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In rilievo => Osservatorio sul Femminismo => Osservatorio sui Femministi => Topic aperto da: Angelo - Aprile 23, 2015, 13:54:42 pm

Titolo: Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Angelo - Aprile 23, 2015, 13:54:42 pm
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2015/04/23/news/quando_in_guerra_combattono_le_donne-111941534/?ref=HREC1-19

QUANDO IN GUERRA COMBATTONO LE DONNE

Sei paesi europei, assieme all'Italia, hanno una ministra della Difesa. I peshmerga kurdi, in battaglia, si affidano sempre più ai battaglioni femminili. Come decine di milizie più o meno regolari sparpagliate nel mondo. Perfino gli Usa, che si sono sempre opposti alla loro presenza in prima linea, hanno accolto le prime candidate alla scuola d'élite dei Ranger. Una tendenza che si basa sui risultati. Le soldatesse sono più decise e affidabili. Mettono in soggezione il nemico. Ci credono anche gli jihadisti dell'Is: relegano le donne nell'ombra ma poi sul web esaltano la loro brigata

di GIAMPAOLO CADALANU, PETER D'ANGELO, ALBERTO FLORES D'ARCAIS e dal nostro corrispondente FABIO SCUTO. Con un commento di VITTORIO ZUCCONI .

Un pregiudizio che resiste tra le stellette

di GIAMPAOLO CADALANU
ROMA - Per una donna è più facile ordinare una guerra che combatterla in prima persona. Nel 1982, durante la guerra delle Falklands, al numero 11 di Downing Street, c'era la signora di ferro, Margaret Thatcher, a comandare l'offensiva contro gli argentini. A battersi in prima fila sotto la bandiera di Sua Maestà per riconquistare l'arcipelago, però, donne non ce n'erano. Anche trent'anni dopo, oggi che le Forze Armate dei Paesi occidentali hanno aperto i ranghi al sesso femminile, per una donna sembra quasi più facile arrivare a posizioni di potere che andare al fronte. Basta guardare all'Europa: hanno affidato a una donna il ministero della Difesa Italia, Germania, Norvegia, Olanda, Albania, Montenegro. Ma in combattimento, no. Sembra quasi una logica da film bellico di terza categoria: dove fischiano le pallottole non è posto per signore. Persino i libri di storia confermano il pregiudizio: le eroine capaci di affrontare la morte senza paura non mancano, ma per molte di loro l'unica strada percorribile è quella di fingersi uomini.

Doppio sforzo. Luogo comune o pregiudizio puro e semplice che sia, resta ancora consolidato al giorno d'oggi. L'altra metà delle stellette deve farsi largo a fatica, con il doppio dello sforzo. Arriva a comandare brigate, a pilotare navi o cacciabombardieri, a strappare l'ingresso nelle Forze speciali, ma in Occidente resta spesso accolta con un filo di condiscendenza dai commilitoni più tradizionalisti. Per limitare l'accesso delle donne alle posizioni più rischiose, cioè alle occasioni di combattimento, viene spesso citato il timore che i soldati maschi siano distratti dai loro compiti perché istintivamente sono portati a proteggere le colleghe. Apparentemente, all'origine di questa vicenda sembra esserci una citazione di Edward Luttwak, ripresa ampiamente dai circoli conservatori americani e basata, sostiene lo storico militare, sulle esperienze riferite dai militari israeliani durante la Guerra arabo-israeliana del 1948. In realtà questo comportamento incoerente non è mai stato evidenziato da esperimenti scientifici. E questo vale anche per gli altri luoghi comuni, come il presunto crollo psicologico degli uomini se vedono una donna ferita o uccisa.

Ma ci sono Paesi dove questi pregiudizi non vengono considerati, dove cioè le soldatesse rivestono anche ruoli di combattimento. Spesso il via libera alle donne arriva da motivazioni strategiche, cioè in Paesi che hanno estremo bisogno di militari per motivi storici e politici: Eritrea, Corea del Nord, la stessa Israele. Ma va sottolineato che il ruolo femminile è ancora più significativo nelle situazioni di scontro asimmetrico o non convenzionale. In altre parole, se gli eserciti delle nazioni sviluppate seguono regole rigide, evitando alle soldatesse l'impegno nelle situazione rischiose, gli schieramenti guerriglieri e le formazioni terroriste non si fanno troppi problemi. La tendenza era emersa già durante la guerra del Vietnam, per poi diventare comune nelle guerriglie moderne. Persino quando sono coinvolte fazioni che fanno riferimento alla religione islamica, il tradizionale ruolo subalterno della donna viene spesso dimenticato in favore dell'efficacia bellica. Le notizie degli ultimi mesi lo confermano: servono guerrieri per difendere Siria e Iraq, o almeno le province curde. E le donne peshmerga rispondono all'appello. Anche dall'altra parte, cioè fra le file del sedicente Stato islamico, ci sono combattenti con il velo. Insomma, se si tratta di apertura alle soldatesse, anche l'orda di Abubakr al Baghdadi appare più moderna delle Forze armate d'Occidente.

Ha deciso la storia, non gli ormoni

di VITTORIO ZUCCONI
WASHINGTON - Da quando la principessa Olga di Kiev ebbe, mille e più anni or sono, l'idea del primo bombardamento incendiario aereo della storia lanciando piccioni e passeri con stracci infuocati legati alle zampe su un villaggio che le stava antipatico, il rapporto fra le donne e la guerra ha aperto una serie di interrogativi e di dubbi mai più risolti. Se le donne governassero il mondo ci sarebbero più o meno guerre? Le femmine della nostra specie sono spietate carnefici come Olga di Kiev o angeli delle trincee come l'inglese (nata in Toscana) Florence Nightingale, creatrice della figura moderna dell'infermiera?

Che le donne siano, o possano essere soldati, eroici soldatacce peggiori dei commilitoni maschi come le immagini disgustose delle torture nel carcere di Abu Grahib ci mostrarono, non sembra dubitabile. E' evidente che le tecnologie applicate alla guerra, dall'impiego della polvere da sparo ai computer che hanno minimizzato e poi annullato l'importanza della forza fisica, rende la pilota femmina di un bombardiere Stealth esattamente letale come un pilota maschio. E gli ormoni, o il pariglio/spariglio dei cromosomi X e Y, non sembrano una barriera organica contro l'irrazionalità del fanatismo suicida od omicida.

Ma il vero, definitivo annullamento di ogni distinzione tra maschi e femmine nel rapporto con la guerra è avvenuto 75 anni or sono, con la Seconda Guerra mondiale. Nella montagna di 60 o più milioni di vittime che l'applicazione indiscriminata del terrore sui civili sulle città nemiche e nell'olocausto di massa introdotto dal Nazismo produsse, ogni donna è divenuta un legittimo obbiettivo militare. E il passaggio dall'essere nel mirino di altri o di essere la persona che osserva il bersaglio attraverso il mirino era inevitabile. Se il genere non protegge le vittime, le vittime non si sentiranno vincolate dal genere. La guerra, come ogni altra attività umana, è diventata una scelta.

E la principessa Olga, colei che incendiò un villaggio, fu poi fatta santa.


Kurdistan, così hanno travolto l'Is

di PETER D'ANGELO
KURDISTAN OCCIDENTALE - Gli scontri vanno avanti incessantemente, le armi sono contingentate. Trasmettere coraggio, è dura. La metà sono ragazze, giovanissime, tra i 19 e i 28 anni per la maggior parte. Divise improvvisate, scarpe da corsa, niente anfibi. Eppure il morale è sempre alto. "Nell'ultimo villaggio liberato  -  inizio marzo, nord-est della Siria - abbiamo sottratto all'Is: 3 veicoli armati, 5 veicoli corazzati  tipo Hammer, 7 pick-up, 3 camion militari, 1 carro armato, 2 minibus, 1 ambulanza, 2 motociclette, due veicoli carichi di esplosivi TNT per gli attentati esplosivi".
È una guerra di posizione, gomito a gomito, corpo a corpo. "Il mio nome è Xabur Efrin, ho 22 anni, il mio battaglione ha riconquistato la città di Til Hemîs strappandola all'Is". La città di Til Hemîs nel cantone di Cizîrê nel Rojava, Kurdistan occidentale, è stata completamente liberata. Una rivoluzione nella rivoluzione: qui le donne sono alla testa della guerriglia, la cultura curda è frutto di una rivoluzione femminista che dura da 40 anni. È un avamposto del socialismo internazionale, si dice da queste parti, tanto da attrarre altre donne da tutto il mondo che qui, tra le lande della Mesopotamia, coltivano la culla della civiltà per edificare un futuro che nutra la figura della donna come protagonista e non vittima. Ci sono donne europee, arabe, siriane, turche, curde, irachene e non solo. Tra loro, purtroppo, ci sono anche delle martiri: l'ultima a Tell Tamr,  50 chilometri dalla frontiera turca, è stata Ivana Hoffmann, tedesca, 19 anni; in questo fazzoletto di terra, tra polvere e sangue, è morta difendendo un corridoio cruciale verso la roccaforte dell'Isis in Iraq, Mosul. Queste le parole che lascia in eredità, a tutte le guerrigliere. Parole crude scritte in una lettera che aveva indirizzato alle combattenti, poco prima di morire. "Scoprirò cosa si prova a tenere un'arma in mano e lottare per la rivoluzione. Forse scoprirò i miei limiti e cadrò all'indietro, ma non rinuncerò mai al mio spirito per combattere e andare avanti".

Giovanissime. Nelle prime linee ci sono donne giovanissime. "Sono Zilan, ho 20 anni, non ho avuto tempo per avere figli né un marito, da tre anni la mia vita è nella resistenza del Kurdistan occidentale". Si vive tra notti insonni, sacrifici e continue mancanze, ma il morale è alto, nonostante le vite frammentate e sempre in lotta. Queste donne si fanno carico di secoli d'ombra di regimi che si sono succeduti nelle regioni di confine. L'Isis è solo l'ultimo dei nemici in senso cronologico.
Le combattenti curde stanno avanzando e riprendono avamposti che erano nella mani dello Stato Islamico:16 villaggi sono stati liberati a nord, in Siria il 24 febbraio; altri il 23, 25 e  26  marzo, portando il centro della città di Til Hemîs e tutti i punti strategici della zona sotto  il loro controllo: un'area di 2940 chilometri quadrati, che comprende 390 villaggi e centinaia di borghi, è stata ripulita dagli jihadisti e liberata come risultato dell'operazione terminata il 10 aprile.

Mentre il numero delle vittime dell'operazione non può essere ancora verificato, L'ufficio d'informazione del Kurdistan dirama questi numeri: 211 jihadisti sono caduti dall'inizio dell'operazione, inclusi i comandanti sul campo ai quali spetta il nome di "amir", comandanti, appunto. L'operazione è stata sostenuta anche dagli attacchi di artiglieria delle forze peshmerga dal confine del Kurdistan del sud e dagli attacchi aerei della coalizione internazionale anti-Is.
La morte e la vita. "Vivo tra gli scontri, gli spari; ogni giorno, nei nostri occhi, esiste solo la morte e la convinzione che un giorno torni la vita", racconta la miliziana curda con la voce rotta da un groppo in gola. Ora l'avanzata dell'esercito curdo si dispiega sul fronte Bdoulih, il nuovo campo di battaglia. "Ogni volta che liberiamo un'area, un villaggio dai terroristi Dash, troviamo bombe Vega, cinture esplosive e veicoli minati per far saltare gli estremisti. Ho visto dove erano stati decapitati i corpi, corpi bruciati ovunque". Per i sikcs curdi si tratta di legittima difesa: così la definiscono. Combattono contro gli estremisti islamici ma anche contro il regime di Assad.

"Per quanto riguarda il numero delle nostre unità sono 100mila. Le donne svolgono un ruolo importante e attivo all'interno delle Popular protection Units: costituiscono  il 40%  degli effettivi e hanno un ruolo significativo nei campi di battaglia", ci spiega ancora Zillan. Che aggiunge: "I terroristi hanno paura della morte per mano di una donna perché dicono che la scomunica per chi è ucciso per mano femminile è tale da non farti entrare in Paradiso".  Quello che i curdi invocano oggi è l'intervento delle Nazioni Unite. Chiedono un contributo per la ricostruzione di Kobane. In quattro mesi di battaglie e di assedi è stata distrutta per il 60 per cento. Ottenere il supporto logistico e militare della Nato e chiedere il riconoscimento ufficiale dell'Unione europea come entità autogestita sarebbe per i curdi una soluzione buona. Per il momento, almeno. Un piccolo passo verso una soluzione più ampia della grande crisi del Medio Oriente. Il Kurdistan, del resto, è uno Stato che esiste solo nella realtà. Ma non nella carta geografica. La sua orografia identitaria si snoda lungo il confine di cinque paesi: Siria, Turchia, Iran, Iraq, Armenia. Una storia secolare. Scandita da continue battaglie. Per resistere ed esistere. Contro Saddam, contro la Turchia, contro Assad. Adesso anche contro il Califfato nero.

Usa, arrivano anche nei corpi speciali

di ALBERTO FLORES D'ARCAIS
NEW YORK - L'ultimo tabù verrà rotto il 20 aprile, quando a Fort Benning (Georgia) inizieranno i corsi della Ranger School, la scuola d'élite per i militari che faranno parte delle squadre speciali delle forze armate made in Usa. Per la prima volta quest'anno anche le donne sono state ammesse alle massacranti prove (ad esempio marce forzate di dieci chilometri con mitra a tracolla e venti chili di 'accessori') e venti ragazze le hanno brillantemente superate, con un certo scorno per i molti maschi eliminati. Dall'anno prossimo svolta anche nella Navy, la marina da guerra made in Usa, dove anche le 'marinaie' semplici potranno arruolarsi nei sofisticati sommergibili nucleari di ultima generazione (le 'ufficiali' sono state ammesse due anni fa). Con l'Air Force all'avanguardia da anni nell'uso di personale femminile anche in combattimento (la prima 'Top Gun' è stata Jeannie Leavitt nel 1993) e con numerose donne che comandano in vari States la Guardia Nazionale, la parità tra i sessi (fatte ancora alcune eccezioni) nelle Forze Armate Usa è praticamente cosa fatta.
 
Il valore non ha sesso. A oggi le donne-soldato negli Stati Uniti sono 201.400 (su un totale di 1.360.000), e sono dunque circa il 15 per cento dei militari in attività. "Valor knows no gender" (il valore non ha sesso) disse il presidente Obama nel 2013, quando con una mossa a sorpresa annunciò di avere eliminato il divieto per le donne di essere utilizzate nei combattimenti in prima linea. Una decisione storica - nel 1994 il Pentagono aveva proibito alle donne di fare parte di unità combattenti di artiglieria, reparti corazzati e fanteria - che poco dopo venne messa nero su bianco da Leon Panetta (allora Segretario alla Difesa, oggi consulente di Hillary Clinton nella corsa della ex First Lady alla Casa Bianca 2016) con non pochi mugugni da parte delle alte sfere militari. Dalla fine del divieto, in meno di due anni, circa 33mila donne sono entrate a fare parte dei reparti da combattimento e hanno combattuto in Iraq e Afghanistan. Secondo i dati dell'anno fiscale 2014 oltre ad essere il 15 per cento dei militari in attività le donne-soldato rappresentano anche il 23 per cento dei militari di 'riserva' e il 16 per cento della Guardia Nazionale. Tra gli ufficiali di alto grado (da maggiore in su) le donne sono oggi il 14,6 per cento (nel 1995 erano circa l'11 per cento). E tra i 71mila soldati Usa che si trovano oggi all'estero in zone di combattimento oltre 9mila sono donne.

È stato un lungo cammino, iniziato a piccoli passi ancora ai tempi della rivoluzione americana, quando per le donne l'unico lavoro permesso in ambito militare era quello di infermiera o cuoca e chi voleva combattere contro gli inglesi (e sono state più di quanto si immagini) a fianco dei propri mariti o fratelli aveva un'unica scelta, quella di travestirsi da uomo. Tante le tappe significative da quando Mary Edwards Walker ricevette la prima medaglia al valore nel 1865 (era in servizio come medico nell'armata nordica durante la guerra civile): nel 1901 la formazione del corpo militare delle infermiere, nel 1917 l'arruolamento delle donne in marina durante la prima guerra mondiale, nel 1943 lo status di militare per 76mila volontarie del Women Army Corps. E poi la prima volta con il nome di tante ormai scolpito tra cronaca e storia: Barbara Olive Barnell, prima donna arruolata a tutti gli effetti dalla Navy (1953), Barbara Jean Dulinsky prima donna a combattere in Vietnam, Barbara Ann Rainey ufficiale della Marina e prima donna aviatrice, Darlene Iskra, la prima comandante di una nave da guerra (USS Opportune a Napoli nel 1990),  Susan Helms, la prima militare dell'Air Force ad andare nello spazio (1993), Gilda Jackson, la prima afro-americana a diventare colonnello dell'esercito (1995), Carol Mutter, primo generale a tre stelle (1996) e così via fino alla nomina di Ann Dunwoody come primo generale-donna a quattro stelle (il massimo grado dell'esercito Usa).   

Molti scandali.Negli ultimi anni, complici anche le lunghe guerre in Afghanistan ed Iraq, le donne hanno avuto un ruolo sempre maggiore nelle operazioni militari Usa, ma insieme a una sempre maggiore integrazione sono andati di pari passo anche i numerosi scandali a sfondo sessuale (e un bullismo contro le donne molto diffuso) che hanno coinvolto dai semplici soldati agli alti ufficiali. Con il Pentagono che ha spesso cercato di coprire le colpe dei propri uomini e con qualche (raro) caso di ragazze provate (nel fisico e nella mente) che hanno mascherato il proprio fallimento con accuse rivelatisi false.

Grazie alla Casa Bianca di Barack Obama (e Michelle) e alle sempre più numerose (e coraggiose) denunce, il fenomeno negli ultimi tre anni si è ridotto di molto. A Fort Benning le ragazze hanno dimostrato di poter competere e anche di essere più brave dei maschietti in quella che per millenni è stata considerata un'attività tipicamente maschile. Quando alla fine della primavera si saranno diplomate alla Rangers School potranno fregiarsi della prestigiosa  insegna giallo-nera dei corpi speciali anche se ancora non potranno far parte del Ranger Regiment. Ma è solo questione di tempo perché oggi negli Usa le guerriere sono alla pari dei guerrieri.
Israele, 7 su 10 nelle unità di assalto

dal nostro corrispondente FABIO SCUTO
GERUSALEMME  -  Come ogni anno, alla fine delle scuole superiori in Israele inizia l'arruolamento delle nuove reclute. Anche quest'anno oltre centomila tra ragazzi e ragazze vestiranno la divisa dell'Idf, dell'Aviazione, della Border Patrol o quella azzurra della Navy. In un Paese circondato da Paesi ex nemici come l'Egitto e la Giordania e Paesi ancora nemici come la Siria e il Libano, il servizio militare è estremamente importante, determinante per la sopravvivenza di uno Stato minacciato fin dalla sua nascita, nel 1948. Il sistema di difesa israeliano si basa su un ben assortito mix fra militari di carriera e un servizio di leva che è fra i più lunghi nel mondo: tre anni per i ragazzi e due anni per le ragazze. Eccezioni ed esoneri al servizio, fatti salvi quelli spesso discutibili che paventano motivazioni religiose, sono una rarità.

Ruolo attivo. Nelle molte guerre combattute da Israele negli ultimi 60 anni le donne soldato hanno avuto sempre un ruolo attivo, spesso determinante sia nelle azioni militari che nell'intelligence o nello spionaggio. Ma quello che ha sorpreso gli stessi ufficiali dell'Ufficio reclutamento è che da qualche anno a questa parte il numero delle reclute femminili che chiede di essere assegnato a unità di combattimento è aumentato esponenzialmente. Eppure le ragazze che accettano di entrare in questi reparti vedono allungarsi il periodo di permanenza sotto le armi di un anno, devono prestare servizio anche loro per 36 mesi. I dati del 2015 ancora non sono stati elaborati dall'Idf, ma quelli dell'anno scorso segnalano che il 74,7 % delle ragazze arruolate ha chiesto di essere assegnato a unità di combattimento.

Le donne soldato costituiscono adesso il 20% degli ufficiali fino al grado di colonnello, ma il sistema segnala che a partire dal 2019 il loro numero sarà quasi raddoppiato. Le soldatesse e gli ufficiali donna sono integrati in diversi livelli nelle unità di combattimento e hanno posizioni di comando in diversi ambiti, come il riconoscimento del terreno, la gestione e il calcolo del fuoco dell'artiglieria, il funzionamento dei dispositivi di comunicazione, i sistemi di rilevamento meteorologico per migliorare la precisione del fuoco, il sistema di difesa anti-missile più celebrato al mondo: l'Iron Dome.

L'unità 8200. Nella "mitica" Unità 8200  -  quella che si occupa della cyberwar, dei droni, dei satelliti spia  -  il numero delle soldatesse è il più elevato che in ogni altro reparto. Precisione, freddezza, determinazione, le doti cercate per chi deve guidare a distanza i droni che tengono sotto controllo la Striscia di Gaza, così come quelli che sorvegliano il confine con il Libano. Aree "calde" considerate ad altissimo rischio dove l'agguato, l'attacco, l'azione improvvisa in grado di essere devastate può scattare in ogni istante del lungo turno di servizio. Ma non solo. Dal 2013 le donne costituiscono il 4,3% di tutti i soldati combattenti nell'Idf e il numero ogni anno aumenta. Nella "Combat Search & Rescue Brigade" è un corpo scelto  -  distinguibile dal basco rosso  -  le donne servono in prima linea a fianco degli uomini.

"Gli stereotipi di genere? Non fanno per noi!", annuncia con orgoglio il website dell'Idf nella sezione dedicata alle soldatesse. In divisa ci sono donne che hanno mandato in frantumi tutte le barriere lanciando un messaggio chiaro: le donne sotto le armi possono fare davvero tutto.  L'ufficio stampa dell'Idf mostra i profili di tre donne soldato, scelti come simbolo dell'integrazione e della responsabilità al comando acquisita sfidando gli stereotipi attraverso il lavoro che svolgono ogni giorno. C'è il capitano Or Cohen, primo comandante donna di una nave della Marina israeliana, impegnata a proteggere la costa israeliana a nord dal Libano e al sud, dalla Striscia di Gaza dove nell'ultima guerra dell'anno scorso le navi da battaglia hanno svolto un importante ruolo. Il maggiore Gal (non è possibile citare il nome completo) è la prima donna ad essere nominata vice-comandante di uno squadrone di caccia F-16; non uno qualsiasi, ma il "Nachshon", un reparto dell'Iaf specializzato nelle missioni di intelligence e clandestine.

Ruolo fondamentale. Il capitano Adi Vardi ha sempre sognato di diventare un soldato da prima linea. Ha deciso di essere un militare di carriera ed è passata attraverso tutto il sistema di addestramento difesa aerea della IDF e, infine, ha preso il comando di una batteria contraerea. Il suo lavoro è la prova che le donne svolgono un ruolo fondamentale nel proteggere Israele. "Fin dall'inizio, ho voluto essere un soldato", dice il capitano Vardi. "La combinazione tra il lavoro fisico e il pensiero critico mi ha davvero incuriosito". Le sue aspirazioni l'hanno portata ad arruolarsi nel dell'Idf Command Air Defense, l'apparato che protegge i civili israeliani da razzi , aerei nemici e altre minacce. "Ho sentito che questo era il posto che mi avrebbe permesso di contribuire più per il mio Paese e una sfida per me". Il giovane capitano, dai lunghi capelli neri e gli occhi neri scintillanti, poteva senza dubbio trovare in altri ambiti della società un ruolo e un posto certamente più confortevoli che non il comando di una batteria anti-missile Hawk in pieno deserto del Negev, destinata a proteggere Eilat, la città turistica israeliana sul Mar Rosso spesso bersaglio di missili sparati da qualche gruppetto jihadista che si nasconde nel vicino Sinai. Lei sente un profondo senso di dedizione per il suo lavoro. "Proteggiamo così tante persone  -  a Eilat, ma in tutto Israele in generale  -  permettiamo alla gente di dormire sonni tranquilli perché sa che qualcuno sta vegliando su di loro. La nostra più grande sfida è quella di restare vigili 24 ore al giorno, tutti i giorni, ed essere lì per primi quando succede qualcosa".

Senza diritti ma utili per la propaganda

Anche il Califfato sembra diventato improvvisamente sensibile al tema femminile. Non certo nel campo dei diritti: le donne restano relegate ad un ruolo marginale. Da assistenti sanitarie, a membri della polizia religiosa, fino al più diffuso compito di schiave sessuali per i combattenti.
Ma l'intervento delle donne sui fronti della guerra, specie tra i peshmerga, devono aver convinto anche gli jihadisti dello Stato islamico a creare una brigata tutta al femminile. Il video diffuso dal dipartimento propaganda dell'Is ci mostra questa ostentazione di forza di una cinquantina di donne durante un'esercitazione vicino ad Aleppo, in Siria.

Vestite completamente di nero, coperte persino nella mani con dei guanti sfilano lanciando slogan che inneggiano al jihad lungo un viale alberato che conduce alla chiesa di San Simeone, 80 chilometri dal capoluogo, trasformata ora in un centro di addestramento. Imbracciano fucili Ak-47, sparano, marciano, alzano pugni, urlano: pronte a combattere, in una parità di genere che sorprende. Un altro capitolo della efficace campagna sul web destinata ai miscredenti.

Afghanistan, uccise perché poliziotte

KABUL - In tre mesi ne hanno uccise tre. Sorprese e bloccate per strada mentre tornavano a casa. Avvolte nel burqa, in compagnia di un uomo. Un parente stretto, non uno sconosciuto. Eppure, i Taleban che le hanno bloccate erano sempre certi della loro identità. E' accaduto al tenente Nigara, al colonnello Islam Bibi, al sergente Shah Bibi. Erano tutte donne. Tutte responsabili provinciali della polizia afgana. Dirigenti che comandavano raggruppamenti di soli uomini. Una rarità, in un paese dove la condizione femminile, a 15 anni dalla sconfitta del regime talebano, ha compiuto solo timidi progressi verso una pur vaga parità di genere.
Solo obblighi. Le donne, in Afghanistan, restano confinate in quel limbo dove non ci sono diritti e certezze ma solo obblighi. E questo nonostante il fiume di dollari e di pressioni da parte dei grandi finanziatori (Onu e Usa in testa) che chiedono maggior impegno e maggior sforzo da parte dei legislatori. Così, di fronte a progressi consistenti sull'abolizione del burqa, il diritto al lavoro e allo studio anche per le ragazze, la possibilità di girare da sole per strada, la Costituzione varata a larghissima maggioranza dal Parlamento, uscito da elezioni dubbie ma in fondo democratiche, riconosce come diritto basilare lo stupro in famiglia, i matrimoni imposti, meno impieghi di lavoro per le donne e salari drasticamente diversi da quegli degli uomini.

Davanti a questo muro inossidabile sorretto da pregiudizi, culture ataviche, condizioni secolari e vere forme di misogenia, è proprio tra i militari e le forze di polizia afgane che si registrano i più vistosi cambiamenti. Siamo ovviamente ancora agli albori di una rivoluzione. Difficile ottenere dati ufficiali. Ma secondo l'Unama, la struttura Onu dell'Afghanistan, meno del 2 per cento dei 169 mila effettivi sono donne. L'obiettivo era arruolare 5000 poliziotte entro il 2014, ma finora hanno indossato la divisa sono in 2.700: poco più della metà.

Difficoltà. Le difficoltà maggiori sono di ordine psicologico. E' difficile stravolgere una cultura che ha formato e segnato una società ancora arcaica e clanistica.  Lo stesso territorio resta vasto con aeree isolate dove contano valori ancestrali profondamente radicati. Le novità e i cambi fanno paura. Prevale il conservatorismo. Così le diverse forme di boicottaggio, dirette e indirette, pesano sulle domande. Le molestie sessuali, fino agli stupri, sono costanti. Senza considerare gli aspetti logistici. "Solo spogliarsi è un problema", ricordano le poche poliziotte che hanno accettato di parlare con i colleghi del New York Times, in una bella inchiesta sulle donne tra i militari afgani. "I bagni spesso non sono separati e anche le camerate non sono attrezzate". Eppure i vertici della Difesa e degli Interni hanno fatto una fitta campagna tra le donne per spingerle all'arruolamento. "Sono più affidabili e sono essenziali nelle perquisizioni sulle donne", spiegano.  Gli impegni familiari, il lavoro domestico, l'educazione dei figli finiscono però per rendere ancora più difficile l'attività delle poliziotte. Orari ridotti e compressi, niente turni di notte, poca attività di pattuglia e di combattimento.

Se le pressioni e le difficoltà oggettive non bastano arrivano le minacce, seguite dalla morte. Da parte dei Taleban o dei trafficanti di droga. Il tenente Nigara era appena uscita di casa quando è stata raggiunta alle spalle da due colpi esplosi da due uomini a bordo di una moto. Trasportata nell'ospedale di Lashkargah, capoluogo della provincia dell'Helmand, è morta poco dopo il ricovero. Il colonnello Bibi è stata raggiunta al collo da tre colpi di pistola mentre viaggiava a bordo di una moto in compagnia del marito. Il sergente Bibi è stata sorpresa da due killer e freddata in mezzo al bazar mentre faceva la spesa. Anche loro erano responsabili di due centri della polizia dell'Helmand, la regione che ha fornito più combattenti ai Taleban. Nigara è stata l'ultima a morire sotto il piombo degli jihadisti. Aveva paura. Subiva continue minacce e viveva in condizioni di estrema povertà perché rimasta sola, dopo la morte del fratello, anche lui poliziotto ucciso sempre dai Taleban. Ma aggiungeva, per farsi coraggio: "Amo questo lavoro e vedo i miei connazionali in difficoltà e il paese in una situazione critica. Sento che il ruolo delle donne è importante nelle attività delle polizia. Alle tante minacce che mi giungono dai Taleban e dai trafficanti rispondo che sono una donna afgana e che non lascerò il mio lavoro fino a quando mi scorrerà sangue nelle vene".
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 08, 2017, 19:00:13 pm
Leggete questo articolo risalente a due anni fa e notate bene il livello di idiozia di questi dementi  giornalisti leccaculo, rigorosamente di sesso maschile.

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2015/04/23/news/quando_in_guerra_combattono_le_donne-111941534/

Citazione
Sei paesi europei, assieme all'Italia, hanno una ministra della Difesa. I peshmerga kurdi, in battaglia, si affidano sempre più ai battaglioni femminili. Come decine di milizie più o meno regolari sparpagliate nel mondo. Perfino gli Usa, che si sono sempre opposti alla loro presenza in prima linea, hanno accolto le prime candidate alla scuola d'élite dei Ranger. Una tendenza che si basa sui risultati. Le soldatesse sono più decise e affidabili. Mettono in soggezione il nemico. Ci credono anche gli jihadisti dell'Is: relegano le donne nell'ombra ma poi sul web esaltano la loro brigata
di GIAMPAOLO CADALANU, PETER D'ANGELO, ALBERTO FLORES D'ARCAIS e dal nostro corrispondente FABIO SCUTO. Con un commento di VITTORIO ZUCCONI
23 aprile 2015

Un pregiudizio che resiste tra le stellette

di GIAMPAOLO CADALANU
ROMA - Per una donna è più facile ordinare una guerra che combatterla in prima persona. Nel 1982, durante la guerra delle Falklands, al numero 11 di Downing Street, c'era la signora di ferro, Margaret Thatcher, a comandare l'offensiva contro gli argentini. A battersi in prima fila sotto la bandiera di Sua Maestà per riconquistare l'arcipelago, però, donne non ce n'erano. Anche trent'anni dopo, oggi che le Forze Armate dei Paesi occidentali hanno aperto i ranghi al sesso femminile, per una donna sembra quasi più facile arrivare a posizioni di potere che andare al fronte. Basta guardare all'Europa: hanno affidato a una donna il ministero della Difesa Italia, Germania, Norvegia, Olanda, Albania, Montenegro. Ma in combattimento, no. Sembra quasi una logica da film bellico di terza categoria: dove fischiano le pallottole non è posto per signore. Persino i libri di storia confermano il pregiudizio: le eroine capaci di affrontare la morte senza paura non mancano, ma per molte di loro l'unica strada percorribile è quella di fingersi uomini.

Doppio sforzo. Luogo comune o pregiudizio puro e semplice che sia, resta ancora consolidato al giorno d'oggi. L'altra metà delle stellette deve farsi largo a fatica, con il doppio dello sforzo. Arriva a comandare brigate, a pilotare navi o cacciabombardieri, a strappare l'ingresso nelle Forze speciali, ma in Occidente resta spesso accolta con un filo di condiscendenza dai commilitoni più tradizionalisti. Per limitare l'accesso delle donne alle posizioni più rischiose, cioè alle occasioni di combattimento, viene spesso citato il timore che i soldati maschi siano distratti dai loro compiti perché istintivamente sono portati a proteggere le colleghe. Apparentemente, all'origine di questa vicenda sembra esserci una citazione di Edward Luttwak, ripresa ampiamente dai circoli conservatori americani e basata, sostiene lo storico militare, sulle esperienze riferite dai militari israeliani durante la Guerra arabo-israeliana del 1948. In realtà questo comportamento incoerente non è mai stato evidenziato da esperimenti scientifici. E questo vale anche per gli altri luoghi comuni, come il presunto crollo psicologico degli uomini se vedono una donna ferita o uccisa.

Ma ci sono Paesi dove questi pregiudizi non vengono considerati, dove cioè le soldatesse rivestono anche ruoli di combattimento. Spesso il via libera alle donne arriva da motivazioni strategiche, cioè in Paesi che hanno estremo bisogno di militari per motivi storici e politici: Eritrea, Corea del Nord, la stessa Israele. Ma va sottolineato che il ruolo femminile è ancora più significativo nelle situazioni di scontro asimmetrico o non convenzionale. In altre parole, se gli eserciti delle nazioni sviluppate seguono regole rigide, evitando alle soldatesse l'impegno nelle situazione rischiose, gli schieramenti guerriglieri e le formazioni terroriste non si fanno troppi problemi. La tendenza era emersa già durante la guerra del Vietnam, per poi diventare comune nelle guerriglie moderne. Persino quando sono coinvolte fazioni che fanno riferimento alla religione islamica, il tradizionale ruolo subalterno della donna viene spesso dimenticato in favore dell'efficacia bellica. Le notizie degli ultimi mesi lo confermano: servono guerrieri per difendere Siria e Iraq, o almeno le province curde. E le donne peshmerga rispondono all'appello. Anche dall'altra parte, cioè fra le file del sedicente Stato islamico, ci sono combattenti con il velo. Insomma, se si tratta di apertura alle soldatesse, anche l'orda di Abubakr al Baghdadi appare più moderna delle Forze armate d'Occidente.


Citazione
Le soldatesse sono più decise e affidabili. Mettono in soggezione il nemico.

Un autentico delirio.

Citazione
Persino i libri di storia confermano il pregiudizio: le eroine capaci di affrontare la morte senza paura non mancano,

Sì, infatti la percentuale è "identica" a quella maschile.
Anzi no, direi "superiore".
Ma vaff******, idiota.

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Questo Vittorio Zucconi è un altro ultra-settantenne leccaculo che, salvo imprevisti della vita, avrò il piacere "di ricordare".

Citazione
Ha deciso la storia, non gli ormoni
di VITTORIO ZUCCONI
WASHINGTON - Da quando la principessa Olga di Kiev ebbe, mille e più anni or sono, l'idea del primo bombardamento incendiario aereo della storia lanciando piccioni e passeri con stracci infuocati legati alle zampe su un villaggio che le stava antipatico, il rapporto fra le donne e la guerra ha aperto una serie di interrogativi e di dubbi mai più risolti. Se le donne governassero il mondo ci sarebbero più o meno guerre? Le femmine della nostra specie sono spietate carnefici come Olga di Kiev o angeli delle trincee come l'inglese (nata in Toscana) Florence Nightingale, creatrice della figura moderna dell'infermiera?

Che le donne siano, o possano essere soldati, eroici soldatacce peggiori dei commilitoni maschi come le immagini disgustose delle torture nel carcere di Abu Grahib ci mostrarono, non sembra dubitabile. E' evidente che le tecnologie applicate alla guerra, dall'impiego della polvere da sparo ai computer che hanno minimizzato e poi annullato l'importanza della forza fisica, rende la pilota femmina di un bombardiere Stealth esattamente letale come un pilota maschio. E gli ormoni, o il pariglio/spariglio dei cromosomi X e Y, non sembrano una barriera organica contro l'irrazionalità del fanatismo suicida od omicida.

Ma il vero, definitivo annullamento di ogni distinzione tra maschi e femmine nel rapporto con la guerra è avvenuto 75 anni or sono, con la Seconda Guerra mondiale. Nella montagna di 60 o più milioni di vittime che l'applicazione indiscriminata del terrore sui civili sulle città nemiche e nell'olocausto di massa introdotto dal Nazismo produsse, ogni donna è divenuta un legittimo obbiettivo militare. E il passaggio dall'essere nel mirino di altri o di essere la persona che osserva il bersaglio attraverso il mirino era inevitabile. Se il genere non protegge le vittime, le vittime non si sentiranno vincolate dal genere. La guerra, come ogni altra attività umana, è diventata una scelta.

E la principessa Olga, colei che incendiò un villaggio, fu poi fatta santa.


Citazione
E' evidente che le tecnologie applicate alla guerra, dall'impiego della polvere da sparo ai computer che hanno minimizzato e poi annullato l'importanza della forza fisica, rende la pilota femmina di un bombardiere Stealth esattamente letale come un pilota maschio.

Certo, come no.

http://antifeminist.altervista.org/risorse/femmine_esercito_us.htm

Citazione
Il Caso Contro le Donne in Combattimento
L'autore di un nuovo libro sostiene che le donne non dovrebbero essere al fronte
di Martha Brant, Newsweek Web Exclusive - 24 Ottobre 2007

Kingsley Browne, professore di legge alla Wayne State University di Michigan, ci ha fatto il callo ad essere chiamato un maschio-sciovinista. In un precedente libro sosteneva che le differenze biologiche fra i sessi—piuttosto che l'ingiustizia—fossero la spiegazione del perchè esistesse il soffitto di cristallo. Il suo nuovo libro, "Co-Ed Combat: Nuove Prove che le Donne non Dovrebbero Combattere le Guerre della Nazione", che uscirà l'8 Novembre, sostiene che le donne non sono fisicamente e psicologicamente adatte al combattimento. La sua argomentazione: la loro presenza al fronte arriverebbe perfino a mettere in pericolo le nostre stesse forze armate. Browne ha spiegato le sue opinioni a Martha Brant, di NEWSWEEK. Ecco alcuni estratti:

NEWSWEEK: Ci sono donne nelle missioni aeree e nella marina, ma ancora non prestano servizio nella fanteria. C'è qualche possibilità che le donne combatteranno un giorno nelle truppe di terra ?
Kingsley Browne: E' una questione che potrebbe venir influenzata dalle elezioni presidenziali del 2008. Se ne è discusso durante i dibattiti dei Democratici, e i candidati hanno espresso dei dubbi sull'esclusione delle donne da ogni posizione all'interno dell'esercito.

NEWSWEEK: Se parla con gli ufficiali superiori dell'esercito, loro sono sempre molto favorevoli alla presenza di donne nei loro ranghi.
Kingsley Browne: Negli ultimi due decenni uno non va molto lontano nella carriera se non dimostra un impegno chiaro verso l'avanzamento delle donne. Ci sono un sacco di persone nell'esercito che pensano che l'idea di avere donne in combattimento sia orribile, ma dirlo apertamente rappresenterebbe un suicidio per la loro carriera. Molti pensano anche che non dovrebbero stare nemmeno nella marina e nell'areonautica.

NEWSWEEK: Lei fa un ulteriore passo avanti e sostiene che le donne non dovrebbero far parte nemmeno delle unità di supporto.
Kingsley Browne: Attualmente il Dipartimento della Difesa vieta alle donne di venir incluse nella fanteria, ma questa linea di condotta viene costantemente violata. Ci sono molte mansioni che le donne svolgono in Iraq e Afghanistan e dove il nemico tenta di attaccarle. Quando la "sparatoria" ha inizio, non devi essere in grado di fare solo ed esclusivamente la tua mansione. Se la tua unità di rifornimento viene colpita, allora devi rispondere al nemico. Il tuo lavoro potrebbe essere quello di "cuoca", ma improvvisamente la vita di qualcuno dipende dalla tua abilità di tirarlo fuori dalla linea di fuoco.

NEWSWEEK: Ma nell'esercito di oggi ormai conta il cervello tanto quanto i muscoli.
Kingsley Browne: I muscoli chiaramente contano ancora. I soldati di oggi spesso portano con sé 30kg di equipaggiamento. E ciò non include nemmeno il cibo, l'acqua e le batterie. E' una gran quantità di roba. Ricorda l'aereo spia EP3 che venne abbattuto in Cina ? Il pilota pesava 100kg. Disse che dovette usare ogni grammo della sua forza fisica per mantenere stabile il velivolo.

NEWSWEEK: Le donne generalmente non sono forti fisicamente quanto gli uomini. E psicologicamente ?
Kingsley Browne: Le donne stanno venendo colpite da disturbi di stress post-traumatico ad una percentuale più alta rispetto agli uomini. Sappiamo che le donne in generale soffrono maggiori effetti emotivi negativi in seguito ad un'aggressione fisica. Le indagini hanno mostrato che le donne nell'esercito, in particolar modo quelle che prestano servizio, non vogliono andare in combattimento. La percentuale delle donne arruolate sta calando, e ciò sembra esser collegato alla loro esposizione al combattimento.

NEWSWEEK: Quale "nuova evidenza" sta offrendo per mostrare che le donne non sono adatte alla guerra ?
Kingsley Browne: L'evidenza proviene dal campo della psicologia evolutiva, che riconosce come la mente umana sia il prodotto della nostra storia evolutiva. La ragione per cui agli uomini non piacciono le femmine soldato nelle situazioni pericolose è perchè non si fidano di loro quando ha inizio la "sparatoria", e ciò probabilmente ha a che fare col fatto che le donne non posseggono nessun segno che possa evocare fiducia negli uomini. E la fiducia è centrale per la coesione durante il combattimento. Gli uomini non dicono, "Questa è una persona che seguirei fino alle porte dell'inferno". Gli uomini non sono stati programmati per seguire le donne in situazioni di pericolo. Quando le seguono è dovuto in gran parte ad una reazione emotiva.

NEWSWEEK: Quando gli Afro-Americani si stavano integrando nelle forze armate venivano fatti molti argomenti simili sulla coesione delle unità.
Kingsley Browne: Le ragioni per cui le persone si oppongono alle donne in combattimento sono molto più legate alla diversità biologica, non sociale. L'integrazione delle diverse razze nell'esercito è stata in gran parte un successo. L'integrazione delle donne è molto più difficile, e ci sono molti motivi per ritenere che il problema non è risolvibile.

[ FONTE: NewsWeek ]
[ TRADUZIONE: Antifeminist.altervista.org ]
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 08, 2017, 19:22:08 pm
Altro articolo scritto dal solito maschietto leccaculo, perennemente genuflesso.

http://27esimaora.corriere.it/16_ottobre_05/erika-altre-pioniere-noi-sottomarino-9bfa5dc0-8b32-11e6-b600-82bab359d14d.shtml

Citazione
Erika e le altre pioniere
«Noi nel sottomarino»
di Carlo Vulpio

Segni particolari: lo chignon. Tutte, hanno i capelli tirati e raccolti dietro la nuca, in una crocchia. È l’acconciatura di ordinanza per le donne delle Forze armate, d’accordo. Ma lo chignon, le donne lo usano per sottolineare la propria eleganza in occasione di cerimonie importanti, oppure come misura di emergenza, pratica e veloce, quando non hanno potuto lavare i capelli. E poiché loro, le prime donne sommergibiliste della Marina militare italiana — cinque le incontriamo nella base dell’Arsenale di Taranto, le altre due sono impegnate in mare, anzi sotto — mostrano capelli curati, è facile immaginare che abbiano accolto di buon grado l’idea dello chignon. Elegante, femminile, ma anche pratico e «militare».

L'ultimo fortilizio maschile


Diciamolo subito, le sette ragazze (la più «anziana» ha 28 anni), sono state accolte come una benedizione dai militari uomini. Ma non nel modo in cui qualche facile battuta «da caserma», appunto, potrebbe far pensare, bensì nella maniera in cui meno ci si aspetterebbe: «Ingentiliscono le forze armate — dicono alcuni marinai di lungo corso, di cui ovviamente non facciamo i nomi —. Che non significa renderle meno militari, ma meno rozze e meno monomaniacali sì, perché la presenza delle donne tra i propri ranghi rende gli uomini più attenti e li costringe a essere più gentili». Fosse soltanto questo il risultato dell’ingresso di personale femminile nella flotta sommergibili, l’ultimo fortilizio maschile, ce ne sarebbe da far contenti sia il capitano di vascello Stefano Russo — al comando dei sommergibilisti e quindi anche delle sette ragazze —, sia il ministro Roberta Pinotti, che di quest’ultima conquista ha fatto un punto d’onore, forse anche perché è la prima donna alla guida del ministero della Difesa della storia repubblicana. Invece, le sottotenenti di vascello Erika Benemerito, 26 anni, di Napoli, ed Elena Varagnolo, 25, di Chioggia (Venezia); la radarista, capo di terza classe Domenica Ruggiero, 27, di Bari, e il sottocapo elettricista Valeria Fedele, 26, di Brindisi; e ancora, il sottotenente di vascello, ingegnere navale Iole Boccia, 28 anni, napoletana, e le due «aspiranti sommergibiliste» (stanno per concludere il corso trimestrale) Martina Petrucci, 24 anni, di Camaiore (Lucca) e Francesca De Filippis, 23, di Lecce, sono già una squadra affiatata, efficiente, che sembra perfettamente integrata con i colleghi a terra (200) e con quelli (30) che di volta in volta formano l’equipaggio di un sommergibile U212 (i nuovi, perché sui vecchi «Nazario Sauro», che andrebbero tutti dismessi e sostituiti, ci si sta anche in 55).

Tutte, manco a dirlo, sono unite e compatte nella dichiarazione che più sta loro a cuore: «Non ci sono incompatibilità tra questo lavoro e l’essere donna. È una scelta di vita. Come gli altri, anche noi siamo prima di tutto militari».
Tutte, e si vede, vengono dall’Accademia o dalla Scuola della Marina. Tutte, e si vede anche questo, hanno prima frequentato buone scuole superiori, i licei classico, scientifico, linguistico, biologico e, solo in un caso, la Petrucci, il prestigioso istituto nautico di Viareggio. E tutte, infine, sono consapevoli che «nella Marina, il sommergibile è un’eccellenza», come dice Iole Boccia, la prima ingegnere navale donna, una figura che, quando è dentro a un sottomarino, viene chiamata «direttore», perché «è dalle sue indicazioni tecniche che dipendono le decisioni che prende il comandante del sommergibile», spiegano il tenente di vascello Carlo Faggiana e il comandante del sommergibile «Todaro», Giorgio Marini Bettolo.

«Perché nei sottomarini noi no?»

In principio, fu l’ostinazione di Erika Benemerito ad aprire la strada verso l’inclusione delle donne nella flotta sommergibili. Al terzo anno di accademia, nel 2012, Erika cominciò a martellare i vertici con la domanda più semplice e più imbarazzante: «Perché nei sottomarini noi no?». La presero tre anni dopo, forse per stanchezza — scherzano i suoi colleghi —, ma dopo di lei arrivarono le altre, e fu subito chiaro che sarebbe stato un buon affare. Test fisici e psicologici prima di essere avviate al corso di tre mesi con esame finale non hanno scoraggiato nessuna di queste ragazze. Che non si sono trovate in imbarazzo nemmeno quando hanno dovuto condividere cucina, docce e brande a bordo del sottomarino, in spazi angusti e per missioni che durano almeno un mese. «L’unica vera regola quando si hanno esigenze diverse — dicono — è il buon senso. Un esempio è la doccia. Ognuno di noi, maschi e femmine, ci va vestito, non in accappatoio». Ma perché il sottomarino? Le motivazioni sono le più diverse. Il mistero degli abissi, la sfida di governare un mezzo visto solo nei film o incontrato nei libri di Jules Verne, ma anche l’idea molto concreta di avere un lavoro, in cui però c’è spazio per l’avventura e per la solidarietà (quanti naufragi di disperati evitati grazie al pattugliamento dei sottomarini).
E perché no, anche per poter dire: cari uomini, possiamo farlo anche noi.
5 ottobre 2016 (modifica il 5 ottobre 2016 | 21:45)
© RIPRODUZIONE RISERVATA


Citazione
Tutte, hanno i capelli tirati e raccolti dietro la nuca, in una crocchia. È l’acconciatura di ordinanza per le donne delle Forze armate, d’accordo. Ma lo chignon, le donne lo usano per sottolineare la propria eleganza in occasione di cerimonie importanti, oppure come misura di emergenza, pratica e veloce, quando non hanno potuto lavare i capelli

Capelli "tirati e raccolti", non tagliati...
Perché, ovviamente, loro son donne.


Citazione
E perché no, anche per poter dire: cari uomini, possiamo farlo anche noi.

Sono o non sono ultra-complessate?
E' o non è l'uomo, il maschio umano, il loro "parametro di riferimento"?
Seriamente: ma come si fa a rispettare simili complessate?

@@

ps: sarebbe bellissimo vederle qui,
http://www.ilritaglio.it/wp-content/uploads/2012/06/sbarco_caos_dario_salvelli.jpg
in battaglioni completamente femminili e impegnate "a salvare il mondo".
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 08, 2017, 19:23:42 pm
ci aveva già scritto Angelo :

http://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=12338.0

povero Zucconi , ma non era un pacifista ?
Ora inneggia ai bombardamenti incendiari di passeri piromani ? :D
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 08, 2017, 19:25:08 pm
Citazione
Tutte, hanno i capelli tirati e raccolti dietro la nuca, in una crocchia. È l’acconciatura di ordinanza per le donne delle Forze armate, d’accordo. Ma lo chignon, le donne lo usano per sottolineare la propria eleganza in occasione di cerimonie importanti, oppure come misura di emergenza, pratica e veloce, quando non hanno potuto lavare i capelli

Aaarrrghhh :w00t: :w00t: :w00t:

tagliatevi subito la crocchia, che arrivano i passeri incendiari :doh: :doh: :doh:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 08, 2017, 19:26:17 pm
una simile armata aerea sarebbe annientata così


http://www.ebay.it/sch/items/?_nkw=CORVO+SPAVENTAPASSERI+SPAVENTAPICCIONI&_sacat=&_ex_kw=&_mPrRngCbx=1&_udlo=&_udhi=&_sop=12&clk_rvr_id=1179570932182&rmvSB=true
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 08, 2017, 19:26:31 pm
ci aveva già scritto Angelo :

http://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=12338.0

povero Zucconi , ma non era un pacifista ?
Ora inneggia ai bombardamenti incendiari di passeri piromani ? :D

Già... hai ragione.
Mi era passato di mente.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: claudio camporesi - Marzo 08, 2017, 19:50:16 pm
Quindi teniamo dei sottomarini , o addirittura la Marina Militare, per soccorrere naufraghi e barconi.?
Ne deduco che teniamo i carri armati per raggiungere luoghi impervi ove si siano persi escursionisti ...

Poveri noi , speriamo che  non ci sia mai un 8marzo di guerra , anche perche' qualunque nemico fara' la festa alle donne.

( oppure, per par condicio,  il nemico ci  dovrebbe attaccare con truppe femminili ! Bisogna dirlo alla boldrini, alla pinotti , alla concia .... )
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 08, 2017, 19:55:00 pm
http://www.uomini3000.it/401.htm

Citazione
Martin van Creveld    
vancreveld.jpg

GERUSALEMME - Un insolito miscuglio di attestati militari e libri sulle donne distingue il piccolo studio quadrato di Martin van Creveld, 56 anni, olandese di nascita ed israeliano per scelta da oltre trent'anni. Docente di Storia militare all'Università di Gerusalemme ed esperto di strategia di fama internazionale, van Creveld dalla sua casa di Mevasseret Zion, guida una solitaria battaglia contro il suo nemico giurato: le donne. E´uno dei pochi temi che in queste settimane riesce a distogliere Israele assediata dal terrorismo dei kamikaze palestinesi. Con alle spalle i diplomi ricevuti a Quantico, in Virginia, dalla Scuola del Corpo dei Marines e sulla scrivania una bandiera del Sol Levante dipinta a mano, van Creveld svela i motivi della sua crociata contro le donne, illustrando il contenuto del prossimo libro (uscirà in francese) dal titolo chiaro e provocatorio: Il Sesso Privilegiato.

Professore come si sente ad essere definito il nemico pubblico del sesso femminile?

«Sono il più grande maschilista di Israele. Le mie tesi danno fastidio, perché sfidano tabù radicati in tutto l'Occidente. Hanno provato ad accusarmi di molestie sessuali, a spiarmi con microfoni durante le mie lezioni. Ma non hanno trovato niente, solo le mie idee».

Perché un esperto di strategia militare come lei ha dichiarato guerra alle donne?

«Sono uno studioso di Storia militare dall'inizio degli anni Settanta. E´una materia che ha poco a che fare con le donne: Clausewitz nelle 863 pagine della sua "bibbia" non le menziona mai. Dieci anni fa iniziai a interrogarmi su questo. Mi chiesi come era possibile discutere della guerra senza tener presente metà dell´umanità».

Che rapporto c'è fra le donne e la guerra?

«Le donne non hanno mai avuto un ruolo nelle guerre: dopo secoli di assenza dagli eserciti, negli ultimi decenni le italiane o le americane hanno cominciato ad arruolarsi. Solo quando si passa dalla guerra convenzionale alla guerriglia, sia nel caso della Seconda Guerra Mondiale che delle kamikaze palestinesi, il loro numero cresce sensibilmente. Per la guerra le donne non esistono. Nessuno nella tradizione militare si è mai posto tali domande, io l'ho fatto. Ho iniziato a studiare, fare ricerche, ho scritto Uomini e Donne in Guerra. La risposta all'assenza delle donne dalla guerra mi è venuta dallo studio del rapporto fra sessi, di cui parlerà il mio libro, "Il sesso privilegiato"».


Perché considera le donne il sesso privilegiato?

«Le donne sono più deboli nel fisico e nella capacità di competere e, al contrario di quanto afferma la propaganda femminista, l'intero meccanismo della nostra società è un tentativo di compensarle per la loro debolezza: se dovessero cimentarsi con gli uomini infatti soccomberebbero e l'umanità avrebbe fine». …
.

Teoria a parte, può fare degli esempi concreti di privilegi femminili nella società?

«Gli esempi sono infiniti. Tanto per cominciare, dalle donne si esige meno che dagli uomini. Lo stesso comportamento che porta alla punizione per un bimbo diventa abbraccio di consolazione per una bambina. Il matrimonio è una forma di protezione per le donne, perché geneticamente una lei può avere solo un numero limitato di figli, mentre lui può avere molti figli da più donne. Sul lavoro la musica non cambia: dall'inizio della Storia, l'uomo ha lavorato più duramente e intensamente delle donne, per il motivo che se si richiedono ad una donna i ritmi di un uomo, va incontro ad un collasso. Poiché le donne non lavorano quanto gli uomini, l'intera società può essere letta come un sistema di trasferimento di risorse dagli uomini alle donne. Il novanta per cento di quanto accumulato dagli uomini viene speso dalle donne, basta guardarsi in casa per averne la prova. Altro esempio, la beneficenza: se guardiamo la Storia di Paesi come l'Italia e la Francia, ci accorgiamo che è sempre stato più facile per le donne anziché per gli uomini ricevere della beneficenza. Specialmente se chiedono le elemosina con i figli. Lo stesso è vero per lo Stato Sociale dei nostri tempi:  gli uomini pagano le tasse, le donne ricevono i benefici. Per natura le donne sono il sesso debole, dunque l'intera storia dell'umanità è un tentativo di compensarle. Le donne hanno sempre ricevuto più aiuti economici degli uomini, perché altrimenti sarebbero morte di fame e l'umanità sarebbe scomparsa. Le donne sono trattate con favore anche dalla giustizia: per un reato simile, l'uomo riceve una pena maggiore della donna; ad ogni stadio del processo giudiziario, gli uomini sono penalizzati. Il numero delle donne in prigione è inferiore a quello degli uomini, non perché commettono meno reati, ma perché ricevono pene più lievi».


Torniamo al rapporto con la guerra. Perché Clausewitz ignorò le donne?

«Clausewitz riteneva la guerra un'arte razionale e dunque non c'è spazio per le donne, che sono emotive ed intuitive».


Ma madri, figlie e mogli pagano comunque un prezzo alto quando si entra in guerra...

«Una singola donna che aspetta a casa il marito, o che bada ai suoi figli è più importante in guerra di mille segretarie in uniforme. Le donne sono molto importanti nelle guerre, ma non combatteranno mai come gli uomini».

Se fosse una donna non si sentirebbe umiliato dalle sue teorie?


«Sì, ma non sono una donna, dunque la questione non mi tocca. In guerra gli uomini muoiono per far vivere le donne. A volte mi piacerebbe avvenisse il contrario. Se fossero andate in Afganistan, sarebbero morte tutte. L'unico Paese nella Storia che ha imposto la coscrizione per le donne è Israele, ma neanche qui combattono, creano solo grane».

A questo punto non resta che chiederle perché le donne vivono più a lungo...

«I medici dicono che è a causa degli estrogeni, ma fino a due secoli fa gli uomini vivevano di più. Non sono gli estrogeni, ma la civilizzazione ad aver modificato l'equilibrio. Il cambiamento è iniziato con la rivoluzione industriale, quando gli uomini hanno cominciato a fare i lavori pesanti all'aperto. E´stato un fenomeno progressivo. In Europa, l'ultimo Paese dove la vita delle donne ha superato quella degli uomini è stato l'Irlanda, nel 1850. In Paesi come India ed Egitto, il sorpasso è avvenuto negli ultimi 50 anni.  Oggi restano dieci Paesi dove gli uomini vivono ancora di più e si tratta di posti molto poveri, come il Bangladesh».


Il fatto che le donne siano il sesso privilegiato è una cosa buona?

«Sono un uomo, dunque credo sia una cosa buona, se fosse al contrario mi sentirei colpevole, mi vergognerei davvero molto».

L'intervista è finita, il professore più maschilista d'Israele non fa a tempo ad alzarsi, che arriva la sua seconda moglie a dargli manforte: ha una rivista della mutua in mano: «Vedete, mettono in copertina la salute della donna, non certo i problemi della prostata...».

 

da "La Stampa" del 20/3/2002 Sezione Cultura Pag. 27: "ISRAELIANO, INSEGNA STORIA MILITARE, È IL PIÙ GRANDE MISOGINO DEL MONDO: LE SUE TESI PROVOCATORIE SFIDANO «I TABÙ DELL´OCCIDENTE»" di Maurizio Molinari
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Alberto1986 - Marzo 08, 2017, 20:10:18 pm
Citazione
8 marzo - sott. Difesa Gioacchino Alfano: "donne in divisa valore aggiunto per forze armate"

Così il sottosegretario alla Difesa, Gioacchino Alfano, in una nota del ministero, nel giorno della festa delle donne: "sono passati tanti anni da quando le donne hanno potuto finalmente indossare la divisa con le stellette ed oggi il bilancio è più che positivo".
Aggiunge il sottosegretario: "le nostre donne militari sono in prima linea in tutti i contesti e costituiscono un valore aggiunto per abnegazione e temerarietà. Sono rimasto impressionato per la loro tenacia specialmente in prima linea, onestamente non pensavo tale approccio. Vedere le nostre militari in azione è un motivo di orgoglio, di italianità unico".
Conclude Alfano: "le ho viste nei teatri operativi con l'Esercito, pilotare velivoli militari di ultima generazione, comandare navi, e comandare unità e comandi dei carabinieri. Sono davvero encomiabili nei risultati e nell'integrazione con la componente maschile, brave e altamente professionali, complimenti a tutte".

http://www.difesaonline.it/news-forze-armate/interforze/8-marzo-sott-difesa-gioacchino-alfano-donne-divisa-valore-aggiunto



 :doh:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 08, 2017, 20:15:31 pm
dopo il passero solitario ... il passero incendiario  :wacko: :wacko: :wacko:

(https://s12.postimg.org/5vrl5jebh/passero_v01.png) (https://postimg.org/image/q350xubsp/)invia immagini (https://postimage.org/index.php?lang=italian)
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 08, 2017, 20:21:34 pm

http://www.difesaonline.it/news-forze-armate/interforze/8-marzo-sott-difesa-gioacchino-alfano-donne-divisa-valore-aggiunto

:doh:

Citazione
Sono rimasto impressionato per la loro tenacia specialmente in prima linea,

Quale "prima linea" ?  :muro:

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ps: ho amici e conoscenti che prestano servizio nell'esercito; beh, mi hanno raccontato della roba allucinante riguardo alle soldatesse e al leccaculismo nei loro confronti, da parte dei comandanti di sesso maschile.
Non solo: i militari "contro" devono stare pure attenti a ciò che dicono sulle soldatesse e a ciò che pubblicano su facebook...
Esempio: l'articolo in cui quel generale dei parà in pensione criticava (giustamente) l'entrata delle donne nell'esercito.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 08, 2017, 20:22:15 pm
(https://s4.postimg.org/nlb5zpx6l/Vittorio_Zucconi_v01.jpg) (https://postimg.org/image/rhohvpi61/)host immagini (https://postimage.org/index.php?lang=italian)

Zucconi, ma che caxxo di Difesa c'è in UE ? :doh:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Alberto1986 - Marzo 08, 2017, 20:45:55 pm
..
ps: ho amici e conoscenti che prestano servizio nell'esercito; beh, mi hanno raccontato della roba allucinante riguardo alle soldatesse e al leccaculismo nei loro confronti, da parte dei comandanti di sesso maschile.
Non solo: i militari "contro" devono stare pure attenti a ciò che dicono sulle soldatesse e a ciò che pubblicano su facebook...
Esempio: l'articolo in cui quel generale dei parà in pensione criticava (giustamente) l'entrata delle donne nell'esercito.

Stanno distruggendo l'esercito italiano come hanno distrutto la scuola italiana. Nonostante quello sia un ambito prettamente maschile e nonostante la predisposizione/passione naturale porti i maschi ad arruolarsi, la sua eccessiva femminilizzazione porterà sempre più ragazzi a snobbare anche questa istituzione. A quel punto, per i governanti, non rimarrà che reintrodurre la leva obbligatoria. E lì si che le discriminazioni saranno palesi e pesanti. Purtroppo in questo paese non esiste coscienza sulla questione maschile. Spero, solo, che le future generazioni maschili siano molto più sveglie di questo branco di coglioni contemporanei.

x ilmarmocchio: questo Alfano del topic non è l'Anghelino che hai postato in foto.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Alberto1986 - Marzo 08, 2017, 21:24:14 pm
ci aveva già scritto Angelo :

http://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=12338.0
...

Uniti.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 09, 2017, 00:28:54 am
Questo link me lo segnalò in passato una conoscenza.
http://www.ildialogo.org/donna/rivoltafemminile30052005.htm
Citazione
DOCUMENTI
MANIFESTO DI RIVOLTA FEMMINILE (LUGLIO 1970)

di Carla Lonzi

[Da Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982, pp. 13-22, riprendiamo il manifesto di "Rivolta Femminile" del luglio 1970, uno dei testi fondamentali della riflessione femminista in Italia. Carla Lonzi e’ stata un’acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d’arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L’io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990]

Bene, all'interno è riportata questa frase:
Citazione
La guerra e’ stata da sempre l’attivita’ specifica del maschio e il suo modello di comportamento virile.

Sono o non sono contradditorie, queste complessate femminucce/femministe?

Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Sardus_Pater - Marzo 09, 2017, 08:34:37 am
Sono complessate... e incoerenti.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: TheDarkSider - Marzo 09, 2017, 12:26:09 pm
Stanno distruggendo l'esercito italiano come hanno distrutto la scuola italiana. Nonostante quello sia un ambito prettamente maschile e nonostante la predisposizione/passione naturale porti i maschi ad arruolarsi, la sua eccessiva femminilizzazione porterà sempre più ragazzi a snobbare anche questa istituzione. A quel punto, per i governanti, non rimarrà che reintrodurre la leva obbligatoria. E lì si che le discriminazioni saranno palesi e pesanti.
Bravo Alberto!

Tanti che ci osteggiano pensano che siamo estremisti un po' "sbarellati": invece, i nostri ragionamenti sono talmente lucidi che anticipano addirittura la realta'. Ecco infatti cosa accade in quell'avanguardia del femminismo che e' la Svezia:

Svezia, si torna alla leva obbligatoria
Dopo le crescenti provocazioni militari della Russia, l'annuncio del ministro dell'Interno svedese: "I volontari sono insufficienti per garantire la piena operatività della difesa".
http://www.repubblica.it/esteri/2016/09/30/news/svezia_leva_militare_obbligatoria-148846958/

Per inciso, chissa' perche' questa notizia e' passata in sordina nei nostri media...



CORREZIONE:
l'articolo di Repubblica e' del 30 settembre, ma la cosa poi si e' effettivamente concretizzata come conferma tra gli altri il Corriere:
In Svezia torna la leva obbligatoria (per paura dei russi)
http://www.corriere.it/esteri/17_marzo_03/svezia-torna-leva-obbligatoria-per-paura-russi-2f0899d6-ffe8-11e6-92b1-e1f58b14debd.shtml




Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 09, 2017, 12:36:53 pm
Stanno distruggendo l'esercito italiano come hanno distrutto la scuola italiana. Nonostante quello sia un ambito prettamente maschile e nonostante la predisposizione/passione naturale porti i maschi ad arruolarsi, la sua eccessiva femminilizzazione porterà sempre più ragazzi a snobbare anche questa istituzione. A quel punto, per i governanti, non rimarrà che reintrodurre la leva obbligatoria. E lì si che le discriminazioni saranno palesi e pesanti. Purtroppo in questo paese non esiste coscienza sulla questione maschile. Spero, solo, che le future generazioni maschili siano molto più sveglie di questo branco di coglioni contemporanei.

x ilmarmocchio: questo Alfano del topic non è l'Anghelino che hai postato in foto.


hai ragione, rimuovi pure il mio post, ho già individuato il Gioacchino, che è pure peggio di Angelino nostro :cry:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 09, 2017, 12:40:27 pm
(https://s30.postimg.org/61ogg8f1d/alfano_gioacchino_v01.jpg) (https://postimg.org/image/49vhlbvod/)hosting immagini (https://postimage.org/index.php?lang=italian)
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Rita - Marzo 09, 2017, 14:14:43 pm
Bravo Alberto!

Tanti che ci osteggiano pensano che siamo estremisti un po' "sbarellati": invece, i nostri ragionamenti sono talmente lucidi che anticipano addirittura la realta'. Ecco infatti cosa accade in quell'avanguardia del femminismo che e' la Svezia:

Svezia, si torna alla leva obbligatoria
Dopo le crescenti provocazioni militari della Russia, l'annuncio del ministro dell'Interno svedese: "I volontari sono insufficienti per garantire la piena operatività della difesa".
http://www.repubblica.it/esteri/2016/09/30/news/svezia_leva_militare_obbligatoria-148846958/


Per inciso, chissa' perche' questa notizia e' passata in sordina nei nostri media...



CORREZIONE:
l'articolo di Repubblica e' del 30 settembre, ma la cosa poi si e' effettivamente concretizzata come conferma tra gli altri il Corriere:
In Svezia torna la leva obbligatoria (per paura dei russi)
http://www.corriere.it/esteri/17_marzo_03/svezia-torna-leva-obbligatoria-per-paura-russi-2f0899d6-ffe8-11e6-92b1-e1f58b14debd.shtml

non so se è già stato postato.. ma anche in Italia qualche generale comincia apertamente a palesare il medesimo ragionamento
http://www.messinaora.it/notizia/2017/02/20/generale-bertolini-errore-le-donne-nellesercito/88144

Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: COSMOS1 - Marzo 09, 2017, 19:21:33 pm
Citazione
Il problema è stato affrontato ideologicamente

Generale Bertolini, MessinaOra.it 20/02/17

già ...
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 09, 2017, 23:41:48 pm
non so se è già stato postato.. ma anche in Italia qualche generale comincia apertamente a palesare il medesimo ragionamento
http://www.messinaora.it/notizia/2017/02/20/generale-bertolini-errore-le-donne-nellesercito/88144

Sì, è già stato postato.

http://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=14315.msg166817#msg166817
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Alberto1986 - Marzo 10, 2017, 00:31:57 am
.....

CORREZIONE:
l'articolo di Repubblica e' del 30 settembre, ma la cosa poi si e' effettivamente concretizzata come conferma tra gli altri il Corriere:
In Svezia torna la leva obbligatoria (per paura dei russi)
http://www.corriere.it/esteri/17_marzo_03/svezia-torna-leva-obbligatoria-per-paura-russi-2f0899d6-ffe8-11e6-92b1-e1f58b14debd.shtml

Comunque, in quel paese ripugnante qual è la Svezia, almeno dimostrano di avere un pò più di coerenza femminista rispetto a quanto accadrebbe da noi:

Citazione
.............Il governo svedese aveva già deciso nel marzo 2015 di rimilitarizzare la più grande isola del Paese, Gotland, situata a est, in cui l’ultima caserma era stata chiusa dieci anni fa. Dallo scorso settembre sono stati dislocati 150 militari sull’isola. Dal primo luglio 100 mila giovani uomini e donne natio tra il 1999 e il 2000 compileranno un questionario di reclutamento: ne verranno selezionati circa 13 mila in base a motivazione e caratteristiche dei quali ne saranno mobilitati solo 4 mila per il servizio militare da prestare nel 2018..................
http://www.analisidifesa.it/2017/03/la-svezia-teme-i-russi-e-ripristina-un-limitato-servizio-di-leva/

Da noi ripristinerebbero, al 100%, la leva solo per il sesso maschile, nonostante i proclami giornalieri di femminucce e loro caganolini nostrani sul "più" delle femmine.  :doh: Poi, sicuramente, le femminucce svedesi andranno a ricoprire i soliti ruoli da poltrona come sempre accade, ma almeno dovranno alzare il culo pure loro da casetta. Almeno, così pare capire dall'articolo.
Comunque tra Russia che si sta riprendo sempre più il ruolo di superpotenza dopo il crollo della CCCP, rivolte interne degli immigrati islamici, popolo svedese sempre più coglione, la vedo brutta per la Svezia.  :lol:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Rita - Marzo 10, 2017, 09:40:31 am
Sì, è già stato postato.

http://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=14315.msg166817#msg166817

ok scusa, non sempre è possibile leggere tutto e non sempre la ricerca per "termini" funziona
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 25, 2017, 11:30:34 am
http://ilmessaggero.it/pay/edicola/donne_coraggio_guerra_spie-2338483.html
Parole di un magistrato settantenne italiano.
https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Nordio

Citazione
Le donne coraggio nella guerra di spie
di Carlo Nordio
Anche quest’anno il dibattito sulle donne ha riproposto le consuete ritualità: da un lato le litanie sulle vittime di violenze, stalking e discriminazioni. Dall’altro i panegirici sulle donne di successo: manager, ricercatrici, ministre. Forse la vera parità dei sessi sarà raggiunta quando non sarà più necessario parlarne. 

FORMULE

E quando le tradizionali formule che assimilano vecchi, donne e bambini, saranno aggiornate. Se può essere di aiuto, vorremmo ricordare che in guerra le donne hanno spesso mostrato un coraggio pari e anche superiore a quello maschile. Non solo nei ruoli cosiddetti subalterni e assistenziali, ma proprio sui campi di battaglia.

Amen.

@@

Parole di Martin Van Creveld.
http://www.uomini3000.it/401.htm

Citazione
GERUSALEMME - Un insolito miscuglio di attestati militari e libri sulle donne distingue il piccolo studio quadrato di Martin van Creveld, 56 anni, olandese di nascita ed israeliano per scelta da oltre trent'anni. Docente di Storia militare all'Università di Gerusalemme ed esperto di strategia di fama internazionale, van Creveld dalla sua casa di Mevasseret Zion, guida una solitaria battaglia contro il suo nemico giurato: le donne. E´uno dei pochi temi che in queste settimane riesce a distogliere Israele assediata dal terrorismo dei kamikaze palestinesi. Con alle spalle i diplomi ricevuti a Quantico, in Virginia, dalla Scuola del Corpo dei Marines e sulla scrivania una bandiera del Sol Levante dipinta a mano, van Creveld svela i motivi della sua crociata contro le donne, illustrando il contenuto del prossimo libro (uscirà in francese) dal titolo chiaro e provocatorio: Il Sesso Privilegiato.

Professore come si sente ad essere definito il nemico pubblico del sesso femminile?

«Sono il più grande maschilista di Israele. Le mie tesi danno fastidio, perché sfidano tabù radicati in tutto l'Occidente. Hanno provato ad accusarmi di molestie sessuali, a spiarmi con microfoni durante le mie lezioni. Ma non hanno trovato niente, solo le mie idee».

Perché un esperto di strategia militare come lei ha dichiarato guerra alle donne?

«Sono uno studioso di Storia militare dall'inizio degli anni Settanta. E´una materia che ha poco a che fare con le donne: Clausewitz nelle 863 pagine della sua "bibbia" non le menziona mai. Dieci anni fa iniziai a interrogarmi su questo. Mi chiesi come era possibile discutere della guerra senza tener presente metà dell´umanità».

Che rapporto c'è fra le donne e la guerra?

«Le donne non hanno mai avuto un ruolo nelle guerre: dopo secoli di assenza dagli eserciti, negli ultimi decenni le italiane o le americane hanno cominciato ad arruolarsi. Solo quando si passa dalla guerra convenzionale alla guerriglia, sia nel caso della Seconda Guerra Mondiale che delle kamikaze palestinesi, il loro numero cresce sensibilmente. Per la guerra le donne non esistono. Nessuno nella tradizione militare si è mai posto tali domande, io l'ho fatto. Ho iniziato a studiare, fare ricerche, ho scritto Uomini e Donne in Guerra. La risposta all'assenza delle donne dalla guerra mi è venuta dallo studio del rapporto fra sessi, di cui parlerà il mio libro, "Il sesso privilegiato"».


Perché considera le donne il sesso privilegiato?

«Le donne sono più deboli nel fisico e nella capacità di competere e, al contrario di quanto afferma la propaganda femminista, l'intero meccanismo della nostra società è un tentativo di compensarle per la loro debolezza: se dovessero cimentarsi con gli uomini infatti soccomberebbero e l'umanità avrebbe fine». ….

Teoria a parte, può fare degli esempi concreti di privilegi femminili nella società?

«Gli esempi sono infiniti. Tanto per cominciare, dalle donne si esige meno che dagli uomini. Lo stesso comportamento che porta alla punizione per un bimbo diventa abbraccio di consolazione per una bambina. Il matrimonio è una forma di protezione per le donne, perché geneticamente una lei può avere solo un numero limitato di figli, mentre lui può avere molti figli da più donne. Sul lavoro la musica non cambia: dall'inizio della Storia, l'uomo ha lavorato più duramente e intensamente delle donne, per il motivo che se si richiedono ad una donna i ritmi di un uomo, va incontro ad un collasso. Poiché le donne non lavorano quanto gli uomini, l'intera società può essere letta come un sistema di trasferimento di risorse dagli uomini alle donne. Il novanta per cento di quanto accumulato dagli uomini viene speso dalle donne, basta guardarsi in casa per averne la prova. Altro esempio, la beneficenza: se guardiamo la Storia di Paesi come l'Italia e la Francia, ci accorgiamo che è sempre stato più facile per le donne anziché per gli uomini ricevere della beneficenza. Specialmente se chiedono le elemosina con i figli. Lo stesso è vero per lo Stato Sociale dei nostri tempi:  gli uomini pagano le tasse, le donne ricevono i benefici. Per natura le donne sono il sesso debole, dunque l'intera storia dell'umanità è un tentativo di compensarle. Le donne hanno sempre ricevuto più aiuti economici degli uomini, perché altrimenti sarebbero morte di fame e l'umanità sarebbe scomparsa. Le donne sono trattate con favore anche dalla giustizia: per un reato simile, l'uomo riceve una pena maggiore della donna; ad ogni stadio del processo giudiziario, gli uomini sono penalizzati. Il numero delle donne in prigione è inferiore a quello degli uomini, non perché commettono meno reati, ma perché ricevono pene più lievi».

Torniamo al rapporto con la guerra. Perché Clausewitz ignorò le donne?

«Clausewitz riteneva la guerra un'arte razionale e dunque non c'è spazio per le donne, che sono emotive ed intuitive».


Ma madri, figlie e mogli pagano comunque un prezzo alto quando si entra in guerra...

«Una singola donna che aspetta a casa il marito, o che bada ai suoi figli è più importante in guerra di mille segretarie in uniforme. Le donne sono molto importanti nelle guerre, ma non combatteranno mai come gli uomini».

Se fosse una donna non si sentirebbe umiliato dalle sue teorie?

«Sì, ma non sono una donna, dunque la questione non mi tocca. In guerra gli uomini muoiono per far vivere le donne. A volte mi piacerebbe avvenisse il contrario. Se fossero andate in Afganistan, sarebbero morte tutte. L'unico Paese nella Storia che ha imposto la coscrizione per le donne è Israele, ma neanche qui combattono, creano solo grane».


A questo punto non resta che chiederle perché le donne vivono più a lungo...

«I medici dicono che è a causa degli estrogeni, ma fino a due secoli fa gli uomini vivevano di più. Non sono gli estrogeni, ma la civilizzazione ad aver modificato l'equilibrio. Il cambiamento è iniziato con la rivoluzione industriale, quando gli uomini hanno cominciato a fare i lavori pesanti all'aperto. E´stato un fenomeno progressivo. In Europa, l'ultimo Paese dove la vita delle donne ha superato quella degli uomini è stato l'Irlanda, nel 1850. In Paesi come India ed Egitto, il sorpasso è avvenuto negli ultimi 50 anni.  Oggi restano dieci Paesi dove gli uomini vivono ancora di più e si tratta di posti molto poveri, come il Bangladesh».

Il fatto che le donne siano il sesso privilegiato è una cosa buona?

«Sono un uomo, dunque credo sia una cosa buona, se fosse al contrario mi sentirei colpevole, mi vergognerei davvero molto».

L'intervista è finita, il professore più maschilista d'Israele non fa a tempo ad alzarsi, che arriva la sua seconda moglie a dargli manforte: ha una rivista della mutua in mano: «Vedete, mettono in copertina la salute della donna, non certo i problemi della prostata...».

 

da "La Stampa" del 20/3/2002 Sezione Cultura Pag. 27: "ISRAELIANO, INSEGNA STORIA MILITARE, È IL PIÙ GRANDE MISOGINO DEL MONDO: LE SUE TESI PROVOCATORIE SFIDANO «I TABÙ DELL´OCCIDENTE»" di Maurizio Molinari
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Faust - Marzo 25, 2017, 11:36:58 am
Citazione
E quando le tradizionali formule che assimilano vecchi, donne e bambini, saranno aggiornate. Se può essere di aiuto, vorremmo ricordare che in guerra le donne hanno spesso mostrato un coraggio pari e anche superiore a quello maschile. Non solo nei ruoli cosiddetti subalterni e assistenziali, ma proprio sui campi di battaglia.

Ah davvero? Di che tipo? Hanno condotto l'atto coraggioso di mandare avanti gli uomini con uno spintone, senza temere la loro reazione?
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 25, 2017, 11:51:14 am
Sì, infatti anche il 6 giugno 1944, in Normandia sbarcarono tutte soldatesse - anzi, "soldate", come hanno scritto qualche giorno fa su Repubblica.

http://www.europaquotidiano.it/wp-content/uploads/2014/06/Schermata-2014-06-04-a-16.54.03.png

http://www.ilritaglio.it/wp-content/uploads/2012/06/sbarco_in_mare.jpg


Del resto queste croci sono lì a ricordare tutte le soldatesse morte in quel tragico giorno.
https://i2.wp.com/farm6.static.flickr.com/5274/5852118565_f36241f982.jpg

...

@@

Seriamente: spero di vivere abbastanza a lungo in modo da poter "ricordare" tutti questi magistrati, intellettuali e politici che in nome del politicamente corretto femminista "rielaborano" la storia, stravolgendola da capo a piedi e infangando al tempo stesso la memoria di tutti quei giovani uomini che persero la vita in quelle guerre di merda.
Pur di leccare i piedi al cosiddetto "gentil sesso" (?) fanno di tutto questi ridicoli omuncoli.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 25, 2017, 12:09:14 pm
Guardate questi video.



Citazione
greg j3 settimane fa
Anybody who has been in the military knows the great lie!  Our society though wants us all to believe what the elitist feminists want and what they want is what matters.  The good news is that I seriously doubt America being in another large scale conventional operation.  It might be something akin to Afghanistan or Iraq and even then, men will be carrying the hardline combat duties.  The guys will wipe out some terrorists and our Media will be sure to have a few women stand atop the bodies.  America makes me fucking sick with its fanatical dedication to catering to feminism.
2
greg j
greg j3 settimane fa
The advent of feminism in America is completely out of control.  The net result has been the severe damage done to American family units.  Some Family Courts where I live are overloaded with divorce cases but here is the most scary part.  Most of the divorces are being initiated by the women.  They can cheat and do whatever they want and still get the house, kids, money etc.  What all of this is payback by the feminists to male irresponsibility from the past.  It doesn't matter how good a father you are or husband.  Women can simply trade you in and sue you.  America is being slowly destroyed from within by the feminists.
1
greg j
greg j1 settimana fa
I used to be an instructor pilot.  Every single time we tried to wash out some douche bag bitch ass HO who couldn't find her asshole with a gas funnel, she would cry sexual harassment or whatever else fucking excuse she could conjure up.  They weren't nothing but trouble.  Even the female instructors hated their asses.  These young girls today are way too fucking entitled.  They wear their feminism on their chest and think they can get away with anything.  There are three fundamental truths in life for this old war vet and they are: Death, Taxes and "there ain't no fucking worse thing in this world than a self-entitled Barbie Doll who thinks we should all stick our tongues up her ass."  The white bitch in America is THE SINGLE MOST SPOILED ROTTEN PIECE OF FUCKING TRASH I EVER SAW.

Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: claudio camporesi - Marzo 25, 2017, 14:25:43 pm
Un solo Esercito, durante la Seconda Guerra Mondiale ha impiegato in modo massiccio , tra le sue fila , le donne  : l' Armata Rossa.
E non  in nome di un ridicolo egualitarismo.
Le disponibilita' numeriche maschili russe , nel 1941 , erano ai minimi termini .
Cosi' vennero impiegate le " compagne" .
Ma MAI in prima linea( Stalin puo' non piacere , ma non era scemo)


Se fosse accaduto adesso berremmo birra e non utilizzeremmo l' inglese.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 26, 2017, 19:22:28 pm
E' un articolo di un anno fa, ma l'ho scoperto solo oggi.

http://www.askanews.it/video/2016/03/12/lotta-al-terrorismo-parla-la-prima-donna-del-nocs-20160311_video_18284076/

Citazione
Roma, (askanews) – Il Nocs, Nucleo operativo centrale di sicurezza, è un reparto d’élite della polizia di Stato, chiamato nelle situazioni di emergenza, come la liberazione di ostaggi o la cattura di terroristi. Per entrare nel nucleo, la selezione è durissima e l’addestramento è continuo. Sono sempre pronti ad intervenire. E nella cabina di comando dei Nocs, c’è anche una donna. E’ il primo funzionario donna nella storia di questo reparto speciale. E nel testo a corredo del video, ha rilasciato ad askanews la sua prima intervista.

Ventisei anni in polizia, prima l’Accademia, poi sulle strade di Napoli a rubare con gli occhi l’esperienza dei colleghi; e dopo anni di lavoro come poliziotta, la voglia di mettersi ancora alla prova e fare qualcosa che sembrava folle: entrare nei corpi di élite, nel Nocs. Ora è la prima funzionario donna in questo gruppo speciale della polizia di Stato, addestrato per portare a termine operazioni ad alto rischio come la liberazione di ostaggi o la cattura di terroristi. Nessuno sa chi siano questi agenti speciali, i loro nomi e volti sono segreti, ma ci sono, pronti ad agire, sicut nox silentes, silenziosi come la notte, dice il loro motto.

Io la chiamo Anna, un nome di fantasia perché il suo nome è un segreto, e la intervisto al telefono, perché anche il suo volto non deve essere visto, ma la sua voce è gentile ed ha la calma di chi sa cosa fare. “Sono riservata, preferisco stare dietro le quinte ma – dice, spiegando perché ha accettato l’intervista, la prima – è anche bello portare la voce della polizia di Stato, far sapere l’impegno e il lavoro che facciamo, è un po’ abbattere anche così le barriere”. Lei ha abbattuto le barriere di un mondo che era riservato agli uomini: da due anni, a giugno, è nel Nocs, il primo funzionario donna di questo reparto scelto, chiamato a risolvere le emergenze e a garantire la sicurezza di fronte alle minacce del terrorismo. Un mondo dove una donna che dà ordini è una novità ma – confida Anna – “di fronte alla diffidenza di qualcuno non ho mai pensato ‘mi devono rispetto perché sono una donna’, ho sempre pensato ‘hanno ragione’, perché è sul campo e con l’impegno, la fatica che posso e devo conquistarmi l’autorevolezza e il rispetto”.

“Quella di aprire alle donne anche in questi corpi speciali è una decisione maturata dai vertici della polizia per rompere gli schemi ma – assicura Anna – i requisiti per entrare sono uguali per tutti, uomini e donne: il merito, la capacità e poi dopo continuare con l’impegno, il lavoro”. “All’inizio – racconta – ho pensato che fosse una follia, che fosse impossibile. Poi mi sono detta ‘perché no?’. E alla fine tutto si è consolidato con naturalezza. È stato un mettersi alla prova che fa parte della nostra formazione in polizia”. Ed è stata anche una voglia di rompere una barriera, far entrare il mondo femminile in un mondo finora solo maschile. Anna è entrata nel Nocs come dirigente dell’ufficio di supporto operativo, dopo qualche mese è stata nominata vice comandante, e adesso è il vice comandante dell’ufficio e direttrice della sezione istruttori e materiali, cuore pulsante dell’attività, che si cura anche di fornire gli equipaggiamenti e le dotazioni speciali che servono ai gruppi operativi di assalto. “Mi sono messa a studiare con impegno per capire quali potessero essere gli equipaggiamenti speciali migliori”, e come comandante in seconda, nei casi in cui il comandante è assente, deve lei pianificare le missioni e dare gli ordini.

Il Nocs è sempre pronto a intervenire, in ogni parte d’Italia, ogni volta che c’è un allarme, il comandante dà l’ok e tutta la struttura, a cascata, si attiva, tutti sono chiamati a muoversi come una cosa sola. Ci sono squadre dei reparti speciali, gli uomini coi mephisto, sempre pronte a intervenire. Anna racconta di quando un giovane si era barricato in casa armato, il comandante in quel caso era assente ed è stata lei a dover prendere le decisioni e guidare gli operativi in campo, gestire l’allarme, “ma sempre – sottolinea – in collegamento col direttore e col capo della polizia che prendono le decisioni di adeguatezza rispetto a quelle operative decise dal comandante. Sei sempre supportato in questo lavoro, perché è un lavoro di squadra. Si ragiona sul tipo di intervento con l’obiettivo di preservare sempre e comunque la vita, quella dei cittadini e quella degli operatori, ma anche degli stessi sequestratori”. E “in quel caso il ragazzo barricato non aveva ostaggi, l’unico tipo di intervento era quello di entrare nella casa dove si era asserragliato. Ma era chiaro il suo stato di alterazione, quindi abbiamo studiato un intervento per preservare la sua incolumità. Così abbiamo aspettato a fare irruzione, dal pomeriggio alla mattina seguente, e gli operatori hanno usato tutte le cautele per poterlo fermare senza fargli del male. E quando è stato portato fuori quel ragazzo li ha ringraziati, ‘quanto siete belli e bravi’, ha detto. Quel giorno è stata un’emozione indimenticabile, soprattutto perché abbiamo tutti collaborato a risolvere la situazione, senza che nessuno si facesse male. Ci ha ripagato tutti di tante fatiche”.

Nella struttura del nucleo operativo speciale ci sono più componenti, tutta la macchina che supporta le squadre di intervento speciali. Per accedere alle squadre operative di intervento è necessario superare una dura selezione fisica. Ad esempio, correre 5000 metri in 20 minuti e 100 metri in 14 secondi, salto in alto di almeno 135 centimetri, in lungo di almeno 4 metri e mezzo, salita alla fune con la sola forza delle braccia e prove di tiro. Tiratori scelti, i membri dei reparti di intervento devono conoscere tutti i tipi di armi ed esplosivi, sono in grado di arrampicarsi sulla roccia con le corde o pronti a lanciarsi col paracadute; devono essere esperti subacquei e saper guidare tutti tipi di veicoli. Sono molti gli addestramenti che gli operativi devono superare. Il primo step è un corso basico di sei mesi, dove si deve superare un duro addestramento fisico ma anche una rigida valutazione delle capacità attitudinali, perché viene richiesto un grande equilibrio per superare situazioni di emergenza e ad alto rischio, come un attacco terroristico. E nell’ultimo corso c’è stata anche la prima donna, che lo ha superato. Anna ha seguito da vicino il percorso della sua collega e “ha avuto una valutazione totalmente equa. Gli istruttori si sono impegnati a selezionare gli operativi che avessero le più alte capacità”.

“Il lavoro dei nostri – sottolinea infatti Anna con orgoglio – è un grande lavoro che ha in mano il futuro degli operatori e delle persone che si trovano in situazioni particolari di emergenza. È una grande responsabilità. Soprattutto in questo periodo storico dove la lotta al terrorismo e garantire la sicurezza dei cittadini è la priorità”. E se molti sentono parlare del Nocs e dei reparti speciali di emergenza soltanto adesso, “da tempo in realtà, tenendo un basso profilo, come costume del nucleo, siamo pronti. Siamo una presenza silenziosa, noi ci siamo”, dice Anna con fermezza, spiegando: “Dopo gli attentati di Parigi l’emergenza è cresciuta e anche la nostra presenza si è fatta palese, ma a garantire la sicurezza dei cittadini il reparto speciale della polizia c’è sempre anche se nell’ombra. Siamo sempre presenti”. La segretezza, il silenzio, sono loro armi, infatti, ma la scelta di tenere un profilo basso, lontano dai riflettori ha anche un’altra ragione: “Si cerca di non dare risalto a quello che fa il Nocs per non creare allarmismi. Ci basta – dice Anna – la consapevolezza di essere presenti e pronti”.

Anna è un poliziotto, ma anche una donna. E “a volte come donna non è facile, perché da fuori c’è qualcuno che mi guarda stupito, incredulo che ci sia una donna dietro tutto questo. Anche perché io sono una donna normale”. Altezza media, capelli biondi raccolti in una coda – confida- e “tengo comunque a non rinunciare alle piccole classiche cose femminili, come lo smalto colorato. Non ho lasciato quelle piccole cose che possono far parte della nostra vita di donne”. E in un mondo finora al maschile “ho sicuramente creato un po’ di scompiglio, ma ho sempre cercato di essere equilibrata, ferma e decisa. E di prendere comunque le mie decisioni in totale trasparenza, confrontandomi con tutti nel rispetto delle capacità di tutti. Non tutti sono stati uguali nell’affrontare questa novità, ricevere ordini da una donna, ma in ogni caso non puoi dare ordini dimenticando di rispettare le grandi capacità e professionalità che ha anche chi riceve gli ordini”.

“Il mio comandante è una persona molto equilibrata e illuminata, che mi dà grandi responsabilità, e ho il supporto del direttore, del capo della polizia; e poi ho la fortuna di avere dei collaboratori vicino che mi danno consigli preziosi”, ma in questo mondo maschile “ci può anche essere qualcuno che non ha accettato bene di prendere ordini da una donna, c’è qualcuno che lo fa solo per rispetto alla gerarchia e c’è qualcuno che invece ti apprezza”, dice con molta serenità Anna, che racconta quali sono le sue armi per superare qualche diffidenza che ha incontrato: “Io sto anche molto attenta a rispettare le competenze, gli operativi si addestrano tutti i giorni, non posso sostituirmi alla loro competenza, devo rispettarla, ognuno ha il proprio ruolo e ne tengo conto”. Ma soprattutto “di fronte alla diffidenza di qualcuno non ho mai pensato ‘mi devono rispetto perché sono una donna’, ho sempre pensato ‘hanno ragione’, perché è sul campo e con l’impegno, la fatica che posso e devo conquistarmi l’autorevolezza e il rispetto”.

E “essere donna forse mi ha costretta ad impegnarmi ancora di più. Ma poi a volte ci sono piccoli riconoscimenti, anche banali, e questo ripaga le difficoltà”, ché Anna è sempre e soprattutto una poliziotta: “Sono una poliziotta da 26 anni e anche saper valutare il lavoro sul campo è qualcosa che devi imparare. Quando ero sulla strada a Napoli, dopo l’accademia di polizia, avevo solo 24 anni, una ragazzina bionda con la coda. E molti ispettori più anziani mi hanno aiutato, mi hanno insegnato a ‘rubare con gli occhi il lavoro’. Imparare sempre, ogni giorno da chi ha più esperienza. Un insegnamento che non ho mai dimenticato. Ed è in quest’ambiente che ho maturato il senso del buon senso, sembra un gioco di parole ma è proprio questo il segreto; sia quando gestisci una situazione a livello personale, sia quando sei sul campo a gestire una missione, nelle valutazioni devi sempre essere equilibrata. È un esercizio quotidiano, di grande valore.” “Io – dice – sono frutto di molte esperienze, di quelli che mi hanno insegnato, seguito, supportato, di tutte le persone nella polizia da cui ho imparato, lavorando con loro. Mi hanno insegnato ad andare avanti, anche di fronte alle difficoltà. Ho la fortuna di avere alle spalle tanta dedizione e fatica. Di tutti”.

Anna fa “il lavoro che ho sempre sognato fin da piccola, mio padre era nelle forze di polizia, ho sempre visto il suo impegno, per me è quasi naturale, questo lavoro mi scorre nelle vene, è bellissimo fare quello che ti piace sono fortunata anche se é una fortuna che non è mai stata senza fatica, come per tutti”. Che il suo lavoro ora resti nell’ombra non le importa, “la segretezza è una segretezza verso l’esterno, tanti miei colleghi all’interno della polizia sanno chi sono e cosa faccio. Gli altri, le persone che conosco, con cui ho un rapporto, gli amici, sanno che io sono un funzionario di polizia, e questo basta. Che non sappiano cosa faccio non è un problema, anzi. Io sono sempre un poliziotto e questo lo sanno. Poi forse per me è facile partire anche all’improvviso perché non sono sposata, ma – aggiunge poi sorridendo – non è stata una scelta, è soltanto perché, come per molte donne, non ho trovato l’uomo giusto”.

“Il mio incarico ora è sicuramente prestigioso – mi dice infine Anna, prima di finire l’intervista e tornare al suo lavoro – e spero che sia uno spunto per le colleghe più giovani, per tutte le donne che abbiano la voglia di mettersi alla prova. Sappiano che con l’impegno, la dedizione, la capacità e la voglia di assumersi le proprie responsabilità possono arrivare dove vogliono”.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 26, 2017, 22:44:51 pm
Citazione
E’ il primo funzionario donna nella storia di questo reparto speciale.


ah, ecco :doh:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 27, 2017, 00:37:28 am
ah, ecco :doh:

Calcola che sul web, ho letto dei post scritti da soldati di sesso maschile, che definiscono "più cazzute" le soldatesse.*
Oramai siamo messi così e dalla gran parte degli omuncoli odierni non c'è da aspettarsi assolutamente nulla, tranne puttanate a go go.
La presenza femminile rimbecillisce letteralmente i nostri simili, ai quali non pare vero di poter attribuire alle donne qualità decisamente superiori a quelle che le suddette realmente possiedono.


@@

* Ovviamente in tempo pace...
Vorrei proprio vederle in tempo di guerra, magari in uno sbarco tipo quello in Normandia, ma non insieme ai colleghi di sesso maschile...
No, in battaglioni completamente femminili.

Sarebbe interessante vedere la loro "cazzutaggine" anche sotto tortura, in stile Viet Cong.
Il tutto in nome della parità, ovvio.
...
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Vicus - Marzo 27, 2017, 00:42:33 am
La presenza femminile rimbecillisce letteralmente i nostri simili
E' così, ed è un dato probabilmente biologico. Poi senti dire che più donne straniere in Italia migliorerebbero la condizione maschile... :doh:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 27, 2017, 00:49:12 am
E' così, ed è un dato probabilmente biologico.

Anch'io son del parere che la biologia c'entra molto.
Evidentemente gli uomini, i maschi della specie umana, hanno bisogno di un certo addestramento per limitare i condizionamenti e i danni della biologia, perché son veramente pochi quelli che a certe conclusioni arrivano da soli.
Altrimenti, se lasciati a se stessi e "nelle mani" del politicamente corretto femminista imperante, i nostri simili sbarellano che è un piacere.

Citazione
Poi senti dire che più donne straniere in Italia migliorerebbero la condizione maschile... :doh:

Sì, sicuro.

...
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Faust - Marzo 27, 2017, 08:16:36 am
Anch'io son del parere che la biologia c'entra molto.
Evidentemente gli uomini, i maschi della specie umana, hanno bisogno di un certo addestramento per limitare i condizionamenti e i danni della biologia, perché son veramente pochi quelli che a certe conclusioni arrivano da soli.
Altrimenti, se lasciati a se stessi e "nelle mani" del politicamente corretto femminista imperante, i nostri simili sbarellano che è un piacere.

Come non quotare. L'attuale situazione maschile, che è anche un problema sanitario, si risolverebbe in tutta tranquillità se la mascolinità non fosse censurata. Il vero machismo, se la parola ha davvero un significato dispregiativo, non è credere che l'allenamento fisico e la disciplina costante facciano bene e rendano forti, ma credere che un uomo possa vivere sano e in forze senza allenamento fisico e senza disciplina costante. Quest'ultimo atteggiamento dispregiativo nei confronti del corpo è una delle principali cause dei problemi maschili e dipende quasi interamente dalla retorica femminista antimaschile.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 27, 2017, 10:12:48 am
Calcola che sul web, ho letto dei post scritti da soldati di sesso maschile, che definiscono "più cazzute" le soldatesse.*
Oramai siamo messi così e dalla gran parte degli omuncoli odierni non c'è da aspettarsi assolutamente nulla, tranne puttanate a go go.
La presenza femminile rimbecillisce letteralmente i nostri simili, ai quali non pare vero di poter attribuire alle donne qualità decisamente superiori a quelle che le suddette realmente possiedono.


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* Ovviamente in tempo pace...
Vorrei proprio vederle in tempo di guerra, magari in uno sbarco tipo quello in Normandia, ma non insieme ai colleghi di sesso maschile...
No, in battaglioni completamente femminili.

Sarebbe interessante vedere la loro "cazzutaggine" anche sotto tortura, in stile Viet Cong.
Il tutto in nome della parità, ovvio.
...

molti di questi zerbini credono che osannare le donne le renda più disponibili sessualmente.
Invece non funziona, anzi.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Sardus_Pater - Marzo 27, 2017, 15:58:31 pm
Le soldatesse saranno più cazzute, ma a parole. Vorrei sapere che se quei loro colleghi uomini che hanno scritto quelle cavolate le hanno viste in prima linea o se si son cagati sotto da bravi omuncoli zerbini quando hanno avuto a che fare con una sergente fanatica in caserma :shifty: .
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 27, 2017, 20:39:24 pm
Leggete questo articolo infarcito di una caterva di puttanate e scritto dalla solita femminuccia complessata.

http://geopoliticalreview.org/2016/11/le-quote-rosa-della-difesa-complesso-ruolo-delle-donne-nelle-forze-armate/

Citazione
Le “quote rosa” della Difesa: il complesso ruolo delle donne nelle Forze armate
9 novembre 2016
di Roberta Lunghi

Nel 1997, il regista Ridley Scott nel suo film «Soldato Jane» fece indossare la mimetica degli incursori americani a Demi Moore. Le gesta dell’attrice potrebbero essere emulate a breve da Kristen Griest e Shaye Haver, le prime donne nella storia a diplomarsi all’Army’s Ranger School, la miglior scuola d’addestramento dell’esercito americano.

Il binomio donne e forze armate suona come un ossimoro: l’esercito, la prestanza fisica e le armi sono caratteristiche tipicamente maschili, in base alle quali l’uomo si differenzia dalla donna. Per lungo tempo le donne non hanno potuto far parte né dell’esercito né della vita pubblica, la loro esistenza era racchiusa all’interno delle mura domestiche. L’immagine di una donna combattente, però, è sempre stata contemplata dalla tradizione popolare: già ai tempi delle leggendarie Amazzoni, il primo corpo di donne armate di cui si abbia conoscenza, e della Pulzella d’Orléans che guidò l’armata francese alla vittoria. L’esercito deve trasmettere un’immagine di stabilità interna, ma anche di forza, valore ed efficienza; dunque, la difesa dello Stato è stata affidata unicamente agli uomini. Il ruolo delle donne in un conflitto è quello di vittime, piuttosto che di soldati, e il loro contributo è quello di offrire i propri figli all’esercito. Mai si è pensato che l’animo femminile potesse incarnare i valori conservatori e tradizionali delle milizie. Quelle che hanno combattuto nel passato, senza legittimazione statale, erano perlopiù partigiane, terroriste o rivoluzionarie.

I primi ad aver attuato una riforma incisiva nel proprio modello di difesa sono stati gli Stati Uniti, dove la comparsa delle donne nelle Forze armate risale alla prima Guerra Mondiale. L’evoluzione del ruolo delle volontarie all’interno dell’esercito ha visto prima le donne arruolarsi per svolgere attività sussidiarie in qualità d’infermiere, di supporto logistico e d’impiegate amministrative. In seguito, si è sentita l’esigenza d’istituire un Corpo femminile con compiti simili a quelli svolti dai colleghi uomini ad eccezione della possibilità di combattere. Infine, la fusione dei reparti ha creato un unico esercito composto da uomini e donne.

Dal punto di vista della struttura militare, uno dei migliori modelli è sicuramente quello israeliano, non solo per l’efficienza dei suoi reparti ma anche per il rapporto uomo-donna al suo interno. Il sesso femminile nell’esercito israeliano è perfettamente speculare a quello maschile, non esistono test di reclutamento diversi e nemmeno valutazioni privilegiate. Le donne che intraprendono questo mestiere sono consapevoli dell’impegno che devono dimostrare prima dell’arruolamento e durante il servizio.

Per quanto riguarda l’Italia, il percorso è stato molto lento. Nel secolo scorso, a partire dal 1919, le cittadine italiane sono state ammesse a tutte le professioni con l’esclusione, però, della difesa militare dello Stato. Si riteneva il sesso femminile non qualificato a grandi responsabilità e si preferiva mantenerle in ruoli non rilevanti; un’esclusione che rappresentava una società impreparata al cambiamento.  Il primo evento che ha portato alla riforma delle Forze armate è stato lo scoppio della guerra del Golfo, durante la quale i mass media misero in risalto la figura della donna soldato che non poteva ancora combattere, ma che comunque partecipava attivamente nel conflitto. Nell’ottobre del 1992, fu lanciato un esperimento dall’Esercito nella caserma dei Lancieri di Montebello, dove fu consentito a ventinove ragazze di svolgere per 36 ore le normali attività di addestramento. I sondaggi d’opinione rivelarono un forte sostegno alle donne soldato, specie tra i giovani, e alcune ragazze fondarono l’Associazione Nazionale Aspiranti Donne Soldato (ANADOS) che ha dato un grande contributo all’ingresso femminile nell’esercito. Bisognerà aspettare sette anni affinché il disegno di legge presentato dall’onorevole Spini venisse approvato, a larghissima maggioranza, il 29 settembre 1999. La legge n. 380 del 20 ottobre 1999 ha delegato il Governo a predisporre uno o più decreti per disciplinare l’istituzione del servizio militare volontario femminile, divenuto realtà con i primi arruolamenti nell’anno duemila. L’Italia è stata l’ultima tra le nazioni aderenti alla NATO a consentire l’arruolamento femminile; un’opportunità che ha soddisfatto l’esigenza di confronto del mondo lavorativo militare con quello civile, in un’ottica di pari opportunità di genere, consentendo inoltre di poter compensare parzialmente le perdite di personale connesse con la sospensione della leva. L’abbandono del modello del servizio militare obbligatorio ha permesso alle donne di avere il loro spazio anche nella difesa dello Stato, ma la piena integrazione è ancora molto lontana, in quanto le donne non possono andare a combattere in prima linea. L’equiparazione dei diritti e dei doveri tra uomini e donne rimane ancora oggi una facciata e una realtà incompleta. Le donne soldato, purtroppo, sono ancora spesso vittime di infondati pregiudizi da parte degli uomini; alcuni sostengono che la donna sia fisicamente inferiore all’uomo, che non sia portata per fare il soldato, che l’uomo non può prendere ordini da una donna e che l’esercito è stato fin dai tempi antichi un’esclusiva maschile.

Il primo caso di discriminazione si trova nei test d’ammissione. Per gli istituti di formazione, sia nell’Accademia sia nelle scuole militari, le donne italiane hanno diritto a uno sconto sulle prove fisiche. Negli altri Paesi, sia NATO che non, questa disparità di trattamento e questa attenzione verso il genere femminile non esistono e le donne soldato sono trattate in modo e misura uguale agli uomini. Volontarie o professioniste possono partecipare ai concorsi per il reclutamento di ufficiali e sottufficiali in servizio permanente e di militari di truppa in servizio volontario nell’Esercito, nella Marina, nell’Aeronautica e nella Guardia di finanza. Ai concorsi possono presentarsi tutte le cittadine italiane, ma in base al tipo di concorso variano poi i requisiti e l’età massima. Il Decreto del 27 maggio 2005 ha stabilito, inoltre, l’abolizione delle aliquote negli arruolamenti delle donne nelle Forze Armate e nell’Arma dei Carabinieri.

Alla fine del 2014 risultavano in servizio nelle Forze Armate italiane e nell’Arma dei Carabinieri 11.189 donne tra ufficiali, sottufficiali e militari di truppe mentre nel corso dello stesso anno sono state reclutate 2.586 donne su 19.362 unità immesse, il 13% circa dei posti messi a concorso. Uno dei ruoli principali svolto dalle donne soldato nelle operazioni militari riguarda una serie di attività necessarie ad avvicinare le donne nei territori stranieri, soprattutto nei Paesi islamici, come i controlli e le perquisizioni corporali nei check-point o l’assistenza medica in teatri come l’Afghanistan e l’Iraq, nel rispetto della loro cultura e religione. Le loro attività sono fondamentali per far percepire in modo più positivo la presenza militare straniera dalle popolazioni autoctone. Tale presenza di personale militare di entrambi i generi ha richiesto un cambiamento di approccio nella gestione delle risorse umane, sia per quanto riguarda la vita all’interno dell’organizzazione sia per l’aspetto legato all’impiego congiunto durante i loro compiti istituzionali. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione n. 1325 del 2000 a proposito di “Donne, Pace e Sicurezza” ha segnato un punto di svolta; per la prima volta viene menzionato esplicitamente l’impatto della guerra sulle donne e il contributo delle stesse nella risoluzione dei conflitti per una pace durevole. E’ così stato introdotto il concetto di prospettiva di genere inteso quale capacità di affrontare ed esaminare ogni situazione dal punto di vista sia degli uomini che delle donne, in modo tale da identificare ogni differenza nei bisogni e nelle priorità, come pure nel tipo di contributo che ciascuno di essi può dare. L’argomento più efficace chiamato in causa per sollecitare la sensibilità degli interlocutori è la ricaduta positiva, in termini d’incremento della sicurezza e della forza dei contingenti impegnati in operazioni, derivante dalla sua adozione. E’ quanto si è verificato ad esempio ad Herat, in Afghanistan, nella zona di controllo dell’esercito italiano, dove la tenente degli Alpini Silvia Guberti ha scelto di mettere il velo per facilitare il suo lavoro a contatto con le donne del luogo.

La questione della presenza femminile nei pubblici uffici, nelle Forze dell’Ordine, nelle Forze Armate ed anche in operazioni di peace keeping non attiene semplicemente alla sfera della “political correctness” e delle cosiddette pari opportunità. Si tratta di una questione di valorizzazione delle naturali differenze e dell’impiego ottimale delle potenzialità di ciascun operatore: genere, etnia e cultura devono rappresentare una ricchezza e non un ostacolo per il processo di pacificazione e stabilizzazione. Anche in campo strategico si sono registrati gli stessi trend; la NATO, ad esempio, ha affermato l’importanza del ruolo femminile sia nella risoluzione delle controversie attraverso misure diplomatiche o implicanti l’uso della forza, sia nel potenziamento della cooperazione tra organizzazioni regionali, internazionali e sovranazionali quali l’ONU, l’Unione Europea, l’Unione Africana e altre. Le difficoltà, sorte dalla progressiva espansione del ruolo delle donne nell’esercito e dalla loro crescente presenza in un territorio prevalentemente maschile, hanno causato numerosi problemi di convivenza tra i due sessi. Tra i più gravi si può collocare il fenomeno delle molestie sessuali, in costante aumento sia nella società civile che in quella militare. Un altro problema che è stato, ed è tuttora, al centro di numerose discussioni, è il dibattito sulla possibilità o meno di destinare il personale femminile a ruoli di combattimento. Le motivazioni sono legate alla divisione dei ruoli e alla concezione della donna come essere fragile e debole, un’immagine che non trova più riscontro nella realtà e che contribuisce a rallentare il processo d’integrazione della donna nell’esercito. Le ultime tendenze in materia di difesa vedono la donna impegnata nelle missioni di mantenimento e rafforzamento della pace. Quest’ultimo tabù è stato fatto cadere dagli Stati Uniti all’inizio di quest’anno, con l’abolizione del vincolo che vietava ai militari di sesso femminile di essere impiegate nelle zone di combattimento più avanzato o in missioni delle forze speciali. Una decisione che ha avuto reazioni anche negative da chi come il colonnello inglese Richard Kemp, ex comandante delle truppe britanniche in Afghanistan, reputa le donne una faglia del sistema militare che va ad indebolire lo spirito della missione, ovvero l’istinto killer.

Se da una parte possiamo parlare di una parità raggiunta in molti Paesi, tra i quali quelli dell’Unione europea, dall’altra non è stata raggiunta un’effettiva parità in una realtà in cui le “quote rosa” sono ancora utilizzate come strumento politico, a volte demagogico, anziché di sviluppo. Parità dovrebbe significare integrazione e valorizzazione delle differenze, non livellamento ed imposizione di un’uguaglianza non universalmente accettata.


Citazione
già ai tempi delle leggendarie Amazzoni, il primo corpo di donne armate di cui si abbia conoscenza,

Le amazzoni sono solo un mito.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 27, 2017, 21:05:05 pm
http://amgreatness.com/2017/01/16/job-men-fight-wars-period/

Citazione
It’s the Job of Men to Fight Wars. Period.
January 16, 2017 by Louis Marano

Any culture that pushes its women toward the battlefield is a culture plunging toward destruction. Only a degenerate culture substitutes women for men in war. It doesn’t deserve to survive and, in the very long run, probably won’t.

In a parting act of vandalism, President Obama has expressed his support for requiring 18-year-old women to register for the draft.

But it would be unfair to blame only Obama. Nominal “conservatives” and military brass have joined the conga line. And taking sophistry to a new level, even libertarians repulsed by the very idea of conscription are supporting the initiative on the principle that what’s good for the gander is good for the goose.

Have you people lost your minds?

I’m not a fanatic, and I respect and admire women who wear the uniform. From 2007 through 2009, I was a civilian contractor for the U.S. Army in Iraq, and some of the best young intelligence officers there were women. But men and women are not interchangeable, and the attempt to make them so is destructive socially and ruinous militarily.

I view this issue as an anthropologist, a student of history, a Vietnam veteran, and a former journalist who has done some reporting on the military. Until very recently, every known society has had a taboo against sending women to fight while healthy young men were still available. Taboos, such as the incest taboo, develop when the rewards of an activity are immediate and obvious but the penalties are shrouded and delayed.

In the current all-recruited force, the short-term benefit of relying on 42-year-old grandmothers and lactating mothers is clear: it makes up for the male no-shows. As the late Charles Moskos, the dean of U.S. military sociologists, put it: “Americans seem to prefer somebody else’s daughter dying rather than their own sons.” So wouldn’t drafting women be a salubrious corrective? No. Instead it would be a step toward enshrining the interchangeability falsehood. We don’t need to draft women. Since the end of the Korean War, we’ve had more young men of military age in the U.S. population than the armed forces could possibly absorb.

We’ve been able to get away with this debased method of staffing our military because the United States still is a vast, rich country that—although it engages in distant, elective, brushfire wars—still holds a huge advantage in resources, population, and technology over any probable combination of existential enemies. I define an “existential enemy” as a coalition that could defeat our main forces, occupy our homeland, or hammer the United States back into the status of a regional power.

The long-term costs of violating the taboo are hidden but deadly. Our survival as a society is geared not to good conditions, or even average conditions, but to an ability to get through the worst crises. Militarily, that worst crisis is total war, but even in World War I and World War II America got off easy in terms of manpower. (Only the Confederacy approached full mobilization.) With the exception of the Soviet Union, which ran out of men during World War II, none of the major 20th century belligerents pushed women toward combat.

Why? Because men fight better than women, and men fight better when women aren’t around.

War is the great auditor of institutions. All other things being equal, an army of men will beat an army of women. All other things being equal, a society that puts women in the field at the expense of fielding a like number of men will lose its wars. Luckily, all other things aren’t equal, which is why we’re still here.

On December 3, 2015, Secretary of Defense Ashton Carter announced that all military roles would be opened to women, including those in first-line ground combat units whose mission is to locate, close with, and destroy the enemy. In preceding decades, the public had come to accept the presence of women in support units. But even this is misguided for three reasons.

First, support troopers in combat zones are required to perform heavy physical labor more suited to men than women. This includes such tasks as digging entrenchments, filling and stacking sandbags, and moving ammunition crates. The more fluid and chaotic the battlefield, the more these things must be done by hand rather than by machine.

Second, to use a sports metaphor, support units are the infantry’s “bench,” or reserve, and if it’s necessary to use the “bench,” the situation is out of control by definition. It’s not something your own leadership decides. It’s a condition the enemy imposes. The worse the situation on the ground, the more blurred becomes the line between the infantry and everyone else. And when women dilute the pool of reserve infantry, the commander has less force and fewer options at his disposal.

In 1942, for example, PT boat sailors, fighter pilots, and ground crews were assigned infantry duties on Bataan. Late in 1944, the German counteroffensive in the Ardennes was stopped largely by the work of small, isolated combat engineer units (now sexually integrated) fighting as infantry. After the Luftwaffe was all but destroyed, U.S airmen were ordered to Eisenhower’s depleted infantry divisions as replacements—even though the Allies had the initiative at the theater level.

In the summer of 1950, in Korea, the 34th Regiment of the Army’s 24th Infantry Division was almost wiped out and had to be reconstituted from support troops. The backbone of the new regiment was the 3rd Engineer Battalion, but soldiers also were taken from supply, ordnance, communications, and headquarters assignments to fight as riflemen along the Naktong River at the Pusan Perimeter. And, of course, during the withdrawal from the Chosin Reservoir the following winter, Army and Marine support troops had to fight as infantrymen.


No good would have come from women being involved in these operations at the expense of a like number of men. The deeper the “bench,” the stronger the army.

The third reason why women don’t belong in support units is the matter of sexual attraction and distraction, favoritism or even the appearance of favoritism, as well as damage to unit cohesion and morale. In Vietnam, I commanded a company in a support battalion that then was all male but now is mixed sex. I shudder to think of how much more difficult my job would have been if the outfit had included women. The military isn’t just another “job,” and you can’t go home at the end of the day.

In 1988, as a reporter, I covered the deployment of U.S. forces to the mountains of Honduras. While frustration, heartbreak, and jealousy didn’t seem to be a problem for the Army reservists and National Guard members who came into the camp and returned to the United States after a few weeks, they certainly were present among the sexually mixed camp cadre, who had to live with each other for almost a year.

How about Iraq? Let’s just say that, on missions, the chatter over the Humvee intercoms was both enlightening and consistent with my earlier observations. Human nature doesn’t change, and we are asking for trouble by pretending it has or will.

As for pregnancies, some instances are intentional as a form of malingering and a way to shirk overseas assignment. Women also have a much higher injury rate. And there is the matter of children left motherless by repeated deployments.

It was drilled into my head when I was on active duty that the mission came first and the welfare of the people I led came second. Aren’t those who demand equal opportunity for women in combat violating that most basic principle of military leadership? What’s good for individual careers isn’t necessarily good for the country.


The mission of the armed forces is to win wars, not under the best conditions or average conditions but with a margin for error under worse conditions than can be imagined. In extremis, the country that puts women in the field at the expense of men will lose. Meeting such a crisis successfully is never easy, and it might become impossible if our culture changes to the point where American men are no longer embarrassed to have women do their fighting for them.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Vicus - Marzo 27, 2017, 23:01:58 pm
Link davvero interessanti. Un modo per accrescere la consapevolezza maschile è imparare a non prendere sul serio queste derive ideologiche dell'occidente terminale.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 28, 2017, 00:22:47 am
Link davvero interessanti. Un modo per accrescere la consapevolezza maschile è imparare a non prendere sul serio queste derive ideologiche dell'occidente terminale.

Riguardo alle soldatesse, leggi il commento di questo texano.

Citazione
Thomas Follis I call BS. Women wanted in the military. They wanted equality. They wanted to be a part of the big picture. Now, all of a sudden, if the possibility of big time war and combat broke out, they want no part of it? That's double standard horse crap. I've always said they should've never opened the doors to women. I'm glad I did my time and got out when I did. Never, do I ever want to serve with another "WANNABE".
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 28, 2017, 00:38:36 am
http://www.washingtontimes.com/news/2017/feb/14/hearing-our-forgotten-men-and-women-in-the-militar/

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Hearing our forgotten men and women in the military
By Elaine Donnelly - - Tuesday, February 14, 2017

On Inauguration Day, President Donald Trump talked about the “forgotten men and women of our country. Everyone is listening to you now.”

These words must have encouraged forgotten Americans in the military. For many years, their opinions about politically correct mandates from Pentagon officials have been deliberately ignored.

Consider Marine Capt. Lauren Serrano, who respectfully asked a question of President Barack Obama at a military forum last September. Capt. Serrano cited Marine Corps field tests showing that mixed-gender units took up to 159 percent longer to evacuate a wounded battlefield casualty.


“As the wife of a Marine who deploys to combat often,” she said, “that added time could mean the difference between my husband living or dying. Why were these tangible negative consequences disregarded?”

Mr. Obama’s rambling answer betrayed indifference. In 2015, Defense Secretary Ashton Carter abolished women’s exemptions from direct ground combat units, such as the infantry, showing little concern about disproportionately high female injury rates. Mr. Carter brushed aside scientific research showing that in field tests with typical combat arms tasks, all-male teams outperformed mixed-gender units 69 percent of the time.


Then-Commandant General Joseph Dunford asked that some fighting units, such as infantry battalions and Special Operations Forces, remain all-male. He backed that request with empirical data confirming physical differences in strength and endurance that would impede speed and lethality in battle.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 28, 2017, 00:57:03 am
https://www.cmrlink.org/content/home/37795/congress_shares_blame_for_photo_sharing_scandal

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Congress Shares Blame for Photo-Sharing Scandal
March 25, 2017
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On March 15, Sen. Kirsten Gillibrand of New York hauled in Marine Commandant General Robert Neller, lambasting him for the red-hot Marines United Internet photo-sharing scandal.  She was not alone in expressing outrage that 30,000 members of the limited access Facebook community were sharing photos of female Marines without their consent.

It appears that most of the pictures of servicewomen were lifted from PG-rated social media sites, and AP reported that the “bulk” of them were selfies taken by women themselves.  Still, sensational reports focused on nude pictures posted in restricted sections of Marines United and similar websites in the other services.  Before the offensive pages were shut down, members-only could post and see photos of women in various stages of undress.

Regardless of how the pictures were obtained and how explicit they were, there was no excuse for male viewers to add identifying details and leering, snarky comments.  Individuals who obtained Peeping-Tom photos by violating women’s privacy on military bases, or by re-posting intimate photos that women took and shared with former boyfriends, deserve punishment in accordance with current policy and law.

As in previous military sex scandals, however, this is not about crimes and punishments.  It’s about ideology and a full-throated attack on the unique culture of the Marine Corps.

For decades, disdainful feminists have attacked the Marines “masculinist” culture and demanded psychological neutering to make the Corp more woman-friendly.   We have seen sex scandals before, but if reports of online vitriol aimed at women Marines are true, this may be something new that requires objective analysis of cultural dissonance in the military.


The Sweep of Social and Cultural Change

In December 2015, the Obama Administration ordered the Marine Corps to assign minimally-qualified women to combat arms units such as the infantry on an involuntary basis.  This was done even though then-Commandant General Joe Dunford asked for exceptions, which were supported with empirical data resulting from three years of scientific research.

Field tests had shown that all-male teams out-performed mixed gender units in 65 percent of typical land combat tasks, including casualty evacuations and long marches under heavy loads.  The Marines warned that ignoring these factors would impede mission readiness and combat lethality, but in the New Gender Order, reality doesn’t count.


Secretary of Defense Ashton Carter disregarded General Dunford’s best professional advice, and members of Congress failed to exercise their constitutional responsibility for diligent oversight.  Now we see Sen. Gillibrand and other critics blaming the Marine Corps for the consequences of policies made over the Marines’ objections.

This attitude ignores responsibilities that come with civilian control of the military.  Members of Congress and Obama officials who are still making policy in the Pentagon should be held accountable for what they did or did not do when President Obama was mandating unsound policies for our military.

A few weeks after Secretary Carter announced his decision, the incoming Commandant, General  Neller, dutifully submitted plans for making the women-in-combat experiment “work.”  To overcome male resistance, the Corps began deploying mobile instructors to conduct mandatory training to eliminate “unconscious bias” against women.

Details of the curriculum have not been disclosed, but the instruction program reportedly ignores and tries to discredit rational objections that male and female Marines had previously stated in countless focus groups and official surveys.

Infantrymen whose lives may depend on the physical strength of soldiers next to them on the battlefield are supposed to pretend that concerns about their own survival are less important than “gender diversity metrics,” another name for quotas.  One year later, what are we seeing?

Social Engineering Degrades Morale

Anonymous manifestations of hostility on the Internet may be a symptom not of misogyny, but  misdirected resentment rising from unworkable policies that undermine mutual trust for survival.

Political correctness in the military undermines unit cohesion, which is properly defined as mutual trust for survival in battle.  PC also weakens vertical cohesion, defined as two-way trust between commanders and the troops they lead.


In a Statement for the Record of the Senate Armed Services Committee last year, the Center for Military Readiness predicted that when misguided policies caused soldiers to be needlessly hurt and missions lost, military women would feel the brunt of resentment they did not deserve.

Could it be that resentments caused by constant attacks on masculinity are part of the problems evident on the Internet today?  Someone needs to find out.

Article 1, Section 8 of the U.S. Constitution makes Congress responsible for military policies.  With that power comes responsibility for results.

Politicians in Congress, the White House, and the Pentagon have repeatedly demanded military/social policies that elevate risks of physical and psychological harm to women and men alike.  These policy-makers should share the blame for social disruption that has harmed women and not improved readiness in any way.

Perhaps frustration began with dual-track, gender-neutral standards at boot camp.  Dishonest claims that men and women are interchangeable in the combat arms also may have fueled resentment among combat veterans who know better.  No one should be surprised if military men and women question the judgment of leaders who keep trying to “mitigate” problems that should have been avoided in the first place.

Men who violated women’s privacy on the Internet should be punished, but the issue transcends individual guilt.  Because civilians control the military, elected policymakers should be held accountable for going too far and asking too much.  Uniformed military leaders cannot say that, but I just did.

Feminists’ Record of Failure

More than 20 years ago, Congresswoman Patricia Schroeder and other feminists in Congress argued that putting women into combat aviation would reduce problems of sexual misconduct.  The same claim was made every time women’s combat exemptions were removed without any career advantages women don’t already have.  Instead of going down, rates of sexual misconduct have escalated steeply, year after year.

Today’s feminists are demanding fixes for the “masculinist” Marine Corps.  Since all land combat positions are open to women, the only target left is the Marines’ unique separate-gender boot camp training program, which is known to be superior in training both male and female recruits.  No one has explained how adding male/female distractions in boot camp would somehow stop cruel or juvenile behavior on the Internet.

Instead of beating the men with clubs until morale improves, perhaps it is time to consider a different approach.  What we need are policies that encourage discipline rather than indiscipline.  Congress should consider the consequences of their own votes to expunge rational statutory language and findings that are missing from law today.

Differences in Military and Civilian Life

Section 654, Title 10, the 1993 law that the Senate repealed in the 2010 lame duck session, used to recognize that the military is a “specialized society” with unique requirements that are: “characterized by its own laws, rules, customs, and traditions, including numerous restrictions on personal behavior, which would not be acceptable in civilian society.”

Standards of conduct applied to a member of the armed forces at “all times that the member has a military status, whether the member is on base or off base, and whether the member is on duty or off duty.”

Absent these findings in law, regulations now enforce acceptance of LGBT personnel in the military, with few protections for personal privacy remaining.  Priorities have been inverted, so almost any type of consensual sexual expression is legal.

For example, under President Obama’s transgender policies, Pentagon officials have ordered women to accept the presence of biological males in private showers and bathrooms.  And the Marines recently announced that women assigned to infantry battalions would share two-person tents with men.   In a process called “Real Life Experience” (RLE), a transitioning man can wear his uniform by day and a woman’s dress by night.

These and other politically correct policies are attempting to prove unsound theories about human sexuality.  What could go wrong?  Plenty.

Some advocates claim that male “sexism” is the primary cause of the photo-sharing scandal and all women are “victims” of that sexism. This “victim” paradigm is out of date; women engage in risky misconduct too.

Sound policies should recognize that military men and women are human beings with virtues and failings that occur regardless of gender or rank.  Instead, feminist demands for a “gender-free” military require the destruction of “masculinist” tendencies so that human beings magically will behave like saints.

Creepy guys who post salacious pictures of women without their consent should be punished – even if the women set themselves up for betrayal by sending intimate photos willingly.  Defense attorneys, however, likely will contend that their clients engaged in a form of sexual expression that does not violate current law made by Congress.

They will also argue that in the civilian world as well as in the military, many women seek attention with racy pictures of themselves. “Sexting” is common among straight and gay couples, married or not.   These practices degrade our culture, but in the absence of contrary law, any form of consensual sexual expression could be construed as a constitutional right.

Legislation to prohibit photo-postings without consent might be helpful, but what if the postings are voluntary?  According to USA Today, the Air Force Office of Special Investigations (AFOSI) is trolling through photos of group sex, identifying airmen they will contact and ask if their pictures were posted without consent.

The Naval Criminal Investigative Service (NCIS) has assigned dozens of investigators to look into the matter, and facial recognition software is being used to find and ask individuals whether they consider themselves to be victims.

The same March 17 article reported that investigators are looking at “a slew of gay pornography web pages with images of men wearing military uniforms engaged in sex acts.”  This is not surprising, since a Defense Department policy issued shortly after repeal of Section 654, Title 10 declared: “A person's sexual orientation is considered a personal and private matter.”

In a new message, (ALMAR 008/17), General Neller reinforced cultural values that were weakened when Congress voted to repeal the 1993 law.  He cited provisions of the Uniform Code of Military Justice (UCMJ), which still prohibit harassing or indecent behavior that is service-discrediting or prejudicial to good order and discipline.

The Commandant affirmed, “Marines represent the Marine Corps at all times, and their speech and conduct must consistently embody our core values . . ." He added, “Marines should think twice before engaging in questionable online activities.”

President Donald Trump and Secretary of Defense James Mattis also should think twice before capitulating to the same critics whose unsupported theories about gender equality repeatedly have been proven wrong.  Military leaders should defend core values, and civilian leaders should stop imposing flawed policies that weaken core values and make social turmoil worse.

                                                                          -- Elaine Donnelly, President, CMR

* * * * * * * *

Prepared by the Center for Military Readiness, an independent public policy organization founded in 1993, which reports on and analyses military/social issues.  More information is available on the CMR website: www.cmrlink.org.  To support CMR with a tax-deductible contribution, click here.  You can also support CMR by visiting, liking, and sharing the CMR Facebook page.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 29, 2017, 23:56:46 pm
E' un articolo di un anno fa, ma l'ho scoperto solo oggi.

http://www.askanews.it/video/2016/03/12/lotta-al-terrorismo-parla-la-prima-donna-del-nocs-20160311_video_18284076/

"Il Nocs è donna"
Ormai siamo alla malattia mentale.

http://infodifesa.it/polizia-il-nocs-e-donna-la-prima-agente-supera-le-durissime-selezioni/

@@

Minuto 2:46.
Un uomo ammanettato pesta una poliziotta.

Ovvero la differenza che passa tra la realtà e la propaganda mediatica.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 30, 2017, 00:33:02 am
"Il Nocs è donna"
Ormai siamo alla malattia mentale.

http://infodifesa.it/polizia-il-nocs-e-donna-la-prima-agente-supera-le-durissime-selezioni/

Ipotizziamo che un giorno questa poliziotta dei Nocs, esperta anche di arti marziali (judo, karate, ecc), debba scontrarsi fisicamente con un uomo più alto, più grosso e più forte di lei, nonché esperto di arti marziali.
Un esempio: io.  :sleep:
Bene: la suddetta cosa potrebbe mai fare senza un' arma in mano ?
Ipoteticamente dovrebbe spararmi, altrimenti sarebbero cazzi suoi.
Diverso sarebbe il discorso se avessi a che fare con un uomo, perché in quel caso potrei anche prenderle.
Mah...
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Alberto1986 - Marzo 30, 2017, 16:36:29 pm
"Il Nocs è donna"
...

 :doh: :doh: :doh:

Io non ci credo neanche minimamente che abbia superato tutte le stesse identiche prove maschili. Chissà da quanto tempo andavano avanti le pressioni dall'alto per far accedere la prima femminuccia.  :sick:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: claudio camporesi - Marzo 30, 2017, 17:30:20 pm
L' altra sera rientro a casa , e trovo due brutti ceffi che chiaccherano appoggiati al cancello carrabile ( tutte le abitazioni nel raggio di 1 km sono state " visitate" dall' inizio dell' anno).
Chiedo cosa succede e mi rispondono di farmi i cazzi miei e di andarmene a fare un giro.
Entro in casa e telefono al 113 : voce femminile : descrivo il problema e come risposta :  ... se dovessimo stare dietro a tutti i tipi sospetti, cosa pretende  che venga io?( segue risata femminile) .

Ora , Frank,  dimmi cosa potevo fare , vecchio e mezzo sciancato?
Ho preso il mio Mossberg a pompa calibro 12 , sempre carico , e una stringa da 8  munizioni supplementari.Sono uscito e ho chiesto spiegazioni .
Mi hanno risposto educatamente che si dispiacevano mi fossi spaventato , ed educatamente se ne sono andati, dirigendosi verso un furgone parcheggiato dietro la curva : ho memorizzato la targa , e ho fatto cenmo che potevano salire. Sono scomparsi a razzo.

Non credo si rifaranno vivi, ma avrei gradito veder la poliziotta come avrebbe agito.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Alberto1986 - Marzo 30, 2017, 17:46:31 pm
....
Ho preso il mio Mossberg a pompa calibro 12 , sempre carico , e una stringa da 8  munizioni supplementari.Sono uscito e ho chiesto spiegazioni .
Mi hanno risposto educatamente che si dispiacevano mi fossi spaventato , ed educatamente se ne sono andati, dirigendosi verso un furgone parcheggiato dietro la curva.
....

 :D :D :D

Meno male che ci sono le dddonne rambo...  :doh:
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 30, 2017, 18:24:06 pm
:doh: :doh: :doh:

Io non ci credo neanche minimamente che abbia superato tutte le stesse identiche prove maschili. Chissà da quanto tempo andavano avanti le pressioni dall'alto per far accedere la prima femminuccia.  :sick:

Non ci credo neanche io, proprio perché è una femmina e per quanto possa essere allenata e addestrata la sua muscolatura, il fisico, resta inferiore a quello di un atleta di sesso maschile.
Ma non perché lo dico io; no, lo dice Madre Natura.
Non a caso alle Olimpiadi, come ai mondiali o in qualsiasi altra competizione sportiva, le gare sono divise in base al sesso.


Citazione
Chissà da quanto tempo andavano avanti le pressioni dall'alto per far accedere la prima femminuccia.

Più che sicuro.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 30, 2017, 18:39:19 pm
L' altra sera rientro a casa , e trovo due brutti ceffi che chiaccherano appoggiati al cancello carrabile ( tutte le abitazioni nel raggio di 1 km sono state " visitate" dall' inizio dell' anno).
Chiedo cosa succede e mi rispondono di farmi i cazzi miei e di andarmene a fare un giro.
Entro in casa e telefono al 113 : voce femminile : descrivo il problema e come risposta :  ... se dovessimo stare dietro a tutti i tipi sospetti, cosa pretende  che venga io?( segue risata femminile) .

Ora , Frank,  dimmi cosa potevo fare , vecchio e mezzo sciancato?
Ho preso il mio Mossberg a pompa calibro 12 , sempre carico , e una stringa da 8  munizioni supplementari.Sono uscito e ho chiesto spiegazioni .
Mi hanno risposto educatamente che si dispiacevano mi fossi spaventato , ed educatamente se ne sono andati, dirigendosi verso un furgone parcheggiato dietro la curva : ho memorizzato la targa , e ho fatto cenmo che potevano salire. Sono scomparsi a razzo.

Non credo si rifaranno vivi, ma avrei gradito veder la poliziotta come avrebbe agito.

Sicuramente ne avrebbe steso uno con un Mawashi geri,
mentre l'altro lo avrebbe soffocato con un Hadaka Jime.  :sleep:

Nei film statunitensi capita sempre...  :D
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 30, 2017, 19:06:01 pm
Non ci credo neanche io, proprio perché è una femmina e per quanto possa essere allenata e addestrata la sua muscolatura, il fisico, resta inferiore a quello di un atleta di sesso maschile.
Ma non perché lo dico io; no, lo dice Madre Natura.
Non a caso alle Olimpiadi, come ai mondiali o in qualsiasi altra competizione sportiva, le gare sono divise in base al sesso.

Lo avevo già postato in passato.

Citazione
«Promemoria del concorso 1600 Allievi Agenti 2010/11 della polizia di
stato. Il promemoria riguarda le prove psicoattitudinali svoltesi nel
mese di Luglio 2011. Ogni giornata prevedeva un gruppo di 60 persone
circa, questo resoconto quindi tiene conto dall’esperienza personale di
uno solo di questi gruppi, pur rimanendo identiche le modalità e tempi
di svolgimento.

1. Prove di efficienza fisica differenziate tra uomini e donne: La prova
di corsa è risultata alquanto dubbia, in quanto gran parte delle donne
mostravano una manifesta impreparazione atletica, constatabile anche
visivamente a causa della forma fisica sicuramente non rientrante nei
canoni del peso forma.

Molte di loro, pur dovendo affrontare la prova dei 1000m piani in 4’45” a
differenza dei colleghi uomini che avevano in limite in 4’15”, non hanno tenuto
sicuramente un passo idoneo per il superamento della prova. Nessuna di
loro è risultata non idonea alla prova, considerando che solo una decina
di candidate hanno dimostrato una preparazione idonea. Molte delle
suddette, si sono anche permesse di insultare i candidati maschili
mentre osservavano le prove, in quanto alle donne era stato concesso di
partire per prime, in previsione del fatto che la prova si sarebbe poi
prolungata nelle ore più calde della giornata.(E’ da considerare che chi
aveva già sostenuto la prova poteva osservare le altre batterie della
corsa stando seduto sotto un gazebo all’ombra attrezzato per
l’occasione). Si potrebbe anche ragionare sul fatto che la migliore
delle candidate femminili non sarebbe rientrata nel tempo minimo dei
candidati maschili, in quanto classificatasi prima con 4’18”.
Il salto in alto ha visto scartati 3 uomini e 0 donne. Altezza prevista per le donne 90cm. Altezza prevista per gli uomini 110cm. Per chi è un minimo esperto del settore,
capirà come 20 cm possano fare la differenza in uno sport di questo
tipo.

Per quanto riguarda le prove di forza invece, sollevamento alla sbarra e
piegamenti, risultano un mistero in quanto le prove femminili si sono
“tenute esclusivamente a porte chiuse”, a differenza di quelle maschili
ovviamente di pubblico dominio.

A prescindere dal fatto che ritengo che sostenere una prova sotto lo
sguardo di un pubblico che ti osserva sia completamente diverso dal
sostenerlo in separata sede al riparo da sguardi “indaganti” magari di
un sesso opposto al nostro. Mi sembra obbligatorio riportare per
ammissione di alcune candidate stesse, che le donne sono state agevolate
nell’espletamento delle prove di forza.

1. Gli esaminatori aiutavano le donne sostenendole sui fianchi durante i
sollevamenti alla sbarra, ed era loro concesso lo stacco con slancio
da terra per effettuare la prima trazione. (Donne 2 trazioni per
superamento. Uomini 5 trazioni per superamento)
2. Gli esaminatori contavano con estrema
sufficienza il numero massimo di piegamenti alle donne.
(10 flessioni per le donne. 15 flessioni per gli uomini).

Prove di accertamento fisico:
Anche qui la disparità di trattamento è emersa violentemente fin dai
primi momenti, in quanto alle candidate ci si riferiva con “donne” ai
candidati con l’appellativo di “maschietti”. Le dottoresse che poi
esaminavano gli aspiranti per la valutazione medica generale della
vista, peso altezza, patologie generali, erano definite dalle candidate
stesse “acide”. Si dimostravano infatti scortesi ed arroganti, prive del
tutto di tatto e professionalità. Va considerato inoltre che alle donne
chiaramente è stata concessa una commissione medica del tutto
femminile, mentre agli uomini una commissione mista composta per lo più
dalla commissione femminile con l’aggiunta di un collega maschile.»
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: claudio camporesi - Marzo 30, 2017, 19:15:49 pm
Peccatoche non era un film, che non ero nel deserto del New M xico , ma sulle cooline romagnole.

Ma il Mossberg , per fortuna , e' vero.

La tengovicino al letto , perche' e' l' arma con cui ho piu' confidenza ,e , ameno di errori madornali , la piu' semplice da usare per un civile.
Ho diversi revolver e automatiche , ma preferisco il fucile a pompa.

Le mie armi ( o i miei giochini) sono una delle poche fonti di discussione con mia moglie : le odia , ma ammette di sentirsi piu' sicura .

Mai  conosciuta una donna veramente appassionata di armi : e al poligono sono diverse le poliziotte . Come dico sempre loro , son solo chiacchiere e distintivo - e voglia di uccello,giovane, purtroppo)
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 30, 2017, 19:18:42 pm
Mai  conosciuta una donna veramente appassionata di armi : e al poligono sono diverse le poliziotte . Come dico sempre loro , son solo chiacchiere e distintivo - e voglia di uccello,giovane, purtroppo)

Nemmeno io.

@@

Anch'io in passato ho frequentato un poligono: ma sparavo con la pistola e il fucile di un amico.
Ci andavamo insieme e l' invitato ero io.


(Preferisco mille volte il fucile.)
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: Frank - Marzo 30, 2017, 21:58:54 pm
"Il Nocs è donna"
Ormai siamo alla malattia mentale.

http://infodifesa.it/polizia-il-nocs-e-donna-la-prima-agente-supera-le-durissime-selezioni/

@@

Minuto 2:46.
Un uomo ammanettato pesta una poliziotta.

Ovvero la differenza che passa tra la realtà e la propaganda mediatica.



Citazione
This video is world famous.  It shows the beating of Officer Michelle Jeter, of the Carthage (Texas) Police Dept, by ex-convict (for armed robbery) Jorge Orozco on 10 August 1997, in the presence of his 8 y.o. daughter.  Jeter stopped Orozco's car for speeding and finds out from the police radio that Orozco is already wanted on multiple warrants. Jeter is then 23 y.o., 5 ft 5 in, 125 lbs; Orozco is then 37 y.o., 5 ft 10 in, 220 lbs.  Orozco was stopped, and prevented from killing Jeter and taking her gun, by the intervention of passers-by .... and it is only the information from those passers-by and the dashboard video cam the led to Orozco's arrest and conviction because Jeter was in a coma for six days and has no memory of the event.  She has titanium plates inside her skull and required extensive facial reconstruction, but returned to active police work only two months after this incident.  Orozco pled guilty in 1998 and was sentenced to a nominal sixty years prison, altho he is already eligible for parole.  His sentence will be completed in August 2057, when he is 97 years old.  If he had succeeded in killing Jeter he would have been caught anyway and executed under the Governorship of George W. Bush, who was enormously proud of never commuting a death sentence.
Titolo: Re:Quando in guerra combattono le donne...
Inserito da: ilmarmocchio - Marzo 31, 2017, 13:52:14 pm
notizia falsa come una moneta da 3 € :doh: