Autore Topic: Fucilazione camerati X MAS da parte degli angloamericani e storia della Decima  (Letto 67911 volte)

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Offline Stendardo

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Fonte : http://francoaschieri.blogspot.it/

Straordinariamente interessante è la relazione che ne ha fatto Don Giuseppe Ferrieri parroco di San Pietro di Santa Maria Capua Vetere che ebbe ad assisterli:
 

«Li trovai che cantavano. Appena mi videro stettero zitti, e quando il cancello di ferro si aprì, mi si strinsero intorno. Io stavo in mezzo ad essi col solito sorriso. E sono quattro: un milanese, un romano, un napoletano, uno di Aquila. Il milanese e il romano erano biondi, quello di Aquila bruno, robusto, con un’aquila sul petto; il napoletano bassotto con i calzoni da ufficiale. Mi dissero che si erano già confessati. Feci recitare l’atto di dolore e dopo poche e semplici parole li comunicai. Stavano a mani giunte, guardando fissi l’Ostia Santa, che si posò viatico per l’estremo viaggio. Un breve ringraziamento. Due pose per fotografia, io in mezzo a loro nella prima, Gesù crocifisso tra loro e me nella seconda. Un militare della M.P. mi disse che avevo altri due minuti di tempo. – Siamo già pronti! – fu la risposta. Li volli accompagnare sul luogo del supplizio. Uscii con due di loro fra quattro M.P. americani armati. Il pianto dei carcerati ci accolse alla uscita del corridoio: Figli miei, figli miei! Erano le undici antimeridiane. Fuori del portone del carcere ci accolse un grido di dolore. Un po’ di gente venuta ad assistere al macabro spettacolo. I due, il romano Tapoli Giorgio studente in medicina, e il napoletano Tedesco Vincenzo, risposero inneggiando all’Italia fascista. salii con loro sulla Gip, tra il napoletano e un M.P., facemmo un buon tratto allegramente in quella macchina da ridolini, come disse il romano, il quale mi descrisse tutte le fasi della sua morte. Alcuni credettero e dissero che anch’io ero stato condannato. Arrivammo. Due pali in una partita di grano verde, dietro una cava di pozzolana. Parecchi ufficiali erano commossi, così pure il colonnello che, dopo la prima esecuzione, si disse increscioso di dover agire in tale modo. Eccoli vicino al palo, il romano si toglie la camicia. Mi dice che non vuol farsela bucare. Gli legano le mani: io lo conforto ricordandogli Gesù morto in croce. E’ sorridente. Gli dico che pregherò per lui e che lui deve pregare per i miei giovani. Due altre funi, una sul petto, l’altra sul ventre. Passo al napoletano, sorridente, bruno. Ha sul capo una bustina bianca con l’aquila hitleriana. Mi raccomandano le lettere che hanno scritto ai loro cari; io prometto di parlare agli ufficiali, i quali mi dicono che li accontenteranno. Altri pochi istanti; bacio il napoletano, bacio il romano, incoraggio ambedue, i quali rifiutano di essere bendati. Due soldati caricano i dodici moschetti. Quel chiudere ed aprirsi mi fa il cuore a pezzi. I due eroi hanno ancora delle parole: “Il tenente di Aversa (un certo Tonini, oriundo italiano che li aveva giudicati) sa che noi siamo innocenti”. In lontananza una terrazza è affollata di gente che guarda piangendo. Un comando secco: sei dei dodici poliziotti si inginocchiano; un altro comando: puntano il fucile; un terzo comando ancora… una detonazione. Abbasso gli occhi, un colpo solo. Vidi cadere i cari giovani, mi avvicinai a loro recitando tre Requiem e un De Profundis per ciascuno. Mi raccomandai alla loro intercessione. Quattro soldati americani e due cantonieri fanno da becchini. Fotografie a non finire durante tutta l’esecuzione ed il primo atto tragico termina. Si vanno a rilevare gli altri due, che arrivano alle 11,45. Appena mi vedono mi sorridono; hanno trovato una faccia, un viso amico che è lì per confortarli. Quello di Aquila si toglie anche lui la camicia. Lo legano, desidera una sigaretta. Un capitano gliela da’, accendendola; lo stesso fa per l’altro, il milanese, simpatica figura di giovane buono. Fo’ loro coraggio. Mentre lo legano, il milanese grida tre volte: “Heil Hitler”, e l’altro risponde: “Heil”. “Noi siamo innocenti. Dio stramaledica gli inglesi!”. Io lo guardo, mi capisce: avevo detto loro di non odiare il nemico. Mi guarda e canta: “Vivere sempre vivere, senza malinconia!” Li bacio sorridente tra i sorridenti, mi scosto pochi metri; i tre soliti comandi secchi… Vi vidi abbassare pian piano, o giovani. Ascoltai il vostro rantolo: i colpi non furono precisi come la prima volta; l’anima vostra stentava ad uscire dal vostro corpo. Che strazio al mio cuore! Vi assolsi l’ultima volta “Sub conditione” , Tre requiem e un De profundis per ciascuno. Una macchina di corsa mi condusse a celebrare la Santa Messa. Il popolo mi aspettava da pochi minuti impaziente. Là si ignorava tutto. Era una bella giornata primaverile si pensava a goderla. Celebrai la Santa Messa ancora commosso e pregai per le Vostre anime benedette, per le Vostre mamme adorate. Anche Voi dal cielo pregate per me, per i miei giovani, per il mio apostolato, per l’Italia divisa in tanti partiti che la rovineranno.


L' ULTIMA LETTERA DI FRANCO ASCHIERI ALLA MAMMA
 


«Cara mamma, con l’animo pienamente sereno mi preparo a lasciare questa vita che per me è stata così breve e nello stesso tempo così piena e densa di esperienze e sensazioni. In questi ultimi momenti l’unico dolore per me è costituito dal pensiero di coloro che lascio e delle cose che non ho potuto portare a compimento. Ti prego, mamma, fai che il mio distacco da questa vita non sia accompagnato da lagrime, ma sia allietato dalla gioia serena di quegli animi eletti che sono consapevoli del significato di questo trapasso. Ieri, dopo che mi è stata comunicata la notizia, mi sono disteso sul letto ed ho provato una sensazione che avevo già conosciuta da bambino: ho sentito cioè che il mio spirito si riempiva di forza e si estendeva fino a divenire immenso, come se volesse liberarsi dai vincoli della carne per riconquistare la libertà. Non ho alcun risentimento contro coloro che stanno per uccidermi perché so che non sono che degli strumenti scelti da Dio, che ha giudicato sufficiente il ciclo spirituale da me trascorso in questa vita presente. Sappi mamma che non resti sola, perchè io resterò vicino a te per sostenerti ed aiutarti finché non verrai a raggiungermi; perché sono certo che i nostri spiriti continueranno insieme il loro cammino di redenzione, dato che il legame che ci univa su questa terra, più di quello che esiste tra madre e figlio, è stato quello che unisce due spiriti affini e giunti allo stesso grado di evoluzione. Sono certo che accoglierai la notizia con coraggio e voglio che tu sappia che in momenti difficili io ti aiuterò come tu hai aiutato me durante questa vita. In questo momento sono lì da te e ti bacio per l’ultima volta, e con te papà e tutti gli altri cari che lascio. Cara mamma termino la lettera perché il tempo dei condannati a morte è contato fino al secondo. Sono contento della morte che mi è destinata perché è una delle più belle, essendo legata ad un sacro ideale. Io cado ucciso in questa immensa battaglia per la salvezza dello spirito e della civiltà, ma so che altri continueranno la lotta per la vittoria che la Giustizia non può che assegnare a noi. Viva il Fascismo. Viva l’Europa. Franco».
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Stendardo

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Inno della X MAS :

Quando pareva vinta Roma antica,
sorse l'invitta Decima Legione,
vinse sul campo il barbaro nemico
Roma riebbe pace con onore.

Quando l'ignobile 8 di Settembre
abbandonò la Patria il traditore,
sorse dal mar la Decima Flottiglia
e prese l'armi al grido "Per l'Onore!".

Decima, Flottiglia nostra
che beffasti l'Inghilterra,
vittoriosa ad Alessandria,
Malta, Suda e Gibilterra.
Vittoriosa già sul mare,
ora pure sulla terra
Vincerai!
 
Navi d'Italia che ci foste tolte,
non in battaglia ma col tradimento,
nostri fratelli prigionieri o morti
noi vi facciamo questo giuramento:

noi vi giuriamo che ritorneremo
là dove Dio volle il tricolore,
noi vi giuriamo che combatteremo
finchè riavremo pace con onore!

Decima, Flottiglia nostra
che beffasti l'Inghilterra,
vittoriosa ad Alessandria,
Malta, Suda e Gibilterra.
Vittoriosa già sul mare,
ora pure sulla terra
Vincerai!



Da Wikipedia storia della X MAS :

Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/X%C2%AA_Flottiglia_MAS_(Regno_d'Italia)

Xª Flottiglia MAS (Regno d'Italia)


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.




 


X Flottiglia MAS
 






Teseo Tesei, sviluppatore del siluro a lenta corsa
 


Descrizione generale
 


Attiva
 
1939-1943;
 


Nazione
 
Regno d'Italia
 


Ruolo
 
Attacco al naviglio nemico in rada tramite sabotaggio e in mare aperto con l'uso di naviglio sottile silurante o esplodente
 


Equipaggiamento
 
Naviglio sottile; mezzi d'assalto subacquei e di superficie trasportabili da sommergibili modificati
 


Motto
 
Memento Audere Semper per la 1ª Flottiglia MAS
 Per il Re e per la bandiera per la X Flottiglia MAS[1]
 


Battaglie/guerre
 
1941: attacco alla Baia di Suda, attacco a Malta, prima forzatura del porto di Gibilterra
 1942: impresa di Alessandria, seconda e terza forzatura del porto di Gibilterra
 1943: forzatura del porto di Algeri, quarta forzatura del porto di Gibilterra
 


Decorazioni
 
MOVM: 31
 MAVM: 104
 MBVM: 32
 Croci al VM: 30
 










Comandanti
 


Comandanti degni di nota
 
Aimone di Savoia-Aosta
 Vittorio Moccagatta
 Ernesto Forza
 Junio Valerio Borghese
 



Fonti citate nel corpo del testo
 


Voci di marine militari presenti su Wikipedia
 

La X[2] Flottiglia MAS[3], anche nota come Decima MAS, X MAS, 10ª Flottiglia MAS, o "la Decima", fu un'unità speciale della Regia Marina italiana, il cui nome è legato a numerose imprese belliche di assalto, incursione o guerra insidiosa.
 
Le imprese dell'unità, soprattutto nella fase iniziale, non furono coronate dal successo e comportarono molte perdite tra gli equipaggi, come nel caso del fallito attacco a Malta. Con il perfezionamento dei mezzi, si giunse a eclatanti successi come quello della Baia di Suda (25-26 marzo 1941) o dell'impresa di Alessandria del 19 dicembre 1941, che privò per un lungo periodo la Royal Navy delle sue navi da battaglia nel Mediterraneo.
 
Con l'armistizio dell'8 settembre 1943 la X Flottiglia MAS sotto il comando di Junio Valerio Borghese rimase in gran parte bloccata a La Spezia, dove si riorganizzò in corpo franco, poi entrato nella Marina Nazionale Repubblicana. Gli elementi rimasti al sud, assieme a numerosi prigionieri rilasciati dai campi di concentramento alleati, riorganizzarono l'unità con il nuovo nome di "Mariassalto": tale unità della Regia Marina, comandata dal capitano di fregata Ernesto Forza e di base a Taranto, continuò le attività belliche agli ordini degli Alleati.
 
Nel 1954 il gruppo fu ricostituito con il nome di Comsubin (Comando Subacquei ed Incursori).
 


Indice
  [nascondi]  1 Le origini: la prima guerra mondiale 1.1 Il forzamento del Canale di Fasana
 1.2 L'affondamento della corazzata Wien
 1.3 La beffa di Buccari
 1.4 Il primo forzamento di Pola
 1.5 L'affondamento della Szent István e della Viribus Unitis
 1.6 Missioni svolte nella prima guerra mondiale
 
2 Tra le due guerre mondiali: formazione della 1ª Flottiglia MAS
 3 La seconda guerra mondiale: la Xª Flottiglia MAS 3.1 Gli esordi
 3.2 La ricostruzione
 3.3 I primi successi
 3.4 L'attacco a Malta e la morte di Tesei
 3.5 L'affondamento della Valiant e della Queen Elizabeth
 3.6 Dietro le linee 3.6.1 Infiltrazione a Malta
 3.6.2 Azioni in Turchia
 
3.7 L'attività sino all'armistizio
 3.8 Fuori dal Mediterraneo
 3.9 Nel Mar Nero
 3.10 Affondamenti e danneggiamenti di naviglio sino all'armistizio
 3.11 I mezzi impiegati durante la seconda guerra mondiale
 
4 Dopo l'Armistizio 4.1 Nella Regia Marina
 4.2 Nella RSI
 
5 Il dopoguerra
 6 Documentari e filmografia
 7 Decorati con la medaglia d'oro al valor militare
 8 Note
 9 Bibliografia
 10 Voci correlate
 11 Altri progetti
 12 Collegamenti esterni
 
Le origini: la prima guerra mondiale [modifica sorgente]
 




Coppia di MAS in esercitazione, 1918 circa
Le prime unità operative risalgono alle fasi iniziali della prima guerra mondiale, quando il cantiere navale veneziano SVAN (acronimo per: Società Veneziana Automobili Navali) fornì alla Regia Marina i suoi primi mezzi speciali denominati MAS, acronimo di Motobarca Armata SVAN. Le prime due unità, MAS 1 e MAS 2 furono completate nel giugno 1915[4].
 
La Regia Marina si era interessata ai motoscafi siluranti già a partire dal 1906[5], quando venne avviata la definizione di un progetto per una «barca torpediniera mossa da motore a scoppio», com'era definita all'epoca[6], capace di raggiungere una velocità massima di venti nodi e con una lunghezza di circa 15 metri[7]. Tale progetto rimase sulla carta fino al 1914. Lo scoppio della guerra diede nuovo impulso ed alla fine del 1914 la Regia Marina prendeva contatti con alcune ditte statunitensi vagliando contemporaneamente due progetti italiani[8], quello della Maccia Marchini e quello della SVAN, che porterà poi ai modelli di serie ordinati per la prima volta il 16 aprile 1915.
 
Questi modelli vennero successivamente prodotti anche da altri cantieri come l'Isotta Fraschini e la FIAT. L'acronimo MAS passò a significare Motobarca Armata Silurante, in seguito Motobarca si trasformò in Motoscafo. L'acronimo "MAS" fu sviluppato anche con altre definizioni, fra le quali, il motto Motum Animat Spes, e quella di Gabriele D'Annunzio, che vi fece aderire, come si legge nei suoi Taccuini, il motto Memento Audere Semper (ricordati di osare sempre).
 
D'Annunzio, che fu nell'equipaggio dei tre MAS che effettuarono la Beffa di Buccari, ebbe sempre una particolare simpatia per il nascente gruppo degli incursori della Marina e la sua influenza a livello politico gli consentì di propugnarne a più riprese il potenziamento. In ogni caso il vero merito alla prosecuzione delle imprese dei MAS e del loro sviluppo dal punto di vista tecnico è da attribuire all'allora capo di Stato Maggiore della Marina Paolo Emilio Thaon di Revel, che intuì subito il potenziale offensivo dei MAS[7]. Al momento dell'armistizio di Villa Giusti le industrie italiane avevano dato alla luce 419 MAS, dei quali 244 entrarono in servizio prima dell'ottobre 1918[7].
 
Si trattava di motoscafi derivati dai natanti turistici, ai quali venivano applicati apparecchi per il lancio di siluri; imbarcazioni di questo tipo dovevano servire a moltiplicare la potenzialità offensiva navale. Non si investiva, come si era fatto fino ad allora, in poche potentissime navi da guerra, ma si realizzavano molti piccoli, agili, economici natanti, la cui funzione era quella di attaccare le navi nemiche come velocissimi "lanciasiluri", sfruttando l'effetto sorpresa. Il concetto si dimostrò efficace e questi mezzi riportarono diversi successi sotto il comando di Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci, fra i quali l'impresa di Pola.
 
Oltre ai MAS, da cui derivò poi il nome del reparto, gli anni della prima guerra mondiale videro l'impiego di altri mezzi più vicini a quelli poi effettivamente impiegati nella seconda guerra mondiale, tra questi il barchino saltatore e la torpedine semovente[9].
 
Fra le incursioni più eclatanti vanno ricordate le imprese di Luigi Rizzo che nel dicembre del 1917 affondò a largo di Trieste la corazzata austriaca Wien e nel giugno del 1918 al largo di Premuda attaccò ed affondò la corazzata Santo Stefano. Si trattò dei due maggiori successi ottenuti dalla Regia Marina nella prima guerra mondiale.
 
Il forzamento del Canale di Fasana [modifica sorgente]
 
Data la continua inattività della flotta austro-ungarica nel mare Adriatico, il Capo di Stato Maggiore Thaon di Revel continuò a pensare di colpire le navi nemiche direttamente entro i loro porti. Una volta comunicate le sue intenzioni ai sottoposti, il capitano di vascello Morano Pignatti nell'estate 1916 si fece avanti con una proposta per il siluramento di una nave nemica più volte individuata dai ricognitori nel Canale di Fasana, non lontano da Pola: una torpediniera avrebbe preso a rimorchio un MAS e da Venezia si sarebbe avvicinata all'obiettivo contribuendo in seguito ad abbassare le ostruzioni che impedivano l'accesso al canale; una volta fatto questo il MAS sarebbe dovuto entrare nel varco per affondare l'imbarcazione nemica, quindi avrebbe dovuto far ritorno alla "nave-madre" che, con la protezione di un cacciatorpediniere, si sarebbe subito diretta alla città di partenza[10].
 
L'idea venne approvata da Thaon di Revel e subito iniziarono i preparativi in vista della missione. Il MAS 20 venne dotato di nuovi e più silenziosi motori elettrici, mentre nella torpediniera venne installato un meccanismo che mediante due grandi pesi fissati vicino alla prua era capace di abbassare le reti di ostruzione poste all'ingresso del canale. Nella notte tra l'1 ed il 2 novembre il cacciatorpediniere Zeffiro, la torpediniera e il MAS 20 (comandati rispettivamente da Costanzo Ciano, Domenico Cavagnari e Ildebrando Goiran[11]) erano pronti a salpare comandati da Pignatti, che aveva preso posizione nello Zeffiro.
 Una volta arrivato al punto prestabilito il comandante Cavagnari manovrò abilmente la sua nave riuscendo ad abbassare in poco tempo le ostruzioni (formate da catene e cavi d'acciaio); immediatamente il motoscafo oltrepassò il varco, dove si posizionò il marinaio scelto Michelangelo De Angelis munito di lanterna con la quale avrebbe dovuto segnalare al MAS dove dirigersi per trovare facilmente l'uscita. Goiran navigò indisturbato lungo il canale in cerca di un bersaglio valido finché attorno alle ore 3:00 avvistò la sagoma del piroscafo Hars (7.400 t)[12]: Cavagnari lanciò prima un siluro e poi, non udendo nessuno scoppio, fece altrettanto con il secondo, ma neanche questo raggiunse il bersaglio a causa delle doppie reti protettive poste dagli austro-ungarici attorno all'imbarcazione. Non potendo più fare altro avendo esaurito le munizioni, il MAS volse la prua verso l'uscita recuperando il marinaio che li aspettava, e raggiunse lo Zeffiro poco tempo dopo.
 
Nonostante Pola fosse l'unica grande base dell'Adriatico, nonché centro del Comando Marina, la flotta austro-ungarica non abbandonò le sue posizioni neanche per tentare un'azione vendicativa[13]. Già dopo un anno dall'entrata in guerra la Marina italiana era riuscita a paralizzare la controparte nemica, costretta alla fonda nei suoi porti per timore di perdere le proprie navi.
 
L'affondamento della corazzata Wien [modifica sorgente]
 




Frammento della prua della Wien recuperato dopo la prima guerra mondiale ed ora esposto al Museo storico navale di Venezia
Nell'agosto 1917 la marina austro-ungarica dislocò due corazzate, la Wien e la Budapest, nel porto di Trieste per appoggiare dalla costa, se necessario, l'Esercito Imperiale Austro-Ungarico nella sua avanzata in territorio italiano.
 La Marina italiana, che aveva alcuni cannoni 381 mm/40 AVS a Grado, e il Regio Esercito, che allora comandava anche l'aviazione militare, avrebbero potuto attaccare le due navi da battaglia nemiche, ma il pericolo di danneggiare Trieste obbligò a trovare un'altra soluzione, che si concretizzò nell'usare due MAS per svolgere il delicato compito. L'esito infausto della battaglia di Caporetto ritardò le operazioni italiane di qualche mese, ma dopo la metà del novembre 1917 Morano Pignatti, lo stesso ideatore del forzamento del Canale di Fasana, mise a punto un piano di attacco che prevedeva l'utilizzazione di due torpediniere e due MAS, il numero 9 e 13[14].
 
Il 9 dicembre il gruppo di natanti italiani salpò da Venezia alle ore 17:00 raggiungendo verso le 22:45 il punto stabilito per il rilascio dei MAS (portati fin qui a rimorchio dalle torpediniere)[15]. Il MAS 9, pilotato da Luigi Rizzo, e il 13, guidato dal sottufficiale Andrea Ferrarini, navigarono silenziosamente fino alle ostruzioni che impedivano l'accesso al porto recidendo le funi metalliche grazie ad una cesoia, quindi entrarono nel vallone di Muggia in cerca delle corazzate da affondare. Una volta individuate i due comandanti si divisero ed alle ore 2:32 vennero lanciati i siluri, seguiti poco dopo da quattro esplosioni: due provenienti dalla Wien dovute al MAS di Rizzo, e due da una banchina vicina alla Budapest, mancata di poco da Ferrarini[16].
 Senza perdere tempo i due motoscafi diressero verso l'uscita dove incontrarono le torpediniere che li riportarono a Venezia.
 
La Wien ora giaceva a 15 metri sotto il livello del mare[17], ma stavolta, diversamente che dopo l'attacco al Canale di Fasana, la marina austro-ungarica tentò un'azione di forza bombardando due volte Cortellazzo, senza procedere ad ulteriori manovre.
 
La beffa di Buccari [modifica sorgente]
 




Per approfondire, vedi Beffa di Buccari.
 

Il primo forzamento di Pola [modifica sorgente]
 
La guerra vide anche impiegati i nuovi barchini saltatori, o meglio uno di essi, soprannominato Grillo una volta uscito dal Regio Arsenale di Venezia[18].
 
L'obiettivo designato era la più difesa base della k.u.k. Kriegsmarine, cioè quella di Pola. Il 9 marzo 1918 si tentò una sortita con quattro barchini, altrettante torpediniere e numerose unità di scorta, ma la formazione risultò troppo vistosa ed un analogo tentativo con due navi in meno non ebbe seguito perché arrivò tardi alla meta, sorte seguita da un'altra spedizione il 13 aprile 1918[19].
 Il 13 maggio 1918 due torpediniere, i MAS 95 e 96 (pilotati da Costanzo Ciano e Andrea Berardinelli) e il Grillo (guidato dal comandante Mario Pellegrini), scortati da cinque cacciatorpediniere, riuscirono ad avvicinarsi velocemente al punto dove il barchino sarebbe dovuto entrare in acqua. Rapidamente Pellegrini navigò con il suo insolito mezzo fino alla prima linea di ostruzioni riuscendo ad agganciare le stesse con le apposite catene di cui era dotato il Grillo, ma subito venne illuminato da un faro nemico. Poco dopo gli italiani vennero raggiunti da colpi di arma da fuoco che tuttavia non gli impedirono di arrivare a superare la quarta ostruzione. A questo punto il comandante notò accorrere verso di lui un'imbarcazione: il tempo necessario a superare l'ultima ostruzione non bastava, e il battello nemico lo avrebbe sicuramente catturato insieme al suo equipaggio ed al barchino; fu così che si decise di affondare il Grillo, ma prima l'equipaggio avrebbe tentato di lanciare i due siluri nella speranza di colpire qualcosa. L'azione non riuscì perché Giuseppe Corrias, il fuochista di bordo, e lo stesso Pellegrini, si dimenticarono di togliere la sicura ai due ordigni[20].
 Il tempo stringeva e prima che l'equipaggio potesse compiere altre azioni una cannonata colpì in pieno il barchino capovolgendolo e scaraventando il suo equipaggio in mare.
 
I tre membri dell'equipaggio (l'altro era il capo silurista Antonio Milani) vennero presi prigionieri e condotti alla base navale dove furono medicati. Terminata la guerra sarebbero tutti tornati in Italia.
 
L'affondamento della Szent István e della Viribus Unitis [modifica sorgente]
 




Per approfondire, vedi Impresa di Premuda e Impresa di Pola.
 

Missioni svolte nella prima guerra mondiale [modifica sorgente]
 




La Szent István affonda dopo essere stata silurata dal MAS del comandante Rizzo
Le tonnellate sotto specificate sono tonnellate di stazza, quindi unità di volume, e non di peso.[21]
 Durazzo, 7 giugno 1916: - 2 MAS - Berardinelli, Pagano - affondamento piroscafo Lokrum (1.000 t)
 San Giovanni di Medua, 16 giugno 1916: - 2 MAS - Berardinelli, Pagano - incursione nel porto che risultò privo di navi
 Durazzo, 26 giugno 1916: 2 MAS - Berardinelli, Pagano - affondamento piroscafo Sarajevo (1.100 t)
 Canale di Fasana, 2 novembre 1916: MAS 20 - Goiran - vengono lanciati due siluri, che però non superano le reti di protezione della nave presa come bersaglio
 Trieste, Vallone di Muggia, 9-10 dicembre 1917: MAS 9 e 13 - Luigi Rizzo, Andrea Ferrarini - affondata corazzata Wien (5.600 t) MAS 13: Ferrarini, Origoni, Volpi, Salvemini, Cassisa, Cabella, Dagnino, Piccirillo, Pessina
 MAS 9: Rizzo, Battaglini, Martini, Foggi, Mazzella, Orsi, Poltri, Camini, Sansolini
 
Beffa di Buccari, febbraio 1918: MAS 94, 95, 96 - Gabriele D'Annunzio, Costanzo Ciano, Luigi Rizzo - azione dimostrativa di forzamento del porto
 Durazzo, giugno 1918: 2 MAS - Pagano, Azzi - affondato il piroscafo Bregenz (3.900 t)
 Pola, 13-14 maggio 1918: MAS 95 e 96, 1 barchino saltatore - Ciano, Berardinelli, Pellegrini - superate quattro delle cinque ostruzioni con perdita del barchino e del suo equipaggio
 Impresa di Premuda, 10 giugno 1918: MAS 15 e 21 - Luigi Rizzo, Giuseppe Aonzo (MAS 21), Armando Gori (MAS 15) - affondata corazzata Szent István (Santo Stefano)
 Impresa di Pola, 31 ottobre-1 novembre 1918: Raffaele Rossetti, Raffaele Paolucci - forzatura del porto a nuoto con una torpedine semovente e affondamento della corazzata Viribus Unitis (20.000 t) e il vicino piroscafo Wien (7.400 t)
 
A queste missioni se ne devono aggiungere altre, di minore portata, che avevano vari obiettivi come l'attacco a forze navali, posa di mine e scorta di convogli.
 
Tra le due guerre mondiali: formazione della 1ª Flottiglia MAS [modifica sorgente]
 




I componenti della 1ª Flottiglia MAS nel 1939. Da sinistra a destra sottotenente di vascello Luigi Durand de la Penne (medaglia d'oro), capitano (GN) Teseo Tesei (medaglia d'oro), capitano Bruno Falcomatà (medaglia d'oro), capitano di fregata Paolo Aloisi (medaglia d'argento), tenente (GN) Gian Gastone Bertozzi (medaglia d'argento), tenente di vascello Gino Birindelli (medaglia d'oro), capitano (AN) Gustavo Maria Stefanini, guardiamarina Giulio Centurione.




SLC esposto al Sacrario delle Bandiere, Roma.
Negli anni dopo la fine della prima guerra mondiale la Marina non dedicò molta attenzione ai motoscafi d'assalto, data l'ormai affermata potenza italiana in ambito marittimo e visti i pacifici rapporti esistenti con Gran Bretagna e Francia, i principali "avversari" presenti nel Mediterraneo[22]. L'inizio del grande sviluppo dell'incursione subacquea risale però al 1935, quando la guerra d'Etiopia sconvolse gli equilibri politici fino a quel momento esistenti; è in quell'anno infatti che due ufficiali, Teseo Tesei ed Elios Toschi, iniziarono a mettere mano a un progetto che nei loro intenti doveva servire a colmare la disparità di mezzi tra la Regia Marina e la più potente forza navale dell'epoca, la Royal Navy, in quel periodo fortemente presente nel Mar Mediterraneo. Venne così costituita la 1ª Flottiglia MAS comandata dal capitano di fregata Paolo Aloisi, incaricata di organizzare i mezzi d'assalto della Marina, cosa che iniziò verso la fine dell'aprile 1939 in una tenuta della famiglia Salviati situata nei dintorni della foce del fiume Serchio[23]. Inoltre nel 1936, vennero realizzati i primi esemplari di barchini progettati da Aimone di Savoia-Aosta[24], comandante di GeneralMAS, dalla quale dipendevano sia la 1ª Flottiglia MAS che le motosiluranti.
 
Il punto di partenza furono le versioni rinnovate dei MAS e i siluri. Nell'idea di Toschi e Tesei il siluro diventava un mezzo di incursione subacquea. Nacque così l'SLC (siluro a lenta corsa): siluri elettrici in grado di trasportare due uomini oltre alla testa esplosiva sganciabile, che veniva fissata dai due operatori alla chiglia della nave nemica.
 Questo mezzo è meglio noto con il nomignolo di maiale: l'origine del soprannome è incerta e da una parte vi è la forma goffa del mezzo, dall'altra il fatto che erano mezzi lenti e poco agili. I maiali erano portati sul luogo delle operazioni, generalmente nelle vicinanze di un porto nemico, per mezzo di sommergibili trasportatori, modificati per ospitare alcune di queste unità sul ponte. Inizialmente non era previsto l'utilizzo dei cassoni stagni contenitori dei mezzi d'assalto, ma solo delle staffe di ancoraggio al sommergibile stesso, questo però comportava un'immersione massima per il sommergibile trasportatore di soli 30 metri, quota massima operativa sperimentata per gli SLC. Per ovviare a questa limitazione, che tra l'altro rendeva il sommergibile più facilmente visibile da parte del nemico, si decise di montare sul ponte del sommergibile dei cassoni stagni di forma cilindrica, costruiti nei cantieri OTO Melara di La Spezia
 
Oltre ai MAS e SLC vennero sviluppati anche gli MTM (Motoscafi da Turismo Modificati): i barchini esplosivi.
 
La ricerca venne interrotta con la fine della guerra d'Etiopia, per riprendere solo alla fine del 1939. Alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale la Marina decise di riprendere gli studi per l'impiego operativo del maiale e dei barchini. L'attività della flottiglia inizialmente fu tesa alla sperimentazione in segreto delle nuove armi della Marina; diventò quindi un'unità speciale, ad attività riservata.
 
La seconda guerra mondiale: la Xª Flottiglia MAS [modifica sorgente]
 




Un orologio Radiomir Panerai con quadrante luminoso attraverso una miscela a base di radio, per l'epoca materiale ad alta tecnologia, fornito alla Regia Marina per i palombari
Fu confermato l'utilizzo dei mezzi presenti nella 1ª Flottiglia e fu riconosciuta formalmente la specialità degli uomini d'assalto, sommozzatori in grado di nuotare fino a sotto le navi nemiche per collocarvi dell'esplosivo. I mezzi usati per trasportare queste testate esplosive, del peso di circa 300 kg, erano dei siluri modificati, appunto i Siluri a Lenta Corsa. Il reparto subacqueo era ora comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese. Nel centro esisteva un Reparto tecnico-sperimentale, comandato dal tenente di vascello Angelo Belloni, per gli studi e le indagini sulle applicazioni di nuove attrezzature, che dovevano migliorare l'efficienza e la sicurezza di tutte le apparecchiature subacquee in dotazione alla flottiglia. Tra gli utilizzatori vi era il Gruppo Gamma, comandato dal tenente di vascello Eugenio Wolk; questo gruppo introdusse l'impiego di pinne e guanti palmati durante gli addestramenti alle future missioni[25].
 
Quanto ai motoscafi modificati, i barchini esplosivi, essi vennero inquadrati in una unità comandata da Giorgio Giobbe, che non venne inizialmente utilizzata perché queste imbarcazioni venivano considerate "mezzi di ripiego"[26]. I "barchini" avevano il loro rifugio alla Spezia e precisamente al "Balipedio[27] Cottrau", sulla via di Porto Venere[28].
 
Per il successo delle incursioni era necessario anche un equipaggiamento speciale, non solo dal punto di vista dei mezzi offensivi, ma anche dei dispositivi di navigazione (bussole) e degli accessori (profondimetri): il tutto fu oggetto di un attento studio.
 




Un Operatore Gamma della Xª MAS.
Ma in primo piano veniva sempre la fortissima motivazione con la quale gli operatori della Xª andavano in azione, diretta contro il potenziale bellico piuttosto che contro gli uomini.
 


« Nel corso di tutta la seconda guerra mondiale i mezzi d’assalto della Marina Italiana hanno subito perdite percentuali elevatissime, hanno inflitto duri colpi al nemico in momenti particolarmente critici della situazione navale nel Mediterraneo, ma non hanno ucciso praticamente nessuno...
 ...il mezzo d'assalto è stato l'unico mezzo di guerra che mirò unicamente alla distruzione del materiale del nemico... »
 


(dal libro dell'ammiraglio Virgilio Spigai "Cento uomini contro due flotte"[25])
 

Gli esordi [modifica sorgente]
 




Il sommergibile Gondar in banchina alla Spezia; si notino a prua della falsatorre i due contenitori cilindrici destinati ad ospitare i Siluri a lenta corsa
Le prime azioni di attacco si conclusero con risultati poco incoraggianti, a volte disastrosi. Nella prima missione, denominata G.A.1, destinata ad attaccare la rada di Alessandria d'Egitto, il 22 agosto 1940 nel golfo di Bomba il sommergibile Iride, che aveva caricato quattro SLC dalla motonave Calipso, e la motonave Monte Gargano, vennero affondati dagli inglesi con elevate perdite umane. Cinque marinai dell'Iride, silurato da uno Swordfish, vennero salvati proprio da alcuni degli operatori della Xª che al momento dell'affondamento del sommergibile erano temporaneamente sulla Monte Gargano.
 Una seconda operazione contro Alessandria, la G.A.2, ed una contro Gibilterra, la B.G.1, si conclusero senza esiti positivi, anche se con minori perdite umane[29]: nella missione G.A.2 vi fu un morto e il sommergibile Gondar venne autoaffondato dopo un'agonia di diverse ore, mentre la seconda, condotta dal comandante Borghese sul sommergibile Scirè, venne annullata quando il sommergibile era già alla volta di Gibilterra, perché la squadra navale bersaglio dell'incursione era uscita dal porto. Con l'affondamento del Gondar, oltre all'equipaggio vennero fatti prigionieri dagli inglesi il comandante Giorgini e anche diversi incursori.
 
La ricostruzione [modifica sorgente]
 
Dopo questi costosi fallimenti iniziali, in seguito alla cattura del comandante Giorgini, il comando dell'intero reparto venne affidato al capitano di fregata Vittorio Moccagatta. Il 15 marzo 1941 la 1ª Flottiglia MAS fu ribattezzata proprio su proposta (fatta il 10 marzo 1941) 10ª Flottiglia MAS[30]. Il nuovo nome fu scelto in riferimento alla legione prediletta di Giulio Cesare, la Legio X Gemina.
 
Il 29 ottobre 1940 lo Scirè (comandato ancora da Borghese e con tre SLC a bordo), tentò nuovamente un'azione denominata B.G.1 contro Gibilterra, che venne interrotta e ritentata con denominazione B.G.2 il 30 dello stesso mese. La coppia de la Penne - Bianchi venne subito intravista da un'imbarcazione nemica e per non destare sospetti portarono in immersione il loro SLC, che però si guastò non permettendo più la risalita. I due assaltatori lo abbandonarono e raggiunsero a nuoto la costa spagnola. Tesei e Pedretti, che pilotavano un altro SLC, furono capaci di arrivare all'imboccatura del porto, ma al momento dell'immersione constatarono che i loro respiratori non funzionavano, e dovettero desistere affondando il mezzo e nuotando fino alla riva spagnola, da dove vennero rimpatriati assieme a de la Penne e Bianchi[31]. Birindelli e Paccagnini, nonostante problemi di galleggiamento con il loro mezzo, un respiratore bucato e una velocità alquanto ridotta, riuscirono con grande abilità ad arrivare a 70 metri dalla corazzata Barham[32] superando le reti antisiluro poste in sua difesa. A questo punto, inaspettatamente, l'SLC si bloccò sul fondale. Birindelli (rimasto solo in quanto Paccagnini era risalito in superficie per mancanza di ossigeno) tentò di trascinare la testata fin sotto la nave nemica, ma dopo poco tempo dovette abbandonare i suoi propositi in quanto stremato. Risalito in superficie tentò di fuggire, ma venne scoperto e preso prigioniero assieme a Paccagnini dai soldati inglesi.
 
La missione fu un totale insuccesso, ma almeno era stata dimostrata la capacità degli incursori di penetrare in un porto nemico ben presidiato.
 
I primi successi [modifica sorgente]
 




Per approfondire, vedi attacco alla Baia di Suda.
 



« Se la Xª MAS fosse stata pienamente operativa nel giugno 1940, quando gli inglesi non disponevano ancora dell'Ultra né di buoni sistemi di vigilanza nei porti di Alessandria, Gibilterra e La Valletta, la guerra probabilmente avrebbe avuto un esito assai diverso.[33] »
 





Il relitto della HMS York ispezionato da una squadra di marinai della torpediniera Sirio dopo la resa di Creta
La prima azione coronata da successo fu quella del 25 marzo 1941[34]: sei barchini esplosivi presero di mira diverse unità nemiche nella baia di Suda, a Creta, affondando fra l'altro l'incrociatore York. L'incursione, con al comando il tenente di vascello Luigi Faggioni, venne effettuata appunto da sei MTM che riuscirono a forzare durante la notte le ostruzioni della baia e rimasero in attesa fino a che le luci dell'alba permisero di individuare chiaramente le sagome degli obbiettivi ancorati in rada. Un barchino centrò lo York, che si adagiò sul fondale, ma con danni talmente gravi che non venne comunque recuperato; un secondo, pilotato dal sergente cannoniere Emilio Barberi, che per l'azione verrà decorato con la medaglia d'oro al valor militare[35], centrò la petroliera Pericles, ed il terzo mancò il suo bersaglio programmato centrando un molo. Le altre unità ebbero problemi di natura meccanica o relativi ai malesseri dei piloti dovuti alle condizioni estreme nelle quali operavano; gli equipaggi causarono quindi l'affondamento dei loro mezzi.
 
Alcune operazioni successive, comunque, non andarono a buon fine. Nell'aprile 1941 venne tentata una ricognizione offensiva nelle acque di Corfù (Grecia), precisamente a Porto Edda, comandata dallo stesso Moccagatta. Due MAS, il 539 e il 535, scortarono due MTS[36], il primo con equipaggio il capitano di corvetta Giorgio Giobbe e il sottotenente di vascello Aldo Massarini, ed il secondo con il sottotenente di vascello Renato Iovine ed il 2º capo motorista Enrico Cerruti. La missione venne abortita[29]. Inoltre la notte tra il 25 e il 26 maggio 1941, la missione B.G.3, ancora con obiettivo Gibilterra e basata su tre SLC partiti dal sommergibile Sciré, venne annullata, ma tutti gli operatori rientrarono alla base[29].
 
L'attacco a Malta e la morte di Tesei [modifica sorgente]
 




Per approfondire, vedi attacco a Malta.
 

Nel maggio successivo fu tentata un'altra missione contro il porto di Gibilterra, ancora con il sommergibile Scirè comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese e ancora caratterizzata da un fallimento dovuto a problemi tecnici dei mezzi.
 




Il Forte Sant'Elmo nel 2008; a destra, il vuoto occupato prima dell'attacco dalle ostruzioni fatte saltare dagli MTM italiani
A luglio un'ambiziosa e temeraria azione contro Malta, denominata Malta 2, finì invece in un disastro. Il 25 e 26 luglio 1941 la Xª MAS provò ad attaccare il possedimento inglese partendo dalla nave appoggio Diana e da due MAS, il 451 del sottotenente di vascello Giorgio Sciolette ed il 452 al comando del tenente di vascello Giobatta Parodi (recante a bordo il capitano di fregata Vittorio Moccagatta ed il capitano medico Bruno Falcomatà); con loro un consistente gruppo di barchini esplosivi e due SLC: il piano operativo prevedeva che durante la notte l'SLC facesse saltare le ostruzioni di ponte sant'Elmo che chiudevano il porto di La Valletta, e immediatamente i barchini avrebbero dovuto irrompere nel varco e colpire le navi all'ancora. L'altro SLC avrebbe dovuto attaccare i sommergibili inglesi in porto.
 

L'attacco iniziale alle ostruzioni doveva essere portato dal maggiore Tesei, fondatore del gruppo, che visto il ritardo accumulato a causa delle varie avarie ai mezzi si portò con il suo SLC insieme al 2º capo palombaro Alcide Pedretti per far saltare le ostruzioni[37]. Le difese dell'isola erano però entrate in stato di allerta grazie agli avvistamenti radar; Tesei saltò in aria col suo mezzo spolettato a tempo zero (esplosione immediata)[38] facendo crollare una parte del ponte girevole di sant'Elmo, ma ostruendo anche il passaggio; molti degli incursori che si lanciarono in successione contro l'entrata vennero falciati dalle postazioni che difendevano l'imboccatura di una delle due baie che costituiscono il porto, Marsamuscetto (l'altra è il Grand Harbour, o Porto Grande); infine, all'alba, decollarono dagli aeroporti dell'isola (Ħal Far e Luqa) trenta aerei da caccia Hurricane inglesi del 126º, 185º e 251º Squadron che individuarono le navi appoggio italiane e le colpirono duramente, causando anche molti morti e feriti, tra i quali Moccagatta, nonostante venissero contrastati da dieci caccia Macchi MC.200 del 54º Stormo. Nella battaglia aerea secondo gli italiani vennero abbattuti tre Hurricane contro due Macchi, mentre gli inglesi affermarono di aver abbattuto tre Macchi perdendo un solo Hurricane.
 

Per l'azione a Tesei verrà concessa la medaglia d'oro al valor militare alla memoria, così come a Pedretti (entrambi reduci da una prima missione contro Gibilterra e superstiti all'affondamento del sommergibile Iride durante l'operazione G.A.1), e a Moccagatta[39]. Il bilancio complessivo dell'azione fu di 15 morti, 18 prigionieri e la perdita di due MAS, due SLC e otto MTM.
 
I fallimenti furono comunque utili per accumulare esperienza e mettere a punto tecniche e materiali. Anche l'episodio di Malta, che avrebbe potuto segnare la fine dell'incursione subacquea, divenne invece lo sprone per fare meglio: nuove risorse furono assegnate ai reparti d'assalto, mentre a quelli subacquei e di superficie si affiancò il nuovo "Gruppo Gamma", costituito da nuotatori d'assalto[40].
 
Il 20 settembre 1941 finalmente i "maiali" dello Scirè a Gibilterra riuscirono ad affondare due piroscafi e una petroliera militare. Il dicembre successivo la Xª Flottiglia MAS effettuava l'azione più nota, l'affondamento delle navi da battaglia britanniche HMS Valiant e la nave ammiraglia HMS Queen Elizabeth.
 
L'affondamento della Valiant e della Queen Elizabeth [modifica sorgente]
 




Per approfondire, vedi impresa di Alessandria.
 



« ...sei Italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell'Asse. »
 


(Winston Churchill)
 

La più celebre delle azioni della Xª Flottiglia MAS (operazione G.A.3), l'affondamento delle corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth e della petroliera Sagona ormeggiate nel porto di Alessandria d'Egitto, venne effettuata il 19 dicembre 1941. Si trattò di una sorta di rivincita delle forze armate italiane per le gravi perdite navali subite nella notte di Taranto (ottobre 1940). È rimasta famosa anche come Impresa di Alessandria.
 
La notte del 3 dicembre il sommergibile Sciré comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese lasciò La Spezia per la missione G.A.3. Dopo uno scalo a Lero, in Egeo, giunti sul posto dopo il trasferimento aereo dall'Italia, per imbarcare gli operatori dei mezzi d'assalto, il 14 dicembre il sommergibile si diresse verso la costa egiziana per l'attacco previsto nella notte del 17. Una violenta mareggiata però fece ritardare l'azione di un giorno. La notte del 18, con condizioni del mare ottimali, approfittando dell'arrivo di tre cacciatorpediniere che obbligarono i britannici ad aprire un varco nelle difese del porto, i tre SLC (siluro a lenta corsa), pilotati ciascuno da due uomini di equipaggio, penetrarono nella base per dirigersi verso i loro obiettivi. Gli incursori dovevano giungere sotto la chiglia del proprio bersaglio, piazzare la carica d'esplosivo e successivamente abbandonare la zona dirigendosi a terra e autonomamente cercare di raggiungere il sommergibile che li avrebbe attesi qualche giorno dopo al largo di Rosetta.
 




La HMS Queen Elizabeth circondata da reti parasiluri nel porto di Alessandria prima dell'attacco.
L'equipaggio Durand de la Penne - Bianchi sul maiale nº 221 puntò verso la nave da battaglia Valiant. Perso il secondo a causa di un malore, de la Penne trascinò sul fondo il proprio mezzo fino a posizionarlo sotto la carena della nave da battaglia prima di affiorare, essere catturato e portato proprio sulla corazzata. Dopo poco, gli inglesi catturarono anche Bianchi, che era risalito alla superficie e si era aggrappato ad una boa di ormeggio della corazzata, e lo rinchiusero nello stesso compartimento sotto la linea di galleggiamento nel quale avevano portato Durand de la Penne, nella speranza di convincerli a rivelare il posizionamento delle cariche. Alle 05:30, a mezz'ora dallo scoppio, de la Penne chiamò il personale di sorveglianza per farsi condurre dall'ammiraglio Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet, ed informarlo del rischio corso dall'equipaggio; ciò nonostante Cunningham fece riportare l'ufficiale italiano dov'era. All'ora prevista l'esplosione squarciò la carena della corazzata provocando l'allagamento di diversi compartimenti mentre molti altri venivano invasi dal fumo, ma il compartimento che ospitava gli italiani rimase intatto e i due vennero evacuati insieme al resto dell'equipaggio[41].
 
Martellotta e Mario Marino, sul maiale nº 222, costretti a navigare in superficie a causa di un malore del primo, condussero il loro attacco alla petroliera Sagona. Dopo aver preso terra vennero anch'essi catturati dagli egiziani. Intorno alle sei del mattino successivo ebbero luogo le esplosioni. Quattro navi furono gravemente danneggiate nell'impresa: oltre alle tre citate anche il cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona, fu infatti vittima delle cariche posate dagli assaltatori italiani.
 




Esemplare di "Siluro San Bartolomeo" (altro tipo di "siluro a lenta corsa") della seconda guerra mondiale, esposto nel Submarine Museum, Gosport.
Antonio Marceglia e Schergat sul maiale nº 223, in una «missione perfetta»[42], «da manuale»[43] rispetto a quelle degli altri operatori, attaccarono invece la Queen Elizabeth, alla quale agganciarono la testata esplosiva del loro maiale, quindi raggiunsero terra e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria, per essere catturati il giorno successivo, a causa dell'approssimazione con la quale il nostro servizio segreto militare, il SIM, aveva preparato la fuga: vennero date agli incursori banconote che non avevano più corso legale in Egitto e per cercare di cambiare le quali l'equipaggio perse tempo. Nonostante il tentativo degli italiani di spacciarsi per marinai francesi appartenenti all'equipaggio di una delle navi in rada, vennero riconosciuti e catturati[44].
 
Sebbene l'azione fosse stata un successo, le navi si adagiarono sul fondo, e non fu immediatamente possibile avere la certezza che non fossero in grado di riprendere il mare. Nonostante tutto, le perdite di vite umane furono molto contenute: solo 8 marinai persero la vita.[45]
 




Il sottomarino Scirè
L'azione italiana costò agli inglesi, in termini di naviglio pesante messo fuori uso, come una battaglia navale perduta e fu tenuta per lungo tempo nascosta anche a causa della cattura degli equipaggi italiani che effettuarono la missione. La Valiant subì danni alla carena in un'area di 20 x 10 m a sinistra della torre A[46], con allagamento del magazzino munizioni A e di vari compartimenti contigui. Anche gli ingranaggi della stessa torre vennero danneggiati e il movimento meccanico impossibilitato, oltre a danni all'impianto elettrico. La nave dovette trasferirsi a Durban per le riparazioni più importanti che vennero effettuate tra il 15 aprile ed il 7 luglio 1942[47]. Le caldaie e le turbine rimasero però intatte. La Queen Elizabeth invece fu squarciata sotto la sala caldaie B con una falla di 65 x 30 m che passava da dritta a sinistra, danneggiando l'impianto elettrico ed allagando anche i magazzini munizioni da 4,5", ma lasciando intatte le torri principali e secondarie. La nave riprese il mare solo per essere trasferita a Norfolk, in Virginia, dove rimase in riparazione per 17 mesi.
 
Per la prima volta dall'inizio del conflitto, la flotta italiana si trovava in netta superiorità rispetto a quella britannica, a cui non era rimasta operativa alcuna corazzata (la HMS Barham era stata a sua volta affondata da un sommergibile tedesco il 25 novembre 1941). La Mediterranean Fleet alla fine del 1941 disponeva solo di quattro incrociatori leggeri e alcuni cacciatorpediniere[48].
 
L'ammiraglio Cunningham per ingannare i ricognitori italiani decise di rimanere con tutto l'equipaggio a bordo dell'ammiraglia che, fortunatamente per lui, si appoggiò sul fondale poco profondo. Per mantenere credibile l'inganno nei confronti della ricognizione aerea, sulle navi si svolgevano regolarmente le cerimonie quotidiane, come l'alzabandiera[41]. Poiché l'affondamento avvenne in acque basse le due navi da battaglia furono recuperate negli anni successivi, ma la sconfitta rappresentò un colpo durissimo per la flotta britannica, che condizionò la strategia operativa anche ben lontano dal teatro operativo del Mediterraneo. A questo proposito, Churchill scrisse[49]:
 


« Tutte le nostre speranze di riuscire a inviare in Estremo Oriente delle forze navali dipendevano dalla possibilità d’impegnare sin dall’inizio con successo le forze navali avversarie nel Mediterraneo »
 

Tuttavia contrasti tra gli Stati Maggiori dell'Asse non permisero di sfruttare questa grande occasione di conquistare il predominio aeronavale nel Mediterraneo e occupare Malta.[50].
 
Durante il periodo dell'armistizio de la Penne venne decorato con la medaglia d'oro al valor militare[51] che gli venne appuntata dal commodoro sir Charles Morgan, ex comandante della Valiant. Stessa decorazione venne concessa agli altri cinque operatori della Xª.[52].
 
Dietro le linee [modifica sorgente]
 
Infiltrazione a Malta [modifica sorgente]
 
Una delle attività meno note del reparto fu quella di infiltrazione/esfiltrazione di sabotatori e membri dei servizi segreti dietro le linee nemiche. Uno dei casi più importanti fu quello di Carmelo Borg Pisani, sottocapomanipolo[53] della Milizia Marittima di origine maltese, irredentista venuto in Italia ed iscrittosi al Partito Nazionale Fascista per contribuire alla lotta antibritannica[54][55] [56][57] ed alla conseguente unione di Malta all'Italia.[58][59] [60] [61]
 
Nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1942 Borg Pisani, che aveva seguito un corso di infiltrazione e tecniche di sabotaggio, si imbarcò come "sabotatore-informatore" ad Augusta sul MTSM (Motoscafo da Turismo Silurante Modificato) 214 in forza alla Xª Flottiglia Mas. Questo mezzo dipendeva dalla squadriglia di MTSM di base ad Augusta che svolgeva una intensa attività nelle acque di Malta, al comando del tenente di vascello Ongarillo Ungarelli. La notte dello sbarco Ungarelli accompagnò di persona la missione, che serviva a preparare il programmato sbarco a Malta, l'Operazione C3, che poi non venne effettuato. Data l'importanza della missione, il mezzo d'assalto, che procedeva di conserva col MTSM 218, fu scortato dalla torpediniera Abba (una torpediniera della classe Pilo, detta tre pipe) e dai MAS 451 e 452 fino a una distanza di sicurezza rispetto agli impianti radar dell'isola.
 
Separatesi dalla scorta, gli MTSM 214 e 218 proseguirono con i motori al minimo e in prossimità della costa inviarono dapprima un battello del MTSM 218 con un esperto nuotatore, che però fu trascinato dalle correnti e fatto prigioniero il giorno dopo. Successivamente l'MTSM 214 proseguì la sua navigazione silenziosa fino a circa 150 metri dalla scogliera, nella cala di Ras Id Dawara, verso il punto di approdo prescelto, posto sulla costa sud-ovest di Malta in una zona rocciosa presso l'isolotto di Filfola. Il luogo era stato scelto dallo stesso Borg Pisani, in virtù della sua conoscenza dei luoghi. Dopo l'approdo, però, l'ufficiale non riuscì a scalare la parete rocciosa e perse il battello con l'attrezzatura a causa dei marosi. Dopo due giorni di tentativi fu scorto da una vedetta inglese di pattuglia, processato ed impiccato; a Borg Pisani venne concessa la medaglia d'oro al valor militare alla memoria[62].
 
Azioni in Turchia [modifica sorgente]
 
Un altro sommozzatore che agì dietro le linee nemiche fu Luigi Ferraro, entrato negli operatori gamma nel 1942.
 
Nello stesso anno la sconfitta italo-tedesca nella seconda battaglia di El Alamein portò Ferraro ad ideare una missione che doveva svolgersi a Tripoli: egli avrebbe dovuto raggiungere la capitale libica prima degli inglesi e assumere i panni di normale cittadino per poi, una volta che la Royal Navy fosse entrata nel porto, compiere azioni di sabotaggio. Per far questo però egli chiese di portare con sé, come aiuto, sua moglie Orietta Romano[63]. Eugenio Wolk, suo comandante, dopo un'iniziale incertezza si convinse a dare il nulla osta alla missione, e così Ferraro partì alla volta di Sfax, in Tunisia[64].
 Gli eventi della guerra imposero all'italiano di rinunciare alla missione, in quanto Tripoli venne conquistata dagli inglesi prima che egli potesse raggiungerla.
 
Tornato in Italia, Junio Valerio Borghese, succeduto a Ernesto Forza nel comando della Xª Flottiglia MAS il 1º maggio 1943[65], gli affidò un'altra missione segreta: nel porto di Alessandretta gli Alleati praticavano da tempo un traffico di cromo[66], e lui avrebbe dovuto limitarlo affondando le navi che trasportavano il minerale, prestando la massima attenzione a non farsi scoprire in quanto la Turchia si era dichiarata neutrale.
 Con dei falsi documenti che attestavano il suo status di diplomatico presso il consolato italiano, Ferraro raggiunse la sua destinazione verso la metà del maggio 1943. Dopo circa un mese passato a fingere di essere un normale diplomatico con addirittura la paura dell'acqua[67], il sommozzatore italiano (aiutato dall'agente del SIM Giovanni Roccardi) entrò in azione la sera del 30 giugno 1943[68]: al largo stazionava il piroscafo Orion (7.000 t[69]) che Ferraro raggiunse a nuoto portando con sé le cariche esplosive[70], si immerse per attaccare gli ordigni alla chiglia della nave, e ritornò a riva raggiungendo il consolato senza farsi scoprire. Il 7 luglio l'Orion saltò in aria insieme al suo carico.
 Azioni simili vennero effettuate a Mersin ai danni dei piroscafi Kaituna (9 luglio) e Sicilian Prince (30 luglio), rispettivamente di 10.000 t e 5.000 t[69], e di nuovo ad Alessandretta contro la motonave Fernplant (1 agosto; 5.274 t[71]): la prima venne solamente danneggiata e un'ispezione inglese trovò una carica inesplosa, la seconda fu oggetto di controlli prima di salpare e gli ordigni vennero disinnescati, mentre la terza colò a picco[72].
 
Terminati i "bauletti" Ferraro con la scusa di una malattia tornò nell'Italia del nord e fu preso prigioniero dagli anglo-americani. Per le sue azioni gli vennero conferite quattro medaglie d'argento al valor militare, una per ogni azione. Nel dopoguerra queste gli vennero commutate con la medaglia d'oro al valor militare[73].
 
L'attività sino all'armistizio [modifica sorgente]
 




Junio Valerio Borghese assunse il comando della Xª Flottiglia MAS il 1° maggio 1943




Lo Scirè con i contenitori per tre mezzi d'assalto sul ponte di coperta
Un secondo tentativo condotto contro Alessandria nel maggio del 1942 non ebbe esito. Intanto i tedeschi richiesero l'invio di un reparto di Incursori per bloccare i porti del Mar Nero, e cinque barchini siluranti e altrettanti esplosivi con i loro equipaggi si avviarono verso la Crimea a bordo di autocarri.
 
Altri barchini partirono per il nord Africa, dove operarono lungo la costa in appoggio alle operazioni terrestri. Intanto lo Scirè, del quale Borghese aveva ceduto il comando al tenente di vascello Bruno Zelich, venne affondato davanti ad Haifa: trasportava alcuni nuotatori d'assalto, che dovevano attaccare il porto. Il 27 luglio 1942 lo Scirè lasciò la Spezia con a bordo un gruppo di incursori, facendo tappa alla base italiana di Lero nel Dodecaneso per acquisire anche i risultati della ricognizione aerea. Ripartito il 6 agosto, non diede più notizie di sé. Si saprà poi che il 10 agosto 1942 lo Scirè era stato individuato ed affondato dal peschereccio armato inglese HMS Islay proprio nei pressi di Haifa, senza alcun superstite. I corpi di due degli incursori, il tenente di vascello Egil Chersi ed il capo Del Ben vennero recuperati sulla spiaggia e tumulati dagli inglesi con gli onori militari. Allo Scirè venne concessa una delle tre medaglie d'oro al valor militare conferite ad unità navali durante la guerra[43][74].
 
A partire dal luglio 1942 a Gibilterra il ruolo dello Scirè venne assunto dal piroscafo Olterra e come osservatorio, da Villa Carmela, basi segrete della Xª Flottiglia MAS in territorio spagnolo, neutrale. All'organizzazione delle due basi partecipava anche il SIM, con personale delle tre forze armate; tra questi il maggiore Ranieri di Campello, che dopo l'8 settembre 1943 partecipò alla campagna d'Italia nel Primo Raggruppamento Motorizzato[75]. Queste basi, dalle quali nuotatori e subacquei uscivano per attaccare le navi in rada, permisero al gruppo denominato Squadriglia dell'Orsa Maggiore e successivamente ad altri gruppi una serie di operazioni coronate da successo.
 
L'andamento sfavorevole del conflitto costrinse a ridurre progressivamente il numero delle missioni.
 




Il Classe CA imbarcato sul sommergibile "Leonardo Da Vinci" durante le prove, si nota una delle morse che assicurano il CA all'avvicinatore
Vennero comunque valutate e pianificate azioni a Freetown (importante scalo per gli Alleati) e fino nel fiume Hudson a New York, ma non vennero mai realizzate. Era in programma anche un'azione per forzare il porto di Gibilterra in pieno giorno. In particolare l'azione contro il porto di New York venne valutata sia come azione in solitario della Xª Flottiglia MAS, che nella prospettiva di missione di supporto per l'azione della Regia Aeronautica denominata Operazione S. In questo caso un sommergibile della Decima avrebbe dovuto effettuare un rifornimento in pieno oceano Atlantico come scalo tecnico per l'idrovolante CANT Z.511. L'idea venne giudicata troppo azzardata, e la Regia Aeronautica optò successivamente per una missione senza scalo con un quadrimotore Savoia-Marchetti S.M.95, ma l'azione non venne mai compiuta[76]. L'azione in solitario della Xª Flottiglia MAS prevedeva, dopo la traversata atlantica iniziata a Bordeaux, l'avvicinamento al porto di New York da parte del sommergibile Leonardo da Vinci che, opportunamente modificato tramite la rimozione del cannone di bordo, avrebbe dovuto trasportare un mini sommergibile. Questo mini sommergibile, denominato CA, avrebbe poi risalito il fiume Hudson da Hamilton[77] fino al porto di New York per rilasciare gli operatori del Gruppo Gamma che avrebbero attaccato un grattacielo in città. L'attacco sarebbe stato di forte importanza dal punto di vista psicologico, si trattava infatti di dimostrare agli americani che non erano sicuri nemmeno in casa propria, ma anche questa missione rimase allo stadio di progetto a causa dell'armistizio.[78]
 
Fuori dal Mediterraneo [modifica sorgente]
 




Per approfondire, vedi XIIª Squadriglia MAS.
 

La flottiglia operò alcuni dei suoi mezzi anche al di fuori del teatro del Mediterraneo, precisamente in Finlandia e nel Mar Nero.
 
All'inizio del 1942 vennero trasferiti in Finlandia i quattro MAS della 12ª Squadriglia[79], comandata dal capitano di corvetta Bianchini. L'unità, forte di 17 ufficiali, 19 sottufficiali e 63 tra sottocapi e comuni, iniziò ad operare dal 25 luglio 1942[79]. I mezzi operarono per 90 giorni durante la guerra di continuazione con personale italiano e furono infine ceduti ai finlandesi[80] tra il 5 e il 26 giugno 1943[81]. Erano quattro mezzi della classe 500 - seconda serie, precisamente il 526, 527, 528 e 529; ognuno di essi aveva dieci uomini di equipaggio[82]. L'unità era a sua volta parte del Distaccamento navale internazionale K (Laivasto-osasto K- LOs.K.), formato il 17 maggio 1942 da tedeschi, italiani e finlandesi, che tentò senza successo di interrompere il flusso dei rifornimenti russi attraverso il lago Ladoga in direzione della città di Leningrado assediata fin dal settembre 1941, nonostante alcuni successi locali[83].
 
Nel Mar Nero [modifica sorgente]
 
Tra i reparti italiani inviati sul fronte orientale vi era anche una piccola unità della Regia Marina, distaccata dalla Xª Flottiglia MAS su esplicita richiesta tedesca per operare nel Mar Nero. L'unità, designata come 101ª Flottiglia MAS e posta al comando del capitano di fregata Francesco Mimbelli, era inizialmente composta da quattro MAS (aumentati poi a sette), sei sommergibili tascabili classe CB, cinque motoscafi siluranti e cinque barchini esplosivi.
 
L'unità venne trasferita via terra fino alle coste del Mar Nero (ove giunse nel maggio del 1942), con il nominativo di "Autocolonna M.O. Moccagatta" facendo base nei porti di Jalta e Feodosija, sulla penisola di Crimea. I MAS e i sommergibili italiani vennero subito coinvolti nelle operazioni contro la fortezza sovietica di Sebastopoli, attaccando il traffico da e verso la piazzaforte. Caduta la città (4 luglio 1942), l'unità venne spostata nel Mar d'Azov per fornire protezione al traffico navale tedesco, per poi continuare con le missioni di pattugliamento lungo le coste controllate dai sovietici.
 
La mancanza di combustibile e il cattivo andamento del conflitto influirono pesantemente sulle attività dei mezzi italiani. Il 20 maggio 1943 i MAS superstiti vennero ceduti alla Kriegsmarine, e gli equipaggi rimpatriati. I sommergibili continuarono ad operare con equipaggi italiani fino all'agosto del 1943 dalla base di Sebastopoli. A seguito dell'armistizio italiano reso noto col proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, gli equipaggi vennero internati dai tedeschi, mentre i mezzi (ormai in pessimo stato di manutenzione) vennero acquisiti dai romeni, per finire poi nelle mani dei sovietici a Costanza nel 1944.
 
Durante la sua attività, l'unità riuscì ad affondare 3 navi da trasporto e 3 sommergibili sovietici, oltre a danneggiare l'incrociatore Molotov e il cacciatorpediniere Kharkov. Le perdite ammontarono ad un CB e a due MAS.
 
Un'altra piccola unità navale italiana operò tra il 15 agosto e il 22 ottobre 1942 sulle sponde del lago Ladoga, in appoggio alle truppe tedesche e finlandesi impegnate nell'assedio di Leningrado.
 
Nel Mar Nero, invece, le operazioni furono molto più proficue e compresero l'attacco portato, ancorché senza successo a causa della mancata esplosione di un siluro, al modernissimo conduttore di flottiglia Tashkent[84], il grave danneggiamento dell'incrociatore Molotov e quello lieve del cacciatorpediniere Kharkov, l'affondamento del sommergibile Qquoka, attacchi a motozattere, cannoniere e navi mercantili.
 
Affondamenti e danneggiamenti di naviglio sino all'armistizio [modifica sorgente]
 




Con degli MTM come questo venne effettuato l'attacco alla baia di Suda
Missioni compiute dagli incursori della Xª Flottiglia MAS durante la seconda guerra mondiale sino all'armistizio; anche in questo caso le tonnellate sotto specificate sono tonnellate di stazza, quindi unità di volume, e non di peso[85].
 Baia di Suda - 25-26 marzo 1941: affondamento dell'incrociatore York (8.250 t) e grave danneggiamento della nave cisterna Pericles (8.324 t)
 Alessandria - dicembre 1941 (operazione G.A.3): poste fuori servizio le due navi da battaglia Queen Elizabeth e Valiant; danneggiamento della nave cisterna Sagona (7.750 t) e del cacciatorpediniere Jervis (1.690 t)
 Sebastopoli - 10 giugno 1942: affondamento di una motonave da 5.000 t
 Sebastopoli - 12 giugno 1942: danneggiamento di un piroscafo da 10.000 t successivamente affondato da aerei tedeschi
 Sebastopoli - 18 giugno 1942: danneggiamento dell'incrociatore Molotov da 10.230 t e affondamento di due imbarcazioni armate
 Sebastopoli - 19 giugno 1942: affondamento del sommergibile Qquoka
 Sebastopoli - 1 luglio 1942: nell'occasione della capitolazione di Sebastopoli le unità della flottiglia svolsero un'intensa attività di rastrellamento, sostenendo scontri con motovedette e cannoniere. Affondamento di una motovedetta
 Gibilterra - luglio 1942: danneggiamento dei piroscafi Meta (1.575 t), Shuma (1.494 t), Empire Snipe (2.497 t) e Baron Douglas (3.899 t).
 Acque del Mar Nero: il tenente di vascello Emilio Legnani attaccò un incrociatore e un cacciatorpediniere affondando l'unità maggiore; venne decorato con medaglia d'oro al valor militare il 3 agosto 1942[86]
 Algeri - dicembre 1942: affondamento dei piroscafi Ocean Vanquisher (7.147 t) e Berto (1.493 t); danneggiamento dei piroscafi Empire Centaur (7.041 t) e Armattan (6.587 t)
 Gibilterra - maggio 1943: grave danneggiamento dei tre piroscafi Pat Harrison (7.000 t), Mashud (7.500 t) e Camerata (4.875 t).
 Sebastopoli - 19 maggio 1943: danneggiamento, dopo aspro combattimento, di due motovedette sovietiche.
 Alessandretta e Mersin - giugno, luglio e agosto 1943: affondamento dei piroscafi Orion (7.000 t) e Fernplant (5.274 t) e danneggiamento del piroscafo Kaituna (10.000 t)[87]
 Gibilterra - agosto 1943: affondamento della petroliera Thorshov (10.000 t) e dei piroscafi Stanridge (6.000 t) e Harrison Gray Otis (7.000 t).
 
Per le attività svolte, il reparto fu decorato di medaglia d'oro al valor militare[88] con la motivazione:
 


« Erede diretta delle glorie dei violatori di porti che stupirono il mondo con le loro gesta nella prima guerra mondiale e dettero alla Marina Italiana un primato finora ineguagliato, la X Flottiglia M.A.S. ha dimostrato che il seme gettato dagli eroi nel passato ha fruttato buona messe. In numerose audacissime imprese, sprezzante di ogni pericolo, fra difficoltà di ogni genere create, così, dalle difficili condizioni naturali, come nei perfetti apprestamenti difensivi dei porti, gli arditi dei reparti di assalto della Regia Marina, plasmati e guidati dalla X Flottiglia M.A.S., hanno saputo raggiungere il nemico nei più sicuri recessi dei muniti porti, affondando due navi da battaglia, due incrociatori, un cacciatorpediniere e numerosi piroscafi per oltre 100.000 tonnellate.
 Fascio eletto di spiriti eroici, la X Flottiglia M.A.S. è rimasta fedele al suo motto: "Per il Re e la Bandiera".
 
Mediterraneo, 1940 - 1943 »
 

I mezzi impiegati durante la seconda guerra mondiale [modifica sorgente]
 




Un siluro a lenta corsa, probabilmente al Varignano, in una foto dell'epoca Avvicinatori - qualunque natante modificato per il trasporto e le operazioni di mezzi d'assalto. Tra i tanti: sommerigibili Scirè, Ambra; motopescherecci Cefalo, Sogliola; cacciatorpediniere Granatiere, Crispi, Sella, Grecale; avviso Diana; motoveliero Costanza
 «Canguri» - due motosiluranti, classe CRDA 60 t. 2ª serie, gli MS 74 e MS 75, modificati per trasporto, messa in mare e recupero di mezzi d'assalto e SLC
 Caproni CA e Caproni CB: sommergibili tascabili
 M.A.S. - Motoscafo Anti Sommergibile
 M.S. - Motosilurante
 M.T.L. - Motoscafo Turismo Lento: unità per trasporto, messa in mare e recupero di due Siluri a Lenta Corsa; 6 unità consegnate all'armistizio[89].
 Scafo «R» - piccolo kayak in alluminio; disponeva di una carica staccabile a prua e di un'elica propulsa da motore elettrico, in aggiunta ai remi; 4 unità consegnate all'armistizio[89].
 Barchino esplosivo - circa 100 unità complessive tra[90] M.A. - Motoscafo d'Assalto
 M.A.T. - Motoscafo Avio Trasportato: motoscafo con la prua riempita di tritolo che avrebbe dovuto essere portato nel luogo dell'azione per via aerea, attaccato alla fusoliera di un idrovolante. L'interessamento di Domenico Cavagnari fece sì che nel febbraio 1936 venisse ordinato il primo M.A.T, collaudato prima della fine dell'anno con esito discreto. Nel 1937 un altro motoscafo era pronto e il 28 settembre dello stesso anno ne vennero ordinati dodici, ma successivamente la Regia Marina revocò l'ordine in quanto il M.A.T. presentava troppe incognite[91]
 M.T.M. - Motoscafo Turismo Migliorato/Modificato, la serie principale
 M.T.R. - Motoscafo Turismo Ridotto
 M.T.R.M. - Motoscafo Turismo Ridotto Modificato
 
Motoscafi siluranti - circa 90 unità complessiva[90] M.T.S. - Motoscafo Turismo Silurante, 4 unità consegnate
 M.T.S.M. - Motoscafo Turismo Silurante Modificato, 32 unità consegnate
 M.T.S.M.A. anche abbreviato in 'S.M.A.[90] - Motoscafo Turismo Silurante Modificato Allargato, ordinati 83 esemplari all'armistizio, di questi solo 3 consegnati; successivamente 97 ordinati dalla Kriegsmarine di cui circa 40 consegnati
 
V.A.S. - Vedetta Anti Sommergibile
 
Dopo l'Armistizio [modifica sorgente]
 
L'armistizio di Cassibile, reso noto l'8 settembre 1943, divise in due parti la Xª Flottiglia MAS. Quando l'ammiraglio Raffaele De Courten andò a chiedere consiglio al grande ammiraglio Paolo Thaon di Revel, questi rispose:
 


« In momenti così delicati è doveroso lasciare massima libertà alle coscienze, purché esse siano sinceramente rivolte al bene del Paese. (...)[92] »
 

Nella Regia Marina [modifica sorgente]
 
C
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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Le storia della Beffa di Buccari cui prese parte il poeta Gabriele D'Annunzio :

Da Wikipedia : http://it.wikipedia.org/wiki/Beffa_di_Buccari

Beffa di Buccari


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.




 


Beffa di Buccari
 
parte delle operazioni navali nel mare Adriatico nella prima guerra mondiale
 






I protagonisti della beffa di Buccari, da sinistra Luigi Rizzo, Gabriele D'Annunzio e Costanzo Ciano, in posa per la foto dopo la missione.
--------------------------------------------------------------------------------




Data
 
10 - 11 febbraio 1918
 


Luogo
 
Baia di Buccari
 


Esito
 
Inconclusivo
 


Schieramenti
 






Regia Marina
 
k.u.k. Kriegsmarine

 



Comandanti
 






Costanzo Ciano
 
Sconosciuto
 



Effettivi
 






MAS 94
 MAS 95
 MAS 96
 
Difese costiere del porto di Buccari
 



Perdite
 






Nessuna
 
Un piroscafo danneggiato
 



Voci di battaglie presenti su Wikipedia
 



[mostra]

V · D · M
 Battaglia del
 Mar Mediterraneo
(1914-1918)
 









La beffa di Buccari è un raid militare nella baia di Buccari (in croato Bakar), portato a termine da incursori della Regia Marina su MAS, nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918, durante la Prima guerra mondiale[1].
 
Nonostante le limitate conseguenze materiali, tale azione ebbe l'effetto di risollevare il morale italiano, fortemente messo a dura prova dallo sfondamento di Caporetto di alcuni mesi prima. Dopo la vittoriosa incursione su Trieste del dicembre 1917, in cui i MAS 9 e 13, rispettivamente guidati da Luigi Rizzo e Andrea Ferrarini, affondarono la corazzata austro-ungarica Wien e danneggiarono la Budapest, fu decisa un'azione di forzamento della baia di Buccari dove erano stanziate diverse unità navali nemiche[2].
 


Indice
  [nascondi]  1 I preparativi
 2 L'azione
 3 I risultati dell'azione
 4 Note
 5 Bibliografia
 6 Voci correlate
 
I preparativi [modifica]
 
Il 9 gennaio 1918 l'ammiraglio Luigi Cito emanò le direttive con foglio d'ordini 148 RR.P., e il giorno seguente l'ammiraglio Casanova, comandante della Divisione Navale di Venezia emanò gli ordini dettagliati per l'esecuzione dell'operazione contro la baia di Buccari. Le condizioni meteorologiche però non consentirono l'effettuazione dell'uscita e questa venne rinviata fino al 4 febbraio, quando una ricognizione di un idrovolante su Pola, Fiume e Buccari segnalò la presenza di quattro unità nemiche nella rada di Buccari[2]; così il 7 febbraio, tramite il foglio 514 RR.P. e l'8 con il foglio 60 RR. vennero nuovamente emanati gli ordini esecutivi per un'azione nella baia di Buccari[3]. Le unità designate all'operazione furono il MAS 94 (sottotenente di vascello CREM Andrea Ferrarini), il MAS 95 (tenente di vascello compl. Profeta De Santis), e il MAS 96 (capitano di corvetta Luigi Rizzo) con a bordo il comandante di missione capitano di fregata Costanzo Ciano[3] e Gabriele D'Annunzio[1].
 
Gli ordini prevedevano la costituzione di tre gruppi navali di cacciatorpediniere ed esploratori a traino e sostegno dei tre MAS:
 1º gruppo (capitano di fregata Pietro Lodolo) composto dall'esploratore Aquila e dai caccia Acerbi, Sirtori, Stocco, Ardente e Ardito; le unità dovevano ancorarsi a Porto Levante e tenersi pronte ad intervenire su ordine del Comando in Capo di Venezia.
 2º gruppo (capitano di fregata Arturo Ciano) composto dai caccia Animoso, Audace e Abba che dovevano rimorchiare i MAS fino a 20 miglia a ponente dell'isola di Sansego (punto "O"), qui avrebbe ceduto a rimorchio i MAS alle torpediniere e si sarebbe riposizionato ad una distanza di 50 miglia da Ancona per fornire assistenza ai MAS nella fase di rientro.
 3º gruppo (capitano di corvetta Matteo Spano) composto dalle torpediniere 18 P.N., 13 P.N. e 12 P.N., avrebbe rimorchiato i MAS fino alla congiungente Punta Kabile di Cherso - Punta Sant'Andrea (punto "A")[3].
 
Inoltre il sommergibile F5 sarebbe rimasto in agguato in un'area di 15 miglia a ponente di Pola e il sommergibile F3 a 15 miglia a sud di Capo Promontore[4].
 
L'azione [modifica]
 




La baia di Buccari
Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22.00 circa del 10 febbraio, i tre MAS iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l'isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari[1].
 


« Partiti da Venezia alle 10:45 il rimorchio durò fino alle 18:15, quando i cavi di rimorchio furono passati alle torpediniere. »
 

Questo il rapporto dell'Animoso che insieme agli altri caccia del 2º gruppo si sarebbe poi diretto verso Ancona, mentre dal rapporto della torpediniera 18 P.N.:
 


« Alle 18:30 assunta la formazione in linea di fila con i MAS al rimorchio dirigo verso l'isola di Unie[5]. »
 


Alle ore 22:15, giunti in prossimità del punto previsto, i MAS lasciarono i rimorchi e le siluranti diressero per il rientro. I tre motoscafi iniziarono quindi l'attraversamento della stretta della Farasina, senza che la batteria di Porto Re li scorgesse, e, giunti ad un miglio dalla costa, spensero i motori a scoppio per azionare quelli elettrici. Alle 0:35 i MAS giunsero all'imboccatura della baia di Buccari senza incontrare ostruzioni e individuarono gli obiettivi, tre piroscafi da carico e uno passeggeri. I bersagli vennero quindi suddivisi tra i tre MAS: il MAS 96 piroscafo 1, il MAS 94 sarebbe stato l'unico a dover colpire due piroscafi, 2 e 3, e il MAS 95 il piroscafo 4[6].
 




Due MAS in esercitazione, 1918 circa.
Alle 01:20 i MAS lanciarono i loro siluri; il MAS 95 lanciò un siluro contro l'albero di trinchetto e un siluro al centro sotto il fumaiolo del piroscafo 4; il MAS 94 lanciò un siluro al centro del piroscafo 2 e al centro del piroscafo 3, mentre il MAS 96 lanciò due siluri al fumaiolo di cui uno esplose. Dei sei siluri lanciati solo uno esplose, a dimostrazione che le unità erano protette da reti antisiluranti e che lo scoppio del secondo siluro del MAS 96 indicava la probabile rottura della rete col primo siluro che consentì la penetrazione del secondo[6]. Allo scoppio del siluro l'allarme fu immediato e i MAS presero subito la via del rientro e, giunti al punto di riunione prestabilito, rientrarono ad Ancona alle 7:45.
 
Le unità italiane riuscirono a riguadagnare il largo tra l'incredulità dei posti di vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto e che non reagirono con le armi, ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco[1]. Tre bottiglie suggellate dai colori nazionali furono lasciate su galleggianti nella parte più interna della baia di Buccari, con all'interno un messaggio scritto da D'Annunzio, fatto che dette all'azione l'appellativo di "beffa di Buccari"[6].
 
I risultati dell'azione [modifica]
 




Il testo dei volantini lasciati nel mare di Buccari da Gabriele D'Annunzio durante la missione.
Dal punto di vista tattico-operativo, l'azione fece emergere la totale mancanza di coordinamento nel sistema di vigilanza costiero austriaco e le numerose lacune difensive presenti, che resero possibile questa audace azione dei marinai italiani. D'altro canto però le navi, protette dalle reti, non riportarono alcun danno materiale. L'impresa costrinse il nemico ad un maggiore impegno di energie in nuovi adattamenti difensivi e di vigilanza e comunque ebbe una pesante influenza negativa sul morale austriaco[7].
 
Ma l'impresa di Buccari ebbe una grande risonanza in Italia, in una fase della guerra in cui gli aspetti psicologici stavano acquistando un'incredibile importanza. D'Annunzio ebbe un ruolo principale in questo, il messaggio lasciato nelle tre bottiglie ebbe grande diffusione e contribuì a risollevare il morale dell'esercito impegnato sul Piave[1].
 


« In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d'Italia, che si ridono d'ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l'inosabile. E un buon compagno, ben noto - il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro - è venuto con loro a beffarsi della taglia »
 


(Testo del messaggio lasciato da D'Annunzio nelle acque di Buccari.)
 

Per l'Italia, che si stava riorganizzando dopo il disastro di Caporetto, l'eco della riuscita nell'impresa fu notevole e rinvigorì lo spirito dei soldati e della popolazione. L'entusiasmo avrebbe raggiunto il culmine pochi mesi dopo con il famoso Volo su Vienna. Dell'avventura della Baia di Buccari resta un libriccino edito nel 1918 dai consueti editori dannunziani, i Fratelli Treves, dal titolo: La Beffa di Buccari - con aggiunti La Canzone del Quarnaro, Il catalogo dei Trenta di Buccari, Il Cartello Manoscritto e Due Carte Marine. Il testo è completato dalle strofe de La Canzone del Quarnaro che, al tempo, ebbe notevole fama (successivamente il testo fu musicato da Luigi Dallapiccola nel 1930).
 
Note [modifica]
 1.^ a b c d e La beffa di Buccari (10-11 febbraio 1918). marina.difesa.it. URL consultato in data 03 dicembre 2011.
 2.^ a b Favre, op. cit., p. 232.
 3.^ a b c Favre, op. cit., p. 271.
 4.^ Favre, op. cit., pp. 271, 272.
 5.^ Entrambe le citazioni provengono da Favre, op. cit., p. 272.
 6.^ a b c Favre, op. cit., p. 272.
 7.^ Favre, op. cit., p. 233.
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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Fonte : https://it.wikipedia.org/wiki/X%C2%AA_Flottiglia_MAS_(Repubblica_Sociale_Italiana)

Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.




 


Xª Flottiglia MAS
 






Descrizione generale
 


Attiva
 
1943-1945
 


Nazione
 
 Repubblica Sociale Italiana
 


Alleanza
 
 Germania
 


Tipo
 
Divisione fanteria di marina binaria con reparti di naviglio sottile
 


Dimensione
 
circa 20.000 uomini
 


Equipaggiamento
 
Unità di terra: armamento leggero da fanteria; panzerfaust; artiglieria da campagna. Unità navali: naviglio sottile
 


Soprannome
 
Decima; Divisione Decima
 


Motto
 
Per l'onore d'Italia
 


Marcia
 
Inno della Decima
 


Battaglie/guerre
 
Anzio (1944); operazione Aquila (1944); Tarnova della Selva (1944); Senio e Polesine (1945)
 


Parte di
 



Marina Nazionale Repubblicana (anche se alla costituzione era un corpo autonomo)
 







[senza fonte]
 


Voci di unità militari presenti su Wikipedia
 

La Xª[1] Flottiglia MAS (dal 1º maggio 1944, con l'unificazione di vari battaglioni, rinominata in Xª Divisione MAS[2] anche se è meglio nota semplicemente solo e soltanto come Xª MAS) è stato un corpo militare indipendente, ufficialmente parte della Marina Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana attivo dal 1943 al 1945. La Xª Flottiglia MAS al nord, al comando del capitano di fregata Junio Valerio Borghese in seguito all'armistizio di Cassibile strinse accordi di alleanza con il capitano di vascello Berninghaus della Marina da guerra germanica.
 
Durante i due anni che seguirono operò in coordinazione coi reparti tedeschi sia per contrastare l'avanzata alleata dopo lo sbarco di Anzio e sulla Linea Verde e nel Polesine, sia in operazioni contro la resistenza italiana, attività durante la quale l'unità impiegò metodi di repressione violenti e terroristici e si macchiò di crimini di guerra[3], e infine nel tentativo di difendere i confini nordorientali dalla controffensiva iugoslava, cercando anche di affermare l'italianità di quelle regioni di fronte alle politiche annessionistiche dell'occupante tedesco[4][5][6] sostenuto da elementi collaborazionisti serbi, croati e sloveni[7]. Peraltro questi tentativi velleitari non ottennero risultati ed i reparti inviati in Friuli furono presto fatti trasferire oltre il Piave, a Thiene, dal Gauleiter Rainer, deciso a mantenere il controllo totale della regione[8].
 
La Xª Divisione MAS si arrese il 26 aprile 1945 ai rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) nella caserma di piazzale Fiume a Milano dopo la cerimonia dell'ammaina bandiera[9].
 


Indice
  [nascondi]  1 L'armistizio
 2 Rapporti fra Xª MAS e RSI
 3 Struttura della Xª MAS
 4 Impiego operativo della Xª MAS
 5 I reparti navali
 6 Il fronte orientale
 7 Comportamento in guerra e diserzioni
 8 Il coinvolgimento nella guerra civile 8.1 Antisemitismo nel Corpo
 
9 Scioglimento, ultimi scontri e perdite
 10 Decorazioni
 11 Riferimenti postali storici
 12 Note
 13 Bibliografia
 14 Voci correlate
 15 Altri progetti
 16 Collegamenti esterni
 
L'armistizio [modifica sorgente]
 




Gruppo di soldati della Xª Flottiglia MAS
Nella confusione e nello sbandamento delle forze armate causato dalle circostanze dell'armistizio dell'8 settembre, la Xª Flottiglia MAS a differenza di quasi tutti i reparti delle Regie forze armate non si sbandò. La Xª rimasta a sud, costituì una unità denominata Mariassalto che partecipò nel 1944 e nel 1945 ad un paio di azioni, al fianco di omologhe unità britanniche, per mantenere aperto il Porto della Spezia, contro il tentativo dei tedeschi di affondare delle navi alla sua entrata. Alla prima di queste azioni prese parte Luigi Durand de la Penne una volta rimpatriato dalla prigionia.
 
Al nord, immediatamente dopo l'armistizio dell'8 settembre, molti marò della Xª Flottiglia Mas tornarono a casa[10] o si rifugiano sulle colline in attesa degli eventi[11], mentre il comando di stanza nella caserma di La Spezia non si sbandò e messo in allarme attese ordini disciplinatamente[12] evitando però di distruggere i piccoli mezzi navali all'ancora fuori della caserma di cui parte poi cadde momentaneamente in mani tedesche[13]. La serata stessa Junio Valerio Borghese raggiunse l'ammiraglio Aimone d'Aosta e inutilmente cercarono insieme di contattare Roma per avere conferma dell'armistizio e ricevere ordini[12]. La Xª MAS, continuando a rimanere priva di ordini[14], mantenne l'attività nella caserma immutata e per tutto il tempo la bandiera italiana rimase sul pennone[15]. Borghese inoltre dispose di aprire il fuoco conto chiunque avesse tentato di attaccare la caserma[15] riuscendo a respingere alcuni tentativi tedeschi di disarmare i marò[16]. Il 9 settembre gli ufficiali si riunirono per decidere la strada da intraprendere e Borghese ribadì la sua intenzione di continuare la guerra contro gli angloamericani, scegliendo l'alleanza con la Germania. L'11 settembre radunò i marinai di stanza a La Spezia spiegando la situazione e dando il permesso di congedarsi a coloro che non se la fossero sentita di continuare la guerra[17]. La maggioranza si congedò[17].
 
Egli avrebbe poi spiegato tale azione dicendo di avere fatto questo «per riscattare l'onore militare dell'Italia, riconquistare la stima della Germania e ricondurre le due nazioni sul piano dell'alleanza» (secondo le sue stesse parole tratte da una intervista concessa nel dopoguerra al giornalista e storico Ruggero Zangrandi). La Decima assunse, almeno ufficialmente, atteggiamento del tutto apolitico ed apartitico, tanto che per essere inquadrati nei marò della Xª MAS occorreva non essere iscritti ad alcun partito politico.
 
Borghese strinse dunque il 12 settembre direttamente con il Capitano di vascello Berninghaus della Marina da guerra germanica, la Kriegsmarine, una singolare alleanza che permetteva la continuazione dell'attività della Xª MAS con il Terzo Reich, conservando bandiera (a cui era stato tolto l'emblema dei Savoia) e divisa italiane, seppur sotto il controllo operativo tedesco.
 


Accordo Borghese-Berlinghaus
 14 settembre 1943
 



La Spezia, 14-9-1943
 
1) La Xª Flottiglia M.A.S. è un'unità complessa appartenente alla Marina militare italiana, con completa autonomia nel campo logistico, "organico", della giustizia e disciplinare, amministrativo;
 
2) È alleata delle Forze Armate germaniche con parità di diritti e doveri;
 
3) Batte bandiera da guerra italiana;
 
4) È riconosciuto a chi ne fà parte il diritto all'uso di ogni arma;
 
5) È autorizzata a ricuperare e armare, con bandiera ed equipaggi italiani, le unità italiane trovantisi nei porti italiani; il loro impiego operativo dipende dal comando della Marina germanica;
 
6) Il Comandante Borghese ne è il capo riconosciuto, con i diritti e i doveri inerenti a tale incarico.
 Berninghaus Capitano di Vascello J. V. Borghese Comandante

Al progetto di Borghese alla metà di settembre aderirono circa metà dei duecento ufficiali presenti alla sede della Spezia. Gli altri chiesero regolare licenza, concessa dal comandante[18]. Ben presto si unirono a quello che avrebbe formato il nucleo della futura formazione autonoma della Decima Mas nella Repubblica Sociale i trecentocinquanta marò al comando del capitano di corvetta Umberto Bardelli.
 
Fin dai primissimi giorni dopo l'armistizio iniziarono a giungere giovani volontari, spesso minorenni, attratti dalla leggenda delle gesta eroiche dei "maiali" e dalla fama del comandante Borghese, celebrati dai manifesti di propaganda che tappezzarono le città italiane. I ruolini della Decima giunsero quindi a contare complessivamente 20.000 uomini, l'entità di una divisione di fanteria.[5].
 




Junio Valerio Borghese in divisa della Xª
Altri elementi che diedero presso i giovani della Repubblica Sociale popolarità notevole al corpo furono il cameratismo che esisteva tra gli ufficiali e i marinai (istituzione del rancio unico per marinai e ufficiali e dell'uniforme di panno uguale) e il suo non conformismo (saluto meno formale rispetto ai canoni tradizionali della marina) e la promozione guadagnata sul campo e non con l'anzianità o i concorsi. Il regolamento della Decima - rivoluzionario per le Forze Armate italiane dell'epoca - era una derivazione del volontarismo garibaldino e del particolare tipo di cameratismo dei sommergibilisti, dalle cui fila provenivano Borghese, Bardelli ed altri capi del corpo.
 
L'ideologia fondante del corpo era basata sul nazionalismo e sul combattentismo, in cerca della "bella morte" in battaglia e dell'eroismo «per riscattare l'onore della nazione italiana» (agli occhi dei volontari che si arruolavano, tradito dall'armistizio dell'otto settembre, conclusosi con il crollo dell'Esercito, la consegna delle navi della Marina e la fuga del sovrano e di Badoglio al sud, lasciando il paese nel caos). Ciò trovava espressione nel motto del corpo «Per l'onore e la bandiera d'Italia» e nello scudetto in cui era disegnata una X sormontata da un teschio con una rosa in bocca e nell'Inno della Decima, scritto dalla moglie di Borghese sulle note di una canzone d'operetta.[19] L'immagine del teschio con la rosa in bocca veniva dal capitano di corvetta Salvatore Todaro: poco prima di morire aveva espresso il desiderio di un distintivo per la Xª che rendesse l'idea che la morte in combattimento era una cosa dolce, come il profumo di un fiore.
 
Nonostante la premessa di voler partecipare solo alla guerra per la "liberazione dell'Italia invasa" ben presto i reparti della Decima furono coinvolti dai tedeschi nelle operazioni di controguerriglia, ma gli ufficiali furono lasciati liberi di congedarsi senza conseguenze qualora avessero rifiutato di sollevare le armi contro altri italiani[20]. L'esasperazione e la ferocia cui giunse la guerra civile condussero alcuni elementi della Decima a macchiarsi di crimini di guerra, come la fucilazione di prigionieri, la cattura di ostaggi fra i civili, la tortura di partigiani (o civili presunti tali) catturati. Venne comunque applicata la convenzione dell'Aja che non permetteva la fucilazione di prigionieri, la cattura di ostaggi fra i civili per diritto di rappresaglia. D'altro canto, vi furono anche diversi episodi di accordi fra i reparti partigiani e quelli della Decima in funzione anti-tedesca e anti-iugoslava, soprattutto (ma non solo) al confine orientale. In molti casi si giunse a regolari scambi di prigionieri, e in un caso un ufficiale traditore della Decima - passato ai partigiani con la cassa del reparto - fu fucilato da un plotone d'esecuzione misto di resistenti e marò.
 
La Xª MAS di Borghese aumentò rapidamente i suoi numeri, sia con arruolamenti regolari sia accettando nelle proprie file disertori di altri reparti (e perfino ex-partigiani), attratti dalla paga migliore, dal regolamento peculiare della Decima e soprattutto dalla prospettiva di poter colà combattere contro gli angloamericani. Per contro, la Decima fu una delle unità della RSI che soffrì meno per le diserzioni (invece epidemiche nelle altre unità, soprattutto nell'Esercito Nazionale Repubblicano). Borghese aveva sancito la pena di morte per la diserzione e la codardia in faccia al nemico ben prima che tale pena fosse estesa alle altre Armi e Forze Armate della RSI.[21]
 
Rapporti fra Xª MAS e RSI [modifica sorgente]
 
Numerosi furono i problemi organizzativi che si erano materializzati per il nuovo corpo, sia per le oggettive condizioni economiche e militari dell'Italia settentrionale, sia a causa delle difficoltà sollevate dalle autorità tedesche e repubblicane.
 




1944: Marò della Decima MAS
Borghese negoziò direttamente con la Germania nazista i termini della sua collaborazione con l'Asse. Questo dal punto di vista della legittimità del corpo e del suo successivo inserimento nell'organico della RSI pose non pochi problemi, e caratterizzò i rapporti fra Borghese e RSI, tanto che alcuni autori stentano a considerare la Xª MAS di Borghese un corpo della Repubblica Sociale Italiana, bensì un vero e proprio corpo franco o compagnia di ventura inserita nell'ambito delle forze dell'Asse: in realtà, la Xª e la RSI mantenevano rapporti difficili, perché le autorità politiche della RSI cercavano faticosamente di ricondurre tutte le varie forze armate e di polizia sotto il suo controllo centralizzato (in quanto solo allo Stato è concesso il monopolio dell'uso della forza, secondo il diritto). D'altro canto, Borghese aveva ottenuto legittimazione dai tedeschi, attraverso il capitano di vascello Berlinghaus della Kriegsmarine, con il riconoscimento a combattere sotto bandiera italiana, ottenendo ampia autonomia. Pur rispondendo, in pratica, al comando tedesco e amministrativamente dal Ministero della Difesa repubblicano, la Xª MAS era formalmente equiparata alla Wehrmacht, e in pratica era una corpo franco, ai cui appartenenti tra l'altro era vietata l'iscrizione al Partito Fascista Repubblicano.[22]
 
Il comportamento apertamente autonomistico contro le autorità repubblicane (fino alla strafottenza) - alle quali formalmente la Decima avrebbe dovuto appartenere e da cui amministrativamente dipendeva, avendo i suoi uomini giurato secondo la formula prevista dal governo repubblicano - causò molti attriti con altri organismi della Repubblica Sociale e perfino la ventilata possibilità che Borghese tentasse un colpo di stato contro Mussolini. In seguito alle voci circolanti su questa eventualità, Borghese, convocato a Gargnano, fu posto agli arresti il 14 gennaio 1944. La voce dell'arresto di Borghese, attraverso circostanze fortuite, arrivò al comando della Decima, che valutò addirittura l'ipotesi di marciare su Salò. Probabilmente l'incidente fu risolto anche con la mediazione dei tedeschi, che non volevano una lotta intestina tra i loro alleati.[23] Tutto venne risolto in tempi brevi con il rilascio di Borghese e il seguente licenziamento del sottosegretario alla Marina, Ferruccio Ferrini, da parte di Mussolini, che lo sostituì con il contrammiraglio Giuseppe Sparzani. Borghese divenne sottocapo di Stato Maggiore ed ebbe ai suoi ordini tutte le attività operative di Marina[24]
 
All'origine di questi rapporti tesi stavano anche leggere divergenze ideologiche rispetto al fascismo mussoliniano: infatti Borghese non si iscrisse mai al Partito Fascista Repubblicano, e fra i requisiti essenziali per l'arruolamento alla Decima vi era la rinuncia all'appartenenza a qualsiasi partito, ivi compreso quello Fascista Repubblicano. Borghese, d'altronde, aveva sempre ostentato disprezzo nei confronti dei partiti e aveva la propensione per un modello di società organicista e militarista secondo il modello che realizzò con la Decima. Nella Xª MAS di Borghese non venne mai fatto il "saluto al Duce", ma solo il saluto "Decima marinai! Decima Comandante!" (di questo lo stesso Borghese venne accusato da parte di chi lo voleva esautorare dal comando della Decima).
 
Struttura della Xª MAS [modifica sorgente]
 


Regolamento della Decima
 


Il rancio è unico per tutti, ufficiali, sottufficiali e marinai
 Il panno della divisa è uguale per tutti
 Sono sospese tutte le promozioni fino alla fine della guerra, tranne che quelle per merito di guerra sul campo
 Il reclutamento è esclusivamente volontario
 Vige la pena di morte per i militari della "Decima" che vengano riconosciuti colpevoli di furto o saccheggio, diserzione, o codardia in faccia al nemico
 





Arruolamenti a La Spezia nel 1944 Comando Xª MAS Ufficio Stampa e propaganda[25]
 Servizio Ausiliario Femminile (SAF)[26]
 Servizio Amministrativo
 Servizio Sanitario
 Servizio Approvvigionamento
 Servizio Genio Armi navali
 Servizio Polizia interna
 Servizio Informazioni
 Ufficio Assistenza
 
Reparti di terra successivamente raggruppati nella "Divisione Decima", su: Battaglione "Maestrale" poi "Barbarigo"[27]
 Battaglione "Lupo"[28]
 Battaglione Nuotatori-Paracadutisti (NP)[29]
 Battaglione Bersaglieri "Fulmine"[30]
 Battaglione Guastatori Alpini "Valanga"[31]
 Battaglione "Sagittario"[32]
 3º Reggimento artiglieria di marina "Condottieri",[33] su: Gruppo artiglieria "San Giorgio"[34]
 Gruppo artiglieria "da Giussano"[35]
 Gruppo artiglieria "Colleoni"[36]
 Batteria contraerea leggera (20/65)[37]
 
Battaglione del Genio "Freccia"[38]
 Battaglione "Castagnacci"[39]
 
Reparti di terra autonomi: Gruppo d'ardimento "Medaglia d'Oro Giobbe"[40]
 Battaglione "Longobardo"[41]
 Battaglione "Pegaso"[42]
 Battaglione "Risoluti"[43]
 Battaglione "San Giusto"[44]
 Battaglione "Scirè"[45]
 Battaglione "Serenissima"[46]
 Battaglione "Vega"[47]
 Distaccamento "Umberto Cumero" (successivamente assorbito nel Distaccamento "Torino")[48]
 Distaccamento "Milano"[49]
 Distaccamento "Roma"[50]
 Distaccamento "Torino"[51]
 Compagnia "Adriatica"[52]
 Compagnia "d'Annunzio"[53]
 Compagnia "Mai Morti"[54]
 Compagnia operativa "O" (successivamente assorbita nel Distaccamento "Milano")[55]
 Compagnia "Sauro"[56]
 Gruppo contraereo "Q"[57]
 
Reparti di mare, su: Squadriglia MAS "Comandante Castagnacci"[58]
 Reparto mezzi d'assalto di superficie "Medaglia d'Oro Moccagatta", su: Comando e reparto comando
 Gruppo "Medaglia d'Oro Todaro" (Scuola mezzi d'assalto di superficie)[59]
 Base operativa di collegamento[60]
 Base operativa sud[61]
 Base operativa ovest[62]
 Base operativa est[63]
 
Reparto mezzi d'assalto subacquei, su: Scuola sommozzatori[64]
 Gruppo operativo SSB[65]
 Gruppo "Gamma" - "Medaglia d'Oro Visintini"[66]
 Gruppo trasporto mezzi d'assalto "Aradam"[67]
 Squadriglia sommergibili CA[68]
 Squadriglia sommergibili CB/CM[69]
 


Impiego operativo della Xª MAS [modifica sorgente]
 




Marzo 1944. Aspirante guardiamarina della Decima MAS durante un'ispezione a Roma presso viale Carso (quartiere della Vittoria) in occasione del dispiegamento del reparto sul fronte della testa di ponte alleata ad Anzio - Nettuno.
Dopo l'alleanza coi tedeschi, il nuovo corpo si dedico all'organizzazione militare al fine di poter recarsi al fronte a combattere gli anglo-americani. La sera del 3 marzo 1944[70][71] il battaglione "Barbarigo" (il primo reparto di fanteria della marina, guidato da Bardelli) entrò in linea a Nettuno dove venne impiegato contro gli Alleati sul fronte di Anzio-Nettuno, alle dipendenze della 175ª divisione tedesca.
 
Dopo la rotta seguita allo sfondamento di Cassino, i reparti della Decima furono impiegati in maniera disorganica anche in operazioni di polizia e di controguerriglia in Italia settentrionale contro i partigiani, mentre sul fronte della Linea Verde venivano inviati nel 1945 il "Lupo", il "Nuotatori Paracadutisti" o "NP" (Polesine), e il gruppo d'artiglieria "Colleoni" (sul fiume Senio). Questi reparti ebbero pesanti perdite in combattimento durante l'ultima offensiva nemica, e ricevettero numerose decorazioni dai tedeschi; il "Lupo" e l'"NP", dopo il crollo della linea Verde, riuscirono a ripiegare su Venezia, dove rimasero fino all'arrivo degli alleati, a cui si arresero con l'onore delle armi.
 
Nel 1945 Borghese riorganizzò la Divisione Decima nel Veneto su due Gruppi di Combattimento (di cui uno a ranghi incompleti, perché, come abbiamo visto, due battaglioni e un gruppo d'artiglieria erano aggregati alle divisioni tedesche sulla Linea Verde). L'obbiettivo era quello di costituire una grossa massa di manovra da spostare a Trieste e Fiume per evitare alle città la prevedibile occupazione titina, mentre si intensificavano i contatti con i servizi segreti regi, americani ed inglesi per favorire uno sbarco italo-inglese in Istria. Tuttavia il precipitare degli eventi e il completo controllo del cielo da parte alleato impedì alla Divisione Decima di raggiungere le posizioni previste (né d'altro canto vi fu il promesso sbarco italo-inglese). I reparti così rimasti immobilizzati si arresero alle truppe alleate con l'onore delle armi fra il 29 aprile ed il 2 maggio 1945.
 
I reparti navali [modifica sorgente]
 




Un MTM in servizio alla Xª
Reparti di naviglio sottile della Decima furono impiegati contro le forze di sbarco e di rifornimento angloamericane. Impiegati quasi esclusivamente MAS e motoscafi veloci modificati in siluranti, gli MTM. I reparti navali erano di stanza a Genova (Comando Tirreno) insieme agli "uomini Gamma" (sommozzatori), mentre la 1ª e 2ª squadriglia MAS era di stanza a La Spezia.
 
È accreditato l'affondamento di un incrociatore, un trasporto, una cannoniera e numeroso naviglio, soprattutto nella zona di Anzio.[72]
 
Il "Comando Tirreno" alla fine della guerra prese contatti con il locale CLN, prendendo efficaci contromisure a contrasto dell'opera dei guastatori tedeschi che intendevano far saltare in aria le installazioni portuali. I sommozzatori del reparto disarmarono le 80 cariche di demolizione predisposte dai germanici e autoaffondarono le loro unità MAS e VAS e si consegnarono ai partigiani.[73]
 
Il fronte orientale [modifica sorgente]
 
Subito prima della costituzione della Repubblica Sociale, i tedeschi avviarono una politica di annessione delle Tre Venezie, riunendo le province di Bolzano, Trento, Belluno, al Gau dell'Alto Tirolo, dietro il pretesto della costituzione di una zona d'operazioni nota con il nome di Alpenvorland, e quelle di Udine, Gorizia, Lubiana, Trieste, Pola e Fiume al Gau della Carinzia nell'ambito della zona d'operazioni chiamata Adriatisches Küstenland (rimase Zara, pur sotto occupazione militare tedesca, sotto il controllo delle autorità della RSI).
 
Soprattutto le terre orientali, già minacciate di annessione dagli ustascia croati alleati dei nazisti, furono teatro di aspri scontri coi partigiani di Tito, che - organizzati in formazioni di notevoli dimensioni e potenziale bellico - cercavano di sconfinare nella Venezia Giulia per poter reclamare, giusta il principio dell'uti possidetis, l'annessione di questa alla Jugoslavia.
 
Perciò la Decima Mas ebbe un notevole impiego sul fronte dell'Istria e del Carso e nelle retrovie dell'esercito tedesco soprattutto nel 1944, collaborando con i tedeschi nello scontro contro i partigiani titini (insieme agli altri cinque reggimenti italiani inquadrati nelle Forze Armate germaniche come Milizia Difesa Territoriale e ai reparti e batterie di difesa costiera). Gli scontri con i titini assumevano spesso l'aspetto tipico della guerriglia, con azioni crudeli ed atrocità alle quali seguivano altrettanto crudeli rastrellamenti da parte nazifascista, mentre solitamente le truppe titine rifiutavano la battaglia in campo aperto, dove ancora non potevano avere ragione dei tedeschi e dei loro alleati.
 
Sulla frontiera orientale i battaglioni Sagittario, Barbarigo, Lupo, appoggiati dai gruppi d'artiglieria San Giorgio ed Alberto da Giussano e da parte dei battaglioni Nuotatori Paracadutisti, guastatori Valanga e genio Freccia furono coinvolti nell'Operazione Aquila (Adler Aktion) per la distruzione delle forze del IX Korpus iugoslavo, e quindi il Fulmine fu impiegato per arginare i tentativi di invasione iugoslava della Venezia Giulia, rimanendo coinvolto in un aspro scontro con gli slavi nella Battaglia di Tarnova, dove fu quasi distrutto, riuscendo tuttavia a sbarrare il passo alle forze nemiche.
 
In seguito le autorità tedesche pretesero da Mussolini che i reparti della Decima fossero ritirati dalla Venezia Giulia, dove si erano verificati scontri anche sanguinosi con i collaborazionisti slavi[74] e con lo stesso gauleiter Rainer. Rimasero solo alcune unità minori che presidiavano le isole del Quarnaro e Trieste.[75]
 
In Istria perciò rimasero solo alcune centinaia di uomini della Decima dislocati in vari presidi a fianco dei reparti tedeschi, perlopiù catturati dai titini durante l'occupazione della Venezia Giulia insieme ai tedeschi e altri soldati della RSI e massacrati nelle tristemente note foibe, o deportati nei campi di prigionia iugoslavi.
 
Gli altri morirono a fianco degli ultimi nuclei di resistenza tedeschi nei combattimenti che divampavano contemporaneamente all'avanzata dei titini verso il Friuli e la Venezia Giulia. Essi, insieme a questi resti dell'esercito tedesco, dovevano resistere per coprire la ritirata del grosso delle truppe tedesche acquartierate nell'Istria e nella Slovenia verso l'Austria. Il caos che sconvolse le truppe tedesche prive di ordini univoci e divise nel tentare di resistere oppure ritirarsi trascinò anche i reparti repubblicani, e fra questi ovviamente quelli della Decima.
 
Gli ultimi focolai di resistenza che proseguirono fino agli inizi di maggio vennero tutti schiacciati dai titini, combattendo oppure - più spesso - promettendo salva la vita in caso di resa. Tra questi ultimi combattimenti, degno di nota quello che si svolse a Pola. Qui, dopo la firma della resa delle ultime truppe tedesche affiancate da alcuni reparti della Decima decimati dalla battaglia alle forze iugoslave l'8 maggio 1945, l’ammiraglio tedesco che aveva firmato la capitolazione venne subito dopo fucilato insieme ad un gruppo di suoi ufficiali, insieme a una decina di ufficiali italiani della Decima Mas.
 
Poco prima dell'occupazione dell'Istria da parte iugoslava, Borghese cercò un'improbabile alleanza con gli Alleati per fronteggiare l'esercito iugoslavo di Tito, che stava rapidamente avanzando: in quei tempi, era viva in molti gerarchi nazisti e fascisti la speranza di arrivare a un armistizio con gli alleati occidentali per poter continuare la guerra contro l'Unione Sovietica e il bolscevismo in generale.[76]
 
Analogamente, fra il settembre ed il dicembre del 1944 furono presi approfonditi contatti con la brigata partigiana Osoppo, al fine di costituire un corpo misto che potesse organizzare una difesa comune di quel fronte, ma il comando inglese a cui faceva riferimento la Osoppo, seppur con qualche tentennamento, rifiutò l'offerta. Poco tempo dopo a Porzûs tutti i principali esponenti della brigata partigiana furono uccisi in quanto sospettati di tradimento e per aver dato ospitalità ad una giovane, Elda Turchetti, denunciata come spia da Radio Londra, su segnalazione di agenti inglesi e il tentativo di collaborazione non ebbe séguito.
 
Negli ultimi mesi del conflitto, al fine di difendere l'italianità dell'Istria, Borghese avviò contatti con la Regia Marina al sud (ammiraglio De Courten) per favorire uno sbarco italo-alleato in Istria e salvare le terre orientali dall'avanzata delle forze iugoslave[77]. Lo sbarco studiato dalla marina italiana del Sud si sarebbe avvalso dell'appoggio delle formazioni fasciste e della Decima, con o senza l'intervento Alleato[78]. L'opposizione inglese fece fallire questo piano[79], non volendosi inimicare Stalin dopo l'accordo di Yalta[80] e favorendo così l'avanzata degli iugoslavi, che ebbero peraltro anche l'attivo sostegno della Royal Navy britannica.
 
Comportamento in guerra e diserzioni [modifica sorgente]
 
Le truppe coinvolte nelle operazioni di "grande polizia" o controguerriglia contro le forze partigiane italiane sono state oggetto di numerose critiche. La Xª MAS fu attiva in operazioni di grande polizia nel Monferrato, nelle Langhe, nel Canavese, in Carnia, in Val di Susa e in Val d'Ossola. Gli uomini della Decima si macchiarono di crimini di guerra, come torture, rappresaglie, fucilazioni sommarie.
 
Le operazioni di rastrellamento contro i civili causarono malcontento tra alcuni soldati che si erano arruolati per combattere gli Alleati e si registrarono numerose diserzioni e perfino ammutinamenti tra i marò dei reparti impiegati contro i partigiani, anziché contro gli Alleati.
 
Alcuni appartenenti alla Decima Mas si distinsero anche in azioni di saccheggio e furto a danno della popolazione civile, perseverando nell'abuso della loro autorità tanto da far preoccupare le autorità legittime e non militari:
 


« Continuano con costante preoccupazione le azioni illegali commesse dagli appartenenti alla Xª Mas. Furti, rapine, provocazioni gravi, fermi, perquisizioni, contegni scorretti in pubblico, rappresentano quasi la caratteristica speciale di questi militari. Anche il 12 novembre 1944, tra l'altro, verso le ore 20 quattro di essi si sono presentati in un magazzino di stoffe: dopo aver immobilizzato il custode ne hanno asportato quattro colli per un ingente valore [...]. La cittadinanza, oltre ad essere allarmata per queste continue vessazioni, si domanda come costoro, che dovrebbero essere sottoposti ad una rigida disciplina militare, possano agire impunemente e senza alcuna possibilità di punizione [...]. Sarebbe consigliabile pertanto, che tutto il reparto, comando compreso, sia fatto allontanare da Milano. »
 


(Appunto per il Duce di Mario Bassi, prefetto di Milano[81])
 

Nella sentenza di rinvio a giudizio del processo contro Junio Valerio Borghese, le accuse erano di aver effettuato, tra le altre cose:
 


« continue e feroci azioni di rastrellamento di partigiani e di elementi antifascisti in genere, talvolta in stretta collaborazione con le forze armate germaniche, azioni che di solito si concludevano con la cattura, le sevizie particolarmente efferate, la deportazione e la uccisione degli arrestati, e tutto ciò sempre allo scopo di contribuire a rendere tranquille le retrovie del nemico, in modo che questi più agevolmente potesse contrastare il passo agli eserciti liberatori [... ] ingiustificate azioni di saccheggio ed asportazione violenta ed arbitraria di averi di ogni genere, ciò che il più delle volte si risolveva in un ingiusto profitto personale di chi partecipava a queste operazioni »
 


(Dalla sentenza di rinvio a giudizio del processo contro Borghese, articolo del sito dell'ANPI[81])
 

Sergio Nesi, ufficiale della Xa autore di numerosi libri che difendono la stessa, sostiene che Borghese la Decima avrebbero tenuto un comportamento coraggioso ed intrepido nei confronti del nemico (ne parla al riguardo delle battaglie sul fronte di Anzio, sulla Linea Verde, durante l'Operazione Aquila e nella Battaglia di Tarnova)[82] e asserisce che nel complesso le diserzioni della Decima sarebbero state sensibilmente inferiori a quelle registrate in altre forze armate e reparti della RSI.[83] Molte azioni di furto e saccheggio attribuite a reparti della RSI o tedeschi sarebbero, secondo lui, invece da attribuirsi alle numerose bande di criminali comuni che infestavano il territorio, i quali mascherati dietro uniformi della Decima che sarebbero riusciti ad ottenere durante lo sbandamento dell'8 settembre 1943, taglieggiavano la popolazione civile con relativa impunità. Sempre secondo quanto riportato da Nesi, operazioni dello stesso genere - a scopo di propaganda antifascista - sarebbero state condotte, sempre con uniformi della Decima in qualche modo trafugate, da nuclei partigiani (secondo Nesi, nella zona della Liguria e del Cuneense)[84].
 
Nesi sostiene poi che taluni rapporti di polizia proverrebbero da uffici e comandi repubblicani ostili alla Decima, i quali avrebbero perseguito non lo scopo di riparare i numerosi torti subiti dai civili, ma quello di metterla in cattiva luce presso gli alti comandi nonché lo stesso Mussolini nell'ambito delle feroci lotte per il potere che caratterizzarono la Repubblica Sociale. Questi rapporti sarebbero stati comunque ingigantiti ed esagerati.[85] Infatti, per finanziare la guerra contro gli angloamericani, fu anche impiegato il mercato nero, acquistando armi in Svizzera tramite contrabbando di beni calmierati. Lo stesso prefetto di Milano espresse preoccupazione per le numerose azioni illegali commesse dai marò.
 
Sempre secondo l'ex ufficiale, nei confronti dei tedeschi la Decima non è stata, come sostenuto da altri, servile e collaborazionista, ma avrebbe invece seguito sempre un atteggiamento di furbesco doppiogioco, cercando di sottrarre all'alleato ogni tipo di rifornimento e materiale con ogni mezzo (compresa la corruzione, il furto, l'ubriacatura e l'inganno). Secondo l'ex ufficiale è da inquadrare in quest'ottica anche il pestaggio l'arresto del gauleiter Reiner, episodio che portò all'espulsione quasi totale delle forze di Borghese dalla Venezia Giulia, sottoposte a "zona d'operazione".[86].
 
Il coinvolgimento nella guerra civile [modifica sorgente]
 
La Decima, nata per proseguire la guerra contro gli angloamericani, fu inizialmente risparmiata dalle azioni partigiane e gappiste, fino al 23 gennaio 1944, quando un attacco dinamitardo fece saltare alla Spezia il tram che collegava il centro cittadino colla sede della Decima nella Caserma San Bartolomeo, provocando la morte di tre marò e due cittadini.
 




Uomini della Xª MAS prendono parte al rastrellamento di civili davanti Palazzo Barberini seguito all'attentato partigiano di via Rasella del 23 marzo 1944: alcuni dei fermati saranno poi trucidati alle Fosse Ardeatine
A questo punto però i suoi appartenenti furono posti di fronte alla libera scelta di congedarsi o continuare con la guerra civile
 




Manifesto del 1944 inneggiante ad una "pacificazione" fra partigiani e forze della Decima
In seguito a questo episodio, la Decima inviò dei reparti in supporto ai tedeschi per un rastrellamento nelle montagne prospicienti La Spezia, durante il quale non si ebbero scontri a fuoco, ma solo sequestri d'armi.
 
La prima rappresaglia compiuta dalla Decima risale invece al marzo 1944, quando il treno Parma-La Spezia fu bloccato dai partigiani e tutti i suoi occupanti militari (fra cui tre marò della Decima) furono passati per le armi sebbene disarmati.[87]. La Decima ordinò un rastrellamento, durante il quale 13 partigiani furono sorpresi: quattro morirono nello scontro a fuoco e altri nove furono portati alla Spezia. Di questi, un minorenne fu rilasciato, e gli altri otto furono fucilati.
 
Spostate le unità in Piemonte alla Decima fu sempre più spesso richiesta la partecipazione alle operazioni di grande polizia, richieste alle quali la formazione aderì sempre con riluttanza e mettendo a disposizioni nuclei di entità inferiore alla compagnia[88].
 
Per fronteggiare le sempre più frequenti azioni dei partigiani, viene costituita una speciale "Compagnia O" (operativa), composta da 120 uomini al comando del tenente Umberto Bertozzi. Non è chiaro invece il suo rapporto con Borghese e coi comandi della Decima: pare piuttosto plausibile che detta compagnia "O" sia stata maltollerata quanto necessario per venire incontro alle urgenze della primavera-estate 1944, e appena possibile sciolta e i suoi elementi inviati nel Distaccamento "Milano"[89].
 
Tuttavia, il 4 luglio 1944 l'episodio dell'uccisione del comandante Umberto Bardelli spinse Borghese a tornare sulla sua decisione di non impiegare i suoi uomini nella controguerriglia. Così dall'autunno 1944 anche la Decima fu massicciamente coinvolta nella guerra civile contro i partigiani italiani, dispiegando una forza ed una violenza impressionante.
 


« mentre le altre formazioni operavano in funzione antipartigiana, la Decima attese che i partigiani attaccassero per poi procedere, con riluttanza, alla guerra antipartigiana. La differenza è tuttavia assai sottile, vista la guerra civile. In ogni caso, almeno nei vertici e nelle intenzioni, la Decima non voleva combattere contro altri italiani, bensì portare a termine l’impegno d’onore verso la nazione concludendo la guerra anche con una sconfitta. Ciò determinò, in qualche caso, momenti di cavalleria e di rispetto fra le due parti in lotta e persino qualche momentaneo accordo politico »
 


(Prefazione di Giuseppe Parlato al volume di Sergio Nesi, "Junio Valerio Borghese", cit.)
 

L'8 luglio 1944 Bardelli si recò personalmente alla ricerca del guardiamarina Gaetano Oneto, disertore del "Sagittario" che, unitamente ad altri marò, era fuggito con la cassa del battaglione. Giunto nel borgo di Ozegna con una scorta, si trovò faccia a faccia coi guerriglieri della formazione "Matteotti" al comando del partigiano Piero Urati, detto Piero Piero. Per evitare uno scontro fratricida, Bardelli depose le armi e ordinò ai suoi di fare lo stesso. Iniziarono così a parlamentare coi partigiani per ottenere la consegna del disertore, in un clima di crescente tensione. Dopo aver concordato lo scambio del disertore Oneto con dei prigionieri partigiani, Bardelli lasciò il convegno con Piero Piero, ma si trovò circondato da uomini della "Matteotti". Piero Piero intimò la resa al comandante repubblicano, il quale rifiutò urlando«Barbarigo non si arrende! Fuoco!». Nel rapido scontro a fuoco che ne seguì Bardelli e 10 marò furono uccisi. Le salme furono ricomposte nell'attuale oratorio del paese e i feriti curati da alcune religiose del posto. I marò prigionieri, invece, furono catturati dai partigiani e portati "in montagna", dove sarebbero stati sottoposti a varie pressioni (fra cui la "falsa fucilazione") per indurli a disertare e passare con la "Matteotti". Furono poi rilasciati una settimana dopo, a seguito di uno scambio con prigionieri partigiani.
 
Caddero anche sette partigiani ed un civile[90].Secondo l'ufficio propaganda della Decima il corpo di Bardelli fu rinvenuto privo di due denti d'oro, mentre due caduti furono rinvenuti dai paesani ammassati contro un muro e imbrattati di sterco e con della paglia in bocca (secondo alcuni a causa del trasporto con un carretto sporco, ma tale versione risulta respinta da altra storiografia[91]).
 




La salma del comandante Umberto Bardelli ucciso dai partigiani della "Matteotti" di Piero Urati detto Piero Piero il 4 luglio 1944: secondo l'ufficio propaganda della Decima, che ha diffuso l'immagine, si noterebbe la mancanza di due denti d'oro strappati al cadavere




Le salme dei marò Fiaschi e Grosso, imbrattate di sterco
In seguito a questo evento Borghese radunò lo stato maggiore della Decima comunicando la sua decisione e ribadendo il carattere volontario della Decima. Chiunque non avesse voluto rimanere nella Decima, che era nata per combattere al fronte gli anglo-americani, e che da quel momento si trovava coinvolta nella guerra civile, avrebbe ottenuto il congedo illimitato: quindici ufficiali su duecento chiesero ed ottennero d'essere messi in congedo per non dover partecipare alla guerra civile.[92]
 
Dopo altri due mesi di imboscate e rastrellamenti si giunse ad un nuovo abboccamento fra i reparti della Decima e della formazione di Piero Piero che portò alla costituzione, caso più unico che raro, di un plotone d'esecuzione misto per l'esecuzione del disertore Oneto. Oneto dopo essere stato degradato viene fucilato nei pressi di Configlietto Val Soana da un picchetto comandato dal tenente di vascello Montanari formato da sei marò del battaglione Barbarigo e sei partigiani della Brigata De Franchi il 4 settembre 1944. All'esecuzione assistette un picchetto di venti marò della Decima e di venti partigiani.[4][91].
 
Nonostante questo episodio (che ebbe come strascico l'arresto di Piero Piero per ordine di altri capi partigiani, anche in seguito alle esazioni compiute dal gruppo in Valchiusella. Il malcontento della popolazione sfociò in un'inchiesta da parte dei partigiani dell'area che fecero cessare le requisizioni e i furti di cibo e bestiame.), la Decima si trovò coinvolta sempre più profondamente nella guerra civile. Subendo - in quanto forza militare alleata dei tedeschi e al pari delle forze militari di questi - attacchi, catture ed imboscate[93] in numero crescente, i suoi uomini reagirono sempre più violentemente, fino a perpetrare veri e propri crimini di guerra contro le popolazioni civili.
 
Fra gli episodi più significativi si inquadra l'esecuzione sommaria del partigiano garibaldino Ferruccio Nazionale, detto "Carmela", il cui corpo, immortalato in una macabra foto, è divenuto uno dei simboli della ferocia cui si giunse durante la guerra civile. Ad Ivrea il partigiano Nazionale decise di attentare alla vita del cappellano militare della Decima, don Augusto Bianco. Bloccato con una bomba a mano in pugno, proprio un istante prima che potesse scagliarla, fu sommariamente giustiziato il 29 luglio tramite impiccagione nella piazza del municipio[94]. Il corpo, lasciato appeso con cartello al collo divenuto tristemente famoso per una foto scattata da un marò (vedi foto), sarebbe dovuto rimanere appeso quale monito per la popolazione, che venne raggruppata e fatta sfilare davanti al suo cadavere[95]. Secondo le testimonianze di alcuni partigiani (raccolte però successivamente ai fatti), al momento dell'impiccagione Nazionale era praticamente già morto a causa delle torture subìte da parte dei marò della compagnia "O", generalmente ritenuta la più violenta della Decima, e, sempre secondo queste testimonianze, nell'ambito delle torture gli sarebbe anche stata mozzata la lingua[96][97]. Tuttavia, dopo poche ore, un ufficiale del battaglione "Fulmine", non ritenendo compatibile un simile spettacolo di ferocia con l'onore del proprio reparto, ordinò che il corpo fosse deposto, e cristianamente sepolto nel cimitero cittadino, alla presenza di un picchetto di marò.[4].
 




Ferruccio Nazionale, partigiano biellese impiccato dalla Xª MAS sulla piazza del municipio di Ivrea il 9 luglio 1944
La particolare crudezza che caratterizzò le azioni della Decima durante le operazioni antipartigiane è stata spiegata così dallo storico Renzo De Felice:
 


« Tipici in questo senso sono i tre stadi che spesso sono riscontrabili nel loro atteggiamento […] primo, la Decima combatte per l’onore della patria; la sua guerra è contro il nemico invasore dell’Italia e non ideologica e di partito, che divide gli italiani invece di unirli nel nome della patria, e, dunque, la Decima non combatte contro i partigiani; secondo, se però i partigiani si accaniscono contro di essa, vendichi i suoi morti; terzo, ogni forma di clemenza verso i partigiani dettata dal governo o dal PFR da considerazioni di ordine politico non può essere accettata e non riguarda la Decima, i nemici attivi della patria, coloro che uccidono chi ne difende l’onore e il territorio non possono trovare clemenza. »
 


(Renzo de Felice, Mussolini l'alleato, Einaudi)
 

I crimini di guerra e contro l'umanità della Xª MAS si svolsero essenzialmente in paesi e frazioni, dove era concentrata l'attività partigiana. Sono stati citati i seguenti episodi a carico della Decima durante il processo al suo comandante nel dopoguerra:
 Valmozzola (PR): 17 marzo 1944 fucilazione di otto partigiani presi prigionieri dopo l'uccisione di due ufficiali del battaglione Lupo della Xª Flottiglia MAS Carlotti e Pieropan[98]
 Forno (frazione di Massa), 13 giugno 1944: 68 persone (tra le quali il maresciallo dei carabinieri Ciro Siciliano, che cercò di impedire il rastrellamento), per lo più civili e qualche partigiano, vennero uccise da un reparto di SS e da uomini della Compagnia "O" della Decima al comando di Umberto Bertozzi (che secondo alcune fonti fu colui che selezionò chi tra i prigionieri sarebbe stato fucilato).[99][100]
 Borgo Ticino (NO), 13 agosto 1944: in collaborazione con le SS, fucilazione di 12 civili, saccheggio e incendio del paese. Per la prima volta viene applicato il bando Kesselring di rappresaglia per il ferimento di quattro soldati tedeschi (al paese venne chiesto un risarcimento di 300.000 lire a compensazione del fatto[101] e per evitare l'esecuzione, ma dopo aver riscosso la cifra, come ammesso anche al processo dal Capitano Krumhar che guidava il gruppo delle SS, la fucilazione e le successive violenze avvennero ugualmente).[102][103]
 Guadine (fraz. di Massa), 24 agosto 1944: rappresaglia sulla popolazione civile, ritenuta fiancheggiatrice dei partigiani, con alcune decine di civili uccisi. Il paese e le sue frazioni furono quasi completamente bruciati e distrutti. L'operazione probabilmente aveva anche lo scopo di bloccare eventuali fuggitivi dalla contemporanea azione della 16. SS-Freiwilligen-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS, agli ordini del maggiore Walter Reder e degli uomini della Brigata Nera di Massa, che si stava svolgendo a Vinca (comune di Fivizzano).[104][105]
 Castelletto sopra Ticino (NO), 2 novembre 1944, dopo l'uccisione da parte dei partigiani del sottotenente di vascello Leonardi, pubblica esecuzione esemplare: un ufficiale della Xª MAS fa fucilare in pubblico cinque partigiani "garibaldini" detenuti ad Arona[106], dopo aver raccolto una folla obbligata ad assistere.[107]
 Crocetta del Montello (TV): tortura su partigiani catturati tramite fustigazione e ustioni con stracci imbevuti di benzina e accesi, nonché sei esecuzioni sommarie.[108][109]
 
Nel processo che Borghese subì dopo la guerra, una testimonianza suggerì anche che in alcune delle rappresaglie di cui furono protagonisti, gli uomini della Decima indossassero uniformi tedesche, probabilmente per farle attribuire esclusivamente all'esercito nazista.[103]. Tuttavia nel dispositivo della sentenza, Borghese fu condannato a 12 anni di carcere ed esclusione dai pubblici uffici solo per "collaborazione militare" coi tedeschi, escludendo il suo coinvolgimento nei crimini di guerra come la sua partecipazione ai reati di omicidio e saccheggio[110].
 
Durante gli anni sessanta seicentonovantacinque fascicoli riguardanti le stragi nazifasciste in Italia vennero "archiviati provvisoriamente" dal procuratore generale militare, principalmente per ragioni di convenienza politica, e i vari procedimenti furono bloccati, garantendo quindi l'impunità per i responsabili ancora in vita. Successivamente, nel 1994, durante la ricerca di prove a carico di Erich Priebke per la strage delle Fosse Ardeatine, venne scoperta l'esistenza di questi fascicoli (trovati in quello che giornalisticamente è stato definito l'Armadio della Vergogna): tra di questi ve ne erano diversi riferiti a fatti compiuti da personale della Decima Mas di Borghese.[111].
 
Antisemitismo nel Corpo [modifica sorgente]
 
L'antisemitismo, autoctono ma anche consono all'alleanza con i nazisti (e in generale dell'intero fascismo repubblicano, come il Manifesto di Verona dimostra), fu un tema più volte toccato della propaganda dei giornali della Decima (e talora dei suoi stessi membri). La rivista della Decima, L'Orizzonte, conteneva articoli fortemente antisemiti, come quelli di Giovanni Preziosi in cui si propugnava la teoria del complotto giudaico. Preziosi cominciò un articolo con queste parole:
 


« È storicamente dimostrato che l'attuale guerra fu voluta, attuata e preparata dal giudaismo, che ha avuto come strumento principale la massoneria... »
 

Il giornale ebbe problemi di distribuzione legati ai difficili rapporti tra Xª MAS e la Repubblica Sociale.[112]
 
Scioglimento, ultimi scontri e perdite [modifica sorgente]
 




Junio Valerio Borghese ordina l'ammaina bandiera e smobilita la Xª MAS. - Milano, Piazzale Fiume 26 aprile 1945
Verso la fine della guerra, la Xª MAS di Borghese spostò il suo quartier generale in Piemonte. Il 26 aprile, primo dei tre giorni di insurrezione che portarono alla Liberazione, Borghese sciolse la Decima presso la caserma di piazzale Fiume (odierna piazza della Repubblica) a Milano.
 
I vari reparti della Decima seguirono invece diversi destini, a seconda del luogo e del nemico a cui si arresero[4][5][113].
 I battaglioni "Barbarigo", "Lupo", "NP" e "Freccia" e il gruppo artiglieria "Colleoni", impiegati a difesa della Linea Verde dopo aver subito perdite esiziali nella battaglia contro le forze inglesi e del Commonwealth si ritirarono in piccoli nuclei oltre l'Adige verso Padova ad Albignasego ("Lupo" e "Barbarigo") dove si arresero quando furono raggiunte dal nemico, ottenendo da questo l'onore delle armi. Il "Freccia" e il "Colleoni" furono totalmente distrutti nella battaglia, e cessarono di agire come unità organiche già dagli ultimi giorni di aprile 1945, ripiegando disordinatamente.
 I reparti indivisionati nella Divisione Decima in territorio vicentino ("Sagittario", "Fulmine", "Valanga", "Castagnacci", "san Giorgio", "Alberto da Giussano", "Pegaso", "Vega") attesero l'arrivo del nemico arma-al-piede, dopo un iniziale tentativo di raggiungere la Venezia Giulia per arginare l'invasione iugoslava, frustrato dal totale controllo dell'aria da parte delle aviazioni alleate. Anche questi reparti si arresero con l'onore delle armi. I reparti concentrati a Bassano del Grappa invece si confrontarono coi partigiani, a volte combattendo a volte arrendendosi: in quest'ultimo caso gli uomini che si consegnarono furono spesso oggetto di feroci vendette.
 I reparti di Fanteria di Marina a Venezia (btg. "Serenissima" e Nuotatori Paracadutisti -NP- ed altri) si arresero con l'onore delle armi agli Alleati il 30 aprile 1945, presso l'ex collegio navale della GIL a Sant'Elena[114].
 I reparti territoriali a Torino e Milano seguirono la sorte delle altre unità repubblicane ivi presenti. Quelli di Torino non riuscirono a ripiegare verso la "zona franca" di Ivrea per arrendersi agli americani il 5 maggio successivo, e seguitarono a combattere nella caserma assediata dai partigiani. Dopo aver finito le munizioni si arresero, e oltre 60 dei superstiti furono fucilati sommariamente. Quelli di Milano subirono l'urto dell'insurrezione partigiana il 26 aprile.
 I reparti nel novarese (btg. "Scirè") furono coinvolti in scontri a fuoco coi partigiani. Quelli che si arresero dietro promessa d'aver salva la vita furono in gran parte passati per le armi.
 I reparti in Istria, a Fiume e sulle isole del Carnaro furono sistematicamente annientati dagli iugoslavi. Il battaglione "San Giusto" di Trieste invece riuscì a raggiungere via mare Venezia dove si arrese agli Alleati il 30 aprile.
 I reparti di marina a Sanremo uscirono il 26 aprile per un'ultima missione contro i franco-americani, dopodiché affondarono i propri mezzi e dispersero gli uomini. Quelli che furono catturati dai partigiani furono sommariamente uccisi.
 
I caduti accertati in operazioni belliche e di controguerriglia della Decima assommano a oltre 600. A questi vanno aggiunti gli uomini uccisi sommariamente al termine delle ostilità dopo aver ceduto le armi, in numero non precisato (si ricorda, ad esempio, l'eccidio di Valdobbiadene dei Nuotatori Paracadutisti della Decima, NP, nel maggio del 1945, ove furono trucidati 50 prigionieri di guerra).
 
Decorazioni [modifica sorgente]
 
Un totale di almeno 466 militi della Xª Flottiglia MAS della Marina Repubblicana furono insigniti di decorazioni al Valore Militare della Repubblica Sociale Italiana[115]. Tra di loro:
 3 Medaglie d'oro al valor militare[116] (tutte concesse alla memoria) Guardiamarina Alessandro Tognoloni[117], Battaglione "Barbarigo", Cisterna 24/5/1944 Alfonso Guadagni, Servizio Informazioni Xª MAS, Nisida 14/6/1944 Capitano Genio Navale Umberto Bardelli, Battaglione "Barbarigo", Ozegna 8/7/1944 Al momento della resa della RSI erano ancora al vaglio della commissione di assegnazione altre quattro proposte, ossia : S.Ten. Sergio Denti, Mezzi d'Assalto - Mare Tirreno 1944-45 Marò Giorgio Agostini, Casale Nenci 25/12/44 Marò Eugenio Bampi, Tarnova 18/1/45 S.Ten. Giovanni Biggio, Castelnuovo Perna 20/3/45 96 Medaglie d'argento al valor militare 122 Medaglie di bronzo al valor militare 245 Croci di guerra al valore militare A cui si aggiungono 122 encomi solenni, sempre concessi dalla RSI.
Riferimenti postali storici [modifica sorgente]
 
Al Comando X Flottiglia Mas venne assegnata[118]: Fp. 80015 (dal 4.5.44) e la Fp 81200 (dal 5.3.45); a La Spezia PdC.781; a Milano PdC.795; a Lonato (BS) PdC.755.
 
Note [modifica sorgente]
 
1.^ La marca di numero ordinale apposta al numero romano (di per sé già ordinale), pur essendo un errore, fu nondimeno usata dai costitutori del corpo.
 2.^ Cfr. a p. 67 in Antonio Pietra, Guerriglia e contro guerriglia: un bilancio militare della Resistenza, 1943-1945. Valdagno, G. Rossato, 1997.
 3.^ Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, p. 478.
 4.^ a b c d Guido Bonvicini, Decima Marinai! Decima Comandante!, Mursia, Milano
 5.^ a b c Giorgio Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, CED, 1967
 6.^ Giorgio Pisanò, Storia della guerra civile in Italia, CED, 1964 et. al.
 7.^ De Gasperi: anche quelli di Salo' difendevano Trieste - Corriere della Sera 11 ottobre 1996. URL consultato in data 19-08-2008.
 8.^ G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana, p. 479-480.
 9.^ Jack Greene e Alessandro Massignani, Il principe nero, Junio Valerio Borghese e la Xª MAS, Oscar Mondadori, 2008, pag. 198
 10.^ Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, 2005, pag 151
 11.^ Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, 2005, pag 158
 12.^ a b Giampaolo Pansa, Il gladio e l'alloro, Le Scie, Mondadori editore, Milano, 1991, pag 186
 13.^ Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, 2005, pag 153-157
 14.^ Sole De Felice, "La Decima Flottiglia Mas e la Venezia Giulia 1943-1945", Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2003, pag.53, Relazione giurata del capitano di vascello Agostino Calosi responsabile dell´Ufficio Informazioni della Regia Marina del Sud nel corso del processo tenuto contro Borghese il 24 novembre 1948 "nel caso specifico della X Flottiglia Mas debbo dire che a questo comando non arrivarono mai ordini precisi, benché dallo stesso sollecitati anche telefonicamente"
 15.^ a b Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, 2005, pag 156
 16.^ Jack Greene e Alessandro Massignani, Il principe nero, Junio Valerio Borghese e la Xª MAS, Oscar Mondadori, 2008, pag. 160: "I tedeschi fecero numerosi tentativi di penetrare nella caserma della Xª Mas, ma, come scrisse Borghese, Li respingemmo tutti malgrado l'enorme sproporzione di forze. Nessuno ne ha mai dubitato e, anzi la fermezza dimostrata dalla flottiglia nella circostanza è stata spesso presa a esempio di ciò che sarebbe stato possibile fare in quei giorni difficili se si fosse potuto contare su unità altrettanto motivate"
 17.^ a b Jack Greene e Alessandro Massignani, Il principe nero, Junio Valerio Borghese e la Xª MAS, Oscar Mondadori, 2008, pag. 161
 18.^ Cfr. Giorgio Pisanò, op. cit. «Chi vuole rimanere con me a difendere la Flottiglia, resti. Io non me ne vado. Ma chi di voi ha motivi validi per cercare di raggiungere le famiglie me lo dica. Sarà posto in licenza immediata, salvo il richiamo che farò non appena le circostanze lo permetteranno.»
 19.^ Emanuele Mastrangelo, I canti del Littorio, Lo Scarabeo, Bologna, 2005
 20.^ G. Bonvicini, op. cit., pag. 79. Quindici ufficiali chiesero ed ottennero da Borghese regolare foglio di congedo per non dover partecipare ai rastrellamenti antipartigiani.
 21.^ Emanuele Mastrangelo, I disertori nella RSI, su Il Secondo Risorgimento, III/2004
 22.^ Un estratto dal libro di Aurelio Lepre, La storia della Repubblica di Mussolini. Salò: il tempo dell'odio e della violenza, Mondadori, 1999, ISBN 88-04-48141-2
 23.^ Intervista a Piero Vivarelli.
 24.^ Sergio Nesi, Decima Flottiglia nostra..., Mursia, Milano, 1986, pag. 59
 25.^ L'Ufficio Stampa e Propaganda fu costituito alla Spezia il 9 settembre 1943 e disciolto a Milano il 26 aprile 1945. Il responsabile fu il sottotenente di vascello Pasca Piredda. Servizi Propaganda: resp. capitano di corvetta Cocchia
 Stampa: resp. tenente Genta e tenente Zanfagna
 Radio: resp. capitano Bruno Spampanato
 Fotografia: resp. tenente Elio Luxardo
 Giornale ufficiale della Xª Mas: La Cambusa
 

26.^ Comandante : Ausiliaria Fede Arnaud- Costituito a Roma nel 1944 come centro assistenza per i feriti in afflusso dal fronte di Anzio, venne successivamente trasferito a La Spezia e poi a Sulzano per un corso d'addestramento. Un secondo corso venne tenuto a Grandola, ed un terzo a Col di Luna.
 27.^ Costituito nel novembre 1943 (C.C. Umberto Bardelli), si distinse in combattimento sul fronte di Anzio e nella difesa di Roma. Partecipò successivamente ai combattimenti contro i partigiani yugoslavi nelle zone del Bosco di Cansiglio, nel Goriziano e nella Selva di Tarnova. Nel marzo 1945 fu inquadrato nel 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 28.^ Costituito a La Spezia tra gennaio ed aprile 1944 (C.C. Corrado de Martino). Operò in funzione antipartigiana in Garfagnana, Lunigiana e Piemonte, prima di essere trasferito al fronte sulla linea del Senio come parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 29.^ Costituito a La Spezia nell'ottobre 1943 (Cpt.G.N. Nino Buttazzoni). Inizialmente suddiviso in distaccamenti (1ª Cp. a difesa del Ministero della Marina a Montecchio Maggiore, 4ª Cp. in Val d'Intelvi, Cp."Ceccacci" a Treviso per addestramento sabotatori, Compagnia comando ad Asiago) partecipò poi ad azioni antipartigiane in Piemonte, ai combattimenti contro i partigiani yugoslavi in Friuli e Venezia Giulia, e Nel marzo 1945 fu inquadrato nel 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 30.^ Costituito a La Spezia nel marzo 1944 (Com. Corallo). Operò in funzione antipartigiana in Valle d'Aosta, Piemonte, Veneto e Friuli, distinguendosi in combattimento contro i partigiani yugoslavi nella Selva di Tarnova. Era parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 31.^ Costituito a Pavia nel Settembre 1943 con personale brevettato alla Scuola Guastatori del Genio di Banne (Cpt. Manlio Morelli). Il reparto si aggregò alla Xª nel marzo 1944, partecipando con il resto della divisione ai rastrellamenti nella zona di Ivrea per poi trasferirsi in Friuli nel goriziano e nella zona del Meduna, distinguendosi in combattimento contro le formazioni iugoslave. Era parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 32.^ Costituito a La Spezia nell'aprile 1944 (C,C, Bernardino Fumai), a partire dalla Compagnia autonoma "Mai Morti". Partecipò ai grandi rastrellamenti antipartigiani in Piemonte per poi trasferirsi in Friuli contro i partigiani iugoslavi nella zona di Salcano, distinguendosi nei combattimenti di Casale Nenzi. Era parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 33.^ Costituito a partire dal febbraio 1944 a La Spezia (Magg. Guido Boriello)
 34.^ Il gruppo partecipò ai combattimenti sul fronte di Anzio, in supporto al Battaglione "Barbarigo", per poi operare nel settore Veneto e Friulano
 35.^ Il gruppo operò in supporto alle unità della Divisione contro gli iugoslavi, ed entrò successivamente a far parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 36.^ Il gruppo non divenne mai pienamente operativo
 37.^ parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 38.^ Costituito nel 1944 (C.C. Filippo di Bernardo) nel quadro della costituzione delle unità di supporto divisionali. Sostenne le attività dei reparti da combattimento contro i partigiani yugoslavi, ed entrò successivamente a far parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 39.^ costituito inizialmente come unità di guarnigione a protezione degli enti territoriali della Marina Repubblicana dislocati sul Lago Maggiore. Operò in funzione antipartigiana in Valdossola e Valle Strona, per poi venire assorbito nella "Divisione Decima" come Battaglione complementi. Entrò successivamente a far parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 40.^ costituito a La Spezia nel febbraio 1944, operò nell'addestramento del personale dei reparti speciali della Divisione prima al Lido di Camaiore, poi a Piacenza ed a Portese sul Garda ".
 41.^ costituito nel giugno 1944 a Bordeaux (Francia) con personale in esubero di Betasom. Rientrò in Italia nell'agosto 1944".
 42.^ costituito a Montecchio Maggiore nel gennaio 1945, operò come guarnigione delle locali sedi comando della Marina Repubblicana ".
 43.^ costituito a Genova nel marzo 1944 su iniziativa del Capo di I Classe Felice Bottero, rimase fino alla fine inquadrato da soli sottufficiali con l'eccezione dell'ufficiale medico e di due tenenti dell'Esercito. Operò nella difesa costiera (comprese le batterie di Sturla, San Remo e Sampierdarena) e fornì rincalzi ai battaglioni "Lupo" e "Barbarigo" ed al Distaccamento "Milano".
 44.^ costituito a Trieste nel dicembre 1944, rimanendo sempre parte della guarnigione della città.
 45.^ costituito ad Arona nel maggio 1944, a difesa della Scuola Mezzi d'Assalto di Superficie di Sesto Calende
 46.^ costituito a Venezia nel febbraio 1944, con compiti di guarnigione. Una compagnia fu distaccata in supporto del battaglione "Valanga in Val Neduna e nella Selva di Tarnova
 47.^ costituito a Montorfano nel maggio 1944 come unità di supporto ed addestamento per il battaglione "NP"
 48.^ costituito a Torino nel marzo 1944, a difesa degli stabilimenti FIAT
 49.^ costituito a Milano nel giugno 1944 per la difesa de
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Massimo

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Standarde, visto che sei così preparato sulla X Mas, sai se essa partecipò alla caccia agli Ebrei in
Italia e se provvide a consegnarli ai tedeschi affinchè venissero poi uccisi? La mia è una semplice
curiosità storica senza sottintesi polemici. Per quanto riguarda la lotta ai partigiani, è un fatto che
la X Mas si segnalò per la sua ferocia, anche inutile. Su di un corpo di un partigiano impiccato un
marò appose un cartello in cui campeggiava la scritta beffarda: "Aveva tentato di colpire la Decima".
Non sorprende che a guerra finita ci fosse un regolamento di conti anche ai danni della X Mas.

Offline Stendardo

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Standarde, visto che sei così preparato sulla X Mas, sai se essa partecipò alla caccia agli Ebrei in
Italia e se provvide a consegnarli ai tedeschi affinchè venissero poi uccisi? La mia è una semplice
curiosità storica senza sottintesi polemici. Per quanto riguarda la lotta ai partigiani, è un fatto che
la X Mas si segnalò per la sua ferocia, anche inutile. Su di un corpo di un partigiano impiccato un
marò appose un cartello in cui campeggiava la scritta beffarda: "Aveva tentato di colpire la Decima".
Non sorprende che a guerra finita ci fosse un regolamento di conti anche ai danni della X Mas.

Innanzitutto ti ringrazio per l'apprezzamento .

Cercherò di risponderti rimanendo strettamente nell'ambito dei quesiti e delle osservazioni da te posti per non dilungarmi troppo .
Francamente , non so se la Decima partecipò ai rastrellamenti di ebrei , ma anche se fosse nego nella maniera più assoluta che essi fossero a conosenza della fine che facevano gli ebrei nei lager ovvero dei piani della soluzione finale  .
All'epoca , i camerati della X Mas sapevano che gli ebrei erano "nemici del popolo italiano" che andavano arrestati etc. , sapevano pure che venivano internati in Germania o in Polonia come accadeva del resto ai prigionieri di guerra , ai partigiani etc. , ma non sapevano di certo cosa gli succedeva una volta arrivati all'interno dei lager . 
La soluzione finale venne ideata da Adolf Eichmann e da Reinhar Heydrich in piena guerra durante la conferenza di Wannsee nel gennaio 1942 e doveva procedere nella massima discrezione e segretezza .
Durante la seconda guerra mondiale , dal mio punto di vista personale , ritengo che chi fosse a conoscenza di quanto realmente accadeva nei lager erano :
1)Le SS che stavano dentro e probabilmente i loro familiari cui però veniva detto di tenere la bocca chiusa ;
2)Chi ci stava dentro ovvero gli internati ;
3)La popolazione locale che abitava nei pressi dei lager ;
4)Molti alti gerarchi nazionalsocialisti tra cui quelli presenti alla conferenza di Wanssee;
5)Le associazioni ebraiche che avevano avuto notizie dai prigionieri che erano riusciti a fuggire dai lager e che informarono e sollecitarono più volte il governo inglese e quello americano di bombardare i lager ;
6)Il governo inglese ed il governo americano che erano stati dettagliatamente informati su quanto accadava nei lager in Polonia da prigionieri polacchi che erano riusciti a fuggire e che tramite la resistenza polacca erano riusciti ad informare il governo polacco in esilio a Londra e quindi il governo inglese medesimo .
Sia il governo americano che il governo inglese erano al corrente di quanto accadeva nel lager , inoltre erano a conoscenza dell'esatta ubicazione di campi come Auschwitz-Birkenau che erano stato anche fotografato dall'alto da aerei alleati , tuttavia , mentre i governi angloamericani ordinavano ai loro aerei di bombardare specificamente e sistematicamente la popolazione civile italiana e tedesca , non ci pensarono minimamente di effettuare un solo raid aereo per radere a suolo i lager . 

Per quanto riguarda il comportamento della Decima come anche quello del resto degli appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana  e dei tedeschi nei confronti dei partigiani , bisogna tener conto di quanto segue :

1)Alla seconda Conferenza della Pace dell’Aja del 1907 parteciparono 44 nazioni che sottoscrissero tredici convenzioni e una dichiarazione: alcune ribadirono e precisarono le precedenti norme, altre rappresentarono un completamento e un ampliamento del diritto umanitario in tempo di guerra.
La Convenzione dell'Aja fu sottoscritta dalle principali nazioni che presero parte alla seconda guerra mondiale tale convenzione contiene la normativa sulle leggi ed usi della guerra terrestre .
L’art. 42 della Convenzione dell’Aja dice testualmente:
 “La popolazione ha l’OBBLIGO di continuare nelle sue attività abituali ASTENENDOSI da QUALSIASI attività dannosa nei confronti delle truppe e delle operazioni militari. La potenza occupante può pretendere che venga data esecuzione a queste disposizioni al fine di garantire la sicurezza delle truppe occupanti e al fine di mantenere ordine e sicurezza. Solo al fine di conseguire tale scopo la potenza occupante ha la facoltà, come ultima ratio, di procedere alla cattura e alla esecuzione degli ostaggi“. Secondo il diritto internazionale (Art. 1 della convenzione dell’Aia del 1907) un atto di guerra materialmente legittimo può essere compiuto solo dagli ESERCITI REGOLARI ovvero da corpi volontari i quali rispondano a determinati requisiti, cioè abbiano alla loro testa una persona responsabile per i subordinati, abbiano un segno distintivo fisso riconoscibile a distanza e PORTINO APERTAMENTE LE ARMI .
 Ciò premesso, si può senz’altro affermare che gli attentati messi in atto dai partigiani fossero ATTI ILLEGITTIMI DI GUERRA essendo stati compiuti da appartenenti a un corpo sì di volontari che però non rispondevano ad alcuno degli accennati requisiti.
Secondo l’Art. 2 della convenzione di Ginevra del 1929 non potevano essere utilizzati per una rappresaglia né feriti né prigionieri di guerra e neppure personale sanitario.
Il Tribunale di Norimberga d’altra parte affermò:
 “le misure di rappresaglia in guerra sono atti che, anche se illegali, nelle condizioni particolari in cui esse si verificano possono essere giustificati: ciò ‘in quanto l’avversario colpevole si è a sua volta comportato in maniera illegale e la rappresaglia stessa è stata intrapresa allo scopo di impedire all’avversario di comportarsi illegalmente anche in futuro.’“
Il diritto alla rappresaglia venne accolto anche alle forze britanniche nel paragrafo n.454 del “British Manual of Military Law“. Le forze americane a loro volta prevedevano la rappresaglia nel paragrafo n. 358 dei “Rules of Land Warfare del 1940. Per le truppe francesi, l’allegato I alle istruzioni di servizio del 12 agosto 1936 consentiva all’Art.29 il diritto di prendere ostaggi nel caso in cui l’atteggiamento della popolazione fosse ostile agli occupanti, e il successivo Art. 32 prevedeva l’esecuzione sommaria degli stessi ostaggi se si verificavano attentati.
Interessante anche ricordare alcune rappresaglie alleate:
 •A Stoccarda il generale francese Lattre de Tassigny minacciò l’uccisione di ostaggi tedeschi nel rapporto di 25:1 se fossero stati uccisi soldati francesi.
 •A Marcktdorf erano previste fucilazioni di ostaggi nel rapporto di 30:1.
 •A Reutlingen i francesi uccisero 4 ostaggi tedeschi affermando che era stato ucciso un motociclista che in realtà era rimasto vittima di un incidente.
 •A Tuttlingen, i francesi annunciarono il 1° maggio 1945 che per ogni soldato ucciso sarebbero stati fucilati 50 ostaggi.
 •Ad Harz le forze americane minacciarono di esecuzione punitive nel rapporto di 200:1.
 •Quando il generale americano Rose, nel marzo del 1945, rimase vittima di una imboscata, gli americani fecero fucilare per rappresaglia 110 cittadini tedeschi. (In realtà Rose era stato ucciso in un normale combattimento, soldati contro soldati – e l’imboscata è pur sempre un atto di guerra se si portano le mostrine e la divisa).
 •A Tambach, presso Coburg, in data 8 aprile 1945 il tenente americano Vincent C. Acunto fece fucilare 24 prigionieri di guerra tedeschi e 4 civili; accusato di omicidio venne assolto.
 • A Berlino l’Armata Rossa che l’occupava minacciò fucilazione di ostaggi nel rapporto di 50:1. Il testo del comunicato era il seguente: “Chiunque effettui un attentato contro gli appartenenti alle truppe d’occupazione o commette attentati per motivi di inimicizia politica, provocherà la morte di 50 ex appartenenti al partito nazista“. (Pubblicato sul quoridiano Verordnunsglatt di Berlino in data 1 luglio 1945).
 •A Soldin, Neumark, i russi andarono al di là di questa cifra: furono fucilati 120 cittadini tedeschi perchè un maggiore russo era stato ucciso nottetempo da una guardia tedesca. (che poi risultò essere stato ucciso perchè il russo gli stuprò la moglie (Mario Spataro, Dal caso Priebke al nazi gold, Ed. 7° Sigillo, vol.2, Pag. 913).
 •Una delle più gravi fu la strage di Annecy del 18 agosto 1944, in un campo di prigionieri tedeschi gestito da americani e francesi; proporzioni di 80:1.
 •A Bengasi, gli inglesi di Montgomery contro gli italiani applicarono quella del 10:1.
 


« Ultima modifica: Agosto 05, 2013, 13:47:33 pm da Standarte »
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Red-

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Secondo me la vicenda della X mas va prima di tutto inquadrata storicamente, solo così si può capire qualcosa. Dopo l'armistizio infatti ci fu chi si schierò con Mussolini e chi si schierò col nuovo governo Badoglio.
La X mas scelse Mussolini, ma era una scelta sbagliata sotto quasi tutti gli aspetti.
Se avesse potuto scegliere, probabilmente lo stesso Mussolini non avrebbe voluto che si schierassero in quel modo. E' ormai quasi certo che Mussolini trattò con vari governi alleati per tentare di mettere fine alla guerra, ma quegli stessi preferirono andare avanti, così da vincere tutto il tavolo. Storia molto scabrosa, come quasi tutte le storie importanti.
Se si analizza un pò la storia di quel preciso peridodo, ci si rende conto di quanto la vera responsabilità discenda "a cascata", dall'alto vero il basso, e man mano che scende, il livello di responsabilità oggettiva verso gli eventi cala in maniera esponenziale. A quei tempi secondo me la scala era questa: Hitler (100% ), poi Mussolini,  Rsi, etc, etc.
Per il resto mi astengo da ogni giudizio morale sulla Xmas, per vari motivi.
"La realtà risulta spesso più stupefacente della fantasia. A patto di volerla vedere."

Offline Massimo

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Innanzitutto ti ringrazio per l'apprezzamento . 
All'epoca , i camerati della X Mas sapevano che gli ebrei erano "nemici del popolo italiano"
quote
"Nemici del popolo italiano": non ti pare ridicola questa affermazione, applicata a donne e a bambini
essi pure rastrellati e consegnati ai tedeschi? Possibile che nessun marò si fosse chiesto: "Ma che
cazzo stiamo facendo? Sarebbero azioni militari e meritorie per la salvezza della patria, queste?".
Per conservare la propria rispettabilità, la X Mas avrebbe dovuto combattere solo contro gli
angloamericani. E basta. Partecipando alle rappresaglie e ai rastrellamenti a danno di inermi,
la credibilità conquistata in precedenza l'ha persa.

Offline Stendardo

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Secondo me la vicenda della X mas va prima di tutto inquadrata storicamente, solo così si può capire qualcosa. Dopo l'armistizio infatti ci fu chi si schierò con Mussolini e chi si schierò col nuovo governo Badoglio.
La X mas scelse Mussolini, ma era una scelta sbagliata sotto quasi tutti gli aspetti.
Se avesse potuto scegliere, probabilmente lo stesso Mussolini non avrebbe voluto che si schierassero in quel modo. E' ormai quasi certo che Mussolini trattò con vari governi alleati per tentare di mettere fine alla guerra, ma quegli stessi preferirono andare avanti, così da vincere tutto il tavolo. Storia molto scabrosa, come quasi tutte le storie importanti.
Se si analizza un pò la storia di quel preciso peridodo, ci si rende conto di quanto la vera responsabilità discenda "a cascata", dall'alto vero il basso, e man mano che scende, il livello di responsabilità oggettiva verso gli eventi cala in maniera esponenziale. A quei tempi secondo me la scala era questa: Hitler (100% ), poi Mussolini,  Rsi, etc, etc.
Per il resto mi astengo da ogni giudizio morale sulla Xmas, per vari motivi.


Scelta sbagliata ?

Fu scelta onorevole quella di saltare opportunisticamente sul carro dei vincitori appena la situazione bellica si capovolse a sfavore dell'Asse ?

Come dovevano considerarci i tedeschi ?

Dei vigliacchi e dei traditori . Ed avevano ragione .

Il 7 Settembre i tedeschi combattevano letteralmente fianco a fianco con le truppe italiane ed il giorno successivo erano diventati da alleati ad invasori .

Mi sembra che ci sia qualcosa che non quadra...

L'Italia chiese l'armistizio non per questioni ideologiche o politiche o per qualche ideale ma per mero opportunismo semplicemente perchè stava perdendo la guerra .

Se l'Asse avesse vinto la guerra , certamente l'Italia non avrebbe chiesto alcuna resa agli Alleati .

Ecco il comunicato di resa dell'Italia dell'8 settembre :

"Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane."

Durante le guerre risorgimentali eravamo alleati un giorno con la Francia ed il giorno dopo con l'Austria-Ungheria .
Durante la prima guerra mondiale eravamo alleati con la triplice alleanza ed abbiamo finito la guerra con la triplice intesa .
Durante la seconda guerra mondiale eravamo alleati con la Germania ed abbiamo finito la guerra con gli Alleati (da cobelligeranti non da alleati) .

Se a livello internazionale a differenza dell'Inghilterra , della Russia , della Cina , della Francia , degli Stati Uniti d'America , della Germania etc. ciò che dice l'Italia conta come il due di picche , vedesi il caso dei marò in India , l'ingresso nel gruppo dei 5 + 1 della Germania e non dell'Italia e tanti altri casi , forse e dico forse qualche motivo ci sarà .

Il comandante il capo delle forze Alleate e futuro presidente degli Stati Uniti d'America Dwight D. Eisenhower disse testualmente :

"Tutte le Nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l'Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato in parte dal sacrificio dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana". 

Mussolini , durante la guerra , non cercò mai di trattare una resa con gli Alleati , piuttosto cercò di convincere Hitler a chiedere una pace separata con l'Unione Sovietica in modo tale da far convergere tutte le forze contro gli Alleati , ma per Hitler la questione di una resa con l'Unione Sovietica era fuori discussione .

Comunque è vero il fatto che la richiesta di resa incondizionata fatta dagli Alleati alla conferenza di Casablanca del 1942 costrinse le forze dell'Asse a combattere fino alla fine e certamente , come tu affermi ,  c'è stata una responsabilità decrescente  a "cascata" dall'alto verso il basso . 
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline vnd

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Fonte : http://francoaschieri.blogspot.it/

Straordinariamente interessante è la relazione che ne ha fatto Don Giuseppe Ferrieri parroco di San Pietro di Santa Maria Capua Vetere che ebbe ad assisterli:
 

E... che c'entra?
Vnd [nick collettivo].

Offline vnd

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Scelta sbagliata ?

Fu scelta onorevole quella di saltare opportunisticamente sul carro dei vincitori appena la situazione bellica si capovolse a sfavore dell'Asse ?

Come dovevano considerarci i tedeschi ?

Dei vigliacchi e dei traditori . Ed avevano ragione .



Standà....
Ci avete rotto i coglioni!

Avete perso. Non rompete più il cazzo e MUTI!

La pacificazione comincia con l'ammissione delle proprie colpe non dall'ostentazione, dalla retorica e dalla mitizzazione.
Se ne parlerà, forse, quando i nostalgici riusciranno a tirare una riga netta tra ventennio e repubblica sociale.

Fino ad allora, ogni tentativo di rigirare la frittata è sgradito perché contrasta con la fame e leviolenze sofferte.


Vnd [nick collettivo].

Offline Stendardo

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E... che c'entra?

Cosa significa che c'entra ?

L'oggetto del thread è quello .
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Offline Stendardo

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Standà....
Ci avete rotto i coglioni!

Avete perso. Non rompete più il cazzo e MUTI!

La pacificazione comincia con l'ammissione delle proprie colpe non dall'ostentazione, dalla retorica e dalla mitizzazione.
Se ne parlerà, forse, quando i nostalgici riusciranno a tirare una riga netta tra ventennio e repubblica sociale.

Fino ad allora, ogni tentativo di rigirare la frittata è sgradito perché contrasta con la fame e leviolenze sofferte.

vnd...

In questo thread si parla di storia . Non sarà certo un lustrascarpe qualsiasi degli inglesi e degli americani a dirmi cosa devo dire .

Non è retorica . SONO FATTI STORICI REALMENTE ACCADUTI .

La X MAS il suo valore se l'è conquistato sul campo di battaglia RICONOSCIUTO DAGLI STESSI ALLEATI , non sarai di certo tu o qualcun altro di sinistra che potrà modificare questo stato di fatto .

La X MAS ha avuto RIPETUTAMENTE L'ONORE DELLE ARMI DA PARTE DI INGLESI E AMERICANI .
Sono stati GLI UNICI SOLDATI DELL'ASSE DI TUTTA LA SECONDA GUERRA MONDIALE AD ESSERE INSIGNITI CON MEDAGLIE D'ORO DAGLI STESSI INGLESI E AMERICANI .

Non ci potrà mai essere riappacificazione finchè la storia sarà mistificata come un cartone animato i buoni da una parte ed i cattivi dall'altra .

Violenze e sofferenze sono state inflitte anche e soprattutto dai partigiani ai danni di civili inermi .

E' vero . La guerra è stata persa .

Ma c'è chi ha perso con onore . E chi ha vinto vigliaccamente uscendo a viso scoperto solo a guerra finita !

Ed anche questo è storia !
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Offline zagaro

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stai confondendo i vari reparti della Marina.

Non dimenticare che con l'armistizio tutti i militari italiani si trovarono a fare scelte spesse dolorose. 'Caserme Rosse' di Bologna significa  principalmente questo, il dilemma dei militari italiani
http://www.pianurareno.org/?q=node/542

e non furono pochi i reparti che ebbero lo stesso nome prima dell'armistizio, nella RSI e nel Regno del Sud. e ciò ad un lettore poco attento può creare confusione

premesso questo, i militari organizzati da Valerio Borghese con il nome di X Mas, poichè corpo franco o se preferisci una compagnia di ventura, sotto il profilo giuridico  fu di difficile inquadramento e per molti non erano militari benzì miliziani e quindi non soggetti alle regole della Convenzione di Ginevra, ovvero fucilazione immediata come erano i Battaglioni M di camice nere

Dopodichè vi sta  la storia dei singoli uomini.

mentre  il tuo post  non è nient'altro che quella continuazone di quell'atmosfera tipica del periodo "dell'arco costituzionale", ovvero fra chi ha accettato la Costituzione come  atto fondamentale del II°Stato Italiano, e di chi non ha capito questo come atto di sovranità del Popolo Italiano
« Ultima modifica: Agosto 06, 2013, 13:00:49 pm da zagaro »

Offline Stendardo

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Innanzitutto ti ringrazio per l'apprezzamento . 
All'epoca , i camerati della X Mas sapevano che gli ebrei erano "nemici del popolo italiano"
quote
"Nemici del popolo italiano": non ti pare ridicola questa affermazione, applicata a donne e a bambini
essi pure rastrellati e consegnati ai tedeschi? Possibile che nessun marò si fosse chiesto: "Ma che
cazzo stiamo facendo? Sarebbero azioni militari e meritorie per la salvezza della patria, queste?".
Per conservare la propria rispettabilità, la X Mas avrebbe dovuto combattere solo contro gli
angloamericani. E basta. Partecipando alle rappresaglie e ai rastrellamenti a danno di inermi,
la credibilità conquistata in precedenza l'ha persa.

La misura di comprendere anche la famiglia era una misura che veniva applicata anche negli Stati Uniti d'America ed in altri stati esteri .
Sia nella prima che nella seconda guerra mondiale , furono internati nei campi di concentramento statunitensi italiani e tedeschi (e durante la seconda anche giapponesi) insieme con le loro famiglie che vennero liberate una volta vinta la guerra .
Gli stranieri della nazione con la quale si era in guerra venivano considerati "ostili" in quanto potevano svolgere una funzione di spie .
L'Italia fascista internò le famiglie ebree nel campo di internamento di Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza :
Fonte neutra wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_internamento_di_Ferramonti_di_Tarsia

"L'inizio dell'attività del campo di Ferramonti comincia il 20 giugno del 1940 quando vi giunse un primo piccolo gruppo di 160 Ebrei provenienti da Roma. Nel 1943, al momento della sua liberazione, nel campo si sarebbero trovati 1,604 internati Ebrei e 412 non Ebrei.
 
La decisione di collocare il campo in una zona insalubre e malarica deriva in realtà non da una ragione politica/razziale, ma da un interesse economico da parte del costruttore Eugenio Parrini, molto vicino ad importanti gerarchi fascisti. La sua ditta, infatti, era già presente a Ferramonti dove aveva ultimato dei lavori di bonifica. Dovendo costruire il campo di concentramento, Parrini fece in modo di utilizzare a questo scopo il cantiere già presente in loco e le baracche che ospitarono il primo gruppo di ebrei erano in realtà le baracche utilizzate in precedenza dagli operai impegnati nella bonifica. Eugenio Parrini, costruttore anche del campo di concentramento di Pisticci, impose nel campo di Ferramonti un proprio spaccio alimentare in regime di monopolio e ai prezzi da lui stabiliti. La malaria fu endemica nel campo, ma, in base a quanto riportato dai rapporti degli ufficiali inglesi, non era di una forma particolarmente grave e non vi furono morti attribuibili esclusivamente alla malaria; problemi come malnutrizione, assenza o insufficienza di riscaldamento, e carenze igienico-sanitarie rimasero endemici. Il campo era costituito da 92 capannoni situati in un perimetro di circa 160.000 m². Vi erano capannoni di 335 m², con due camerate da 30 posti, e capannoni da 268 m², che accoglievano otto nuclei familiari di cinque persone o dodici nuclei familiari da tre persone. Considerata la sua natura di luogo di detenzione, con una struttura a baraccamenti e una recinzione fatta da una staccionata di legno sormontata da una linea di filo spinato, le condizioni di vita nel campo tuttavia rimasero sempre discrete e umane. Nessuno degli internati fu vittima di violenze o fu direttamente deportato da Ferramonti in Germania. Al contrario, le autorità del campo non diedero mai seguito alle richieste tedesche. Furono purtroppo deportate solo quelle persone che, avendo chiesto un trasferimento da Ferramonti ad un confino libero in alcuni centri del nord Italia, si trovarono sotto l'occupazione tedesca dopo il settembre del 1943. Ferramonti non fu quindi in alcun modo un campo di transito per i lager tedeschi. Per questa sua peculiare caratteristica, lo storico ebreo inglese Jonathan Steinberg ha definito il campo di Ferramonti come "il più grande kibbutz del continente europeo". In effetti gli unici deceduti di morte violenta all'interno del campo furono quattro vittime di un mitragliamento da parte di un caccia alleato durante un duello aereo con un velivolo tedesco sopra il campo (27 agosto 1943). Gli internati potevano ricevere dall'esterno posta e cibo e, all'interno del campo, godettero sempre della libertà di organizzarsi eleggendo propri rappresentanti, di avere un'infermeria con annessa farmacia, una scuola, un asilo, una biblioteca, un teatro e dei propri luoghi di culto (due sinagoghe, una cappella cattolica e un'altra greco-ortodossa). Diverse coppie si formarono e sposarono nel campo, dove nacquero 21 bambini. A conferma di questa sua storia di umanità, le relazioni degli ufficiali inglesi che entrarono a Ferramonti nel 1943, descrissero il campo di Ferramonti più come un piccolo villaggio che non un campo di concentramento. Sempre in base alle loro relazioni, l'incidenza dei decessi per cause naturali avvenuti a Ferramonti fu bassa: 8-12 decessi ogni 2.000 persone. Gli ebrei deceduti nel campo sono stati regolarmente seppelliti all'interno sia del piccolo cimitero cattolico di Tarsia (16 sepolture registrate, ma solo 4 ancora presenti) che nel cimitero di Cosenza (21 sepolture registrate e tutte presenti), dove ancora è possibile vedere le loro tombe.
 
Il campo era sotto la responsabilità del ministero dell'interno e retto da un commissario di pubblica sicurezza, ma la sorveglianza esterna era affidata alla MVSN. Per l'opera di umanizzazione verso le condizioni di vita degli internati, svolta dai funzionari di polizia che si avvicendarono al comando (Paolo Salvatore in primo luogo, e quindi Leopoldo Pelosio e Mario Fraticelli) e dal cappellano del campo, il padre cappuccino fra Callisto Lopinot, si verificarono vari attriti tra le autorità di polizia e la milizia, che comportarono problemi nei confronti dei funzionari stessi. Per importanza e umanità si distinse il primo direttore, Paolo Salvatore, che venne allontanato dal campo agli inizi del 1943 per un atteggiamento troppo permissivo nei confronti degli internati. Il frate cappuccino Lopinot si prestò alacremente per aiutare tutti, senza distinzione di credo e religione. Anche il maresciallo del campo, Gaetano Marrari, viene ricordato dagli internati con grande affetto per la sua umanità.
 
Gli internati ricevettero continua assistenza dalla DELASEM, l'ente di assistenza ai profughi creato nel 1939 dall'Unione delle Comunita Ebraiche Italiane con l'autorizzazione dello stesso governo fascista. Vi operava anche la "Mensa dei bambini" di Milano, diretta da Israele Kalk. Il supporto dato dal Vaticano per mezzo del frate cappuccino Lopinot fu anche molto importante, così come l'aiuto dato da Karel Weirich con la sua organizzazione a supporto degli ebrei cecoslovacchi (Opera San Venceslao). Con il deteriorarsi della generale situazione economica dell'Italia nel corso della guerra, anche le condizioni di vita nel campo si fecero progressivamente più difficili. Dall'estate del 1942 fu concesso a tutti gli internati che lo volessero il permesso di lavorare al di fuori del campo per integrare le scarse razioni alimentari. È anche importante ricordare i vicendevoli rapporti di aiuto e di solidarietà intercorsi fra gli internati e la popolazione di Tarsia. [1]"

Capirai bene che la situazione nei campi di internamento italiani non era affatto simile a quella dei lager tedeschi .

Il punto principale su cui verte il tuo quesito è il seguente sapevano o non sapevano i militi della Decima della fine cui erano destinati gli ebrei nei lager tedeschi ?

Perchè qualora essi ne fossero a conoscenza non esiterei un attimo a definire tali azioni come ignobili e criminali , ma allo stato attuale , ritengo , che in Italia all'epoca nessuno era a conoscenza di quanto realmente accadeva nei lager tedeschi .

I crimini compiuti dai tedeschi nei lager per il modo in cui essi sono stati perpetrati sono venuti alla luce soltanto dopo la fine della guerra .

Detto questo ritengo che crimini sono stati commessi , durante la seconda guerra mondiale , da TUTTI .

Non è che un bambino italiano barbaramente ammazzato nella foibe , o un bambino giapponese perito ad Hiroshima o tedesco sciolto con la bombe illegali al fluoro ad Amburgo o ammazzato dai russi in Prussia Orientale abbia meno dignità rispetto ad un bambino ebreo morto nel ghetto di Varsavia .

Perchè non ci può essere alcuna GIUSTIFICAZIONE ETICA MORALE ED IDEOLOGICA ad esempio per gli stupri , le sevizie e le uccisioni di migliaia di donne e bambini in Ciociaria da parte delle truppe marocchine o delle truppe russe a Berlino o in Prussia Orientale(posto che in Marocco i tedeschi e gli italiani non ci sono mai stati) .

E qui trovo particolarmente illuminante la frase di Red sulla responsabilità a cascata dall'alto verso il basso .

Mettere tutti indistintamente nello stesso calderone SIGNIFICA mettere sullo stesso piano , ad esempio un soldato semplice tedesco morto in Normandia con quello che faceva Mangele ad Auschwitz , tale equiparazione SIGNIFICA SMINUIRE LA PORTATA DEI CRIMINI TEDESCHI COMMESSI NEI LAGER !

E' come voler attribuire ai partigiani comunisti italiani la responsabilità di quanto accadeva nei gulag in Unione Sovietica semplicemente per il fatto che combattevano per i medesimi ideali !

Chi , certamente si doveva chiedere quello che stavano facendo erano i tedeschi in servizio nei lager , e quello che mi stupisce è il fatto che a nessuno di questi criminali gli sia mai balenato in mente il minimo dubbio su ciò che stavano commettendo .

Se un soldato  in guerra commette un crimine è responsabile di quel crimine lui e chi gli ha dato l'ordine .

Il generale francese Juin allo scopo di incitare i goumier marocchini , algerini , tunisini e senagalesi a sfondare il fronte di Monte Cassino tenuto dai paracadutisti tedeschi disse testualmente :

« Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c'è un vino tra i migliori del mondo, c'è dell'oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete »

il Presidente dell'Associazione Nazionale Vittime delle "Marocchinate" Emiliano Ciotti fa una stima dello stupro di massa. «Dalle numerose documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono un minimo di 20.000 casi accertati di violenze, numero che comunque non rispecchia la verità; diversi referti medici dell'epoca riferirono che un terzo delle donne violentate, sia per vergogna o pudore, preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal "Corpo di Spedizione Francese", che iniziò la proprie attività in Sicilia e le terminò alle porte di Firenze, possiamo affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, e ben 18.000 violenze carnali. I soldati magrebini mediamente stupravano in gruppi da 2 (due) o 3 (tre), ma abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100,200 e 300 magrebini».

Da notare che gli stupri commessi dall'Asse durante la seconda guerra mondiale si possono contare quasi sulla punta delle dita .

Comunque ti ho citato il caso delle marocchinate per dirti che in quel caso specifico ritengo che i responsabili di quel crimine di guerra furono chi ha commesso il fatto i goumier nordafricani e chi glielo ha permesso il generale francese Juin , ma posso io considerare responsabile di questo crimine anche i soldati ed i generali inglesi dell'8°Armata ad esempio ? Certo che no !

La Decima, nata per proseguire la guerra contro gli angloamericani, fu inizialmente risparmiata dalle azioni partigiane e gappiste, fino al 23 gennaio 1944, quando un attentato dinamitardo partigiano fece saltare alla Spezia il tram che collegava il centro cittadino colla sede della Decima nella Caserma San Bartolomeo, provocando la morte di tre marò e due cittadini.

La X MAS si è conquistato il proprio valore con le numerosissime gesta eroiche compiute sul campo di battaglia , ricevendo "l'onore delle armi" da parte degli stessi nemici angloamericani .
E perdonami , non sarai di certo tu o qualche altro sinistro a modificare , come ho già detto a vnd , questo stato di fatto .
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