Parole degli uomini: Armando Ermini

Sempre in preparazione del convegno del 5-6 Dicembre a Vicenza presentiamo il contributo maxresdefaultdi Armando Ermini, laureato in Economia. Prima caporedattore e poi Presidente dell’Associazione Culturale Maschi selvatici fino al 2012.
Attualmente redattore de Il Covile, www.ilcovile.it. per il quale si occupa delle questioni antropologiche insorte con la modernità occidentale, fra cui Questione maschile e Femminimso, ma anche di geopolitica e di marxismo. Autore del libro La Questione maschile oggi (2014), un suo breve saggio su Russia e America è stato pubblicato su www.geopolitica.info mentre un articolo su Crstianesimo e comunismo, è stato ospitato sulla rivista teramana di cultura etica e politica, Prospettiva Persona.

IN DIFESA DELLA PATERNITA’

Cercherò di trattare il tema della difesa della paternità non tanto dal punto di vista delle leggi antipaterne o della loro applicazione da parte della magistratura, e neanche adotterò il punto di vista sindacale nella difesa dei padri.

Sono tutti temi molto importanti, così come è importante fare capire che certi comportamenti errati che pure possono essere addebitati a vario titolo ai padri concreti, sono in molti modi indotti da tutto un ambiente che ne svilisce l’importanza e non favorisce, anzi il contrario, la consapevolezza di cosa significhi paternità. I padri sono uomini e come le madri sono soggetti all’errore, anche tragico. Naturalmente tutto quanto sopra deve essere analizzato e sviscerato, ma qualsiasi sia lo stato corrente della paternità, niente affatto buono secondo me, qualsiasi siano state le carenze dei padri, non ne potremo uscire se non rivalutiamo il concetto di paternità in quanto tale, se non sottolineiamo con tutte le nostre forze il perché il padre è fondamentale nella vita dei figli e della famiglia, e quindi di tutta la società, molti problemi della quale sono dovuti appunto al declino del concetto di paternità. Sappiamo bene che molti considerano la paternità non come la soluzione di tanti problemi che attanagliano i giovani, bensì come la causa di essi, e ne approfittano per decretarne la fine definitiva. Ma in tal modo quei problemi sociali sono destinati ad acuirsi ancora, non ad essere attenuati o risolti.

Il padre è colui che libera

la simbiosi materna

C’è una numerosa letteratura psicanalitica che insiste sulle fondamentali funzioni paterne, che non potrò esaminare compiutamente per motivi di spazio. Mi avvarrò per ciò della traccia offerta da alcuni autori di diversa provenienza culturale, Claudio Risè, Paolo Ferliga, Massimo Recalcati, non prima però di un riferimento a Franco Fornari, uno dei più importanti psicanalisti italiani morto nel 1985. Per lui il padre è fondamentale fin dalla gravidanza materna perché ha il compito di “bonificare” il rapporto profondamente ambivalente madre/bambino. <<Durante il travaglio, madre e bambino lottano come in una tempesta che li tiene in sua balia e che pare avere il potere, come l’atomica, di distruggere tutti i personaggi della scena del parto: questo fa sì che la vita inizi in un clima di estrema persecuzione reciproca. La madre partorisce tra angosce persecutorie e depressive, tra timore di morire e di far morire, mentre contemporaneamente il bambino fa esperienza dell’angoscia primaria legata alla perdita della condizione intrauterina, in una catastrofe totale, che vive nel proprio corpo e che non sa pensare. >> , <<Per liberare il campo dalla persecutorietà e rendere possibile l’instaurarsi della simbiosi, necessaria alla sopravvivenza del bambino, la paranoia primaria fa sì che il padre si assuma la responsabilità del male del parto e gli attribuisca un senso.  La duplice funzione paterna, che separa e avvia alla vita simbolizzandola e dandole una direzione, non annulla e non nega la violenza contenuta nel parto, ma la assume su di sé, la bonifica come necessaria e le dà un senso. E’ quindi solo attraverso l’attribuzione di un senso e di una direzione, che il terrificante come indistinzione di vita e di morte viene tacitato>>.1

Potremmo anche fermarci qui, per sottolineare tutta l’insipienza, quando non la mala fede, di tutti coloro per i quali il padre è figura insignificante. Ma non basta, perché il padre dopo aver favorito l’affermarsi del codice materno, ossia quella simbiosi affettuosa fra madre e bambino essenziale nei primi tempi della vita, ha poi il compito altrettanto essenziale di porre fine a quella simbiosi. Essa, perdurando nel tempo diventa psicologicamente mortifera e blocca lo sviluppo psichico verso l’età adulta; favorisce perciò uno dei mali odierni, il narcisismo della società liquida nella quale l’individuo è totalmente rivolto a se stesso e non riesce ad uscire <<dal circolo uroborico dell’origine, il circolo che riproduce una situazione intrauterina>>2, lo stato paradisiaco vissuto nel liquido amniotico da cui è necessario staccarsi per diventare adulti. E’ un’ impresa che però né il figlio né la madre possono compiere da soli e neanche insieme perché entrambi coinvolti nella simbiosi. E’ ad un soggetto terzo, il padre, a cui tocca questo compito, imprimere cioè al figlio, ed anche alla madre, quella che Risè chiama la ferita, liberandoli entrambi. E’ attraverso quella ferita che il bambino sperimenta la perdita e il dolore e può sopportarli fortificandosi, <<Questo colpo doloroso, rende chi lo riceve più forte: quando verrà la perdita, esperienza non evitabile nella vita umana, essa non lo distruggerà psicologicamente e spiritualmente>>3. In mancanza della ferita paterna, ogni esperienza di perdita si trasforma in insopportabile ingiuria a cui rispondere in modo distruttivo. Vedremo poi che ciò si riflette anche in fenomeni sociali e politici di stretta attualità.

Rinascita nello spirito

Con la separazione dalla simbiosi materna, l’asse dello sviluppo individuale viene spostato dall’orizzontalità della relazione con la madre e dai bisogni materiali a cui essa presiede (nutrimento e cura) alla verticalità della relazione col padre, ossia ai bisogni spirituali, alla società e agli altri. In tal senso il padre si pone come iniziatore: apre al figlio nuove prospettive, in certo senso è l’artefice di una sua nuova nascita. D’altronde gli antichi riti d’iniziazione presenti in tutte le società tradizionali e che solo questa società “evoluta e moderna” intende negare come inutili e crudeli, erano una forma di paternità sociale, con cui il gruppo maschile “strappava” i ragazzi dal mondo delle madri e li introduceva nel mondo degli uomini e delle regole, al tempo stesso insegnando loro a gestire l’aggressività e mettere la forza maschile al servizio della comunità intera.

Libertà autentica e bisogni

Per lo psicanalista Massimo Recalcati, nel lavoro del quale non mancano peraltro le contraddizioni,

<< Il padre è colui che pronuncia due distinti moniti che interdicono il reciproco desiderio incestuoso fra madre e bambino. A lei dice: “Non puoi divorare il tuo frutto” , mentre a lui: “Non puoi ritornare da dove sei venuto”.

La condizione strutturale per accedere al desiderio implica un divieto di accedere al godimento assoluto della Cosa materna (pag. 55), e quindi la Legge si configura non come pura interdizione ma come dono della facoltà del desiderio (pag. 56). In mancanza della Legge paterna, del suo limite, non può esistere neanche desiderio autentico, ma solo la tendenza ad un godimento immediato, caotico, smarrito, assoluto, privo di ancoraggi simbolici e di carattere, appunto, incestuoso. >>4

Il padre è dunque colui che apre al desiderio autentico, quindi libero, il contrario del bisogno compulsivo, << presiede al movimento di trasformazione della coscienza, di cui è promotore,>>5 e alla possibilità di trasformare anche la società che lo circonda. In questo senso si pone anche come custode, educatore e correttore in quanto contiene e organizza le spinte e le pulsioni indifferenziate del figlio, <<indirizzandole verso un obbiettivo di crescita umana>>6, favorendo così la formazione di una sua identità individuale forte e autonoma, capace anche di rifiutare quelle norme del “collettivo” di cui il padre è espressione, per individuarne di nuove e più sue. Una paternità autentica, insomma, deve essere pronta anche ad accettare la libertà del figlio.

Il padre educatore

Sull’importanza del padre come educatore non insisteremo mai abbastanza, perché fino a che, e vedremo le cause, il suo ruolo sociale e le sue funzioni non sono state stravolte, è sempre stato un suo compito fondamentale. Così che la paternità di esprimeva non solo individualmente nel padre biologico, ma anche socialmente, come insegnante in primo luogo ed anche come istruttore sportivo, militare, etc. etc.

La questione è particolarmente importante, soprattutto per i figli maschi. Perché se anche la figlia necessita del padre per uscire dalla simbiosi materna e aprirsi al mondo, tuttavia anche in assenza del padre la sua femminilità soffre ma non viene meno, al contrario di quanto accade al figlio maschio. Staccarsi dal materno è per lui un passaggio fondamentale, e il perché è presto detto: è stato nove mesi nel corpo della madre ed anche i primi tempi dopo la nascita gli è stata necessaria la fusionalità con lei. Per farlo, per diventare uomo in senso lato e non solo biologico, deve stare col padre o con un suo sostituto “sociale”. Un figlio allevato da donne non acquisirà il sapere maschile per il semplice fatto che le donne non lo posseggono e quindi non lo possono trasmettere a loro volta, anche con la massima buona volontà.

Patriarcato

A questo punto è necessario aprire una breve parentesi per confutare un luogo comune intorno al Patriarcato a cui si imputano le colpe più terribili e inverosimili. Il famigerato patriarcato, ci dice Erich Neumann, non è stato altro che la fine del controllo esclusivo della prole da parte materna e il coinvolgimento in essa del padre. Può, è vero, essercene stata una versione, diciamo così, autoritaria quando il padre ha riservato esclusivamente a se tale controllo invece di condividerlo con la madre, ma è indubbio che si sia trattato comunque di un decisivo, e positivo, salto di civiltà per l’intera cultura umana. E’ sotto gli occhi di tutti che oggi, ma non da oggi, da questo punto di vista siamo nel pieno di una regressione. Sul piano legislativo e giudiziario, ma prima ancora su quello culturale, del quale i primi sono al tempo stesso riflesso e causa.

L’attuale condizione paterna

Il padre non ha ufficialmente nessuna voce in capitolo sulla nascita del figlio perché la donna può abortire a suo insindacabile piacimento, non è più un educatore perché il suo lavoro lo porta fuori casa, in fabbrica o in ufficio che lo occupano per la maggior parte del tempo, perché nella cause di separazione rispetto all’affido viene ancora sistematicamente preferita la madre in quanto ritenuta più idonea, perché tutte le professioni che con l’educazione hanno a che fare sono ormai in mani femminili (femminilizzazione o meglio femministizzazione della scuola). E sempre meno, tramite le tecniche di fecondazione artificiale ma in futuro ancor più con la non lontanissima clonazione, è richiesta l’azione concreta e positiva del maschio padre. Nell’atto che da inizio alla vita.

Il padre, insomma, sembra diventato inutile, e sempre più famiglie nel mondo sono monogenitoriali , centrate sulla madre. Il fenomeno è diffuso nell’ Occidente sviluppato ma non solo (si vedano alcuni paesi ex comunisti o in America Latina, dove pure si dice imperversi il machismo, ed è una tendenza che perdura da decenni. Già all’inizio degli anni sessanta Alexander Mitserlich scriveva “Verso una società senza padri”.

Patologie dell’emarginazione paterna

Gli effetti del processo di emarginazione paterna sono sotto gli occhi di tutti:

Negli Usa,secondo statistiche ufficiali del 2002, 7 il 90% degli homeless e dei figli fuggiti da casa non avevano un padre in famiglia, il 70% dei giovani delinquenti vengono da famiglie dove non c’è il padre, l’85 % dei giovani incarcerati lo stesso, ed infine il 63” dei giovani suicidi hanno padri assenti. Anche i periodici e purtroppo frequenti episodi di scoppi di violenza inarrestabile in giovani che sparano e uccidono indiscriminatamente, ben oltre le mascherature ideologiche, ci dicono la stessa cosa. E d’altra parte, anche l’adesione a ideologie di morte e di distruzione rimanda a una rabbia interiore enorme, a quella distruttività indiscriminata che solo l’azione paterna riesce a incanalare, volgere in positivo, trasformare in impulso al cambiamento reale.

Per fare un riferimento all’attualità certamente meno cruento, credo che anche certi attualissimi fenomeni politici siano quanto meno indicativi. Fenomeni destinati ad essere effimere meteore, come ad esempio quello degli Indignados in Spagna, testimoniano, secondo me, del disorientamento in atto nelle giovani generazioni cresciute con padri assenti fisicamente o psicologicamente, disorientamento che non riesce a superare la fase della protesta (legittima) o del ribellismo, per trasformarsi in una visione organica di mutamento sociale.

Stupisce, ma non è un caso, che invece di cercare di porre rimedio a questo vero e proprio disastro sociale attraverso la rivalutazione della figura paterna, culturalmente, legislativamente e socialmente, si tenda invece ad emarginarla definitivamente, e a centrare tutta la vita sociale sul principio femminile/materno.

Siamo in presenza di quelle previsioni che si autoavverano. Ai padri si dice o si fa capire in mille modi che sono inutili in quanto padri ma che, al massimo, possono funzionare da supplenti alle madri (i mai troppo vituperati mammi o padri amici), si fa loro capire in tutti i modi di essere superati e anacronistici quando intendono esercitare alcune delle loro antiche funzioni. Non ci si può allora stupire che molti si comportino poi proprio così, ma ecco che a questo punto scatta l’accusa , spesso ingenerosa e interessata, di essere inadeguati.

Società liquida, capitale

Dicevo poc’anzi che questo disinteresse, anzi questo ostracismo per il padre, non è casuale. Abbiamo visto che è attraverso il padre che si struttura un’identità forte e una personalità che non rimanga infantilmente ancorata alla soddisfazione dei bisogni materiali. Ora, noi possiamo definire la società occidentale moderna in più modi, post-industraile, società liquida dei consumi secondo la definizione di Zjgmut Baumann, società opulenta, o società del capitalismo giunto alla sua fase “estrema” o assoluta, finanziarizzato e globalizzato. Ma in ogni caso, quale che sia la definizione preferita, è un fatto che, affinché l’economia funzioni, in altri termini affinché funzioni la riproduzione allargata del capitale, è necessario che ogni limite, etico, morale, religioso, venga rimosso, che in altri termini sia dissolta ogni forma che non sia quella della merce e che sia rimosso ogni ostacolo alla sua circolazione illimitata.

La moderne società occidentale tende al permissivismo ed alla legittimazione di ogni tipo ci comportamento. Il suo soggetto ideale è quindi quello narcisista, privo di propria identità forte, teso a trovarne un simulacro in oggetti che funzionino da status simbol e che, non dovendosi più confrontare col limite paterno, non sappia più nemmeno riconoscere la trasgressione ed praticarla consapevolmente. Per questo il padre è diventato un ostacolo, anzi l’ostacolo, da eliminare, ed è per questo che si parla sempre di diritti e mai di doveri. C’è un altro luogo comune da sfatare, quello secondo il quale la grande azienda capitalistica sia espressione della psicologia maschile. Essa è invece, per Risè, <<una traduzione organizzativa della figura archetipica della Grande Madre: appagatrice di bisogni, attraverso i quali estende il suo grande potere. Essa non crea solidarietà tra i suoi uomini (come invece faceva l’esercito, la compagnia militare, l’ordine religioso o la corporazione di arti e mestieri), ma li mette in concorrenza fra di loro. Non esita insomma a rompere il campo della comunità dei dipendenti, suscitando in loro la competizione per ottenere i favori della madre-azienda>>

Desacralizzazione e paternità

Nella mia comunicazione di ieri sulla destrutturazione del Sacro, avevo accennato al fatto che una società dimentica del trascendente, che sia tutta centrata sui bisogni materiali, sull’utilità, o anche sulla divinizzazione panteistica della Madre Terra e della natura, finisce per svilire l’identità maschile. Cerchiamo ora di vedere perché, per alcuni autori, anche l’identità paterna ne soffre. Occorrerebbe a questo punto un excursus storico sulla paternità, chiaramente impossibile da svolgere in tempi brevi. Rimando per questo ai lavori di di Giulia Galeotti8, Umberto Cavina9 e soprattutto Dieter Lenzen10,ed anche, per gli anni più recenti di Antonio Bertinelli, 11. Tuttavia un brevissimo cenno è necessario, prendendo come spartiacque la Rivoluzione Francese, l’evento simbolico e concretissimo che ha decretato ufficialmente la fine dell’Europa Cristiana intesa come concezione del mondo nella quale il Sacro e la religione da un lato, e politica e società civile dall’altro, non potevano essere separate e considerate due domini ben distinti. E’ vero che la storica lotta fra Papato e Impero per la supremazia era ben viva da secoli, Dante del De Monarchia insegni, ma la discussione verteva su chi fosse l’interprete autentico del volere divino, il papa o l’imperatore, ognuno dei quali rivendicava a sé il ruolo, ed anche le moderne monarchie assolute sorte dalla dissoluzione del Sacro Romano Impero rivendicavano in qualche modo, per legittimarsi agli occhi dei sudditi, un “diritto divino”. La rivoluzione rompe interamente con tale concezione, strumentale o sincera che fosse, e per la prima volta, anticipata in questo dalla rivoluzione americana che ne preparò il terreno (ma non mi addentro) , rivendica apertamente il fatto che Stato e società civile traessero legittimità solo dalle proprie forze, escludendo esplicitamente qualsiasi influenza della religione.

Riguardo alle istituzioni della società, però, la rivoluzione francese non fece altro che proseguire, portandole a compimento, le concezioni della teologia protestante che, lo abbiamo detto ieri, aveva già collocato il matrimonio nell’ordine terreno.

<< le questioni relative al matrimonio e al divorzio, vanno affidate ai giuristi, e collocate entro l’ordine mondano. Poichè il matrimonio è cosa mondana, esteriore, così come lo sono la donna, i figli, la casa, la corte e le altre cose, esso appartiene all’ordine delle autorità secolari, è sottomesso alla ragione>>12. E’ da quel momento che inizia il processo di spossessamento delle prerogative paterne, perché Lutero non solo secolarizza il matrimonio, ma affida alla madre la responsabilità dell’educazione dei figli. Impossibile non notare che ciò avviene nello stesso periodo storico in cui il capitalismo, accentuando gli aspetti economici e produttivistici dell’esistenza, si afferma a spese delle vecchie istituzioni economiche medievali. Max Weber, in “Etica protestante e spirito del capitalismo”, ne descrive i nessi. Sta di fatto che la dottrina di Lutero divenne ben presto il normale modello educativo;<<poche generazioni dopo, nessuno sapeva più, quanto meno nella tradizione protestante, cosa avesse significato paternità>>13, scrive Lenzen nel libro citato.

Bastino questi accenni per capire che il processo di erosione della paternità ha radici lontane, anche se si è apertamente manifestato solo pochi decenni or sono.

Tutto sommato però, le istituzioni sorte dalla Rivoluzione francese continuavano ad affidare al padre borghese non poco potere all’interno della famiglia. Ma era un potere le cui fondamenta erano ormai vacillanti; per il motivo concreto di allontanarlo, progressivamente dal contatto quotidiano coi figli, risucchiato sempre di più nella manifattura prima e nella grande fabbrica poi, ma anche per un altro e più importante motivo. Il prestigio e l’autorità paterna avevano sempre poggiato sul fatto di essere considerato, all’interno della famiglia, il rappresentante e il garante terreno dell’ordine simbolico divino che la famiglia in qualche modo riproduceva. Il processo di secolarizzazione rompe, laicizzandola, il legame famiglia-Dio, mentre, dice Mircea Eliade, anche <<Tutte le esperienze vitali, dalla sessualità all’alimentazione, dal lavoro al gioco, sono state desacralizzate. In altre parole, ognuno di questi atti fisiologici è stato spogliato di qualsiasi significato spirituale, quindi della dimensione veramente umana>>14.

In tale situazione, sostiene Risè, l’autorità paterna e la ferita salutare che impone ai figli, cambiano di senso: << Da esperienza di trasformazione, fondativa della futura personalità adulta, regredisce a manifestazione sadica di un’autorità persecutoria>>15. Il padre borghese viene sempre più percepito in questo modo, e spesso non a torto. Così, però , condanna anche se stesso. Lasciate prima alla madre e poi allo Stato le sue prerogative, il suo ruolo è sempre più quello esclusivo del provider, del procacciatore di beni. Ora il suo valore non dipende più dall’adempiere semplicemente al suo dovere, ma dalle performances finanziarie e sessuali che riesce ad esprimere. Abbassandosi quelle, automaticamente si deteriora anche il suo prestigio e sparisce l’autorità che gli conferivano il denaro e il successo.

Credo che guardandosi attorno la realtà confermi pienamente gli esiti sopra descritti. Quando le performances sessuali e finanziarie di un uomo e di un padre sono in ribasso, la possibilità che perda anche gli affetti sono altissime.

E tuttavia c’è ancora enorme necessità del padre e un grande bisogno di lui, come testimoniano anche le periodiche rivolte contro i padri, quasi fossero un’estrema protesta per un modo ritenuto sbagliato di esserci (o di non esserci) e una rabbiosa richiesta di un suo ritorno, come guida amorosa e imprescindibile per crescere.

Chi è il padre

Ora, e finisco, ben più ogni analisi intellettuale, modesta come questa o eccellente che sia, oltre ogni teoria su come un padre o la paternità dovrebbero essere, spesso è la letteratura riesce a cogliere l’essenza delle cose. E così chiudo citando Cormac McCarthy, nel suo libro Non è un paese per vecchi, per il quale non siamo soli, perchè c’è con noi il padre che una volta comparve in un sogno dello sceriffo Bell, protagonista del romanzo. Cavalcava silenzioso, in una notte gelida e buia, tenendo in mano una fiaccola. Il figlio sa che <<stava andando avanti per accendere un fuoco da qualche parte in mezzo a tutto quel buio e quel freddo, e che quando ci sarei arrivato l’avrei trovato ad aspettarmi. >>16

1http://www.spiweb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4278:lidia-leonelli-langer-note-per-una-rilettura-del-pensiero-di-franco-fornari-sulla-guerra&

2Paolo Ferliga, Attraverso il senso di colpa, San Paolo, 2010

3Claudio Risè, Il padre, l’assente inaccettabile, San Paolo, 2003

4 Massimo Recalcati, Cosa resta del padre, La paternità nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cortina editore. 2011)

5C. Risè, cit.

6Ibidem

7D, Thompson, Want to Help Children? Stay married, in American Coalition for Fatherss & Children, CNSNews.com Cooemtary, 22 marzo 2002

8G.G., In cerca del padre, Editori Laterza, 2009

9M.C., Il padre spodestato, l’autorità paterna dall’antichità ad oggi, Editori Laterza, 2007

10D. Lenzen, Alla ricerca del padre, Dal patriarcato agli alimenti, Laterza, Bari 1991, cit. in Claudio Risè, Il padre, l’assente inaccettabile, Edizioni San Paolo, 2003

11A. B., Sulle orme del padre, attraversando il ’68 e gli anni del pensiero egemonico, FeNBi, 2008

12D. Martin Luther, Werke. Kritische Gesamtaugsgabe, vol. XXXII, Weimar, 1883.( cit. in Lenzen, cit)

13D. Lenzen, Alla ricerca del padre, Dal patriarcato agli alimenti, Laterza, Bari 1991,

14M. Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1973

15C. R: , cit.

16C. Mc Carthy, Non è un paese per vecchi, Einaudi 2006