle indagini sulla morte del neonato trovato agonizzante in strada lo scorso 30 maggio a Settimo Torinese e morto poco dopo il ricovero in ospedale a Torino.
L'esame del dna disposto dalla procura di Ivrea sul corpicino ha confermato che il padre del bimbo non è il convivente della madre che si trova attualmente in carcere alle Vallette di Torino con l'accusa di omicidio aggravato perché ritenuta responsabile della morte del bambino poco dopo averlo messo al mondo.
"Non pensavo di essere incinta perché avevo il ciclo mestruale. Mi sono svegliata all'alba, ho capito che era nato un bambino ma non so cosa sia successo dopo al bimbo". Dagli esami ginecologici, che erano stati eseguiti il giorno dopo il ritrovamento del corpicino del neonato (guarda il video), era subito emerso che la donna aveva avuto un parto autogestito. Lei stessa, dopo le prime versione contrastanti raccolte di carabinieri, aveva ammesso le proprie colpe: "Ho lanciato il mio bambino, appena partorito, dal balcone di casa". La svolta nelle indagini è, però, arrivata oggi quando dall'esame del dna eseguito sul cadavere del piccolo, chiamato Giovanni dai medici del Regina Margherita, che hanno tentato invano di salvarlo, è emerso che il compagno della donna non è il padre del bebè.
L'uomo, che come la mamma non ha mai voluto riconoscere il neonato, è scoppiato a piangere quando gli inquirenti gli hanno comunicato il responso dell'esame genetico. Ieri è stato a lungo interrogato dagli investigatori a cui avrebbe fornito una versione dei fatti che è stata definita "credibile". Per il momento, dunque, la sua posizione non muta. Tanto che resta nell'inchiesta solo in qualità di testimone. Al momento la donna si trova nel carcere di Torino ed è accusata di omicidio aggravato. Ha ammesso di aver partorito, da sola, in bagno, ma non ricorda nulla su tutto quello che è avvenuto dopo. "Dagli interrogatori - aveva spiegato il procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando - è emersa un'apparente normalità e tranquillità della donna che dopo aver partorito, all'alba di ieri come lei stessa ha ammesso, si fosse sbarazzata del bambino e poi abbia accompagnato l'altra figlia all'asilo - aveva, quindi, concluso Fernando - un rientro alla normalità davvero particolare". Secondo l'autopsia, le ferite riscontrate sul corpo del piccolo sarebbero compatibili con un lancio dal balcone.

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/torino-neonato-gettato-balcone-era-nato-relazione-1411725.html



Sono curioso, ora, di vedere che scusa troveranno per scarcerarla e metterla ai domiciliari... :doh: :sick: :sick:

Offline bluerosso

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Dopo l'analisi dei vari "esperti" tuttologi e psicologi popolari, buoni (forse) solo a raccogliere la merda di cane per le strade, ecco che si scopre la verità: la povera donnina pseudo disagiata ha gettato il neonato dalla finestra, come un sacco della spazzatura, perchè aveva avuto un'ingroppata extraconiugale ed il bambino era di un altro:


http://www.ilgiornale.it/news/cronache/torino-neonato-gettato-balcone-era-nato-relazione-1411725.html



Sono curioso, ora, di vedere che scusa troveranno per scarcerarla e metterla ai domiciliari... :doh: :sick: :sick:


Ha un altra  figlia. Grandicella.
Eccolo pronto il motivo. E' per il suo bene. Sola con papà?..non scherziamo.
E poi lei dal balcone getta solo neonati indesiderati. Non può rappresentare un pericolo per lei.

Offline Sardus_Pater

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Che schifo. Quella donna è un pericolo :mad: .
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Alberto1986

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Kautostar che fine ha fatto?  :shifty:

Offline ilmarmocchio

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adesso vediamo quale sindrome invocheranno gli astropsicologi