Autore Topic: La donna emancipata è felice?  (Letto 44492 volte)

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Offline Rita

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #45 il: Novembre 12, 2014, 08:00:09 am »
Quando ho formulato la mia ipotesi di perdita di senso femminile che data anni sessanta con la tecnicizzazione del lavoro casalingo e l'inizio della propaganda contro il sovrappopolamento ho pensato anche ad una signora (deceduta qualche anno fa) era più vecchia di mia mamma di qualche anno ed era la vedova di un vecchio amico di mio papà, io portavo mia mamma in visitE così ascoltavo, per così dire, le sue memorie. Premesso che andava d'accordo col marito e l'ha assistito fino all'ultimo istante della malattia che l'aveva colpito, mi raccontò' che da giovane aveva aperto un negozietto di gastronomia che andava piuttosto bene perché mi disse, con una certa ironia, "già allora c'erano le pelandrone che non avevano voglia di cucinare". Quando ebbe il figlio il marito la convinse a stare a casa. Lei ne discusse un po' poi si convinse, un tempo l'ultima parola era del marito per convenzione sociale. Ne era ancora rammaricata allora, arrabbiata no ma rammaricata si, perché si vedeva che le piaceva e la teneva occupata quando il marito era al lavoro, inoltre il bambino poteva stare in negozio con lei o nel retro e avrebbe contribuito al bilancio familiare.
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Offline Rita

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #46 il: Novembre 12, 2014, 08:25:36 am »
Insomma, in poche parole, la domanda del topic non ha senso, identificate l'emancipazione nell'imitazione dell'uomo ma quando parlate di privilegio della casalinga secondo me torna la questione della mutazione di ambiente e tempo, non per tutte le donne stare a casa a girarsi i pollici per metà del tempo e' un privilegio, quindi la felicità non dipende dalla laurea o dalla carriera, non c'entra secondo me la laurea con l'occupazione e comunque sia conosco anch'io tantissime laureate sposate o in coppia con figli, semplicemente hanno fatto una scelta diversa e per altri versi anche più' coraggiosa, si sono messe in proprio e gestiscono loro i tempi di lavoro ottimizzandoli
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Offline Dolce Alice

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #47 il: Novembre 12, 2014, 09:09:49 am »
Cos'è l'emancipazione? 
Etimologicamente, significa essere liberi da un vincolo. Nel caso delle donne dei paesi sviluppati, questo vincolo consisteva nelle leggi che impedivano loro di sviluppare tutti gli aspetti della propria umanità e di sviluppare i propri talenti. Abolite queste leggi, le donne, come collettività, possono considerarsi emancipate. 
Per quanto riguarda l'individuo di sesso femminile, non può esistere un modello unico di emancipazione: ogni donna, esattamente come ogni uomo, ha le proprie aspirazioni e la propria scala di priorità. 
Venendo alla questione di Vicus: la condizione di emancipato non può in sé e per sé rendere felice un essere umano, perché la disponibilità di una gamma di opzioni non equivale di per sé all'autorealizzazione. Però, a parità di altre condizioni, aumenta di molto le probabilità di autorealizzarsi e vivere quindi un'esistenza appagante. 
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Offline zagaro

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #48 il: Novembre 12, 2014, 09:31:05 am »
Partiamo innanzitutto da un presupposto: quante saranno mai oggi le donne italiane che curano l'educazione dei figli, curano la casa, curano gli anziani, cucinano, stirano, si prendono cura del marito, ecc. ecc.? Di che percentuali parliamo? Non vorrei che la tua figura di donna fosse ferma agli anni '40.

Ma poi mi spieghi perchè se due divorziano e non hanno figli, il marito è quasi sempre tenuto a mantenere la moglie a vita? Cioè per aver lavato e stirato dei panni, cucinato del cibo e pulito la casa, è giusto che un uomo mantenga l'ex moglie a vita??
Come ha detto Vnd, potrei concordare su una buona uscita nel caso lei non lavori, ma un mantenimento a vita è assurdo.
Altro discorso è se ci sono dei figli a carico, ma qui bisognerebbe modificare la legge, prevedendo un mantenimento diretto dei figli.




Forse nelle soap opera che voi casalinghe vedete tutto il giorno. Nella vita reale i mariti divorziano/tradiscono per vari motivi, tra cui spesso cambi d'atteggiamento delle mogli e/o tradimenti da parte di quest'ultime.

ancora oggi non   si è trovato un metodo giuridico per calcolare la perdita di chance fra coniugi. ed ho usato la parola coniugi perchè io ad esempio ho rinunciato aduna probabile carriera nella marina mercantile per rimanere vicino a mia moglie, quindi quanto poteva essere il mio calcolo di perdita di chance?

ma ritorniamo nel giuridico nel dubbio di questo calcolo si usa una scorciatoia quella del medesimo livello di vita.
difatti quali sono i divorzi più facili? quelli fra persone che lavorano, in cui le parti vivendo di proprio, ci si limita solo a stabilire se le parti hanno rispettato le regole matrimoniali, passo che si salta se il divorzio è consensuale.

poi un considerazione storica fino a qualche anno fa il matrimonio di una persona era un fatto talmente importante che si programmava una sola volta nella vita,e quindi per forza di cose l'apparato normativo che lo riguardava era molto articolato.
ma oggi che  il matrimonio è quasi una routine oltre a divenire un istituto in decadenza, sta mutando anche il suo scioglimento.

l'unica cosa che tiene in piedi il matrimonio, oltre ai riti sociali, sono quel complesso di diritti che chiamiamo diritti ereditari.
se troveremo una formula di gestione de diritti ereditari diversa dal matrimonio, allora quel giorno questo istituto andrà in soffitta

Offline ilmarmocchio

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #49 il: Novembre 12, 2014, 09:33:34 am »
su questo sono pienamente d'accordo.
Ma questo non inficia la ratio originale.
Voglio dire che i doppi salti carpiati delle Cassazioni o delle sentenze dei giudici non inficiano l'art. 156 del Codice Civile che stabilisce:

il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a carico del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.

Ora se vuoi fare il paragone con l'ambito lavorativo è come un licenziamento ingiusto. Si viene condannati al reintegro del lavoratore, qui non potendo costringere il coniuge che vuole la separazione a rimanere insieme (altrimenti si tornerebbe al matrimonio indissolubile e non avrebbe avuto senso la legge sul divorzio) stabiliscono un mantenimento che dovrebbe essere commisurato, appunto all'addebitabilità della separazione, alla durata del matrimonio, all'incapacità lavorativa del coniuge (perché anziano per esempio) che rimarrebbe senza reddito.

La norma è abbastanza semplice e anche ragionevole.

Il problema casomai, sono le interpretazioni dei Giudici e i tripli salti carpiati che fanno per giustificare l'impossibilità a lavorare o altre amenità del genere.

quoto al 100%.
se è vero che oggi molte donne approfittano delle leggi, è anche vero che ci sono anche gli uomini a comportarsi male e una donna che ha mandato avanti una famiglia non può rimanere in mezzo a una strada perchè l'uomo si è invaghito di una più giovane.
E' successo e succederà ancora

Offline ilmarmocchio

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #50 il: Novembre 12, 2014, 09:35:05 am »

Offline ilmarmocchio

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #51 il: Novembre 12, 2014, 09:41:38 am »
basta con tutti questi sacrifici e vittimismi. Ognuno faccia ciò che gli piace, e non pretenda dall'altro da rinuciare alla propria realizazione,
tanto la realizazione della donna non è in concorrenza con la vita di famiglia, tutt'al contrario.non è una punizione, è un ripiego, Vale la pena al massimo quando hai bambini piccoli, o quando hai l'orto, gli animali che ti danno uova e latte, ma non nella citta moderna, dove se non hai soldi sei morto di fame.
 Ti posso presentare almeno tre uomini che o vivono o sono vissuti per lungo tempo a casa dal redito della moglie, o si sono messi ad aiutare lei nella sua dita. Non dal TV li conosco ma in realtà, nella famiglia. Un'altro senza l'aiuto economico della famiglia della moglie avrebbe già datto fallimento.Ma per favooore,
l'ha fatto mio padre e il mio marito di lasciare la coetanea vecchia e mettersi con una con 20 anni più giovane, senza essere uomini né ricchi né influenti, e ne conosco altri molti casi reali.
Poi anche se non molla la moglie solo la traddisce oggi non si è obbligate a perdonare le corna a nessuno, quello è un valido motivo di divorzio.
 ti ho detto non so chi sia, io vivo nella realtà non dai show televisivi, Io non spero nulla di stabile ed eterno da un uomo. Certo non mi costruisco la vita su di lui.

quoto . infatti, credo che un ritorno alla famiglia tradizionale sia assolutamente impossibile.
L'unica cosa che chiedo è parità di trattamento.
L' uomo deve poter rifiutare la paternità
il manteninento non deve prescindere dalla responsabilità
vero affido condiviso
nessuna corsia preferenziale per le donne nel lavoro,  specie quando NON hanno i requisiti ( forse dell'ordine, ecc ).
parità di pene per gli stessi delitti
stop alla preminenza del minore nella famiglia : i soggetti sono 3 e devono essere equipollenti.


Offline ilmarmocchio

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #52 il: Novembre 12, 2014, 09:51:33 am »
Insomma, in poche parole, la domanda del topic non ha senso, identificate l'emancipazione nell'imitazione dell'uomo ma quando parlate di privilegio della casalinga secondo me torna la questione della mutazione di ambiente e tempo, non per tutte le donne stare a casa a girarsi i pollici per metà del tempo e' un privilegio, quindi la felicità non dipende dalla laurea o dalla carriera, non c'entra secondo me la laurea con l'occupazione e comunque sia conosco anch'io tantissime laureate sposate o in coppia con figli, semplicemente hanno fatto una scelta diversa e per altri versi anche più' coraggiosa, si sono messe in proprio e gestiscono loro i tempi di lavoro ottimizzandoli

quoto anche qui . la domanda del topic non ha senso

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #53 il: Novembre 12, 2014, 10:00:29 am »
l'unica cosa che tiene in piedi il matrimonio, oltre ai riti sociali, sono quel complesso di diritti che chiamiamo diritti ereditari.
se troveremo una formula di gestione de diritti ereditari diversa dal matrimonio, allora quel giorno questo istituto andrà in soffitta

esattamente
L'esperienza è un pettine che la vita ti dà dopo che hai perso i capelli

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #54 il: Novembre 12, 2014, 13:35:48 pm »
La casalinga è mantenuta in cambio del suo lavoro. Occuparsi della casa è un privilegio: mantenimento assicurato, niente spostamenti e orari fissi, niente treni pendolari che spettano invece al marito. Che, non dimentichiamolo, se non avesse una famiglia da mantenere potrebbe utilizzare lo stipendio per spese voluttuarie.
Come è stato detto da un giudice, quando la giustizia funzionava:
- Cara signora, lei prepara ancora i pasti, lava la biancheria e pulisce casa? Rispetta ancora l'obbligo di mutua assistenza assunto col matrimonio?
- No, siamo separati.
- Allora perché vuole essere ancora mantenuta?

Quotabilissimo
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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #55 il: Novembre 12, 2014, 13:37:53 pm »
su questo sono pienamente d'accordo.
Ma questo non inficia la ratio originale.
Voglio dire che i doppi salti carpiati delle Cassazioni o delle sentenze dei giudici non inficiano l'art. 156 del Codice Civile che stabilisce:

il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a carico del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.

Ora se vuoi fare il paragone con l'ambito lavorativo è come un licenziamento ingiusto. Si viene condannati al reintegro del lavoratore, qui non potendo costringere il coniuge che vuole la separazione a rimanere insieme (altrimenti si tornerebbe al matrimonio indissolubile e non avrebbe avuto senso la legge sul divorzio) stabiliscono un mantenimento che dovrebbe essere commisurato, appunto all'addebitabilità della separazione, alla durata del matrimonio, all'incapacità lavorativa del coniuge (perché anziano per esempio) che rimarrebbe senza reddito.

La norma è abbastanza semplice e anche ragionevole.

Il problema casomai, sono le interpretazioni dei Giudici e i tripli salti carpiati che fanno per giustificare l'impossibilità a lavorare o altre amenità del genere.

Il fatto è che, il più delle volte, è la donna che chiede la separazione.
Stranamente è anche quella che, di solito, ci guadagna....

La causa che determina l'addebito è troppo soggettiva.
Si pensa sempre al tradimento.
Ma se una donna, dopo che te la sei presa,  smette di dartela quanto vorresti, per forza che ti viene voglia di concederti degli extra....

La causa di addebito è un concetto che sa di vecchio.

Sì... Che poi, in effetti... se sei abbastanza intelligente da non sposarti, questi rischi nemmeno li corri....

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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #56 il: Novembre 12, 2014, 13:39:27 pm »
i primi tentativi di welfare furono le confraternite maschili  e/o femminili che fossero. hai mai studiato le beghine?mentre in sicilia degenerarono e da confraternite di mutuo soccorso si trasformarono in 'cosche' che in dialetto siciliano significa carciofo,  simbolico di uno stadio di solidarietà: tante foglie separate che unite insieme  alla base formano qualcosa di più grande

Ecco... Piuttosto...
Se una buzzicona avesse abbandonato le beghine, mica si beccava gli alimenti....
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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #57 il: Novembre 12, 2014, 13:48:41 pm »
più che con il mondo del lavoro la metafora va spostata nel diritto delle società.
il matrimonio come una società di persone, ove diversamente dalla società di capitali, invece di unire patrimoni  si uniscono  abilità delle persone per produrre reddito
quindi  in una società di persone ognuno mette insieme una sua abilità per produrre un reddito societario ed allaf ine  i soci dividono i guadagni comuni

ma quando si rompe una società di persone cosa succede?
il giudice deve calcolare  il reddito prodotto e dividerlo fra gli ex-soci.

ora mentre  il giudice rivolgendosi al passato può calcolare il reddito prodotto dalla società di persone 'matrimonio & c.' ,
non è capace invece rivolgendosi al futuro di calcolare le perdite di chance dei rispettivi ex coniugi sopratutto per la donna che in teoria sacrifica il suo percorso professionale per dedicarsi alla casa

poichè non sappiamo calcolare la perdita di chance fra ex coniugi allora adottiamo il sistema del pari livello di vita

Nel paragone con la società, sono d'accordo.
Ma il sistema del mantenimento del tenore di vita non lo posso accettare.
Significa che se io oggi, separato, vinco cento euro al gratta e vinci, se lo viene a sapere, devo darne 50 alla puttanona.
Che senso ha?

Ma io sono contrario anche agli alimenti.

Più avanti si parla del beghinaggio, o delle comunità religiose.
Chi lascia una comunità di propria volontà chiede forse gli alimenti?
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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #58 il: Novembre 12, 2014, 14:02:05 pm »
Cos'è l'emancipazione? 
Etimologicamente, significa essere liberi da un vincolo. Nel caso delle donne dei paesi sviluppati, questo vincolo consisteva nelle leggi che impedivano loro di sviluppare tutti gli aspetti della propria umanità e di sviluppare i propri talenti. Abolite queste leggi, le donne, come collettività, possono considerarsi emancipate. 
Per quanto riguarda l'individuo di sesso femminile, non può esistere un modello unico di emancipazione: ogni donna, esattamente come ogni uomo, ha le proprie aspirazioni e la propria scala di priorità. 
Venendo alla questione di Vicus: la condizione di emancipato non può in sé e per sé rendere felice un essere umano, perché la disponibilità di una gamma di opzioni non equivale di per sé all'autorealizzazione. Però, a parità di altre condizioni, aumenta di molto le probabilità di autorealizzarsi e vivere quindi un'esistenza appagante.

Questa analisi però è assolutamente antistorica.
Che ogni uomo, di ogni ceto sociale, potesse esercitare la sua libertà è pura fantasia.

Si parla di voto alle donne... Come se le donne avessero votato secoli dopo gli uomini.
In verità il suffragio universale maschile è del 1019 (votava chi era soggetto agli obblighi di leva, quindi tutti i maschi; prima, invece, votava soltanto il 2% della popolazione maschile). Le ultime elezioni libere furono nel 1924... Poi, fino al 1946 non si votò più.
In effetti le donne (per le politiche) vorarono cinque anni dopo gli uomini.

Però le donne non sono state costrette a combattere in guerra.
Se tu consideri che un uomo costretto ad andare a uccidere o a farsi massacrare abbia avuto più possibilità di realizzarsi una donna, sei assolutamente fuori strada.

Oggi è difficile ricontestualizzare, in termini di diritto, le situazioni maschili e femminili del passato.
Tuttavia c'è un'opera godibilissima di Belfort Bax, "The legal subjection of men" che ne fa un'attenta analisi.

Nell'inghilterra tra le due guerre, un uomo rischiava di andare in galera al posto della moglie se questa avesse commesso specifici reati.
Sono cose che non si sentono mai...
E delle quali i testi femministi si guardano si guardano bene di parlare.

Ma per favore.....
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Re:La donna emancipata è felice?
« Risposta #59 il: Novembre 12, 2014, 15:47:38 pm »
Questa analisi però è assolutamente antistorica.
Che ogni uomo, di ogni ceto sociale, potesse esercitare la sua libertà è pura fantasia.

Si parla di voto alle donne... Come se le donne avessero votato secoli dopo gli uomini.
In verità il suffragio universale maschile è del 1019 (votava chi era soggetto agli obblighi di leva, quindi tutti i maschi; prima, invece, votava soltanto il 2% della popolazione maschile). Le ultime elezioni libere furono nel 1924... Poi, fino al 1946 non si votò più.
In effetti le donne (per le politiche) vorarono cinque anni dopo gli uomini.

Però le donne non sono state costrette a combattere in guerra.
Se tu consideri che un uomo costretto ad andare a uccidere o a farsi massacrare abbia avuto più possibilità di realizzarsi una donna, sei assolutamente fuori strada.

Oggi è difficile ricontestualizzare, in termini di diritto, le situazioni maschili e femminili del passato.
Tuttavia c'è un'opera godibilissima di Belfort Bax, "The legal subjection of men" che ne fa un'attenta analisi.

Nell'inghilterra tra le due guerre, un uomo rischiava di andare in galera al posto della moglie se questa avesse commesso specifici reati.
Sono cose che non si sentono mai...
E delle quali i testi femministi si guardano si guardano bene di parlare.

Ma per favore.....

Il commento, naturalmente, vale nel caso tu abbia voluto sottintendere che le donne del passato avessero meno possibilità degli uomini di autorealizzarsi.
Cosa che, se sei poveri, non è più possibile nemmeno oggi.
Figuriamoci nel passato.
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