Autore Topic: Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi  (Letto 9704 volte)

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Online Frank

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Complessate all'attacco.

http://www.lastampa.it/2017/03/02/multimedia/italia/cronache/lo-sciopero-globale-delle-donne-milioni-ferme-l-marzo-in-paesi-k3v8vVfRrGJHXsq2gWPIVO/pagina.html

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Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi

L’8 marzo le donne di 40 paesi del mondo hanno dichiarato uno sciopero globale dal lavoro produttivo e riproduttivo cui ha aderito anche la Women’s March di Washington. Sarà un immenso evento planetario cui parteciperanno milioni di donne. In Italia lo sciopero è indetto da #nonunadimeno, di cui la rete dei Centri Antiviolenza (www.direcontrolaviolenza.it) che raccoglie 77 Centri Antiviolenza sparsi su tutto il territorio nazionale, fa parte fin dal primo giorno. In ogni paese e in ogni città italiana ci saranno cortei, flash mob, assemblee. Nei video realizzati per l’occasione dalla creative producer Chloé Barreau si immagina come sarebbe il mondo se le donne si fermassero, se lasciassero il lavoro di cura e quello produttivo.



Citazione
Nei video realizzati per l’occasione dalla creative producer Chloé Barreau si immagina come sarebbe il mondo se le donne si fermassero, se lasciassero il lavoro di cura e quello produttivo.

Certamente.
Questo, invece, è come sarebbe il mondo se gli uomini dovessero improvvisamente scimmiottare le femminucce.
http://www.superedo.it/sfondi/sfondi/Natura/Foresta/foreste_18.jpg
Diciamo pure che ci sarebbe "un ritorno alle origini".
...
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Offline KasparHauser

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #1 il: Marzo 03, 2017, 20:36:45 pm »
Un giorno al lavoro senza donne? E che è la festa dell'uomo?

Online Frank

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #2 il: Marzo 03, 2017, 21:38:19 pm »
Certamente.
Questo, invece, è come sarebbe il mondo se gli uomini dovessero improvvisamente scimmiottare le femminucce.
http://www.superedo.it/sfondi/sfondi/Natura/Foresta/foreste_18.jpg
Diciamo pure che ci sarebbe "un ritorno alle origini".
...

http://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=150d9

Citazione
Frase di Ida Magli
Ho passato una vita a difendere le donne, ma che delusione. Purtroppo debbo constatare che non pensano. Che non sanno fare politica. Che non sono capaci di farsi venire un'idea nuova.

Nel 1995



Questo è un vecchio articolo che ho riesumato su uomini3000.

Citazione
L'Espresso, 31 ottobre 1996 (pag. 26).
Ida Magli

"MA PUO' ESSERE UN SEGNO DI CRISI"
"Il maschio è in crisi? Si cade in un macroscopico equivoco se non si traduce questa affermazione nel suo significato reale: l'Occidente è in crisi. Maschi e creatività culturale sono la stessa cosa. Istituzioni, valori, idee, politica, religione, scienza, arte, ossia tutto l'assetto di una società umana - quella occidentale - mostrano ogni giorno di più di essere logori, esauriti. Se ne deduce perciò il contrario di quello che le inchieste vorrebbero far intendere: le donne vanno bene perché il mondo va male. Si può anzi andare oltre, e riconoscere (sempre che io non venga linciata prima) che il mondo va male anche perché la presenza massiccia delle donne nelle istituzioni le conserva in una pseudo-vita che impedisce di cambiarle, di imboccare decisamente la via per uscire dalla crisi. Naturalmente il termine "crisi" va inteso in un'accezione dinamica, non soltanto negativa. Lo stato di crisi sarebbe anzi il più adatto per abbandonare il vecchio modo di essere e crearne uno nuovo, se appunto non ci fosse il contrappeso apparentemente positivo della presenza fattiva delle donne. Una brevissima riflessione su questi temi è indispensabile per capire quello che sta avvenendo. Un lungo e ricchissimo ciclo culturale - quello iniziato con l'Illuminismo e l'affermazione del Soggetto - si è concluso realizzandosi nel suo contrario, nell'annientamento del Soggetto. Si tratta della conseguenza negativa di un percorso concettuale che ha le sue basi nel cristianesimo e che accompagna, con la sua falsità logica, tutti gli errori della nostra storia: far coincidere il simbolico con il concreto. Il socialismo, partendo dall'uguaglianza degli individui-soggetti, ha perseguito (e persegue) un'uguaglianza concreta, "fisica", che, non soltanto è allucinatoria, ma non può realizzarsi se non con la privazione di qualsiasi libertà, in quanto nessun essere vivente è uguale all'altro. Anche le donne, quindi, giunte all'uguaglianza proprio con il socialismo, si sono ritrovate, come tutti, deprivate della possibilità di esprimere intelligenza, creatività, invenzione di nuovi saperi e di nuove istituzioni. Ma, visto che hanno raggiunto (e stanno raggiungendo) alcuni beni a lungo desiderati e mai posseduti in precedenza, non riescono a criticarli, e non si accorgono dello stato involutivo di quasi tutto quello di cui vengono in possesso. Non esercitano perciò nessuna spinta verso la trasformazione della realtà e hanno rinunciato perfino ai princìpi libertari sbandierati durante il femminismo. E' come se avessero, invece, infiltrato iniezioni di cemento negli edifici istituzionali traballanti, diventando così la base della "conservazione" in tutti i campi. Le ragazze sono più brave dei maschi a scuola, rivelano le inchieste. Visto, però, che la scuola è un cadavere, del tutto inutile sia per il sapere che per la vita, i più bravi sono maschi che ne percepiscono il vuoto e la respingono. Tuttavia è difficile anche per loro cambiarla proprio perché c'è la massa femminile a impedirne il tracollo. Se passiamo dagli studenti agli insegnanti, la situazione è la stessa. Esiste ormai uno strumento quasi infallibile per misurare lo stato di salute, e prevedere il futuro di una professione o di una istituzione: se il numero delle donne è crescente, si tratta di un istituto sulla via del tramonto. Le forze armate sono in crisi? Arrivano le donne, apprestandosi anche lì, grate dell'onore, a diventare le più brave della classe. I maschi abbandonano la teologia e l'insegnamento della religione, luoghi sterili di pensiero e di potere? Ecco le donne occupare le aule delle Università Pontificie, vuote di maschi, pronte a imparare quel nulla che servirà a insegnare il nulla. La Chiesa, però, sul sacerdozio non molla. Sa che, con le donne, il sacerdozio perderebbe il suo potere. Perfino il Parlamento si lamenta che "la sua centralità è a rischio". Ma i prodromi della sua inevitabile fine erano visibili da tempo al nostro strumento di misura: due donne presidenti della Camera, senza un motivo al mondo salvo il fatto che erano donne. Non sarà che anche il governo, il primo con tre ministri donne...?".
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Offline Vicus

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #3 il: Marzo 03, 2017, 21:50:05 pm »
Un giorno al lavoro senza donne? E che è la festa dell'uomo?
Quest'anno festeggio anch'io :lol:
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Masterpezzo

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #4 il: Marzo 04, 2017, 07:26:49 am »
Questo è un vecchio articolo che ho riesumato su uomini3000.

Dice bene quel che dice, ma omette un dato importante...

Mentre diceva questo:

"Visto, però, che la scuola è un cadavere, del tutto inutile sia per il sapere che per la vita, i più bravi sono maschi che ne percepiscono il vuoto e la respingono."

sottintendeva questo:

"Maschi, abbiamo vinto, la scuola è nostra: andatevene!".

Delle serie: con la sua partecipazione al mondo accademico italiano ha contirbuito con efficacia a quella stessa decadenza istituzionale che denunciava. Pace all'anima sua.


Online Frank

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #5 il: Marzo 04, 2017, 10:08:10 am »
Comunque va sempre ricordato che quella dell'otto marzo è una bufala colossale.

http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/spettacoli_e_cultura/passaparola-3/otto-marzo/otto-marzo.html
Citazione
PASSAPAROLA.     Rieditato, con un dvd, Storie, miti e riti
della giornata internazionale della donna. Parlano le autrici
"La verità sull'8 marzo delle donne
per quel libro scovato per caso"
di SILVANA MAZZOCCHI

SE, NELLA PARIGI del Fronte popolare si distribuivano i mughetti, nel 1946 quando l'Udi, l'Unione donne italiane, si trovò a organizzare il primo 8 marzo dell'Italia libera, le partecipanti alla discussione decisero di optare per le gialle mimose. "A noi giovani romane vennero in mente gli alberi coperti di fiori gialli... pensammo che quel fiore era abbondante e, spesso, disponibile senza pagare...", recita tra l'altro la testimonianza di Marisa Rodano, una delle tante voci raccolte nel bel volume 8 marzo, una storia lunga un secolo, in cui Tilde Capomazza (femminista e programmista televisiva) e Marisa Ombra (ex partigiana e presidente, negli anni Settanta, dell'editrice di Noi donne) ricostruiscono un secolo d'impegno femminile, restituendo dignità e adeguata importanza a una data troppo spesso ridotta a puro rito consumistico.

Il libro, già uscito nel 1987 con il titolo: Storie, miti e riti della giornata internazionale della donna per la casa editrice di nicchia Utopia e presto andato esaurito, esce ora per Jacobelli con una nuova edizione impreziosita dal Dvd originale, (anche questo introvabile fin dal 1988), che intreccia rare immagini storiche con le interviste e le testimonianze di alcune protagoniste della politica italiana degli ultimi cinquant'anni. Un documento molto utile per comprendere il vero significato dell'8 marzo e, dunque, per incentivare l'indispensabile passaggio di memoria tra le generazioni.

E' ricco di notizie e di ricostruzioni storiche il lavoro di Capomazza e Ombra. E, già all'epoca, fece scalpore soprattutto una scoperta: il fatto che non fosse in realtà basata su alcun dato certo la convinzione comune che Clara Zetkin, nel 1910, avesse scelto l'8 marzo per ricordare le operaie americane morte due anni prima durante un incendio avvenuto nel corso di uno sciopero. E come, invece, fosse provato da una ricca documentazione che, a fissare il giorno delle donne all'8 marzo, fosse stata la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 "per ricordare una manifestazione di donne con cui si era avviatala prima fase della rivoluzione russa".

IL VIDEO

Tilde Capomazza, il vostro libro ha sfatato la leggenda che l'8 marzo sia nato per ricordare la morte delle operaie americane nell'incendio del 1908. Come lo avete accertato?
"Potrei dire 'per puro caso', ma in realtà fu la tappa felice di una ricerca che cominciata nel 1985 durò due anni: Marisa Ombra passava giornate in vari archivi, io sfogliavo libri, le poche riviste storiche esistenti; Internet allora per noi ancora non esisteva. Un giorno alla storica libreria delle donne 'Al tempo ritrovato' a piazza Farnese, a Roma, chiesi a Maria Luisa Moretti se per caso le fosse mai passato tra le mani qualche libro o rivista che parlasse della Giornata della donna, anche in lingua straniera, magari. Lei si mise a pensare, poi, rivolta a Simone, sua partner nella gestione della libreria, disse: 'Guarda un po' su quello scaffale ... ti ricordi quando venne una ragazza francese e ci lasciò un libro?' Simone non ricordava, ma cercò e trovò quel libro. Mancò poco che non svenissi. Titolo 'La journée internationale des femmes. La clef des énigmes, la verité historique'. Autrice Renée Coté , canadese del Quebèc, quindi di lingua francese. Era un libro farraginoso, ma ricco di riproduzioni, di citazioni, di appunti relativi alla confusa storia della Giornata, tutta interna al Movimento socialista internazionale e successivamente alla Internazionale comunista. Fu lì che scoprimmo che di incendio non si parlava affatto, ma decisiva fu la lettura degli atti della Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen 1910 dove di Gdd si parlò ma non di incendi... La giornata, dopo vari tentativi fatti da Clara Zetkin fu poi approvata a Mosca nel 1921 , definita giornata dell'operaia, e ispirata alla rivolta delle donne di Pietrogrado contro lo zarismo avvenuta il 23 febbraio 1917( corrispondente nel nostro calendario gregoriano all'8 marzo)".

Il libro e il dvd raccontano i 50 anni di questa ricorrenza. Qual è, oggi, il significato dell'8 marzo?
"Il libro per la verità, uscito nel 1987 cioè 21 anni fa, non aveva alcun intento celebrativo di una ricorrenza. Ci eravamo buttate in questa impresa Marisa ed io, non storiche, ma militanti del Movimento con percorsi diversi, perché avvertivamo che le manifestazioni dell'8 marzo stavano perdendo di forza, di efficacia, al limite, di senso. E pensammo di ripercorrerne la storia per capire cosa aveva spinto le donne che ci avevano precedute a costruire questo appuntamento annuale di lunga durata che aveva certamente prodotto importanti esiti. Era il caso di mollarlo o era bene rifletterci? Scegliemmo la seconda via scoprendo eventi impensati. Ma di tutto questo l'unica cosa che colpì la stampa fu la cancellazione dell'incendio e pareva che, con quella scoperta, avessimo voluto cancellare addirittura la giornata".

Qual è il testimone che la generazione del femminismo e del Movimento ha trasmesso alle ragazze di oggi?
"Noi abbiamo studiato e scritto di quel filo affascinante che ha attraversato la storia del Movimento e che ha portato attraverso le piazze d'Italia le proteste, le denunce e le richieste che le militanti intendevano far conoscere sia alle altre donne , sia ai vari governi. Ma non abbiamo fatto storia del Movimento, anche se abbiamo dovuto attraversarlo. Sull'argomento le opinioni delle donne che sono state soggetti attivi possono essere molto diverse. Noi due, con il nostro lavoro, abbiamo voluto fare memoria storica di questo appuntamento annuale ricco di eventi, di sofferenze, di allegria, di grande impegno che è stato il prodotto di un soggetto collettivo molto forte e che ha impegnato ogni donna che ne faceva parte".

"Al mito dell'incendio che ha avuto una funzione aggregante agli inizi, abbiamo sostituito la storia di questi soggetti reali che si sono fatti carico per sé e per tutte le donne di un processo di emancipazione e liberazione che deve continuare. Di fronte alla commercializzazione e volgarizzazione dell'8 marzo, noi proponiamo una riflessione sulla storia, molto gradevole nel dvd, molto avvincente nel libro. Questo è il nostro testimone e speriamo che passi in più mani lasciando tracce ispiratrici di nuovi impegni".

Tilde Capomazza, Marisa Ombra
8 marzo, una storia lunga un secolo
Prefazione di Loredana Lipperini
Jacobelli editore
Cofanetto libro*dvd, euro 19,50

(7 marzo 2009)
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #6 il: Marzo 04, 2017, 16:15:24 pm »
http://www.ilgiornale.it/news/politica/lultima-follia-femminista-festa-dell8-marzo-donne-fate-1370780.html

Citazione
caramella22
Ven, 03/03/2017 - 10:45

Per quanto mi riguarda le mimose ve le potete mettere al naso che a qualcuno donerebbero. I cioccolatini non mi piacciono. Quello che esigo, ogni giorno dell'anno, è rispetto. Quella parola che nei vostri vocabolari non esiste. Vedrei molto bene alcuni di voi a Kabul e Ryad, così quando fate la mano morta ve la tagliano direttamente. Quanto al neonato se abbiamo il latte nutrirlo è compito nostro, Ma se c'è da scaldare un biberon non vi degrada se lo fate voi, nemmeno cambiare il pannolino, mentre noi siamo in fabbrica a contribuire al bilancio familiare. O la cosa vi fa sentire meno virili? Poveretti !

Citazione
Quello che esigo, ogni giorno dell'anno, è rispetto. Quella parola che nei vostri vocabolari non esiste.

Sono o non sono fantastici i commenti di cerebrolese come questa?


@@

Ovviamente non poteva mancare il solito commento esterofilo, oltre che idiota.

Citazione
elkid
Ven, 03/03/2017 - 11:15

----care donne sono con voi anche se francamente ritengo che sia una battaglia persa in partenza----non esiste paese europeo dove gli uomini siano più retrogradi degli italiani---maschilisti oltre ogni limite-misogini e perfino omofobi--gli uomini italiani hanno una paura ancestrale di dover dimostrare in ogni occasione e circostanza la propria mascolinità--altro che mito del maschio latino--gli uomini italiani sono ormai diventati talmente deboli che appena vengono lasciati da una donna se ne vanno in paranoia non riuscendo minimamente ad elaborare il lutto di un rapporto finito---quindi vai con lo stalking -la violenza e le uccisioni delle ex a gogò---swag povera italia


http://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=5692.0

https://llemgam.wordpress.com/2012/05/10/il-femminicidio-finlandese/
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Il femminicidio finlandese

maggio 10, 2012 26 commenti

Già un mese fa, a inizio aprile 2012, per qualche giorno s’è parlato parecchio del cosiddetto “femminicidio”.
In realtà era il piccolo culmine di un discorso che, nei media e nella rete, stava lentamente salendo da diverso tempo.
Fatti di sangue coinvolgenti donne, quasi sempre vittime di omicidio o tentato tale, riportati con regolarità dai media, con un’attenzione e uno spazio crescenti, ma soprattutto presentati come parte di una narrazione organica e coerente e, quindi, da ricondurre a uno sfondo comune, a un’eventuale causa comune.
Qualche giorno fa, fine aprile-inizio maggio 2012, ecco un altro picco nel discorso, e un piccolo salto di qualità, cogli appelli alla politica e/o la richiesta urgente che la società “faccia qualcosa”.
Forse è il caso di provare a fare il punto della situazione, e magari farsi qualche domanda, anche considerando che il discorso pubblico in merito potrebbe tenersi ben vivo nei mesi a venire, o addirittura salire ulteriormente in diffusione e intensità.

ricerche effettuate tramite Google per il termine “femminicidio” negli ultimi dodici mesi (cliccare per ingrandire)

Il discorso in rete mi pare caratterizzato da una certa uniformità nei media consolidati e un maggior conflitto d’opinioni nel pubblico (commentatori di quotidiani, tenutarî e commentatori di blog).
In generale, però, mi sembra largamente condivisa la volontà e la necessità di ricondurre il fenomeno a cause proprie della società tutta. Inevitabile, visto che i media avevano implicitamente presentati i singoli fatti come un insieme organico, come capitoli di una storia unica, impostando così una cornice difficile da contrastare. Le opinioni divergono quindi su quali siano le cause di questo fenomeno.
In realtà già il primo punto mi trova scettico, cioè che si tratti di un fenomeno emblematico di più ampie tendenze sociali.
Le cause che ho visto più spesso evocate sono le seguenti: la cultura maschilista arretrata che concepisce la donna come possesso; l’educazione italiana, spesso esemplificata dalla mamma chioccia (o castrante), educazione incapace di abituare i figli al rifiuto e all’autonomia emotiva; il profilerare, specie nella pubblicità, di immagini femminili semipornografiche, sessualizzate e oggettificanti.
La terza causa, in realtà m’è sembrata evocata meno spesso delle altre due. E la seconda meno della prima.
E forse è inutile dire che la prima e la seconda potrebbero essere etichettate come spiegazioni rispettivamente “femminista” (è colpa del maschilismo italiano) e “maschilista” (è colpa dell’educazione mammista italiana). L’etichettatura è sicuramente grossolana e semplicistica, ma comunque specchio del dibattito in corso, che di per sé non sembra tendere a eccessivi livelli di raffinatezza, bensì a smuovere emotivamente e polarizzare per identità contrastanti: è in corso una guerra che produce morti, bisogna decidere se stare da una parte o dall’altra, non si accettano compromessi, tentennamenti, obiezioni o domande.
Vale la pena sottolineare che le due ipotesi, quella “femminista” e quella “maschilista” identificano solo grossomodo una demografia di sostenitori divisa per genere sessuale: anche se in minoranza, si sentono voci di donne avanzare l’ipotesi “maschilista”, o voci di uomini quella “femminista.
Ma soprattutto bisogna sottolineare con forza che nel discorso ufficiale, a parte qualche sparuta eccezione, predomina in maniera schiacciante la prima ipotesi, quella che chiama in causa l’italico maschilismo e che presuppone al fondo una netta contrapposizione di genere, tra la donna vittima e il maschio aggressore, quest’ultimo implicitamente spalleggiato dall’intera popolazione maschile o dalla sua gran parte.
La petizione che nasce e circola in rete è in tal senso significativa fin dal suo titolo, ovvero Mai più complici; petizione scritta da donne, che evidentemente si presentano come portavoci di tutte le donne, per chiedere  “agli uomini [tutti] di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore”.

Chi non si mobilita è un complice. A questo punto però non è ancora molto chiaro in cosa dovrebbe consistere, materialmente, questa mobilitazione.
Ma nell’impostazione generale del discorso e nel proliferante dibattito in rete è un’altra la cosa che ho visto spesso fare, e che ho trovato assai discutibile.
Si tratta della confusione flagrante tra due piani, quello dell’analisi dei fatti e quello del giudizio di valore.
Nell’interrogarsi e discutere sulle cause di questi omicidî, ho notato che determinate ipotesi vengono automaticamente squalificate come “giustificazioni per chi uccide le donne”.
In pratica sarebbe corretto affermare che le uccisioni di donne sono l’effetto diretto di una mentalità maschile diffusa, sono prodotti da un problema sistemico di tutta la società; e sarebbe invece scorretto affermare che si tratta di casi singoli, probabilmente ognuno con cause proprie, ma comunque cause che restano individuali (raptus improvvisi e imprevedibili; cecità indotta da gelosia o angoscia d’abbandono; incapacità di frenare la propria violenza).
Il problema è che qui correttezza e scorrettezza non sono misurate sui fatti.
Se un uomo uccide una donna, le cause precise e concrete dell’evento stanno nella testa del colpevole e nel contesto immediato del quotidiano che circonda lui e la vittima, che si spera gli inquirenti sapranno districare; se poi esista un contesto più ampio, questo eventualmente ce lo dirà chi studia la società, si spera lavorando seriamente e con rigore.
Questo significa analisi dei fatti. E finché i fatti non vengono indagati direttamente, non c’è molto da dire, a parte le ipotesi da bancone del bar (o salotto tv, o da forum/blog internettiano).
Il giudizio di valore è un’altra cosa. E non si può escludere a priori un’ipotesi a favore di un’altra solo perché quella sembra essere un alibi morale mentre questa no. Specie poi se si desidera che la responsabilità individuale, soprattutto in tribunale, resti ferma anche a prescindere dal contesto sociale.
Non si dovrebbe neanche rammentare che il richiamo alle “colpe della società” sono servite a lungo (almeno secondo alcuni) proprio per giustificare, e condonare, i colpevoli d’ogni tipo di delitto: “Vostro onore, è vero che ho ucciso la mia donna, ma che ci volete fare, è la società maschilista che mi ha portato ad agire così, è il sistema del patriarcato che ha armato le mie mani, e le ha mosse il testosterone cui mi condannano i miei cromosomi. Potete forse considerarmi colpevole?”
Che una causa ipotetica suoni come giustificazione è una questione di prospettiva.

In realtà si capisce che la questione è soprattutto di tipo politico, se non ideologico, per affermare prima di una qualunque analisi dei fatti la prospettiva secondo cui, sì, queste 100-120 donne uccise ogni anno sono vittime non solo dei loro assassini, ma d’un sistema culturale più ampio.

Eppure non servono nemmeno grandi ricerche per farsi almeno un’idea vaga su qual è l’ipotesi più fondata.
Basta un po’ di banale, gelida statistica: 100-120 vittime l’anno possono essere indubbiamente una tragedia enorme per chi vive direttamente l’evento ma, su una popolazione femminile di 30.000.000 (trenta milioni) sono ben lungi dal costituire un fenomeno. O, soprattutto, da permettere di ipotizzare cause sistemiche.
Eppure ho letto, nelle settimane passate, commenti parlare di “massacro”, “ecatombe”, “strage”, “eccidio” o addirittura “sterminio”.
Ma allora cosa dovremmo dire, per fare il primo esempio che mi viene in mente, dei suicidî femminili che, annualmente, di vittime ne mietono dieci volte di più, ovvero circa un migliaio l’anno?

Il ricorso alla statistica produce spesso un’immediata obiezione.
Si dice: d’accordo, contando a freddo le cifre sull’intera popolazione, forse le vittime non sono così tante; sono però la punta visibile di un iceberg sommerso fatto di violenze maschili e di disprezzo della donna che attraversano l’intero corpo sociale; si parte dalla pubblicità con le cosce al vento e si va su su sino allo stalking, allo stupro, e all’omicidio, e quest’ultimo non è disgiunto dal resto, è solo l’ultimo inevitabile anello di una tragica catena di misoginia.
Può essere. L’obiezione ha una sua logica. Ma anch’essa si rivela debole alla prova dei fatti, come ora cercherò di mostrare.
Al di là delle cause evocate, mi pare si dia per scontato che questi omicidî di donne siano un problema soprattutto italiano, in quanto appunto prodotto finale della condizione della donna in Italia che, rispetto agli altri paesi d’Europa, non è certo delle migliori. Anche in questo caso le cifre non mentono: per indipendenza economica e accesso al lavoro delle donne, l’Italia non brilla.
Ma per i cosiddetti femminicidî, come stanno le cose?
La petizione che ho già citato afferma recisamente che “un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà”. In Europa non si uccidono le donne, par di capire.
Eppure tra giornalisti ed esperti, almeno tra quelli che ho letto in questi giorni sull’argomento, nessuno ha mai anche solo provato a operare un confronto effettivo con l’estero.
Ma si sa che i proclami fanno effetto, mentre le indagini richiedono tempo e pazienza.

E allora la ricerca me la sono fatta io.
I dati li ho ricavati da un documento del Ministero dell’Interno, che a sua volta li prende dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Mi auguro siano sufficientemente attendibili.
I dati riguardano i morti per omicidio nei paesi dell’Unione Europea tra il 1982 e il 2002. È un periodo sufficientemente lungo per consentire delle considerazioni generali.
Con questi numeri ho prodotto due grafici.
Il primo riguarda il numero di donne uccise o, più precisamente, il tasso di donne uccise ogni centomila abitanti.
Tra tutti i paesi disponibili, ho limitato il confronto a Italia, Francia, Germania, Svezia e Finlandia. Francia e Germania in quanto tra i maggiori paesi europei. Svezia e Finlandia perché noti per le loro politiche particolarmente attente riguardo alle istanze femminili e femministe.

Direi che i dati parlano da soli.
L’Italia si attesta nella media degli altri paesi, anzi, persino un po’ più in basso rispetto a Francia, Germania e Svezia. La civile Germania, a inizio anni Ottanta, aveva un tasso di donne uccise doppio rispetto a quello dell’arretrata Italia, per dire.
Soprattutto va notato che il tasso italiano è più o meno simile a quello attuale, e si sta parlando di dati che partono da trent’anni addietro. Il cosiddetto “recente aumento di femminicidî in Italia” di cui si parla in queste settimane è verosimilmente nient’altro che una fluttuazione periodica, inevitabile quando ci si focalizza solo su una manciata d’anni. Nel complesso la situazione italiana è stabile, e non da poco tempo.
Notevole invece la performance finlandese. E si tratta di un record anche a confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea. Un tasso, a seconda dei momenti, siano a quattro o cinque volte superiore a quello italiano.
Il paese in cui si uccidono più donne, in Europa, non è la maschilista Italia, bensì la femminista Finlandia.
La patria europea del femminicidio non è l’Italia, ma la Finlandia.
Questo dovrebbe farci concludere, come immagino alcuni vorranno fare, che “il femminismo militante in politica aumenta le morti delle donne”? I maschî finlandesi uccidono le donne come reazione alla loro emancipazione?

Non direi, visto che la Svezia, che come femminismo militante ha pochi paragoni in Europa, mostra un tasso di donne uccise ben inferiore alla confinante Finlandia, e in linea col resto dell’Unione.
Se ci sono delle cause, vanno trovate altrove.
Il punto è che la Finlandia sconta un tasso d’omicidî molto molto alto sia per gli uomini che per le donne. La Finlandia è il paese dell’Unione in cui si uccide di più. Giocoforza sono tante anche le vittime femminili.
E, almeno da quanto ho letto in giro, pare che tra le cause ci sia il consumo eccessivo di alcool combinato con l’ampia disponibilità di armi da fuoco.


Il secondo grafico confronta il tasso di omicidî diviso per i generi delle vittime: quanti uomini muoiono in più rispetto alle donne nei varî paesi?

Anche qui i dati sono piuttosto chiari.
Nella macabra uguaglianza degli assassinî, vince la Germania, paese in cui la quantità di donne e uomini uccisi tende a equipararsi.
È in Italia, invece, che la sperequazione è maggiore.
L’Italia, nell’Unione Europea, è il paese in cui vengono uccisi molti più uomini che donne o, se si vuole, molte meno donne che uomini.
La linea relativa all’Italia, si noterà, subisce una lenta ma costante ascesa a partire dagli anni Novanta. Ma come si capisce dal primo grafico, non dipende da un aumento di donne uccise, bensì da un calo di vittime maschili.
E in ogni caso si tratta di una variazione che la porta in linea col resto dell’Europa, quell’Europa che, almeno così ci dicono, dovrebbe tollerare meno dell’Italia le donne uccise.

A questo punto si può tornare alle domande principali, e magari provare delle risposte.
Se gli omicidî di donne sono frutto di una cultura maschilista, l’unica è ammettere che in Italia c’è molto meno maschilismo che nel resto d’Europa, visto che nel resto d’Europa si uccidono più donne, e visto anche che in Italia si uccidono molte meno donne che uomini.
Oppure, in alternativa, se si ritiene che invece l’Italia sia un paese effettivamente maschilista (e personalmente ritengo lo sia, almeno per buona parte), bisogna ammettere che questo non è legato al numero di donne uccise, le quali, altrimenti, dovrebbero essere molto più numerose che nel resto d’Europa.
O il maschilismo italiano non ha nulla a che vedere col numero di donne uccise, oppure l’Italia è meno maschilista del resto d’Europa. Non ci sono molte alternative.

La domanda diventa quindi questa: perché mai in Italia un fenomeno statisticamente minoritario, costante nel complesso, e meno grave che nel resto d’Europa, ha assunto un’importanza così di primo piano, producendo una tale mobilitazione mediatica, col tentativo connesso di produrre un’altrettanta mobilitazione politica?

La domanda potrebbe restare in eterno sospesa.
Risolverla significherebbe riuscire a spiegare come mai succeda che la società, di punto in bianco, subisca violente eruzioni allarmatistiche che si dileguano con altrettale rapidità, imponendo all’attenzione pubblica paure, reali o fittizie che siano, che poi vengono sùbito dimenticate. La lista dei casi potrebbe esserelunga: si va dal bullismo su YouTube agli stupratori rumeni (o qualunque altra categoria d’immigrati) ai pitbull assassini, e così via.
Quel che resta a tutt’oggi inspiegato è cosa spinga in determinati periodi determinati allarmi a emergere e altri a restare dominio di pochi specialisti e attivisti.

Dunque, perché proprio ora l’allarme femminicidio, e non cinque o dieci o venti anni fa?
Provo tuttavia ad azzardare alcune ipotesi.
Non c’è dubbio che l’allarme femminicidio germina sull’onda lunga del dibattito sulla condizione femminile in Italia, alla ribalta nel discorso pubblico ormai da qualche anno.
Il nuovo dibattito pubblico sulla donna è partito e si è mosso lungo diversi filoni principali, cavalcati da diverse parti politiche. Tra gli altri: la questione del lavoro, dell’indipendenza economica, delle risorse dedicate in tal senso dallo Stato; la questione dell’immaginario pubblico: le pubblicità, gli spettacoli televisivi, le narrazioni giornalistiche, spesso imputati di “svilire l’immagine della donna”, ridurla a “oggetto sessuale”, a rinchiuderla in “stereotipi”; la questione, non certo di oggi, della violenza sulle donne: la violenza domestica, la violenza sessuale, e le donne uccise.
Questi filoni non sono necessariamente contrapposti e tuttavia, a rischio di tagliare l’analisi coll’accetta, è possibile ricondurli alla destra o alla sinistra, specie nelle contromisure auspicate.
La sinistra ha battuto soprattutto il tasto del lavoro e la richiesta d’interventi pubblici in tal senso (sostegno alla maternità, ecc); ha poi giocato, almeno sino allo scorso governo, e in maniera alquanto spregiudicata, sulla questione dell’immagine femminile, e su una rumorosa condanna alla pubblica esibizione di carni, rumorosa tanto da bordeggiare un moralismo che anche nella stessa sinistra non è stato sempre ben digerito.
La destra tuttavia non è certo stata a guardare, anzi: mi sorprende che spesso si dimentichi come ad esempio la nuova legge sullo stalking e tutta una serie di inasprimenti penali in materia di violenza sessuale siano stati promossi con fervore proprio dal governo Berlusconi e dalla sua ministra Carfagna, forse anche per l’esigenza forte di ripulirsi un’immagine non proprio lindissima, almeno per l’opinione pubblica corrente, in termini di “rispetto della donna”.
Fatto sta che, a qualche mese dal tramonto del governo Berlusconi e del suo licenzioso caravanserraglio, e dal probabile tramonto definitivo di tutto ciò che il berlusconismo ha rappresentato, anche in termini d’immaginario collettivo (quello che parte sin da Drive In e tramite le veline arriva al famigerato bunga bunga), ora la battaglia principe per i diritti femminili è quella sul femminicidio, cioè su fatti atroci esposti all’orrore della pubblica opinione per chiedere nuove fattispecie di reato, inasprimenti delle pene, “carte etiche” per i media, cioè misure di legge, ordine e controllo di tipo sostanzialmente repressivo, per difendere una donna vista come vittima debole bisognosa di tutele speciali.
E dunque, l’allarme femminicidio come vittoria di un discorso di destra?
Forse, ma si deve comunque tener conto che la lotta alla violenza sulla donne è stata e resta una bandiera tradizionale anche della sinistra, con una differenza non tanto sul merito ma sui metodi di contrasto. Laddove la destra chiede sbarre e catenacci, la sinistra solitamente chiede (anche) educazione e una nuova cultura.
Più probabilmente l’allarme femminicidio è un sintomo dei pochi risultati concreti che la grande mobilitazione femminile di questi ultimi anni ha ottenuto ricorrendo a sistemi ordinarî, di qui la necessità di buttare sul piatto carichi più pesanti, di giocare le carte dei cadaveri, del sangue, della morte.
O ancora, forse, si tratta del ricorso a un argomento capace di raccogliere con facilità (chi mai, specie negli apparati mediatici ufficiali, oserebbe sminuire la gravità di una strage di donne?) un consenso altrimenti molto più arduo da ottenere in una situazione piuttosto frammentata.
In ogni caso, l’allarme femminicidio lo vedo soprattutto come segno di disorientamento o comunque debolezza da parte dell’attuale movimento femminil-femminista, dove le proposte concrete o mancano o non riescono ad avere sufficiente efficacia.

Ma non è nemmeno scontato che questo allarme non riesca a contribuire al raggiungimento di qualche scopo, anche se di poco e anche se quelli cui è stato associato restano parecchio fumosi. Come già detto, non si capisce in cosa dovrebbe consistere concretamente la “mobilitazione degli uomini”; “cambiare la cultura del paese” è una frase facile a dirsi ma che in pratica significa tutto e niente.
Forse ci sarà qualche inasprimento delle pene. Ci sarebbero sicuramente già stati se vivessimo non sotto un governo tecnico ma uno politico, uno di quelli solerti nel dimostrare al popolo votante di “fare qualcosa” e combattere il male.
In ogni caso, col tempo, lentamente, forse molto lentamente, non dubito che sulla condizione femminile l’Italia arriverà ad allinearsi agli altri paesi.
Aumenterà l’occupazione femminile. Sempreché tutto il sistema economico non imploda, ovviamente, e allora non resteranno che macerie da raccogliere, per maschî e femmine al contempo.
Un po’ alla volta spariranno quelle pubblicità e immagini pubbliche reputate “lesive della dignità della donna”, “sessualizzanti”, “oggettificanti” e così via. Ma questo è un trend che ormai da tempo coinvolge tutti i paesi industrializzati, e a cui l’Italia si sta solo aggiungendo, da buona ultima.
Gli omicidî di donne tuttavia non caleranno.
Perché, come si è visto, è già fenomeno minimo e ormai stabile da decennî, e slegato dal contesto sociale.
Semplicemente, una volta che saranno risolte le questioni femminili sentite come più pressanti nella quotidianità diffusa (il lavoro, le immagini pubbliche), non se ne parlerà più. Perché allora, dal punto di vista politico, non sarà più un’arma utile cui far ricorso.


«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #7 il: Marzo 04, 2017, 16:25:14 pm »
Anche di questa storia del maschilismo ci fu chi se ne occupò in altri lidi virtuali.

https://www.riflessioni.it/forum/cultura-e-societa/12022-cose-veramente-il-maschilismo.html

Citazione
iulbrinner
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Del tutto in linea con un certo tipo di cultura dominante, anche in questo forum si osserva, con allarmante frequenza, il ricorso al termine "maschilismo" per connotare alcune convinzioni individuali espresse (da pochissimi, per la verità) nel contesto delle varie discussioni.
Che cosa si intenda con questo termine è, tuttavia, in larga misura, indeterminato - così come nella realtà ordinaria - anche all'interno di queste conversazioni.
Una definizione dizionaristica identifica il maschilismo come " atteggiamento psicologico e culturale fondato sulla presunta superiorità dell'uomo sulla donna ed il comportamento conseguente a tale atteggiamento".
E' altrettanto noto e pacifico che il c.d. maschilismo, inteso in questa accezione, non è oggetto di alcuna teorizzazione strutturata, ossia, non deriva da alcun sistema di pensiero definito ed oggi accreditato (tranne i fascismi storici del novecento), da alcuna ideologia conosciuta ed oggi praticata (tranne i nostalgici dei fascismi storici del novecento) e non si lega ad alcun personaggio della vita politica, culturale e morale dei nostri tempi che ne abbia dato una giustificazione teorica e lo abbia posto a base del proprio impegno intellettuale o di movimenti d’opinione esistenti.
In altri termini, il maschilismo è, secondo la definizione corrente, un connotato comportamentale individuale che prescinde, ai nostri giorni, da qualunque sistema di convinzioni collettivamente condiviso.
Ciò premesso, tanto nella realtà comune quanto all'interno di queste pagine, questo termine viene usato (o, meglio, abusato) per qualificare ogni posizione che non sia di perfetta aderenza al “pensiero unico”, con segnato riferimento alla dinamica del rapporto tra i sessi.
Se si sostiene di non voler sostituire la donna nel suo ruolo materno si è maschilisti.
Se si denuncia la falsa informazione e la gonfiatura propagandistica praticata intorno al fenomeno della violenza sulle donne, si è maschilisti.
Se si sostiene che il mondo femminile è più irrazionale di quello maschile, si è maschilisti.
Immagino che se anche si contestassero le quote rosa si sarebbe maschilisti….e via discorrendo.
Benché in nessuna di queste posizioni sia teorizzata, implicitamente o esplicitamente, una superiorità maschile, la bollatura è, immancabilmente, quella del “maschilismo”.
L'interrogativo di fondo di questo 3d vuole essere, allora, questo:
quale accezione si deve, quindi, dare al termine “maschilismo” e di quali nuovi significati impliciti è portatore?
è maschilismo tutto ciò che non compiace ed asseconda il mondo femminile?
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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #8 il: Marzo 04, 2017, 16:44:37 pm »
A proposito di femminicidi, questo è un post che trovato su ilfattoquotidiano.

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haller182 Bebop lula • 3 ore fa

704 donne uccise nel 1991
137 nel 2016 ,da questa cifra va analizzata la percentuale da definire femminicidio , da sempre circa il 65/70% degli omicidi si consuma nell'ambito delle conoscenze ( sia negli uomini che nelle donne )
Nel 2014 ministero interno , su richiesta della camera dei deputati , ha diffuso elenco dei moventi relativi ai delitti sulle donne , elenco su base investigativa , non giudiziaria.
179 donne uccise nel 2013
57 sono : a seguito di rapina , omicidio colposo in genere ( anche morte sul lavoro )
122 in ambito familiare o delle conoscenze
23 di queste sono state uccise dai figli ( sia maschi che femmine )
di questi, 10 sono casi di eutanasia
26 di questi sono state uccise da padri , madri , zii e familiari di ogni genere per motivi non passionali ( 13 casi per cause di accertato squilibrio mentale )
73 sono state uccise dal compagno , marito o persona che le perseguitava , di cui :
18 per motivi economici , eredità , divisione patrimoniale
55 per motivi passionali o strettamente legati al rapporto di coppia ( gelosia , senso di possesso , affido dei figli , difficoltà di coppia in genere
quindi ... quali definiresti femminicidio ?
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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #9 il: Marzo 04, 2017, 17:05:49 pm »
Altri due post tratti dalla solita fogna femminista e misandrica denominata ilfattoquotidiano.

Citazione
Wendy Svenuzzi • 41 minuti fa

“Il maschio non conosce lo stato positivo della felicità, la sola cosa che può giustificare un’esistenza. Nel migliore dei casi è rilassato, in uno stato neutro di comfort fisico che non è destinato a durare a lungo perché lo stato negativo della noia ben presto lo invade. Quindi il maschio è destinato a una esistenza di sofferenza mitigata solo da occasionali e fugaci attimi di riposo che, guarda caso, raggiunge sempre e solamente a spese di qualche femmina, essendo per natura emotivamente parassitario, una vera sanguisuga. Eticamente parlando, la sua vita non si giustifica, poiché nessuno ha il diritto di vivere a spese di qualcun altro.
Come gli esseri umani hanno priorità di vita sui cani, in virtù della loro alta evoluzione e della coscienza superiore, così le donne hanno priorità di vita sugli uomini. L’eliminazione di ciascun maschio è, quindi, un atto giusto e legittimo, un atto altamente benefico per le donne e anche, in fondo, un atto di pietà.
In ogni caso, questa valutazione morale potrebbe rivelarsi puramente accademica visto che il maschio si sta gradualmente autoeliminando. Oltre a essere sempre impegnato con gli orrori della storia in guerre classiche e in sanguinose lotte razziali, si sta annullando sempre di più nella droga oppure nella fr ** iaggine. La femmina, volente o nolente, finirà per assumersi tutto il carico del mondo, non fosse altro perché non ne potrà fare a meno: perché il maschio scomparirà dalla faccia della terra. “ (SCUM Manifesto)



Citazione
Wendy • un'ora fa

“Se tutte le donne lasciassero semplicemente gli uomini, si rifiutassero di avere a che fare con loro .. il governo e l’economia .. si sfascerebbero. .. le donne che sono coscienti della portata della loro superiorità e del loro potere sugli uomini potrebbero arrivare al controllo totale in poche settimane... In una società sana il maschio arrancherebbe, obbediente, dietro la femmina. In fondo è docile e si lascia guidare facilmente da qualsiasi femmina che ci provi. Il maschio ..muore dal desiderio di obbedire alla femmina, di sentirsi protetto dalla Mamma, di abbandonarsi alle sue cure..
Il conflitto, quindi, non è fra maschi e femmine, ma fra SCUMlafeccia e le figliediPapà. ..da una parte: le femmine dominatrici, sicure, indipendenti, cattive, violente, egoiste, orgogliose, arroganti, in grado di governare l’universo, quelle che ne hanno fatte di cotte e di crude.. Dall’altra ..le figliediPapà, carucce, passive .. “colte”, gentili, dignitose, ..avide di approvazione ..che sostengono la civiltà scimmiesca .. tranquille soltanto se c’è .. un pezzo d’uomo .. che le protegge, o un faccione .. peloso alla Casa Bianca .. che hanno fatto causa comune con i porci .. che hanno abbassato i loro pensieri e le loro percezioni al livello maschile .. che .. trovano il loro “valore” solo nella società maschile .. in quanto coccolatrici, cura ricostituente per l’Io, sede di riposo e riproduzione; quelle giustamente sconfessate dalle altre femmine..”

@@

Citazione
le donne che sono coscienti della portata della loro superiorità e del loro potere sugli uomini potrebbero arrivare al controllo totale in poche settimane...

Superiori ma sottomesse da millenni.
Eccezionale.

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=780616
Citazione
Joker
view post Inviato il: 22/12/2003, 23:38    

Si sa, sono più intelligenti, sono più questo, sono più quello... blablabla... tante chiacchere solo chiacchere. Sono contento allora di far parte del "sesso inferiore", quando in questa sponda condivido la mia inferiorità con altri esseri inferiori e abietti come Einstein, Leonardo da Vinci, Picasso, Buddha, Gesù, Abramo, Aristotele, Darwin, Garibaldi, Giuseppe Mazzini, Machiavelli, Dostoevskij, Verga, Beethoven, Mozart, Dante Alighieri, E.A. Poe, Omero, Manzoni, Leopardi, Cartesio, Marco Polo, Platone, Nikola Tesla, Ghandi, Isaac Newton, Archimede, Michelangelo, Alessandro Volta, Lenin, Galileo, Van Gogh, Churchill, Confucio, Freud, Che Guevara, M.L. King, Malcolm X, Spielberg, George Lucas, Walt Disney, Tolkien, Pelè, Muhammad Alì, Michael Jordan, Bruce Lee, Andrè Agassi, Carl Lewis, Pavarotti, Sinatra, Stevie Wonder.... etc.etc.etc.etc.etc.etc....

Se questi personaggi, se questa Storia, è il prodotto dell'inferiorità maschile, allora è questo che voglio essere, inferiore, inferiore come Dante, come Einstein, come Mozart, inferiore come i 2000 anni di storia che ho alle spalle ed è storia Maestosa, passata anche attraverso il sangue e l'ingiustizia molte volte, passata attraverso gli Hitler o gli Stalin, ma anche questi combattuti solamente da Uomini, che con il loro sangue e sacrificio hanno fatto si che adesso si possa vivere liberi, certo non mi risulta che le donne siano scese in piazza a bruciare i reggiseni per sconfiggere il nazismo, come sempre, è più facile attaccare un bersaglio già ferito e a terra, nella logica della più subdola vigliaccheria...

Se tutto questo significa essere "inferiori", se il termine "inferiore" significa stare sotto a qualcosa di "superiore", allora è questo che facciamo da anni noi Uomini : stare sotto, a reggere le fondamenta del mondo, lasciando cullare nella loro beata ignoranza coloro che stanno "sopra" e si dichiarano superiori, inconsci del fatto che, in tutte le strade dove posano i loro fatati piedini, in ogni palazzo o grattacielo in cui portano i loro plastificati sederini, in ogni nave aereo o treno in cui alloggiano i loro ultra-rittoccati nasini... in ognuno di quei luoghi fisici o non fisici dove portano la loro "superiorità", da qualche parte, nascosta o ben visibile, c'è firmata con lacrime e sangue la grandezza dell'Uomo, quella grandezza attraverso cui oggi ogni essere umano dell'Occidente può dirsi libero e padrone del proprio destino.

Se avere libertà significa sentirsi liberi di
offendere, insultare, denigrare, attaccare,
schernire, svilire, umiliare, irridere, aggredire
chi si ritiene sia inferiore... allora significa che
la Democrazia ha fallito, significa che al
primo colpo ben assestato questa scala di valori
che sono il rispetto per il prossimo, l'umiltà, la
deferenza nei confronti di chi è morto e muore
per garantirci uno stile di vita pieno di lussi e
agiatezza, al primo colpo ben assestato tutto
crollerà come un castello di carta, e allora lì si
che saran dolori per tutti...

Allora avanti i Talebani,
avanti il Medioevo...

...se la democrazia ha fallito,
è questo il destino dell'Occidente.

E al momento non ho ragioni per credere che la democrazia
non stia fallendo. Quando vedo che, negli anni 2000, il razzismo
contro un'intera fascia della popolazione (3 miliardi di persone)
viene portata avanti dallo stato e dall'altra parte del cielo, allora
davvero mi rendo conto che la democrazia sta fallendo.
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Online Massimo

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #10 il: Marzo 04, 2017, 19:06:10 pm »
Queste deficienti stanno scherzando con il fuoco. Quando se ne accorgeranno sarà troppo tardi. Ma non combatteranno. E neppure si
suicideranno: amano troppo la vita, come loro stesse ammettono. E appunto per non metterla a repentaglio accetteranno tutto. Anche
vivere da schiave. Perchè l'alternativa sarebbe quella di combattere e rischiare di morire. Oppure suicidarsi e quindi morire di certo.

Offline Masterpezzo

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #11 il: Marzo 04, 2017, 19:16:27 pm »
Queste deficienti stanno scherzando con il fuoco. Quando se ne accorgeranno sarà troppo tardi. Ma non combatteranno. E neppure si
suicideranno: amano troppo la vita, come loro stesse ammettono. E appunto per non metterla a repentaglio accetteranno tutto. Anche
vivere da schiave. Perchè l'alternativa sarebbe quella di combattere e rischiare di morire. Oppure suicidarsi e quindi morire di certo.

Esatto. Tranne per una cosa: amano davvero la vita? Non credo.

Online Massimo

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #12 il: Marzo 04, 2017, 23:20:51 pm »
Esatto. Tranne per una cosa: amano davvero la vita? Non credo.

Più correttamente amano se stesse e il loro benessere. Se non lo raggiungono o non lo hanno si accontentano della pura e semplice
sopravvivenza. Salvo a lamentarsi. Ma mai che le lamentele sfocino in un serio tentativo di uscire da una situazione mortificante e triste.
Per venirne a capo si rivolgono agli uomini mandando loro a rischiare la pelle al posto loro. La loro vita è troppo preziosa. Anche per
rischiare quanto occorre per far trionfare i loro interessi e le loro ragioni.

Offline Vicus

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #13 il: Marzo 04, 2017, 23:30:57 pm »
Più correttamente amano se stesse e il loro benessere. Se non lo raggiungono o non lo hanno si accontentano della pura e semplice
sopravvivenza. Salvo a lamentarsi. Ma mai che le lamentele sfocino in un serio tentativo di uscire da una situazione mortificante e triste.
Per venirne a capo si rivolgono agli uomini mandando loro a rischiare la pelle al posto loro. La loro vita è troppo preziosa. Anche per
rischiare quanto occorre per far trionfare i loro interessi e le loro ragioni.
Già adorano i musulmani (se li sposano anche). Il tutto avverrà senza alcun trauma e senza soluzione di continuità.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Online Jason

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Re:Lo sciopero globale delle donne, milioni ferme l’8 marzo in 40 Paesi
« Risposta #14 il: Marzo 05, 2017, 01:02:14 am »
Dipende da quali si sposano , se gli utili idioti che fanno solo prediche ed i violenti o religiosi coerenti come lo sono sciiti e alawiti .

In linea generale le femministe non risparmiano di certo i musulmani quando c'è da attaccare gli uomini in generale .
«La folla che oggi lincia un nero accusato di stupro presto lincerà bianchi sospettati di un crimine».
Theodore Roosvelt, Presidente degli Stati Uniti d’America