L’articolo censurato da Facebook: “La cultura dello stupro. Guida per i signori uomini”: commento all’articolo.

tetteL’articolo che segue è stato censurato da feisbuk e la pagina che lo ospitava chiusa. Non è chiaro il motivo, sembra che fosse accompagnato ad una immagine di nudo (un disegno di Manara con un seno?). Lo ripubblichiamo e inseriamo anche una immagina di un seno dal vero. Per riflettere sull’oscurantismo prossimo avvenire.

 

Di Francesco Vittorino

 

Di recente ho letto questo articolo dal titoloLa cultura dello stupro. Guida per i signori uominie l’ho trovato una sfilza di scemenze messe in fila una dopo l’altra. Quando ho espresso questa mia opinione, molte persone mi hanno risposto “Ma ti sei soffermato a leggere solo il titolo! In realtà, l’articolo dice cose molto profonde e niente affatto offensive per gli uomini!”. Quando è così, diamo un’occhiata al testo paragrafo per paragrafo.
Premetto che l’articolo è estremamente lungo e ripetitivo ma vi sarei grato se voleste dare almeno una scorsa alla mia analisi.

“La cultura dello stupro. Guida per i signori uomini”

Già il titolo è una cazzata, c’è poco da dire. E soprattutto, checché se ne dica, è offensivo per gli uomini. Così come sarebbe offensivo per i musulmani un articolo dal titolo “La cultura del terrorismo. Guida per i signori musulmani.”.

Dal titolo, infatti, capiamo che:

  1. l’autore crede nell’esistenza di una “cultura dello stupro”. Il Sabatini-Coletti definisce la “cultura” come “L’insieme delle credenze, tradizioni, norme sociali, conoscenze pratiche, prodotti, propri di un popolo in un determinato periodo storico”. La cultura dello stupro sarebbe quindi quella che ammette e favorisce lo stupro attraverso tradizioni, norme sociali eccetera. Non mi risulta che nella nostra cultura lo stupro sia così ben visto ma vedremo se l’autore dell’articolo saprà convincerci del contrario;
  2. l’autore considera gli uomini responsabili dell’esistenza di questa cultura. E qui non ci sono obiezioni che tengano: il termine “cultura dello stupro” è messo chiaramente in relazione al termine “uomini”;
  3. il tono condiscendente dell’articolo (“signori uomini”).

Secondo alcuni, però, questo titolo è fuorviante. Nell’articolo non c’è nulla di tutto ciò! Andiamo a leggere per scoprire se è vero.

Le donne passano la maggior parte della loro vita sociale con perenni e inevitabili sentimenti di vulnerabilità.

Questo assunto, che è uno dei pilastri dell’articolo, è falso. Una donna che passa tutta la sua vita sentendosi costantemente minacciata è una paranoica e il suo atteggiamento non deve essere incoraggiato bensì curato.

Riflettiamo insieme sul perché.  Se sei un uomo, fai parte della cultura dello stupro. Lo so che suona rozzo. Non sei necessariamente uno stupratore, però perpetui comportamenti che comunemente indichiamo come cultura dello stupro.

Non capisco di preciso quale sia la differenza tra essere l’esecutore materiale di uno stupro e incoraggiare credenze, tradizioni, norme sociali, pratiche e via discorrendo che portano allo stupro. Cioè, dire a qualcuno che il suo comportamento è causa di stupri sarebbe meno offensivo che dargli dello stupratore?

Ora potresti pensare: “Calmati adesso, Zaron, tu non mi conosci, compagno! Che io sia dannato se ti lascerò continuare a dire che io sia una specie di fan degli stupri. no, io non sono quel tipo di uomo”.
Io lo so come ti senti, ho dato la stessa risposta, quando qualcuno mi ha detto che facevo parte della cultura dello stupro. Suona orribile.

Sì, è vero. È esattamente quello che sto pensando. Anzi, aggiungerei che non mi viene in mente quale potrebbe essere il “tipo di uomo fan degli stupri”.

Ma immagina, tuttavia, di andare per il mondo con la costante paura di poter subire uno stupro. Questo è ancora peggio! La cultura dello stupro è una merda per tutti quelli, noi, che vi siamo implicati.

Come detto, le donne non se ne vanno in giro per il mondo con la costante paura di essere stuprate. Almeno non le donne normali.

Non ti attaccare, però, alla terminologia, non concentrarti sulle parole che ti offendono per tralasciare ciò che in realtà voglio dirti. Il problema non è l’espressione “cultura dello stupro”. È la realtà che descrive, ad essere il problema.

L’espressione scelta per descrivere una cosa, tecnicamente, dovrebbe indicare in modo inequivocabile la cosa stessa. Qui è come se dessimo a qualcuno dell’imbecille e poi gli dicessimo “Non ti attaccare alle parole… il punto è quello che intendo quando ti dico che sei un imbecille…”.
Io comunque mi fido. Diciamo che “cultura dello stupro”, contrariamente a quanto suggerito dal dizionario, non significa “usi e costumi che incoraggiano e autorizzano lo stupro”. A questo punto aspetto con ansia che l’autore mi riveli il vero significato di questa espressione.

Gli uomini sono i primi artefici e sostenitori della cultura dello stupro.
Noi uomini non siamo gli unici a stuprare, così come le donne non sono le uniche vittime. Ci sono uomini che stuprano altri uomini e donne che violentano uomini, però ciò che rende lo stupro un problema maschile, il nostro problema, è che gli uomini commettono il 99% degli stupri denunciati.

Su questo avrei da ridire. Il fatto che il 99% degli stupri denunciati sia commesso da uomini (dando per vera questa percentuale) stabilisce una correlazione tra essere uomini e “fare parte della cultura dello stupro” (nota: finché non sentirò una chiara definizione di questo termine mi “attaccherò alla terminologia” e lo tradurrò con “portare avanti usi e costumi che incoraggiano e autorizzano lo stupro”)?

Come avviene che tu sia parte dello stupro? Beh, mi dispiace dirlo, ma lo sei per solo il fatto di essere un uomo.

Vorrei ricordare che questa posizione dell’autore, che non condivido, è esattamente quella espressa nel titolo. Quindi quelli che mi hanno scritto “Non fermarti al titolo! Leggi tutto l’articolo e scoprirai che non è quello che sembra!” sono degli analfabeti.

Quando incrocio di notte in un parcheggio una donna e lei cammina davanti a me, faccio tutto quello che posso, per:  a) non spaventarla;  b) lasciarle il tempo per sentirsi sicura e a suo agio;  c) se è possibile, avvicinarla amichevolmente, per farle sapere che non sono una minaccia.
E lo faccio perché sono un uomo.
Fondamentalmente, mi faccio carico del fatto che questa donna che incontro per strada, in ascensore, sulle scale o, dovunque sia, possa sentirsi al sicuro. Voglio che si senta a suo agio, come se io non ci fossi. Sono consapevole che a qualunque donna io incontri in uno spazio pubblico, e che non mi conosca, risulta che tutto ciò che vede è un uomo, improvvisamente vicino a lei. Devo tenere in conto il suo senso dello spazio e che la mia presenza possa farla sentire vulnerabile. Questo è il fattore chiave – la vulnerabilità.

A questo punto, scusate, mi sono immaginato Johnny Stecchino che, per comprare una banana, la tiene in bella vista insieme ai soldi per pagarla, e arriva persino a rassicurare il suo vicino spiegandogli che, quando arriverà il suo turno alla cassa, effettuerà regolarmente la transazione.
Io quando incrocio una donna per strada tiro dritto. Provvedimenti particolari per una situazione che particolare non è mi sembrano ridicoli (degni appunto di una commedia degli equivoci) e fuori luogo.

Non so tu, però io non passo la vita sentendomi vulnerabile. Ho dovuto imparare che le donne passano la maggior parte della loro vita sociale con perenni e inevitabili sentimenti di vulnerabilità. Fermiamoci a riflettere un momento. Immaginiamoci di provare una costante sensazione di pericolo, come avere una pelle di cristallo.

Non so voi, ma io non conosco donne che se ne vanno in giro sentendosi come se avessero la pelle di cristallo.

Come tipi moderni, noi uomini cerchiamo il pericolo. Scegliamo avventure e sport estremi, per sentirci come se fossimo in pericolo. In definitiva, giochiamo con la nostra vulnerabilità. È questo il modo diverso in cui noi uomini vediamo il mondo (attenzione, questo lo dico tenendo perfettamente presente che c’è una comunità dinamica di atlete che praticano sport estremi e che spesso anch’esse mettono in pericolo la loro vita. Tuttavia, le donne non hanno bisogno di impegnarsi in uno sport estremo per sentirsi a rischio).

Interessante digressione.  Se doveva servire a dimostrarmi che le donne si sentono costantemente vulnerabili (come se avessero la pelle di cristallo), però, non è servita. Peraltro cercare di dimostrare che gli uomini non si sentono vulnerabili portando come esempio il fatto che si impegnano negli sport estremi, salvo poi aggiungere che in effetti gli sport estremi li praticano anche le donne, è un esercizio retorico molto strano.
Come se io dicessi “I pipistrelli italiani sono gli unici che temono il sole! Lo dimostra il fatto che non escono mai di giorno… bèh… in effetti non lo fanno neanche i pipistrelli degli altri paesi…”.

Io sono in sostanza astemio e potrei certamente dichiarare che sono in buona forma, il che significa che, quando cammino da solo di notte, molto raramente temo per la mia sicurezza. Molti uomini sanno esattamente ciò che voglio dire. Molte donne non sanno cosa sia muoversi liberamente, a qualsiasi ora del giorno o della notte: in realtà, l’esperienza di molte donne è esattamente contraria.

A questo proposito, non credo che tutti gli uomini sarebbero perfettamente in grado di difendersi nel caso venissero aggrediti.

Una donna deve sempre pensare a dove sta andando, a che ora andrà, a che ora arriverà, a che ora ritornerà, che giorno della settimana sia e se sarà lasciata sola in un punto qualsiasi. e così via, perché le considerazioni sono molto più numerose di quanto si creda. Francamente, non ho da pensare molto su ciò che devo fare, per stare attento in ogni momento della mia vita. Godo della mia libertà della quale dispongo per alzarmi e andare di qui e di là, di giorno, di notte, con la pioggia o con il sole, in qualsiasi parte della città.
Per capire la cultura dello stupro, ricordati che questa è una libertà della quale non gode almeno metà della popolazione.

Qui l’autore sta dicendo che un uomo può uscire tranquillamente alle due di notte nella zona più malfamata della città senza pensare minimamente alle conseguenze. Sto cominciando a pensare di essere un cagasotto che conosce solo superdonne in un mondo di uomini sprezzanti del pericolo e donne iperfragili. O forse l’autore di questo articolo è un imbecille.  Capita.

Questi sono i motivi per cui cerco di usare un linguaggio del corpo molto chiaro e cerco di agire in modo tale da ridurre le paure e le altre sensazioni che le donne possono provare a riguardo. Ti consiglio caldamente di fare lo stesso. Lo dico seriamente. È il minimo che ogni uomo dovrebbe fare negli spazi pubblici, perché le donne possano sentirsi a loro agio, in questo mondo che condividiamo. È sufficiente essere rispettosi di lei e del suo spazio.

Oltre a essere stupido questo articolo è anche molto prolisso. L’ho già sentita questa storia del fare di tutto per rassicurare le donne (stile Johnny Stecchino)! Andate avanti!

Si potrebbe pensare che sia ingiusto che paghiamo per i peccatori, che dobbiamo cambiare le nostre abitudini per il comportamento degli altri. Sai una cosa? Hai ragione, non è affatto giusto. Ma la colpa è forse delle donne? O è piuttosto colpa di quei tizi che agiscono in modo infame e mettono noi in cattiva luce? Se ti preoccupa la giustizia, scarica la tua rabbia su quei tizi che fanno apparire te e il tuo comportamento discutibile.

Veramente io non trovo ingiusto “pagare per i peccatori” (per i peccati altrui). Trovo ingiusto che ci sia gente che stabilisce correlazioni tra quei peccatori e me solo per il fatto che entrambi siamo titolari di un pene. Quindi non è colpa né delle donne né dei “tizi che agiscono in modo infame” (peraltro faccio notare che secondo l’articolo “agire in modo infame” sarebbe non tenere le mani in bella vista quando si incontra una donna in ascensore), è colpa di chi fa stupide generalizzazioni.

Questo perché quando giunge il momento in cui un uomo è oggetto di valutazione, cioè quando si tratta di stabilire cosa sia capace di fare, una donna dovrà presumere che tu ne sia capace. Purtroppo, questo significa che noi uomini saremo giudicati tramite il nostro peggiore esempio. Se pensi che usare questo tipo di stereotipi sia una stronzata, dimmi, come reagiresti tu, se incontrassi un serpente in mezzo alla natura? Non lo tratteresti come un serpente? Questo non è uno stereotipo: è giudicare un animale per quello che è in grado di fare e per il danno che è capace di infliggere. Semplici regole della giungla, uomo. Siccome sei uomo, le donne ti tratteranno come tale.

Io non sono un biologo ma… è una caratteristica PROPRIA del serpente mordere qualsiasi cosa gli capiti a tiro, no? Il serpente che morde non è  “il peggiore esempio” di serpente. È il TIPICO serpente. Qui l’autore sta dicendo che è TIPICO degli uomini stuprare.
Per avere un esempio più calzante si sarebbe potuto scrivere “Come ti comporteresti incrociando un cane per strada sapendo che ALCUNI cani hanno la rabbia?”.  Per inciso, io evito di avvicinarmi alle zanne di un animale in qualsiasi caso,  se questo non è necessario, ma questo non significa che alla vista di un cane mi senta “vulnerabile come se avessi la pelle di vetro”… significa che nel dubbio è meglio non rischiare.

Questa paura del tutto ragionevole e comprensibile degli uomini è una responsabilità che ti spetta. È vero che non l’hai creata tu, come neppure hai costruito tu le autostrade. Alcune cose che ereditiamo dalla società sono utili, altre sono cultura dello stupro.
Poiché nessuna donna può giudicare giustamente le tue intenzioni a prima vista, presupporrà che tu sia come tutti gli altri uomini. Nel 73 per cento degli stupri, le vittime conoscono il loro aggressore, quindi, se non possono neppure fidarsi, né giudicare precisamente le intenzioni degli uomini che già conoscono, come pretendi che si fidino di te, un completo sconosciuto? La prevenzione dello stupro non consiste tanto nell’insegnare alle donne come evitarlo, quanto nel fatto che gli uomini non lo commettano.

E qui abbiamo il buon vecchio “Insegnate agli uomini a non stuprare, non alle donne a difendersi dallo stupro.”. Celebre cazzata. Come se consigliare a qualcuno di non fare cose che possono aumentare il rischio di essere derubato (per esempio lasciare la macchina aperta per strada) significasse giustificare i ladri.

Per prevenire gli stupri, un uomo deve capire che un “no” mai è un “sì”, che quando una donna è sotto l’effetto dell’alcol o di qualche droga, non in grado di parlare, non è un “sì” e che avere una relazione non implica un “sì” automatico. Piuttosto che concentrarci su come le donne debbano evitare di essere violentate o come la cultura dello stupro renda sospetti uomini innocenti, prestiamo attenzione a cosa noi uomini possiamo fare per impedire che si commettano stupri, smantellare le strutture che li permettono e modificare gli atteggiamenti che li tollerano.

Non mi è chiaro quali siano queste “strutture che permettono gli stupri” e questi “atteggiamenti che li tollerano”. Forse verrà spiegato più avanti.

Dal momento che ne fai parte, hai il dovere di sapere cosa sia la cultura dello stupro.

Ah, forse stanno per spiegarci finalmente cos’è questa “realtà descritta dal termine ‘cultura dello stupro’” (termine al quale, bisogna ricordarlo, non bisogna attaccarsi supponendo scioccamente che significhi quello significa nel dizionario).

Estratto dalla pagina di Marshall University’s Women’s Center:

“La cultura dello stupro è l’ambiente in cui la violenza detiene una posizione predominante e nel quale la violenza sessuale contro le donne è naturalizzata e giustificata sia nei media, come nella cultura popolare. La cultura dello stupro si perpetua attraverso l’uso del linguaggio misogino, l’oggettivazione del corpo della donna e la fascinazione della violenza sessuale, creando così una società che ignora i diritti e la sicurezza della donna”.

“L’ambiente in cui la violenza detiene una posizione predominante” io me lo immagino come una specie di giungla dove vige la legge del più forte. Ora, è vero che non viviamo in un mondo perfetto ma il livello “giungla” credo sia stato superato in buona parte del globo. E in ogni caso in una giungla non si verificano solo stupri, ma anche guerre, saccheggi, accoltellamenti e via discorrendo. Il termine “cultura dello stupro” sarebbe in ogni caso riduttivo.
Il termine “naturalizzare” immagino sia da tradurre come “percepito come normale”. Quindi l’autore ci sta dicendo che viviamo in una società dove lo stupro è considerato normale e giustificato, sia dalla gente che dai media.
Quindi secondo l’articolo reagiamo alla stessa maniera sia quando sentiamo dire che è stata stuprata una ragazza sia quando sentiamo una notizia normale, del tipo “domani piove”. Non mi risulta. Così come non mi risulta che la violenza sessuale sia considerata una cosa affascinante (se escludiamo il “fascino del male” che, però, casomai dimostra come una tal cosa sia percepita come negativa).
Il “linguaggio misogino e l’oggettivazione del corpo della donna” non mi è chiaro cosa siano. Dare della troia a una donna? Le modelle in costume nelle pubblicità?

La prima volta che una donna mi disse che ero parte della cultura dello stupro, dissentii per ovvie ragioni. Come molti di voi avrei voluto dirle “Ehi, non capisco”, ma l’ascoltai. Più tardi, mi recai da una scrittrice, che ammiro e le chiesi di scrivere un articolo con me, in cui avrebbe spiegato la cultura dello stupro a me e ai miei lettori maschi. Smise di rispondermi alle e-mail.
Dapprima, la cosa m’infastidì. Più tardi, quando mi apparve chiaro che in nessun modo avrei ottenuto risposta, m’incazzai. Per fortuna evito di rispondere a caldo, così ho messo da parte la tempesta dentro di me e mi sono fermato a pensare. Ho fatto una passeggiata, una di quelle che t’illumina. Ho pensato che se tanto m’interessava la cultura dello stupro, c’era bisogno che la scoprissi da me. Nessuna donna deve essere obbligata a spiegarmi la cultura dello stupro, solo perché io decido di sapere cosa sia. Ho visto il modo in cui il desiderio che una donna mi spiegasse scorreva in me. Anche la mia curiosità, una caratteristica che mi ha sempre reso orgoglioso, era stata contaminata da questa presunzione androcentrica onnipresente nella cultura dello stupro. Ciò che mi aspettavo era che il mio desiderio fosse esaudito e quest’atteggiamento era un problema. Così ho iniziato a leggere e ho continuato fino a quando ho capito la cultura dello stupro e il modo in cui ne faccio parte.

Ricapitoliamo: una donna dice all’autore dell’articolo che egli è parte della cultura dello stupro. Questi non capisce una mazza del suo discorso ma continua a ascoltare. Quando la donna ha finito di parlare, evidentemente, fugge via prima che l’autore dell’articolo possa chiedere ulteriori delucidazioni. Così il nostro eroe decide di chiederle a una scrittrice che conosce. Se al posto della scrittrice ci fossi stato io, probabilmente, gli avrei risposto “Ma che cazzo ne so io cos’è la cultura dello stupro? Chiedilo alla tizia che te ne ha parlato, no?”. Lei, invece, si limita a non rispondergli. È a questo punto che l’autore capisce che se vuole scoprire cosa accidenti è questa cultura dello stupro bisogna che lo scopra da solo.
Insomma, una situazione kafkiana, con l’imputato che non sa neppure di che cosa è accusato.

Aggiungo qui un elenco di esempi di cultura dello stupro.

– Incolpare la vittima (“te la sei cercata”).

Lapidatemi pure sulla pubblica piazza ma devo dire non ho mai sentito nessuno dire “quella vittima di stupro se l’è cercata”. Credo che molte persone confondano alcune iperboli del tipo “Ma tu guarda queste ragazze di oggi così incoscienti! Poi se qualcuno le violenta fa anche bene!” per delle vere e proprie giustificazioni dei crimini. Io in un’esclamazione del genere più che la colpevolizzazione della vittima ci vedo una sorta di rimprovero esagerato come quelli che molte madri rivolgono ai figli: “Se ti fai male facendo questa cosa pericolosa, non ti porto neanche all’ospedale!”. Ho sentito mille volte questa frase ma non ho mai visto un bambino lasciato esangue a terra dopo che si era fatto male giocando.

– Banalizzare la violenza sessuale (“I ragazzi fanno i ragazzi”).

L’articolo è stato probabilmente tradotto con Google Traslate senza neanche rileggero. Quell’orrendo “i ragazzi fanno i ragazzi” suppongo sia la traduzione letterale di “boys will be boys”, espressione che in gergo significa, in parole povere, che dagli uomini puoi aspettarti comportamenti immaturi e sconsiderati (“Che volete farci? Sono ragazzi…”). A ogni modo ricordo che stiamo parlando di un giornalista che pensa che le donne si sentano minacciate (come se avessero la pelle fatta di cristallo) dalla sola presenza di un uomo. Può darsi che molti comportamenti che lui definisce “violenza sessuale” siano effettivamente ignorati dai più (e a ragione). Comunque la violenza sessuale che conosco io, quella in cui un tizio gonfia di botte una tizia e non si ferma finché questa non ha un rapporto con lui, non viene banalizzata con frasi tipo “Cosa vuole? Sono ragazzi!”.

– Fare battute sessualmente esplicite.

Questa non l’ho capita. Uno può non amare le barzellette sporche ma da qui a dire che esse favoriscono gli stupri ce ne passa.

– Tollerare la molestia sessuale.

Come è noto, noi tutti tolleriamo le molestie sessuali. Ancora una volta (sono costretto a ripetermi perché l’articolo stesso si ripete)… se per molestare una donna basta camminarle vicino senza prendere mille accorgimenti al limite della paranoia per evitare che si senta minacciata dalla nostra presenza, io mi preoccuperei più di quelli che NON tollerano le molestie.

– Gonfiare le statistiche delle denunce di falsi stupri.
– Pubblicare le abitudini sull’abbigliamento, salute mentale, motivazioni e storia della vittima.

In parole povere, mai dubitare della parola di una donna.
Comunque non capisco una cosa. Perché parlare degli uomini che stuprano va bene, non discrimina nessuno, e giova in primo luogo agli uomini per bene, mentre parlare delle donne che si inventano uno stupro invita la gente a stuprare?

– Violenza di genere gratuita nei film e televisione.

Stesso discorso delle battute sessualmente esplicite.  Come disse qualcuno, “se giocando a GTA divento un gangster, giocando a GoatSimulator divento una capra.”.

– Definire la “mascolinità” come dominante e sessualmente aggressiva.
– Definire la “femminilità” come sottomessa e sessualmente passiva.

Ma tu sei scemo. Io mascolinità e femminilità le definisco come mi pare e piace.

– Fare pressione sugli uomini perché raggiungano i loro obiettivi.

Google Traslate, presumo. Comunque posso ipotizzare che questa frase significhi “promuovere l’immagine del maschio vincente”. Perché in effetti se un uomo vuole vincere le olimpiadi e tutti lo incoraggiano questi finirà inevitabilmente per stuprare una donna.

– Fare pressione sulle donne perché non appaiano “fredde”.
– Presumere che solo le donne promiscue siano stuprate.

Questi due punti fanno a pugni tra loro. Il secondo sembra suggerire un disprezzo della società nei confronti delle donne sessualmente attive mentre secondo il primo noi tutti facciamo pressione sulle donne perché siano sessualmente attive (“fredde” immagino significhi “frigide”). Bah.

– Presumere che non ci siano uomini stuprati o che siano “deboli” quelli stuprati.

Fin qui l’autore dell’articolo ha descritto una società di superuomini sprezzanti del pericolo che passeggiano fischiettando nei quartieri malfamati in piena notte e fanno sport estremi per provare quel brivido che la vita di tutti i giorni non sarebbe mai in grado di dargli. Ora se ne esce con un invito a non considerare debole un uomo stuprato. Ma vaffanculo.

– Non prendere sul serio le accuse di stupro.

Per la terza volta…  è ovvio che se l’accusa di stupro è  “Ho incontrato quell’uomo in un parcheggio e lui non si è messo a camminare rasente al muro per farmi sentire al sicuro.” nessuno la prenderà sul serio. Viceversa, io personalmente credo di vivere in una società dove le accuse di stupro vengono prese MOLTO sul serio, tanto da essere spesso usate per rovinare la reputazione delle persone (vedasi il caso di Assange). E tanto che spesso, anche dopo un processo e la proclamata innocenza, è difficile per l’accusato togliersi il marchio dello stupratore (vedasi il più antico caso di Girolimoni).

– Insegnare alle donne come non essere violentate, invece di insegnare agli uomini a non violentare.

Ho già spiegato perché considero questa frase una cazzata. Aggiungerei che non mi è chiaro come si dovrebbe insegnare agli uomini a non stuprare. Cioè… una ragazzina che esce sola di casa in piena notte probabilmente non si rende conto del pericolo che corre e quindi puoi metterla in guardia, ma come ti comporti con lo stupratore? Voglio dire… quello si rende perfettamente conto di essere uno stupratore! Non c’è bisogno che qualcuno glielo spieghi! Qual è il piano? Fargli la morale sperando che cambi atteggiamento? E, se sì, non potremmo cominciare mettendo a tacere tutti quei tizi che se ne vanno in giro a urlare cose poco diplomatiche come “Castriamo tutti gli stupratori!”?

Ora che sai cosa essa sia, come si può agire all’interno di questa cultura?

– Evita l’uso di un linguaggio che spersonalizza e degrada le donne.
– Alza la tua voce se senti raccontare una battuta offensiva o che banalizza lo stupro.

Basta film con Alvaro Vitali. Ricevuto. Non serve ripeterlo ogni due secondi.

– Se una tua amica ti dice che l’hanno violentata, ascoltala e dalle sostegno.

Ah, ok. Io prima di leggere questo articolo quando una mi amica mi diceva “Mi hanno violentata.”  rispondevo sempre  “E ‘sti cazzi.”.

– Mantieni un pensiero critico sui messaggi che ti arrivano dai media sulle donne, uomini, relazioni e violenza.

Sarà meglio.

– Sii rispettoso dello spazio fisico altrui, anche in situazioni occasionali.

“Anche in situazioni occasionali” penso sia opera di Google Traslate.

– Comunica sempre con i tuoi partner sessuali e non dare per scontato il consenso.

“Vuoi fare sesso?”
“Sì.”
“Sei sicura?”
“Sì.”
“La accendiamo?”

– Definisci il tuo concetto di mascolinità o femminilità. Non lasciare che le costruzioni stereotipate guidino le tue azioni.

Comincerò evitando di ascoltare un coglione che è appena venuto a dirmi che non devo definire la “mascolinità” come dominante e sessualmente aggressiva e “femminilità” come sottomessa e sessualmente passiva.

Quali altre cose si possono fare riguardo alla cultura dello stupro, quando si verifica nella vita reale?

1. Scontrarsi con gli altri uomini. Nessuno suggerisce la violenza. In realtà, stiamo cercando di impedirla. Tuttavia, a volte, un uomo deve scontrarsi con un altro uomo individualmente o in gruppo, in determinate situazioni. Quando mi trovo in un luogo pubblico e vedo un altro uomo assillare una donna, mi fermo e faccio in modo che la donna mi veda. Voglio che lei sappia che sono perfettamente consapevole di ciò che sta accadendo e aspetto che mi dia una chiara indicazione sul fatto che abbia bisogno di aiuto o meno. A volte, la coppia continua a litigare come se io fossi invisibile, ma in altre occasioni la mia sola presenza ha fatto allontanare il tizio quando si trattava di uno sconosciuto o a spiegarsi se si conoscevano prima. La dinamica cambia. Ecco perché mi fermo sempre, quando vedo un tizio assillare una donna in pubblico. Mi assicuro che qualsiasi donna, in quella che potrebbe degenerare in una situazione violenta, abbia la possibilità di indicarmi che ha bisogno di aiuto. Essendo fratello maggiore di mia sorella, la risposta mi viene istintiva. Tuttavia, non faccio così solo con le donne. L’ho fatto anche in una situazione affettiva di due uomini che stavano bisticciando tra di loro. Ogni volta che si noti una situazione fuori controllo e, soprattutto, se c’è chi aggredisce qualcuno o se qualcuno chiede aiuto, bisogna intervenire. Non significa entrare come un elefante in un negozio di porcellane, ma impegnarsi, coinvolgersi, prendere nota delle informazioni più pertinenti, avvisare le autorità, chiamare la polizia, ecc. Insomma, fare qualcosa.

Se vedi che qualcuno ha bisogno di aiuto, fatti avanti. Consiglio banale e scontato. Comunque solo io ho notato che l’articolo riporta l’esempio di un uomo che assilla una donna, di due uomini che bisticciano ma non l’esempio di una donna che assilla un uomo?

2. Correggere gli altri uomini.
Se un tizio comincia a blaterare insulti davanti a te, puoi ancora fare qualcosa, anche se non c’è nessuno della comunità su cui ricada l’ingiuria. Lo stesso vale quando qualcuno utilizza un linguaggio misogino: alza la voce, di’ al tuo amico, compagno, collega, che le battute sullo stupro sono merda e che non le puoi sopportare.
Fidati di me: non perderai il tuo “bollino di uomo”. Se hai più di diciotto anni e ancora ti preoccupa il marchio di vero uomo, non hai allora idea di cosa sia una rispettabile mascolinità. Non ha nulla a che vedere con cultura dell’approvazione altrui, mentre ha molto da spartire con il ” tuo” modello di uomo e col fare le cose giuste. Sarai sorpreso di vedere quanti uomini ti guarderanno con rispetto, per fare quello che essi non hanno il coraggio di fare: io l’ho sperimentato tantissime volte. Non sono la Brigata della Giustizia, però ho discusso, discuto e continuerò a discutere con mandrie e greggi di ogni tipo. Più tardi, alcuni di questi tizi sono venuti vicino a me a dirmi che hanno rispettato ciò che ho fatto. Gli ho sempre risposto che ogni volta che si ripete, diventa più facile alzare la voce. Giuro che è vero.
Nessuno sta suggerendo che tu vada in giro a fare il poliziotto. Non occupo il mio tempo ad assicurarmi che tutti vivano secondo il mio metro di giudizio. Nessuno ha bisogno che tu gli dica cosa pensi di ogni piccola cosa che dice né se soddisfa i tuoi criteri di consapevolezza sociale. Ma quando un tizio dice qualche cazzata – e tu ben sai che tutti noi sentiamo quelle battute – si può far capire al tizio che il suo scherzo sullo stupro o la sua analogia del tipo “lei è una puttana” non ha funzionato.

A me non preoccupa perdere il “bollino di vero uomo”. Mi preoccupa piuttosto stabilire quale sia questo linguaggio misogino e quali siano queste battute che devo censurare con tanta veemenza. Se incontro un tizio che definisce “puttana” una ragazza, devo necessariamente inalberarmi? La ragazza potrebbe benissimo meritarsi questo appellativo, così come un’altra potrebbe meritarsi l’appellativo di “falsa, stronza, ipocrita, disonesta, ignorante come una capra”.
E per quanto riguarda le “battute sullo stupro” e gli “scherzi sullo stupro” probabilmente ci troviamo davanti alla traduzione letterale di “rape joke”, ovvero le barzellette sullo stupro. Come per le battute sconce e i film violenti, legittimo non apprezzarle, insensato dire che causino stupri.
Comunque anche questo è un consiglio inutile. Io discuto già per le cose che mi danno fastidio e non mi serve un libretto di istruzioni di un logorroico dalle idee confuse per continuare a farlo.

3. Gli uomini possono far sì che gli uomini chiudano il becco.
Facciamo un esempio. Se in un gruppo di uomini uno comincia a urlare a una ragazza, molto semplicemente digli di non fare il coglione. Non ti trasformi in ‘protettore’ se alzi la voce per una donna, sempre che non si tratti di raccogliere punti nei suoi confronti. Se eviti questo, non sarai il cavaliere bianco che difende la ‘donzella’. Farai ciò che è corretto. Nessuna donna ha bisogno di un pagliaccio sessista: la molestia è una delle peggiori manifestazioni di sessualità maschile e questi imbecilli ci fanno passare da spaventapasseri.  Bisogna tagliare fuori questi stronzi.
Qualcuno mi obietterà che sto esagerando, che “a qualche donna piace”. Potrebbe essere, ma non è questo l’importante. Anche a me piacerebbe guidare a forte velocità e a mio nipote fumare erba in strada, ma non siamo autorizzati. Così funziona l’appartenere alla società: se trovi una donna a cui piace il ‘complimento’, faglielo pure, ma a porte chiuse, non in pubblico. Rispetta quindi lo spazio fisico e mentale altrui.

“Cavaliere bianco” è senz’altro la traduzione letterale di “white knight”, termine usato su internet per prendere in giro quegli uomini che appena possono accorrono in aiuto delle donne in discussioni su forum e social network, con fare talmente mellifluo da far sospettare un malcelato secondo fine e con un atteggiamento così pedante che spesso le stesse donne ne risultano infastidite. Si tratta, per l’appunto, di un termine che stigmatizza comportamenti ESAGERATI e soprattutto ECCESSIVAMENTE PARZIALI. Un uomo si limita a rimproverarne un altro per un’uscita inelegante, invece, è una cosa perfettamente normale. Anche questo consiglio è completamente inutile.
Nota: dove il traduttore (il signor Google Traslate) ha scritto “spaventapasseri”, probabilmente la traduzione giusta sarebbe stata “uomo di paglia” (“straw man”). L’autore dell’articolo sta dicendo che i “pagliacci sessisti” portano le donne a pensare che tutti gli uomini siano come loro. Io mi permetto di aggiungere che quella dell’uomo di paglia è una fallacia logica e forse sarebbe meglio invitare le ragazza a non giudicare il prossimo tramite ragionamenti fallaci piuttosto che fare la morale agli uomini.
Ma poi, scusate, molestare per un uomo non era naturale tanto quanto mordere per un serpente? Allora di che uomo di paglia stiamo parlando?

Quando sorgono eventi come YesAllWomen e le donne di tutto il mondo iniziano a condividere le loro esperienze, i loro traumi, le loro storie e i loro punti di vista personali,non dobbiamo immischiarci nelle discussioni. Dobbiamo invece ascoltare e riflettere e lasciare che le loro parole cambino la nostra prospettiva.
Il nostro compito qui e ora è chiederci come possiamo migliorare le cose.

Cioè dite quello che pensate, scontratevi con altri uomini, metteteli a tacere ma non pensate minimamente di immischiarvi quando sta parlando una donna. Per fortuna l’autore di questo articolo è un uomo, quindi posso dirgli tranquillamente quello che penso.
Chi ha scritto questo mucchio di scemenze è un povero coglione capace solo di tirare fuori banalità sconcertanti o stronzate scioviniste. E, se posso aggiungere un parere tecnico, le sue capacità argomentative e di sintesi fanno talmente schifo che anche se stesse perorando una causa giusta la farebbe passare per una stronzata.

Come volevasi dimostrare, quindi, l’articolo non è più intelligente di quanto sembri dal titolo. Anzi, è decisamente più stupido di quanto una prima occhiata potrebbe far credere.