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Dialoghi => Pars Construens => Movimento Maschile Italiano => Topic aperto da: COSMOS1 - Ottobre 02, 2012, 14:06:57 pm

Titolo: Il Manifesto
Inserito da: COSMOS1 - Ottobre 02, 2012, 14:06:57 pm
Stop al massacro del maschile: è giunta l’ora 
Con la presente intendiamo attuare un’informazione di contrasto alla propaganda mistificatoria  inerente la violenza sulle donne. Evidenziando falsità e manipolazione dei relativi fatti di cronaca, attraverso dati statistici, diffusi in maniera sproporzionatamente ridicola – senza alcun riscontro – da parte di esponenti politici di vario livello, giornalisti e sedicenti “esperte”, con un rinnovato martellamento mediatico senza precedenti.
Tale propaganda mira a radicare nell’immaginario collettivo l’idea di un ambiente domestico scenario di delitti e terribili violenze, dove vittima è sempre e solo la donna mentre il carnefice è esclusivamente di sesso maschile.
Sulla base della più grande mistificazione mediatica e politica mai avvenuta dal dopoguerra ad oggi,  una proiezioni statistica dei risultati scaturenti da un sondaggio telefonico effettuato nel 2006 su 25.000 abbonate – v. www.istat.it (http://www.istat.it/), commissionata dall’allora Ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini, da allora ci vengono svelate cifre  inquietanti quanto sospette: oltre sei milioni (qualcuno ha sparato 14 milioni) di donne hanno subito violenza da parte di un partner o altro familiare, di cui la metà stuprate
La nota metodologica del sondaggio chiarisce che le domande poste alle intervistate evitano volutamente  riferimenti espliciti alla violenza fisica o sessuale, ma invitano le stesse a “descrivere concretamente atti e/o comportamenti in modo di rendere più facile alle donne aprirsi”. Ciò per evitare una sottostima del fenomeno, “[...] sottostima che può essere determinata anche dal fatto che a volte le donne non riescono a riconoscersi come vittime e non hanno maturato una consapevolezza riguardo alle violenze subite”. Non sono quindi le donne intervistate ad aver denunciato violenze subite, bensì le loro descrizioni sono poi state catalogate in varie fattispecie di “violenza”.
Cosicché l’attenzione sessuale  diventa molestia, l’esercizio consensuale del sesso coniugale da parte del partner  diventa stupro, un banale litigio diventa violenza fisica, una critica al vestito o alla pettinatura é considerata violenza psicologica, un blando rifiuto diventa limitazione della libertà personale, la necessità di chiarire situazioni ambigue diventa violazione della privacy, la richiesta di una equa distribuzione delle risorse familiari diventa ricatto economico.
I dati del sondaggio  assunti poi come “scientifici” – ripetiamo: 25.000 interviste telefoniche “guidate”– oltreché proiettarsi statisticamente sull’intera popolazione femminile italiana di età 16-59 anni, sono costruiti  in funzione esclusiva di uno spettacolare allarmismo, e dunque sottratti al rigore della prova dei fatti.
Tale metodologia è già stata adottata nel decennio scorso in altri Paesi Europei ed occidentali, e fortemente contestata da femministe storiche dotate di un certo spessore intellettuale (ad es. Francia: vedi  Elisabeth Badinter – Il percorso sbagliato).
L’attuale e rinnovata propaganda mediatica sui recenti fatti di sangue che ha coinvolto alcune donne, oltre a propinarci dati mistificati, azzarda anche impressionanti confronti: la violenza domestica sarebbe la causa principale di decessi ed invalidità, prima del cancro e degli incidenti automobilistici.
Invece i delitti familiari che registrano una donna come vittima ad opera di un familiare si contano annualmente in numero di 60 a fronte di oltre 10.400 decessi femminili  conseguenti malattie cancerogene (per un totale di oltre 18.000 considerate tutte le patologie – v. Istituto Superiore di Sanità) e 600 per incidenti stradali.
L’imperizia  nel documentarsi  e spesso la malafede  di buona parte dei media non fanno che alimentare il fiume di denaro pubblico utilizzato per sostenere i Centri antiviolenza e le cariche pubbliche finalizzate a trattare la supposta “violenza” alle donne.
Il 25 novembre scorso – data dichiarata dall’ONU quale Giornata Internazionale contro la Violenza alle Donne – le femministe italiche assunsero ad icona vittimista la  figura di Adama, una donna africana che denunciò stupri e violenze e conseguente inadeguatezza delle indagini di polizia. Dopo mesi di “tutela” presso un Centro protetto  a spese dei contribuenti, la magistratura forlivinese non solo ha archiviato la denuncia della donna, totalmente inventata per evitare l’espulsione, ma l’ha querelata per una sfilza di reati tra cui falso e calunnia. (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/28/divenne-simbolo-della-violenza-sulle-donne-inventata-tutto/212293/ (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/28/divenne-simbolo-della-violenza-sulle-donne-inventata-tutto/212293/))
Le donne quando veramente vittime, lo sono non solo per mano maschile: da Avetrana fino all’ultima cronaca di oggi – moglie che uccide a fucilate marito e figlia in Calabria – passando per tutti gli altri delitti spesso censurati per richiesta di parlamentari femministe – si evince una realtà drammaticamente diversa.
Al tempo stesso si ignora volutamente la violenza materna – figlicidi ed infanticidi di cui non si riesce più a tenere il conto – nonché la partecipazione ad episodi di abuso sessuale che attestano il medesimo potenziale di brutalità. (Città di Castello:http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/bimba-castello/bimba-castello/bimba-castello.html).

Mai slogan fu più veritiero: l’assassina ha le chiavi di casa.
Raramente allo stesso reato si conferisce un carattere penale quando a commetterlo sono delle donne: ciò mette in pericolo l’immagine che hanno di se stesse, e  si tende a giustificarle –  talora a legittimarle – con argomenti che rasentano il grottesco.
Le omesse inchieste europee informano che il 20% delle violenze domestiche sono rappresentate da mogli che picchiano i mariti. Al punto che Germania, Svizzera, Spagna e Belgio da tempo hanno inaugurato  rifugi per uomini vittime di percosse ed altre violenze femminili. La Gran Bretagna si sta attrezzando.
E l’Italia? L’argomento è tabù!
Da noi l’unica indagine esistente è stata effettuata dalla GESEF (www.gesef.org (http://www.gesef.org/)) nel 2006 su un campione di genitori che si sono rivolti alle sue strutture per aiuto e supporto, ripresa l’otto marzo scorso dalla ADNKRONOS(http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Donne-che-odiano-gli-uomini-50mila-maschi-maltrattati-ogni-anno_313065487518.html (http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Donne-che-odiano-gli-uomini-50mila-maschi-maltrattati-ogni-anno_313065487518.html) ).
Attesta  che nell’ambito del conflitto separativo un marito su tre è fatto oggetto di denunce per abuso sessuale sui figli o sulla partner, finalizzate ad allontanarlo definitivamente dai figli. Denunce che risultano sistematicamente false in oltre l’80% dei casi – come confermato da alcuni magistrati –  ma la cui prassi giudiziaria provoca conseguenze devastanti sia sul piano psicologico che economico degli accusati. Rileva altresì che oltre il 50% dei mariti ha subito violenze fisiche di varia natura ed entità.
Analoga percentuale si rileva da imponenti studi effettuati negli USA ed altri Paesi anglosassoni: le violenze domestiche sono agite e subite in maniera paritaria tra uomini e donne, anche se queste ultime eccellono per  violenza psicologica e provocatoria.
Mentre in tutto il mondo infanticidio e  figlicidio restano primato assoluto delle donne.
A parte le associazioni di genitori separati, nessuno si è mai posto lo scrupolo di richiedere all’Istat analoga ricerca concernente la violenza subita dagli uomini in ambito domestico.
Le ventilate prossime iniziative a contrasto delle violenze sulle donne, tendono non solo a riaffermare l’idea che qualunque uomo tra le pareti domestiche è un potenziale assassino. Ma che anche l’omicidio per rapina, interessi economici e addirittura un investimento stradale debbano includersi nella violenza di genere: ossia il femminicidio
Gli slogans esibiti ed urlati nei vari siti e blog sono  una rifiorescenza della colorata e mistificata campagna  veterofemminista anni ’70, ovvero una vera e propria offensiva misandrica divenuta ormai di regime .
Viene chiamata in causa non la violenza esercitata da singoli delinquenti, ma quella collettiva che pervaderebbe culturalmente l’intera popolazione maschile.
Un attacco dunque, contro gli uomini e contro la famiglia.
La violenza più subdola  sta nella campagna di discriminazione e criminalizzazione aprioristica. Mirata a far digerire normative e prassi giudiziarie limitanti la libertà individuale, che decretano il definitivo ritorno alla presunzione di colpevolezza ed al processo inquisitorio. Il cui scopo è quello di porre ciascun uomo – anche delle future generazioni – in una condizione di sudditanza psicologica, emotiva e morale di fronte al potere indiscutibile della percezioni femminile, in base alla quale viene definita la liceità o meno di qualunque comportamento maschile. Condizione che – stante l’assenza di contraddittorio e possibilità di difesa – induce alla disperazione i soggetti più deboli e ne fomenta risposte incontrollate e brutali.
Le recenti riproposizioni di finanziamenti (soldi dei contribuenti perlopiù uomini) per contrastare la violenza sulle donne è parte integrante del progetto e sono perciò destinati  ai gruppi femministi  (centri antiviolenza, comitati pari opportunità, ecc) da cui è partito il parossistico allarme sociale appositamente ingegnato e la conseguente proposta di mobilitazione di piazza.
Che suona come un oltraggio spudorato ed arrogante a fronte delle problematiche che le famiglie italiane – afflitte dal caro vita, dal caro mutui, dal precariato, dalla disoccupazione, dalla carenza di asili nido e dalla insicurezza urbana – si trovano ad affrontare.
La crisi economica – questa si che è reale – allunga quotidianamente la lista di vittime (più di 30 uomini dagli inizi dell’anno), colpendo operai, impiegati, pensionati e senza lavoro, ma anche imprenditori, (http://www.adnkronos.com/IGN/News/Economia/Unazienda-su-due-chiude-nei-primi-5-anni-Da-inizio-2012-23-suicidi-di-imprenditori_313203235551.html)  raggiungendo un tasso vicino a quello della Grande Depressione (http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Crisi-tasso-dei-suicidi-come-nella-Grande-Depressione-+20-in-pochi-anni_313256938711.html).
Dal primo gennaio ad oggi 3 maggio, solo nel mondo del lavoro, sono morti 164 uomini (uno proprio nel giorno della festa del 1 maggio) e 325 lavoratori maschi sulle strade e in itinere (stima minima dell’Osservatorio Indipendente di Bologna  http://cadutisullavoro.blogspot.it/ (http://cadutisullavoro.blogspot.it/) ). 
La violenza quindi non ha sesso:  si combatte attraverso l’equilibrata e puntuale applicazione delle norme vigenti, interventi preventivi adeguati che riconoscano le problematiche di entrambe le parti in conflitto, dialogo e confronto culturale.
L’arma della colpevolizzazione, umiliazione e vilipendio dell’intero genere maschile non vi pone alcun rimedio: è finalizzata invece ad alimentare l’odio sociale, la guerra tra i sessi, l’insicurezza delle donne da poter così convogliare sotto la “tutela” di avvocate e psicologhe dei centri antiviolenza, l’annichilimento degli uomini da “rieducare”, l’isolamento affettivo degli individui.
Un’arma funzionale solo all’affermazione del potere politico-burocratico-istituzionale e l’ottenimento di maggiori finanziamenti pubblici da parte di una esigua ma fluentissima schiera di militanti, spinte da  torpori di rivalsa distruttiva. Che sfruttano abilmente debolezze ed opportunistiche convenienze delle donne – fregandosene altamente delle loro reali sofferenze – per dirigere la società verso il definitivo sfacelo delle relazioni uomo-donna, e di conseguenza della famiglia così come storicamente intesa.
L’insieme dei seguenti movimenti maschili -  attraverso la Campagna del Fiocco Blu -  si oppone a questo progetto attivandosi per far emergere verità mistificate, sottaciute e censurate.
Auspichiamo pertanto una nuova fase di impegno istituzionale – più sensibile e collaborativo versotutte le espressioni dell’associazionismo – orientato a liberare la nostra società da questa cappa di odio sessista, per ricostruire la relazione uomo/donna all’insegna del reciproco rispetto e valorizzazione dei ruoli sociali e familiari,  nell’uguaglianza dei doveri e delle responsabilità.
Per restituire dignità ad entrambi i Generi, alla Famiglia ed ai nostri Figli.
Roma 3 maggio 2012.
Armando Ermini. Maschi Selvatici.(www.maschiselvatici.it (http://www.maschiselvatici.it))
Rino della Vecchia. Uomini 3000(www.uomini3000.it (http://www.uomini3000.it)).
Vincenzo Spavone. Mo.Mas. (www.movimentomaschile.org (http://www.movimentomaschile.org))
Elvia Ficarra. Gesef, Genitori Separati dai Figli.(www.gesef.org (http://www.gesef.org))
 
Titolo: Re:Il Manifesto
Inserito da: Alberto86 - Ottobre 04, 2012, 12:29:19 pm
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