Autore Topic: Questo è per Frank  (Letto 903 volte)

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Offline Rita

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Questo è per Frank
« il: Ottobre 01, 2016, 20:56:08 pm »
 Ca va sans dire... che gli italiani si autodenigrino con masochistico piacere pare sia una storia vecchia.

Questo pezzo è tratto da "Diario clandestino" di G. Guareschi (raccolta di scritti durante il suo internamento in un lager in qualità di I.M.I. (internato militare italiano, ovvero i soldati italiani che si rifiutarono di collaborare coi nazisti dopo l'Armistizio).
E' un pezzo ironico scritto al momento della liberazione dal lager, quando, sbandati per l'ennesima volta furono liberi ... di ricercarsi il cibo nella deserta ed abbandonata cittadina dove c'era il lager.

"Quando si tratta di ricercare negli altri popoli qualità positive da contrapporre a manchevolezze proprie, gli italiani si dimostrano gli uomini più volonterosi ed obiettivi del mondo. Questo è sempre stata una delle caratteristiche inconfondibili della nostra gente d’ogni secolo e, per quanto manchino in Tacito e Livio riferimenti in proposito, si può essere certi che a Roma anche i più antiannabaliani erano d’accordo nel riconoscere che, in fatto di elefanti, i romani dovevano levarsi tanto di cappello ai cartaginesi.
Così, in occasione della guerra con la Turchia e poi con l’Etiopia, gli italiani riuscirono a scoprire in determinate cose la loro inferiorità rispetto ai turchii e agli abissini; e così, trovatasi l’italia invischiata nell’avventura bellica dell’Asse, anche il più feroce antitedesco e antinazista degli italiani riconobbe volentieri che, almeno per quanto riguardava la disciplina del razionamento, la Germania era di gran lunga superiore a noi. “L’accaparratore  e il borsaro nero” diceva la gente “sono porche figure tipicamente italiane”. In  Germania è un’altra cosa. In Germania dal ricco al povero, dal personaggio importante all’ultimo cittadino, tutti osservano scrupolosamente il razionamento. “Hitler stesso sarà l’uomo più pazzo e criminale dell’universo, però vive coi tagliandi della tessera”. Questo diceva la gente in Italia, e tutti erano d’accordo: perciò i tremila affamati italiani che entrarono nelle deserte case della cittadina di Bergen rimasero male. Sacchi di farina, di riso, di zucchero, di caffè, casse di scatolame, barili di carne salata e di melassa, armadi zeppi di tagli d’abito, di lana grezza, doppie pareti imbottite di tela, di filo, di bottoni, di cravatte, di sapone, di spille di sicurezza. In ogni orto, in ogni giardino, una miniera: orci pieni di lardo, di strutto, di miele, di uova, di burro. Sotto le cianfrusaglie dei solai, sotto la paglia dei fienili, sotto le cataste di legna, prosciutti, vasi di marmellata, bidoni d’olio. E nelle stalle, nei pollai nei cortili, galline, oche, maiali, vacche, vitellini.
Animati dal nobile desiderio di sentirsi inferiori a tutti i popoli del mondo, gli italiani erano riusciti a trovare il modo di sentirsi in qualcosa peggiori persino dei tedeschi, che son gente di un altro mondo; e ora la dolce illusione cullata nei cuori per quattro anni cadeva miseramente.
Anche per ciò che riguardava la disciplina del razionamento, gli italiani non erano peggiori dei tedeschi. I tedeschi erano addirittura peggiori degli italiani"
L'esperienza è un pettine che la vita ti dà dopo che hai perso i capelli

Online Frank

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Re:Questo è per Frank
« Risposta #1 il: Ottobre 02, 2016, 10:31:11 am »
Più che condivisibili le parole di Guareschi.
Del resto l'esterofilia del popolo italiano, originata da un insopprimibile complesso di inferiorità, ha radici molto lontane e a mio parere è incurabile, perché ormai fa parte della "forma mentis" degli italiani.
Esterofilia che tra l'altro fa sentire gli stranieri - anche quelli provenienti da paesi di merda - "moralmente autorizzati" a giudicarci, proprio perché i primi disfattisti, perennemente impegnati a martellarsi i gentitali, sono gli italiani.

In merito riporto le parole di quest'uomo:
http://www.lettera43.it/cultura/italiani-inguaribili-esterofili-e-ora-di-finirla_43675148670.htm

Citazione
Italiani inguaribili esterofili: è ora di finirla

Purtroppo il nostro è un Paese che non riesce ad avere una vera identità nazionale.
Gli italiani (in genere) sono abbastanza “auto distruttivi” e preferiscono mettere in mostra i propri vizi piuttosto che le proprie virtù.
Se chiedete a un francese di parlarvi della sua nazione vi dirà immediatamente: «Abbiamo il Louvre, la torre Eiffel, Parigi è la più bella città al mondo».
Se provate con qualunque altro Paese evoluto sarà identico: la prima cosa di cui vi parleranno riguarderà bellezze o eccellenze.
IN ITALIA «ABBIAMO LA MAFIA». E gli italiani? Be' gli italiani citeranno la mafia, i problemi politici e le nostre più belle città verranno presentate come latrine all’aperto.
Nessuno penserà di dire che in Italia abbiamo la Ferrari, le città più belle al mondo, il 75% delle opere artistiche esistenti al mondo, Leonardo, Tiziano.
Per gli italiani tutto quello che hanno gli altri è fantastico. Tutto quello che possediamo noi una schifezza.
Se qualcuno di Centocelle (quartiere di Roma) va a Parigi visita il Louvre e non la banlieue (periferia parigina) dove, in alcune zone, la polizia stessa ha difficoltà a entrare.
È normale che tornando a casa il confronto con la propria realtà gli sembrerà certamente impari.
Nella soluzione dei propri problemi gli italiani, inoltre, fanno sempre e comunque riferimento a soluzioni straniere.

NON DOVEVAMO DIVENTARE GIAPPONESI? Negli Anni 90 dovevamo diventare tutti giapponesi. La qualità totale era una religione.
Il libro The machine that changed the world, ovvero la storia della lean production alla Toyota, era diventata una sorta di Bibbia.
Toyota veniva presentata come la perfezione qualitativa, salvo poi essere obbligata a ritirare un po’ di anni dopo qualche milione di auto per difetti di costruzione; come sia andata più in generale in Giappone è sotto gli occhi di tutti.
Ma anche recentemente il Giappone per molti era tornato un benchmark perché continuava a stampare carta moneta per uscire dalla crisi.
Gli anti euro presentavano l’approccio giapponese (ma in alcuni casi anche quello argentino) come l’unico percorribile per risolvere i nostri problemi. Su come sia andata a finire stendiamo un velo pietoso.
VIVA IL MODELLO ISLANDESE, ANZI IRLANDESE. Sempre in epoca recente è stato presentato il modello islandese (l’Islanda non arriva a 350 mila abitanti, meno di un quartiere di Milano), saremmo dovuti tutti diventare spagnoli, avremmo dovuto trovare soluzioni fiscali simili all’Irlanda e naturalmente potrei continuare.
Risolvere il problema della disoccupazione in Italia? Semplicissimo: basta implementare il modello di “flexicurity” danese.
Andate in Danimarca, chiedete ai capi azienda come funziona e quanti anni ci hanno messo a mettere a punto questo modello in un Paese di neanche 6 milioni di abitanti che ha uno dei più alti livelli di scolarità a livello internazionale.
Prendete un taxi a Copenaghen per capire le differenze culturali (e di buona educazione) con il nostro Paese.
UN PO' AMERICANI E UN PO' SCANDINAVI. Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni è assurdo sognare un Paese che abbia contemporaneamente il modello economico americano (uno dei più destrutturati al mondo); il modello di welfare scandinavo (uno dei più socialisti al mondo); una burocrazia di stampo francese (uno dei modelli più centralizzati al mondo); una governance di stile anglosassone (basata su comportamenti da “civil servant” più che sulle leggi).
Come ulteriore paradosso noi vorremmo però mantenere “molto italiano” il sistema fiscale (che ha una delle evasioni più elevate al mondo) e un modello economico “relazionale” anziché basato sulla meritocrazia.
Crediamo realmente di poter andare lontano con criteri simili, per quanto io possa averli semplificati o addirittura banalizzati?
BASIAMOCI SULLE ECCELLENZE ITALIANE. Personalmente credo che debba essere perseguito un modello italiano che possa basarsi sulle molte eccellenze del nostro Paese.
Proviamo a ripartire assumendo come priorità i superiori interessi del Paese, ma in modo sistemico, convinto, determinato, oserei dire appassionato e spingendo tutti insieme nella stessa direzione.
Giro il mondo in lungo e in largo e noto che gli italiani, a livello individuale, sono i migliori al modo e potrebbero quindi vincere qualunque competizione.
Ma questo stesso individualismo diventa un grande handicap quando la competitività è sistemica. Dobbiamo quindi evolvere. Basta piangersi addosso o immaginare di essere titolari di tutti i mali del mondo.
TUTTI VORREBBERO AVERE IL NOSTRO GENIO. Chi si laurea in alcune delle nostre università (il Politecnico di Milano, la Bocconi, la Normale di Pisa) non ha nulla da invidiare a coloro che si laureano nelle università straniere. E quando vanno all’estero sanno farsi valere.
Tutti i Paesi cosiddetti emergenti vorrebbero avere la nostra intelligenza, la nostra creatività, le nostre bellezze.
Proviamo a valorizzarle in modo progettuale, tutti insieme, e smettiamola con questa esterofilia dilagante. Facciamo in modo che, almeno per una volta, l’erba del vicino sia meno verde della nostra.
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
Augusto, 18 a.C.

Online Frank

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Re:Questo è per Frank
« Risposta #2 il: Ottobre 02, 2016, 10:44:57 am »
Per esempio, che gli italiani siano convinti di vivere nel Paese "più corrotto" del mondo, lo testimoniano anche le parole di uomini come questo;

http://www.travel365.it/10-paesi-piu-corrotti-mondo.htm
Citazione

    Massimo Lentini

    Eppure avrei giurato che l'Italia fosse in classifica. Meglio cosi.
    10 Marzo 2016 10:00

e il motivo è da ricercare anche nel fatto che l'italiano medio ha sostanzialmente una "cultura televisiva", ragion per cui ignora quello che accade altrove.
Perché è chiaro che in Tv vengono evidenziate quasi esclusivamente le magagne italiane e non certamente quelle del resto del pianeta.

Ed infatti è normalissimo ascoltare parole del genere:
"Nel mondo ridono tutti di noi, anche nel Burundi"...*

Eh già, certo, nel Burundi, dove vivono mediamente 50 anni e stanno nella merda più totale (per non parlare di posti ben peggiori), hanno proprio il tempo di "ridere degli italiani".

Ma vaff****** deficienti.

@@

*
http://www.dimissionietuttiacasa.com/2016/08/06/burundi-un-regime-inarrestabile-giornalisti-vengono-fatti-sparire/
« Ultima modifica: Ottobre 02, 2016, 10:57:20 am da Frank »
«Se potessimo vivere senza donne, faremmo volentieri a meno di questa seccatura, ma dato che la natura ha voluto che non potessimo vivere in pace con loro, né vivere senza di loro, bisogna guardare alla conservazione della specie piuttosto che ricercare piaceri effimeri.»
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