Autore Topic: Le tecniche sottili della propaganda femminista  (Letto 2396 volte)

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Offline Vicus

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Le tecniche sottili della propaganda femminista
« il: Marzo 04, 2015, 19:23:09 pm »
Autore: freethinker
Post originale: https://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=12141.msg138187#msg138187

Alcuni anni or sono seguii un master in management che comprendeva, tra le varie materie, Pubblicità e Marketing. Gli argomenti trattati erano parecchi, ma uno dei più interessanti si rivelò quello della pubblicità con annessi e connessi, la classificazione e lo studio dei consumatori, l’individuazione del “target”, la realizzazione delle campagne pubblicitarie, le tecniche di persuasione e via dicendo.
Sarò anche stato un ingenuo, ma non ho difficoltà a dire che da quel momento la visione di uno spot  televisivo o l’osservazione di una pubblicità stampata su una rivista divennero per me qualcosa di completamente diverso, o meglio, io fui in grado di osservarle con occhi completamente diversi. Dico questo non perchè voglia fare una conferenza sull’argomento, ma semplicemente perché ciò che imparai in quell’occasione mi ha dato una particolare sensibilità  nel cogliere i messaggi, più o meno velati, inseriti negli spot televisivi, ma non solo in quelli, anche in tutto quello che mi capita di vedere, in tivù, a volte distrattamente e facendo altro.
Quello che mi preme sottolineare è che molte delle tecniche di persuasione inventate dai pubblicitari sono oggi  largamente usate anche al di fuori della pubblicità. Uno dei più utilizzati strumenti di convincimento (non certo raffinato) è quello della ripetizione del messaggio pubblicitario: vi sarete senz’altro accorti che certi spot televisivi vengono ritrasmessi, identici, dopo pochi minuti e centinaia di volte nell’arco di una giornata. Questo perché la ripetizione (martellante) un qualche effetto sul consumatore lo produce!
Premesso che la pubblicità subliminale è vietata per legge , se osserviamo attentamente uno spot televisivo ci accorgeremo che in esso comunque ci sono molti elementi, alcuni dei quali sono molto importanti, anche se sembrano solo “di contorno”… La pubblicità di un’auto ci fa vedere la vettura che corre su una strada deserta, libera, lunghissima, anche se la realtà normale ci parla di traffico, intasamento, code, mancanza di parcheggi...Anche se il prodotto ha un ruolo centrale, una parte sostanziale del messaggio proviene  dal contesto, per cui tutto ciò che sta attorno viene studiato con cura.
Ora immaginiamo che il prodotto da vendere sia il femminismo e che molte delle trasmissioni televisive possano essere usate come spot. Lo dico perché anche trasmissioni apparentemente innocue possono essere un'arma potente. Vediamo qualche esempio pratico. Non ci dilunghiamo sui vari telegiornali, dei quali ciascuno di noi è in grado di valutare autonomamente il livello di grado di femminismo raggiunto sia per l’epurazione dei giornalisti uomini che è quasi completa, sia per l'interpretazione di parte che viene data dei fatti raccontati: praticamente infinite sono le notizie che possono essere utilizzate (e vengono utilizzate) in chiave femminista.
Ma, e qui arrivo al nodo centrale del discorso, ci sono tante altre trasmissioni, apparentemente indifferenti, che invece contengono una quantità di messaggi femministi, tale da rappresentare un vero e proprio indottrinamento. Prendiamo le varie serie di telefilm poliziesco-legali-scientifico-forensi e via dicendo: li metto tutti in un calderone, data l’uniformità dei messaggi che veicolano.
Partiamo dai personaggi: Le donne sono ovunque e dovunque a profusione: poliziotte, avvocatesse, medichesse-legali: bellissime, bravissime, perfette…e poi, sono delle vere e proprie enciclopedie: non solo sanno distinguere al microscopio un pelo di cammello algerino da quello di un cammello tunisino, ma da un osso umano ritrovato in un bosco, saprebbero risalire alla squadra per la quale tifava il defunto.
Scherzi a parte, le donne dei serial polizieschi sono tanto perfette da puzzare di fasullo lontano un chilometro, per cui sono l'elemento forse meno importante; loro sono il prodotto da vendere ma, come accennavo sopra, i messaggi più importanti arrivano dal contesto. I colleghi di lavoro delle poliziotte dei serial sono un esempio di questo contesto: si tratta spesso di uomini normali, che di tanto in tanto possono fare una battuta o avere qualche comportamento da persona normale come prendere un appuntamento con una donna, ma tali comportamenti non sono graditi alle loro “perfette” colleghe. Se fanno una battuta innocente sulla lunghezza delle gonne, vengono drasticamente redarguiti dalla  collega che li apostrofa come maschilisti,  mentre se hanno un appuntamento con una donna la solita collega inizia a snocciolare tutto un repertorio di considerazioni sui complessi maschili per le dimensioni del pene, sull'eiaculazione precoce, sui maschi che sono insicuri, infantili eccetera eccetera. Il messaggio costante è che le donne sono persone serie e valide, mentre gli uomini sono così infantili!
Dopo i personaggi, ci sono le storie: tutte, o quasi trattano di crimini a sfondo sessuale; stupri, violenza sulle donne e pedofilia sono i più gettonati e offrono agli sceneggiatori materiale infinito su cui lavorare, sempre sullo stesso registro: uomini carnefici, donne (e a volte bambini) vittime. La polizia indaga sull'ennesimo omicidio-dopo-stupro: la detective della "unità vittime speciali" (vi pare che le donne possano essere vittime e basta?) dice al collega maschio: Sapevi che un terzo degli stupri avvengono in famiglia? Oppure: un altro caso di violenza domestica, è già il terzo questa settimana…la maggior parte delle violenze avvengono in famiglia…sapevi che circa il cinquanta per cento delle donne ha la probabilità di subire uno stupro entro i trent'anni?
Altri dialoghi: dice la poliziotta: “si calcola che, in un caso su dieci, le accuse di stupro siano false…” Risponde il collega, con un’espressione divertita come se avesse sentito parlare di qualcosa di improbabile: “ma che mi dici…e perché mai qualcuno s’inventerebbe un’accusa simile, così traumatizzante per chi la formula?” Risposta: “Beh, ci possono essere diversi motivi, interessi economici, affidamento dei figli, o altro…”
La solita coppia di poliziotti uomo-donna sta indagando su un tizio per presunti reati sessuali; dice uno dei due, riferendosi al possibile colpevole: “non lo possiamo accusare di stupro: ha una dichiarazione scritta di consenso al rapporto sessuale completo da parte della vittima…” Risposta: “E perché mai un uomo onesto avrebbe bisogno di un consenso scritto per un rapporto sessuale?”
Come dicevo, l'inventiva di chi scrive sceneggiature non ha limiti, tanto poi c’è sempre una didascalia nei titoli di coda che avverte lo spettatore che "questa storia è frutto di pura invenzione". Peccato che si ometta di precisare che frutto di pura invenzione sono anche le statistiche taroccate che vengono citate nel corso del telefilm,  che danno credibilità alla storia e che costituiscono lo sfondo, il background che lo spettatore, volente o nolente, recepirà più o meno consciamente.
Un altro elemento molto importante di questi telefilm è l'asimmetria di trattamento dei presunti colpevoli a seconda che gli stessi siano uomini o donne: l'arresto, ad esempio; se il reo è maschio, avviene sempre in modo molto traumatico: se non c'è la pistola spianata, o la poliziotta che gli torce il braccio dietro la schiena, come minimo il gaglioffo è arrestato con il massimo possibile di sputtanamento: o sul posto di lavoro, a scuola, in chiesa, eccetera, apostrofandolo con frasi del tipo: bastardo, finalmente ti abbiamo incastrato, marcirai in galera…. Se si tratta di una donna, tutto è molto più soft, al massimo una poliziotta le dice: lei ha fatto una cosa molto grave e dovrà risponderne in tribunale. Poi c'è il processo, al termine del quale per l'uomo si aprono le porte del carcere a vita, mentre per la donna c'è sempre il pianto finale, catartico durante il quale lei ribadisce quanto le dispiaccia, davvero proprio non voleva uccidere nessuno, era molto depressa.
In questi serial troviamo nient'altro che l'equivalente della ripetizione martellante dello slogan pubblicitario: a forza di ripeterlo, qualcosa resterà; a forza di mostrare sempre la stessa finzione costruita a tavolino, è probabile che qualcuno finisca per confonderla con la realtà.
P.S. Quanto sopra l'ho imparato facendo zapping in attesa dell'ora di cena, ma immagino che ci siano trasmissioni più istruttive.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.