Marco Faraci su The Fielder
Ce l’hanno fatta, alla fine, a far passare la cosiddetta legge sul «femminicidio». Solo due giorni dopo il «sí» da parte della Camera, il decreto legge № 93 è stato approvato al Senato in modo pressoché unanime: 143 voti favorevoli e solo 3 contrari. L’iter del provvedimento s’inserisce, in verità, nella recente tendenza del Parlamento verso una produzione legislativa «simbolica», fondata sulla risposta «acchiappa-voti» alle pulsioni e alle emozioni della gente.
Dall’omofobia alla tragedia di Lampedusa, fino al fragore di questi giorni sul negazionismo, la sensazione è che i politici facciano a gara per far vedere d’essere «sul pezzo» e d’esser in grado, a colpi di leggi e di decreti, d’esorcizzare le paure.
Naturalmente, però, perché il Parlamento possa dare risposta a una paura, occorre che la paura sia prima creata — e qui entrano in gioco il cortocircuito tra politica e giornalismo e la costruzione «a tavolino» d’emergenze nazionali.
È quello che, purtroppo, è avvenuto in questi mesi sul «femminicidio». Dati alla mano, non esiste, in realtà, alcun’«emergenza femminicidio». L’Italia è uno dei Paesi piú sicuri al mondo per le donne: il numero di vittime femminili d’omicidi è molto basso, sia in termini assoluti sia in termini relativi, cioè rispetto al totale dei delitti. Solo il 23,9% delle persone uccise nel nostro Paese è di sesso femminile; contro, ad esempio, il 49,6% in Germania, il 49,1% in Svizzera, il 34,3% in Francia e il 33,9% nel Regno Unito.
Le donne sono piú numerose solo tra le vittime di delitti con movente relazionale/passionale. I casi riconducibili a questa categoria sono comunque limitati: si calcola che nel 2012 le donne uccise da uomini siano state 53 in piú degli uomini uccisi da donne. Non sono numeri su cui, sinceramente, si possa costruire un’emergenza sociale. O, meglio, se si costruisce su tali numeri, è appunto la conferma che si può costruire ovunque di volta in volta lo si ritenga utile.
Le ragioni per cui la nuova legge è sbagliata sono tante. Innanzitutto, sul piano culturale, la campagna sul «femminicidio» appare devastante, giacché assume il carattere d’una colpevolizzazione collettiva del genere maschile. Ed è paradossale che proprio quegli stessi settori d’opinione che reputano «razzista» rimarcare che un certo crimine è stato commesso da un immigrato (poiché «la violenza non ha colore») siano in prima linea nel definire la violenza in termini sessuati e generalizzanti.
Ma le nuove norme fanno paura anche sul piano piú strettamente giuridico. Come denuncia l’Ufficio delle Camere Penali, l’introduzione di figure come l’anonimato del denunciante, l’arresto obbligatorio per il reato di maltrattamenti in famiglia e l’espansione della cosiddetta flagranza differita «fa arretrare il Paese rispetto a elementari standard di civiltà giuridica che pensavamo acquisiti». Si tratta di figure «che ribaltano il principio costituzionale della presunzione d’innocenza, per di piú in una materia, quella dei rapporti familiari, che si presta ad accuse strumentali sulla base delle quali s’andrà in galera senz’alcun filtro preliminare».
Purtroppo, il principale effetto «pratico» della nuova legge starà proprio qui. La legge sul «femminicidio», infatti, quasi certamente non salverà vite umane. Chi vuol commettere un omicidio – circostanza che, del tutto incidentalmente, nel nostro ordinamento era già reato – difficilmente si farà scoraggiare da una legge in piú.
Ciò che, invece, la nuova legge sicuramente determinerà è un ulteriore sbilanciamento a sfavore degli uomini dei rapporti di forza nelle cause di separazione e di divorzio. In contesti dove la posta in palio è altissima – dall’affidamento dei figli all’assegnazione della casa – e dove spesso si giocano partite senza esclusioni di colpi, gli uomini diventeranno specialmente vulnerabili rispetto a ogni possibile accusa.
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Questo potrà portare all’incriminazione d’innocenti, o comunque a sentenze d’affidamento che incorporino inevitabilmente un maggior pregiudizio nei confronti degli uomini, oppure ancora a soluzioni apparentemente consensuali, ma dietro le quali è presente il ricatto piú o meno esplicito di possibili guai per l’uomo qualora si voglia mettere di traverso.
Insomma, il vero rischio è di disperdere tutto il lavoro condotto in questi anni, anche attraverso la parziale riforma dell’affido, per giungere a una gestione piú equa delle questioni del diritto familiare.
Non è possibile considerare l’argomento archiviato. È necessario, invece, passare vigorosamente al contrattacco, tanto sul fronte del garantismo quanto su quello dell’equità di genere.
PS:Dimenticavo:mi piacerebbe sapere chi sono quei tre senatori che hanno avuto il coraggio(finalmente!)di rischiare di essere additati al pubblico ludibrio femminista per aver avuto(finalmente!)il coraggio di votare contro e,se hanno un profilo da qualche parte,stringere loro virtualmente la mano.
Dall’approvazione della legge ci sono stati altri due omicidi di donne(mi rifiuto di usare il termine “femminicidi),uno lo stesso giorno,seguiti dai suicidi degli autori.A dimostrazione che questa legge,come era già prevedibile ed anzi da questo ed altri blog previsto,NON SERVE A NIENTE.Qualche giorno fa,in occasione della tragedia di Lampedusa ho sentito la Boldrini in televisione(e mi ha meravigliato che a lettori più attenti di me sia sfuggito e non ci sia stato alcun commento)dire che la repressione dell’immigrazione clandestina NON SERVE A NIENTE,e che bisogna capire le ragioni di questi disgraziati e delle tragedie che hanno alle spalle.Peccato che la sua stupidità,o meglio la sua disonestà intellettuale non le faccia valutare il-come ormai è chiamato-femminicidio con la stessa ottica.Quanti altri morti,uomini e donne,ci vorranno prima che i nostri politici si renano conto che il fenomeno necessità di ben altro che leggi repressive e misandriche,ma occorre-e lo dico chiaro-un ripensamento delle donne stesse SUI LORO COMPORTAMENTI,su la loro perdita di femminilità,su una aridità di sentimenti acquisita e mutuata dagli uomini di una volta,tanto da aver dato origine ad un ribaltamento dell’ingiustizia di genere?Questo mio modo di vedere il problema lo vogliono chiamare giustificazione del femminicidio?Addirittura apologia di reato?FACCIANO!Io non mi vergogno delle mie opinioni,perchè non solo ho sperimentato tutto ciò sulla mia pelle vivendo tanti anni ed esperienze,MA HO ANCHE ASSISTITO ALLE ESPERIENZE DI ALTRI UOMINI analoghe alle mie.E’ l’ora di dirlo chiaro e forte:tranne casi limite di uomini fuori di senno,residui di una mentalità antica(dei quali però chissa perchè si innamorano sempre),sono loro che causano queste tragedie con il loro egoismo e la loro insensibilità e il più delle volte lo fanno con uomini buoni e dolci,scatenando in loro la disperazione di una sensibilità non riconosciuta e umiliata.