Ue, von der Leyen eletta per 9 voti: ira leghista
POLITICA
Martedì 16 Luglio 2019
Von der Leyen, via allo spoglio del voto. No dei sovranisti, Lega: «È la degna erede di Junker»
Sarà la tedesca Ursula von der Leyen a guidare la prossima Commissione europea, divenendo così la prima donna nella storia europea a presiedere l'esecutivo comunitario. Dopo il via libera dei Ventotto, oggi a conferirle lo scettro è stato il Parlamento Ue che l'ha eletta - per il rotto della cuffia - successore di Jean-Claude Juncker con una maggioranza risicatissima di 383 voti a fronte di 327 contrari.
APPROFONDIMENTI
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Decisivi a suo favore sono stati i 14 eurodeputati del M5S, non organici alla maggioranza a Strasburgo, senza i quali le sarebbe mancato il quorum necessario di 374 voti. Al sì dei pentastellati si è contrapposto il no della Lega, con i partiti di governo in Italia che si sono quindi spaccati. A favore di Ursula si è espresso lo schieramento delle forze pro-europee rappresentato dal gruppo dei Popolari, di cui fa parte la tedesca, dai Socialisti e democratici e da Renew Europe, i liberal-centristi di Macron, ma in maniera tutt'altro che compatta.
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Tra i tre gruppi sono infatti mancati oltre una settantina di europarlamentari, fra franchi tiratori, che hanno cercato di impallinare la candidata, e schede bianche. Nel luglio del 2014 Jean-Claude Juncker fu eletto con una maggioranza ben più comoda: 422 sì e 250 contrari. Poco prima del voto i socialisti avevano annunciato che avrebbero dato il loro assenso a Ursula. Ore prima il capodelegazione del Pd Roberto Gualtieri aveva annunciato l'ok del Partito democratico. Ma soprattutto nel gruppo S&D sono covati i mal di pancia, con molte delegazioni nazionali - a partire da quella tedesca, ma anche francese, olandese, austriaca, greca e belga - contrarie alla conferma di von der Leyen. Sulla linea del sì s'erano assestati anche i Liberali mentre il gruppo dei sovranisti Identità e democrazia - di cui fa parte la Lega, il partito di Marine Le Pen e i tedeschi di Afd - alla fine non si è spaccato e ha bocciato compatto la futura inquilina di Palazzo Berlaymont. Chiusura verso la candidata presidente fin dall'inizio era stata espressa anche dai Verdi e dalla sinistra Gue.
«Mi sento molto onorata, la fiducia che riponete in me la riponete nell'Europa, un'Europa forte e unita da est a ovest, da nord a sud, pronta a combattere per il futuro invece che contro sé stessa», ha detto subito dopo l'ok di Strasburgo la von der Leyen, che domani si dimetterà dal suo incarico di ministro della Difesa in Germania. «Il compito che dovrò affrontare pesa su di me ed il mio lavoro comincia adesso», ha aggiunto, ringraziando tutti i membri del Parlamento europeo che l'hanno eletta. Tra i punti del suo programma la lotta al cambiamento climatico, con la presentazione di una svolta verde per l'Europa nei primi cento giorni del suo mandato, un nuovo patto sui migranti ma con l'obbligo dei salvataggi in mare e la promessa di un salario minimo in tutti i Paesi Ue.
Nel discorso fatto in mattinata, l'ultimo sforzo per convincere l'emiciclo di Strasburgo, von der Leyen aveva esordito ricordando la figura di Simone Veil, prima donna eletta presidente del Parlamento Ue, chiedendosi come oggi si possa perpetuare la sua visione. «Chi vuole indebolire questa Europa troverà in me una dura nemica», ha poi avvertito, insistendo al contrario su un rafforzamento dell'Europa. Poi si è detta disposta a garantire una proroga della Brexit, «nel caso fosse necessario più tempo per motivi validi», ricordando infine che sarà sua cura garantire la parità di genere nella sua Commissione.
Con il voto di oggi si apre formalmente la partita dei commissari, con la Lega che ora si ritrova nel delicato compito di convincere la nuova presidente ad accettare un suo esponente pur avendole votato contro. Tra i primi segnali della sua presidenza, l'addio del tanto discusso segretario generale della Commissione europea, il tedesco Martin Selmayr, che lascerà il suo posto a Palazzo Berlaymont «alla fine della prossima settimana»: due tedeschi al vertice dell'eurogoverno sarebbero stati decisamente troppi.
Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 13:54
Decisivi a suo favore sono stati i 14 eurodeputati del M5S, non organici alla maggioranza a Strasburgo, senza i quali le sarebbe mancato il quorum necessario di 374 voti.
Guardate, io di solito non parlo di politica e di politici, proprio perché so che questo è un argomento che va a toccare i nervi (scoperti) altrui, ma oggi mi girano veramente i coglioni.Non sei l'unico. E' da decenni che va avanti questa storia.
A Bruxelles i dati sono tratti e la carica più alta, nel caso in cui il Parlamento europeo confermi l’esito degli accordi raggiunti in Consiglio Ue, viene consegnata a Ursula Von Der Leyen, molto vicina ad Angela Merkel e Wolfgang Schäuble, tanto che il suo nome era il più accreditato per la corsa alla presidenza Cdu e alla cancelleria, posto in seguito preso da Annegret Kramp Karrenbauer.
Entrata piuttosto tardi in politica, i trascorsi della 60enne tedesca sono caratterizzati da luci e ombre. Innegabili i successi al ministero della Famiglia e a quello del Lavoro, con una particolare dedizione alla protezione dei lavoratori, ai congedi parentali e ai sussidi per i neogenitori. Un po’ più difficile la storia al dicastero della Difesa, dove siede dal dicembre 2013. L’obiettivo dichiarato era quello di riformare completamente la Bundeswehr, l’esercito tedesco, carente di armamenti, tecnologiae finanziamenti.
Da subito in difficoltà per la riluttanza della catena di comando dell’esercito, con gerarchie profondamente radicate e una avversione piuttosto forte al cambiamento, la Von Der Leyen aveva ottenuto carta bianca per rinnovare l’istituzione e portarla, per la prima volta dopo la guerra fredda, al livello degli altri eserciti europei. Ma prima un passo falso nella gestione di un complicato caso di estremismo di destra di un alto ufficiale, poi un sospetto caso di corruzione e nepotismo, hanno rovinato l’immagine dell’astro della politica tedesca. Tanto che il settimanale “Die Welt” si chiede se questa sia la migliore mossa per riformare l’Europa.
Lo scandalo approvvigionamenti – Dall’entrata di Von Der Leyen al dicastero della difesa si è fatto sempre più comune il ricorso a consulenze esterne e a contratti diretti per velocizzare gli approvvigionamenti da parte dell’esercito. Solo nel 2015 e nel 2016 sono stati spesi almeno 200 milioni di euro per consulenti esterni. Per riformare l’esercito tedesco la Von Der Leyen assunse Katrin Suder come segretario degli armamenti. La donna era stata in precedenza una top manager presso la società di consulenza McKinsey. Suder, portò con sé un suo collega di McKinsey, Gundbert Scherf. Insieme i due istituirono un nuovo project management per i progetti di difesa. Durante questo periodo, aumentò considerevolmente il ricorso alle consulenze esterne. Non solo da McKinsey, ma anche da Accenture, nota società di consulenza gestionale e servizi tecnologici. Così, solo le spese per Accenture passarono velocemente dai 459mila euro del 2014 a 4,2 milioni nel 2017 e 20 milioni nel 2018.
I fatti avrebbero portato ad una verifica da parte della Corte dei conti tedesca e all’apertura di una commissione d’inchiesta al Bundestag per appalti illeciti, dove le sedute si stanno svolgendo in questi giorni. La Corte dei conti federale, infatti, ritiene che tali spese non fossero necessarie e critica il fatto che spesso le direttive sugli appalti pubblici non siano state rispettate.
Il principio è quello che quando la Bundeswehr commissiona servizi esterni, deve dimostrare la necessità, controllare la redditività e, di norma, anche renderli pubblici in ottica concorrenziale. Tuttavia, è stato riscontrato che ciò non è avvenuto in diversi casi. In un rapporto confidenziale dell’ottobre 2018, secondo il quotidiano economico Handelsblatt, i revisori dei conti constatano che su un campione di 56 contratti 44 assegnazioni erano dirette, ossia senza una procedura formale.
Nel corso della sua audizione dinanzi alla commissione d’inchiesta del Bundestag incaricata di far luce sulla vicenda, il generale Erhard Buehler, già direttore per la Pianificazione del ministero della Difesa, e anch’egli coinvolto nella vicenda, ha affermato che “senza consulenti esterni, le forze armate non sarebbero state in grado di avviare il loro ammodernamento”, fortemente desiderato dalla titolare del dicastero.
Il generale Buehler e Timo Noetzel, dipendente della società di consulenza Accenture, sono stati i primi testimoni chiave dello scandalo consulenze ad essere ascoltati dalla commissione d’inchiesta del Bundestag. Secondo i membri dell’organo parlamentare, grazie ai servizi offerti al Ministero della difesa, Accenture ha potuto aumentare gli ordini delle consulenze fino a 22 milioni di euro nel 2018.
Tutto ciò sarebbe stato reso possibile dal fatto che il generale Buehler, Noetzel e Katrin Suder, “si conoscevano”. In seguito all’emergere dello scandalo Katrin Suder si sarebbe dimessa. A questo caso si aggiunge un altro minore, quello della Gorch Fock, veliero militare tedesco risalente agli anni 50’, il cui costo di “ristrutturazione” è lievitato da 10 a 135 milioni di euro e per il quale la ministra non si è mai assunta le responsabilità, dichiarando che “nessuno è responsabile”, attirando le accuse dei media e di membri dell’opposizione e del proprio partito.
Infine, le critiche di alcuni parlamentari ed ex ministri della difesa, come Hans-Peter Barthel in carica Spd, che in un rapporto avrebbe detto che la Bundeswehr mancherebbe di personale, materiali e tecnologia, al quale fa eco Rupert Scholz, ex ministro della difesa nel terzo governo Kohl, che ha definito la situazione “disastrosa”.
Le accuse di plagio e il sollievo di Berlino – In merito ai propri fallimenti, Von Der Leyen ha sempre accusato i suoi predecessori, ma questa strategia poteva funzionare al primo mandato, dopo il secondo una giustificazione è più difficile. E proprio con uno dei suoi predecessori alla difesa, Karl-Theodor Zu Guttenberg, la candidata in pectore per la Commissione europea condivide un’accusa di plagio sulla tesi di dottorato. Il primo fu costretto a dimettersi dopo un lungo processo mediatico e le accuse ricevute da parte della propria università. Alla Von Der Leyen venne riservato un altro trattamento. Infatti, la commissione riconobbe l’errore dichiarando l’assenza di dolo.
Ma non sono solo le macchie sul passato a mettere in cattiva luce la ministra, ma anche l’opinione dei giornali. In un lungo articolo del settimanale “Die Welt” si legge che l’invio di Von Der Leyen a Bruxelles sarebbe “una liberazione per Berlino” e “un peso in meno per il proprio partito”. Infatti, in seguito ai vari fallimenti, la ministra è diventata uno dei membri meno apprezzati del governo Merkel IV. Non ultimo Martin Schulz, ex presidente dell’Europarlamento, che ha definito la Von Der Leyen “il ministro più debole a Berlino”. A questo punto la domanda è quanto una donna che abbia fallito su diversi fronti e non sia poi tanto apprezzata in patria, possa provare a riformare un’istituzione che è in seria difficoltà ed è attaccata da diversi fronti.
per Frank: io non me la prendo per quello che hai scritto tu; me la prendo con la boiata che hanno fatto ieri loro. Gli errori fatti in buona fede secondo me sono sempre scusabili. All'inizio, il M5s mi aveva suscitato delle speranze, se non di cambiamento, almeno di un pò di pulizia. Che diamine, di tanto in tanto qualche illusione bisogna pure averla per non sprofondare nel cinismo e nella disperazione. O no?
Sì, Massimo, capisco bene cosa vuoi dire.
Anche se io, ormai, di illusioni non me ne faccio più.
Quella che stiamo (virtualmente) combattendo è una guerra già persa, che non vinceremo mai.
Siamo arrivati al colpo finale: se chiudono l’Ilva, i 5 Stelle hanno assolto il loro compito.
NOTA BENE ho linkato un articolo del blog di Stasi perche' siccome la notizia e' fresca non ho trovato un altro blog antifemminista che spiegasse bene la notiziaCi mancherebbe, se solo anche lui linkasse noi...
di Maurizio Blondet*
Poche parole bastano: nella votazione UE, abbiamo dimostrato davanti a tutti i nemici quel che cantiamo nell’inno anti-nazionale: che “non siam popolo, siamo divisi e perciò saremo calpesti e derisi”.
I 5 Stelle non hanno alcuna capacità di formulare un concetto qualunque di “Interesse nazionale”: sono la Lega Sud particolarista, più vogliosa di assestare una pugnalata al cosiddetto “alleato di governo” che mostrare unità. Ovviamente ne subiremo le conseguenze per anni.
Alcuni dei parlamentari grillini che hanno espresso la preferenza per Ursula Von der Leyen
Perché vediamo al confronto i tedeschi
Non hanno solo la giovane dura, fanatica anti-sovranista Von Der Leyen al posto del senile ubriacone Juncker.
I tedeschi già occupano una serqua di presidenti indipendenti dal Parlamento:
la Banca Europea d’Investimento (BEI) – Werner Hoyer
La Corte dei Conti europea – Klaus-Heiner Lehne
Meccanismo Europeo di Stabilità – Klaus Regling –
insomma le casse e i soldi
Occupano tre segretariati generali su quattro:
Quello della Commissione
Del Servizio Europeo di Azione Estera
Quello del Parlamento Europeo
Quest’ultimo è occupato da Klaus Welle, uomo di partito (Merkel) inchiodato a quel posto da dieci anni, è lui che guida tutta l’amministrazione dell’assemblea e dei suoi 8 mila funzionari e quindi dispone di tutto l’apparato burocratico che è il vero motore anti-sovranista, capace di tutto dietro le quinte.
Ancora tedesche sono le tre presidenze più importanti
affari esteri, commercio internazionale, agricoltura. Persino i francesi sono stati espulsi dai posti che veramente contano: hanno la Lagarde alla BCE, di cosa debbono lamentarsi? Il resto se lo accaparrano i germanici e i germanofoni, gli anseatico-finlandesi. Gli stati di 5 milioni di abitanti che, come è noto e comprovato, sono i cani da guardia di Berlino e i custodi delle sue imposizioni economiche al Sud.
Infine, scrive Coralie Delaume:
molti tedeschi si spartiscono i posti di coordinatori di commissione, poco visibili al pubblico ma cruciali perché sono loro che ripartiscono il lavoro parlamentare. Otto coordinatori di commissione del Parlamento sono germanici contro un solo francese. Sei coordinatori Verdi sono tedeschi contro un solo francese.
Ora, credete che questi tedeschi, ancorché di vari partiti e provenienze, si divideranno su qualche tema, in Europa? No. Saranno un blocco unitario impenetrabile da divisioni e distinguo: nella UE, agiscono da “tedeschi” non da verdi, socialisti, CDU.
E a noi è stato dato al posto di Tajani
il presidente del Parlamento: David Sassoli, una mezza figura, scelto perché possa dimostrare tutto il suo odio virulento verso il governo del paese da cui viene, e favorire la sua fazione contro l’interesse nazionale.
David Sassoli, alfiere del PD in Europa
Vorrà dimostrare ogni volta che potrà, quanto lui odia Salvini, e come desideri stangare “i populisti” italiani. Sarà il più utile alleato dei germanici, essendo il suo scopo rimettere al governo dell’Italia il Partito che ha chiuso un occhio sulla mafia nigeriana e sostenuto la politica di rovina economica di Mario Monti – e continua ad essere votato dal 20 per cento degli italiani. Ed ora può sperare di tornare al governo con la Lega Sud grillino-arretrata.
E’ storia antica che si ripete. Tanto ripetitiva che non vale la pena di spenderci altre parole. Saremo calpesti e derisi dagli stranieri, perché ce lo siamo voluto.
*Articolo pubblicato dietro gentile concessione dell’autore
Poche parole bastano: nella votazione UE, abbiamo dimostrato davanti a tutti i nemici quel che cantiamo nell’inno anti-nazionale: che “non siam popolo, siamo divisi e perciò saremo calpesti e derisi”.
I 5 Stelle non hanno alcuna capacità di formulare un concetto qualunque di “Interesse nazionale”: sono la Lega Sud particolarista, più vogliosa di assestare una pugnalata al cosiddetto “alleato di governo” che mostrare unità. Ovviamente ne subiremo le conseguenze per anni.
Certo che Sassoli è veramente il fondo (per ora).
Il M5S è nato male, dare fiducia a un buffone per riformare un Paese è stato un errore imperdonabile.
Non sempre serve: diversi Paesi sono infestati da raccomandati del PD in dottorato di ricerca (anche ben dopo i 30 anni), ormai gli unici a fare carriera all'università.
Di recente a Londra, uscendo da una piscina comunale mi imbatto in una fiorentina con la solita spocchia che mi si appiccica (pioveva come al solito in UK ma quel genio di donna non aveva l'ombrello) e comincia a raccontarmi l'epopea dei suoi dottorati e borse di studio (pagate da chi?) in storia dell'arte con tanto di corsi di teatro. Sicuramente una femminista. Dopo cinquanta metri già non ne posso più (mio attuale record con una donna) e le dico che devo cambiare strada, mollandola sotto l'acqua.