Aspirazioni di una donna “tradizionale”
D. Non intendo idealizzare la condizione sociale della donna islamica. Dico solamente che non è peggiore della nostra. E che in ogni caso – come tutte le caratteristiche delle culture diverse dalla nostra – va giudicata con molta cautela, partendo da una conoscenza approfondita della stessa e da un atteggiamento di rispetto e di umiltà.
Quello che però intendevo qui mettere in evidenza, oltre a ciò, è che, proprio vivendo in un paese islamico, ci si rende conto quanto, per le donne musulmane, siano proprio le occidentali a essere le “poverine” infelici. Quante volte ho sentito dire da donne musulmane considerazioni come questa: «Che tristezza vedere le occidentali sempre correre dietro al lavoro e ai soldi, invece che godersi un po’ la pace e la gioia di una vita famigliare tranquilla e, al posto di onorare la dignità del proprio corpo, andare in giro mostrandolo seminudo a ogni passante! È vero che siamo paesi arretrati economicamente e con governi dittatoriali e con mille altri problemi, ma almeno su questo punto noi donne musulmane siamo veramente fortunate!». Non nego che molte musulmane ammirino il modello occidentale e cerchino di imitarlo. Lo vedo con i miei occhi, ad esempio in una città come Rabat, che si distingue ben poco da Milano o da Berlino. Ma allo stesso tempo bisogna prendere atto che moltissime ragazze dei paesi islamici la pensano diversamente – questo almeno in base alla mia personale esperienza di vita in quei paesi. E molte di esse sono giovani ragazze colte, che studiano all’università. Va quindi sfatata la diffusa idea secondo cui le donne che, nel mondo islamico, accettano un ruolo tradizionale e di sottomissione, sono solo le vecchie dei villaggi sperduti o le ragazzine analfabete e povere. Io conosco decine di ragazze, in Marocco, che hanno studiato, e che sognano solo di sposarsi al più presto, non lavorare fuori casa e avere una famiglia tradizionale islamica. Questo non significa che vogliano avere un marito che le picchi! Auspicano, certo, che sia un uomo gentile e affettuoso, ma da parte loro ritengono normale e giusto essere obbedienti al marito, servizievoli e non alzare la voce contro di lui. Lo vedono come le elementari basi di un rapporto sereno e armonioso. Per molte giovani ragazze dei paesi islamici lavorare fuori casa è solo una penosa necessità a cui sono costrette dalla povertà della propria famiglia, ma sarebbero ben felici di trovare un uomo che le sposi e permetta loro di vivere tranquillamente in casa e di occuparsi dei bambini, cosa che non vedono, come spesso capita da noi, come un impiccio sulla strada dell’emancipazione e della carriera, ma come una realtà meravigliosa a cui dedicare la propria vita.
A. Come tu stesso hai ammesso però, gli esempi di donne musulmane a cui questo modello non sta affatto bene, esistono, e forse sono più numerosi di quel che tu pensi. Quando parlammo quella sera in Marocco con la moglie di Abdul-Qader, era evidente che lei voleva maggiore emancipazione, maggiore libertà, uno stile di vita, insomma, più all’occidentale. E a me ha fatto piacere sentirla, perché trovo giusto che ci siano posizioni diverse e che ci sia libertà di scelta. Una donna dev’essere libera, se vuole, di fare una famiglia islamica tradizionale, rimanendo a casa e occupandosi solo dei figli, ma deve essere anche libera di lavorare in un ufficio, se lo desidera, di guadagnare soldi, e deve essere ugualmente rispettata. Mi pare invece che, nella società auspicata dai musulmani più religiosi, questa libertà non ci sia.
D. Nella maggior parte dei paesi islamici oggi le donne hanno la libertà di lavorare fuori casa. Il punto in realtà è che questo spesso comporta problemi per la famiglia e viene quindi in genere visto male. Tu giustamente facevi l’esempio della moglie di Abdul-Qader e appunto non è casuale che loro due litighino molto spesso. La loro domestica, Malika, mi ha raccontato quanto sia imbarazzante per lei assistere a questi loro litigi, dovuti proprio all’atteggiamento così ribelle (dal punto di vista islamico) della moglie. Non sto a sindacare se abbia ragione o no nelle sue rivendicazioni. Fatto sta che Malika, vedendo queste cose, non fa che consolidarsi nella sua convinzione che è meglio una famiglia in cui regnino i valori islamici e in cui la donna stia tranquillamente a casa e sia “sottomessa” al marito: “sottomessa”, parola che ci suona come un insulto, ma che per loro significa semplicemente cedevole, gentile, rispettosa, pacifica. Quindi a te magari fa piacere sentire quel che dice la moglie di Abdul-Qader, ma a lui non fa affatto piacere, e la loro vita quotidiana è messa a dura prova da questo atteggiamento arrogante di lei. E Malika, dal canto suo, mi ha detto chiaramente: «Se Dio mi concederà di sposarmi, io non prenderò certo esempio da lei!». E bada che Malika è una ragazza che conosce bene l’Occidente, ha lavorato in un internet caffè, ha fatto quattro anni di università a Casablanca, vivendo da sola, sa come è il mondo moderno. E non posso nasconderti che mi sembra naturale che, se uno ha per casa una moglie sempre su di giri, sempre piena di pretese e di offese, sempre pronta ad alzare la voce e a ribattere, viene solo voglia di starsene fuori casa il più possibile, e la vita quotidiana è gremita di tensioni e malumore. Lo vedo parlando anche con molti amici italiani, i quali, davanti alle rispettive mogli o compagne, sono tutti sorridenti e pieni di cavallereschi elogi, ma appena si trovano faccia a faccia con me, confessano la loro frustrazione. E infatti uno su due divorzia. Quindi, guardando al panorama delle relazioni di coppia e delle famiglie in Europa, non si può certo dire che troviamo donne felici e realizzate e uomini contenti e fieri delle loro donne!
La “sottomissione” della donna
Io stesso, nelle mie varie conferenze che ho tenuto in giro per l’Italia sul mio libro-dinamite La donna cristiana, ho constatato quanto gli uomini da noi, anche se spesso sostengono a livello intellettuale che l’emancipazione della donna sia una cosa sacrosanta, nella loro vita concreta e famigliare siano però frustrati, depressi, e siano sostanzialmente scontenti di come sono cambiate le donne negli ultimi cinquant’anni; ma allo stesso tempo ho visto con i miei occhi che la maggior parte di loro, spesso impauriti e direi quasi terrorizzati dalle donne, non avrebbero mai il coraggio di dire, quantunque lo pensino, che preferirebbero avere una moglie tradizionale, “sottomessa”. A te risulta che ci sono molti uomini che la pensano così? «Che bello che mia moglie vada a lavorare fuori e che cucino sempre io o, quando torna, andiamo insieme al supermercato e cuciniamo qualcosa all’ultimo momento! Che bello che ha un carattere così emancipato e che sa dirmi le cose in faccia e, se non le va bene qualcosa, ha il coraggio di rispondermi per le rime senza peli sulla lingua! Quanto deve essere triste invece avere una moglie che sta a casa tutta la mattina a cucinare i ravioli fatti a mano e che, quando torno a pranzo, mi fa trovare la tavola apparecchiata! Che spiacevole che deve essere stare con una moglie che, quando le dici: “Vogliamo mettere questo armadio qui?”, ti risponde: “Sì, certo, come vuoi”! Per fortuna invece che mia moglie, quando le dico cose del genere, ha sempre la sana energia di contraddirmi e di imporre quello che vuole lei!».
Quanto a me, trovo che vivere con una donna “sottomessa” non vuol dire vivere con un essere amorfo e privo di intelligenza: ci possono essere divergenze di idee, opinioni contrastanti, ma non ci si incaglia mai in una situazione in cui ciascuno dei due dice: «Perché dovrei cedere io?». La donna infatti saprà che, proprio grazie alla saggia arma della sottomissione, potrà evitare che si creino attriti e litigi, mettendosi sempre in un atteggiamento di rispetto e di gentilezza – che poi significa amore –, vedendo in questa cedevolezza non un’umiliazione, ma un intelligente modo per rendere la convivenza serena e pacifica. E allora la “sottomissione” – per quanto questa parola ci stia antipatica – non è necessariamente una cosa negativa, ma anzi è una forma di maturità, in cui la donna cede sì, ma pacificamente e senza risentimento. Non mi sembra che sia segno di maturità, di intelligenza e di amore verso il proprio marito mettersi a litigare con lui perché egli vuole una cosa diversa da quella che vuole lei. In questo modo infatti, per una questione di principio, si distrugge la pace della vita quotidiana. Solo per una questione di principio: “Perché devo essere solo io a cedere?”, quando poi quella stessa donna, al lavoro, non avrebbe difficoltà a essere sempre cedevole e “sottomessa” col suo capo, per fare bella figura con lui, sentirsi apprezzata e stimata e per non creare contrasti e scontentezza in lui, o magari semplicemente per non perdere il posto! E è davvero strano che, mentre ci si tiene tanto a che le cose funzionino bene al lavoro, e che la ditta proceda senza intoppi, e a questo scopo si accetta ben volentieri che vi sia una gerarchia tra i vari membri del sistema, in famiglia invece si insiste solo sul fatto che moglie e marito devono avere gli stessi diritti. Ma, come in una ditta, così anche in famiglia non ci può essere buon andamento pacifico e armonia se non c’è un minimo di gerarchia tra i membri. E questo da noi è del tutto scontato nei posti di lavoro.
E poi tieni presente che, se nel matrimonio islamico la donna è tenuta a obbedire al marito e a “servirlo”, lui però è tenuto a mantenerla economicamente, il che non è poco. Ha infatti tutta la responsabilità e la fatica di un lavoro remunerativo con cui paga a lei l’affitto, il cibo, i vestiti e qualunque altra spesa; il che significa che lei ha la fortuna e il privilegio di essere mantenuta a vita senza bisogno di guadagnare soldi. Che in compenso lui possa prendersi la libertà di starsene tranquillamente seduto dopo pranzo – senza sentirsi in colpa – ad aspettare che lei gli porti il caffè, e che lei sia tenuta a fare i lavori di casa e a trattarlo con deferenza, mi pare un “contratto” assolutamente equo e onesto.
A. Non sono assolutamente d’accordo con questa tua posizione, che penso irriterà molte lettrici, ma anche lettori. Se è vero che una situazione del genere era abituale anche in Europa un centinaio di anni or sono, è altrettanto vero che si è combattuto proprio per modificarla, e nessuno vorrebbe tornare indietro. Il mondo va avanti, alla continua ricerca di nuove soluzioni, e il semplice tornare indietro non è mai stato la risposta ai problemi. Ormai molte donne, grazie alla loro spiccata intelligenza e abilità lavorativa, hanno fatto carriere così brillanti da divenire responsabili di ditte, di ministeri e perfino capi di Stato, mettendo in gioco anche competenze e sensibilità tipicamente femminili, il che dà loro un vantaggio nei confronti dei colleghi maschi. Non c’è da stupirsi quindi che diventino automaticamente esempio per altre donne che intendono abbandonare il ruolo tradizionale della mamma-massaia. Per secoli e millenni la donna ha avuto un ruolo ben specifico mentre oggi intende avere la medesima possibilità di scegliere e di emergere, mettendo alla prova le proprie capacità e confrontandosi con l’uomo. Gli Stati moderni offrono ormai (o almeno dovrebbero!) situazioni come gli asili nido che permettono alle donne di conciliare casa e lavoro, cosa che tra l’altro dona l’opportunità all’uomo di ingentilirsi, dovendo, anche se talvolta di malavoglia, contribuire alla cura dei bimbi e della casa.
D. Se queste donne di cui parli, che mirano alla competizione con l’uomo, al raggiungimento dei posti di potere e alla realizzazione di sé attraverso il prestigio sociale e il denaro, sono veramente felici, sono contento per loro. E se tu trovi il loro esempio bello e la loro compagnia piacevole, ne sono lieto. Io posso solo ringraziare Dio che mia moglie non è così.
Io non trovo che vi sia nulla di male e di umiliante che una donna si occupi con dedizione della casa e della famiglia – dopo tutto, ai fini di una quotidianità bella e felice, è anche molto importante che la casa sia tenuta bene, con amore, con cura, che si cucinino cose buone, che si abbia cioè un tenore di vita domestico piacevole – e, oltre a questo, penso che sia fondamentale, per sentirsi rilassati e sereni, non essere sempre in allarme per quel che dirà, che penserà, che farà la propria moglie, dovendo stare attenti a ogni parola che si dice: «Ecco, forse adesso si è offesa… Forse ho detto qualcosa che non le andava bene… Se ne è andata nell’altra stanza: probabilmente se l’è presa per qualcosa… E adesso arriva gente e lei forse terrà il muso…». E così si sta sempre sulle spine, sempre preoccupati e attenti a cosa dire o non dire, per non offenderla… E questo certamente non rende la vita dell’uomo tranquilla e felice, né la convivenza quotidiana armoniosa e pacifica. E secondo me, la donna stessa, se sente che lui è sempre preoccupato e “impaurito” di lei, sempre teso, agitato, in ultima analisi non contento, sarà anche lei delusa, triste, infelice.
Avendo invece un marito che vede rilassato, sereno, soddisfatto e fiero di lei, che la stima e l’apprezza – e la stima e l’apprezza proprio perché lei è cedevole, gentile, servizievole, rispettosa –, si sentirà anche lei più felice, più amata, più contenta, il che a sua volta accrescerà la stima e l’amore da parte di lui, e così via a catena.
Se mia moglie sta in cucina tutta la mattina a preparare il cibo, non significa necessariamente che ci soffre e lo vive male: dopo tutto, quando tu, che vivi in campagna, stai in veranda a tagliare le mele per fare la cotognata o sistemi i fiori e poti il glicine, lo fai con grande piacere: è una forma di rilassamento e una fonte di gioia. E quando lavori nell’orto affinché sia ben ordinato, lo fai con piacere, e ti dà fierezza vederlo. E allo stesso modo non si vede perché a una donna non potrebbe far piacere occuparsi, con gioia e fierezza, della cucina e servire a tavola il marito.
E quando parliamo di ruolo della donna o anche di “sottomissione”, questo non ha nulla a che fare con gli abusi della società patriarcale europea di un tempo, in cui spesso il marito picchiava la moglie o la tradiva.
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D. Io, ad esempio, in linea di massima, non mi occupo della cucina (quantunque lo trovi una cosa molto bella e nobile,e quando in passato me ne occupavo, lo facevo con grande piacere); è mia moglie che cucina, e quindi non abbiamo mai motivo di litigare perché uno vuole che i piatti si tengano qui, l’altra vuole che si tengano là. Ognuno ha il suo spazio e così si sta in pace e non si litiga.
Io ricordo che in Grecia, al villaggio dove vivevo, quando parlavo con gli uomini di sessanta o settant’anni, sentivo sempre da parte loro parole di rispetto, amore e stima verso le loro mogli. Si percepiva un sincero senso di apprezzamento e gratitudine, e credo che alle mogli facesse piacere udire ciò: sentirsi stimate, lodate e onorate dal proprio marito. Quando invece parlo con molti giovani uomini europei, sento, nella maggior parte dei casi, frustrazione, scontentezza: in presenza della moglie, la esaltano alle stelle e la riveriscono, ma quando lei non c’è, ne parlano come di una persona difficile, irritabile, esigente, come di un peso da sopportare, e si finisce sempre con frasi del tipo: «Ci vuole solo pazienza…», oppure: «Be’, non mi costringere a parlare di più, altrimenti direi cose che non vorrei dire…».
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Studiare o mettere su famiglia?
A. Perfino in Marocco, mentre recentemente il ministro dell’educazione visitava una scuola, si rivolse a Raouia Ayache, una bimba di dodici anni, suggerendole che sarebbe stato meglio per lei che le avessero trovato un buon marito presto, anziché studiare! Per fortuna i suoi famigliari reagirono con una protesta ufficiale presso il ministero!
D. Ho conosciuto diverse ragazzine marocchine che non vanno a scuola: non conoscono la letteratura francese, non sanno leggere i poeti arabi, non sanno fare un algoritmo, ma in compenso già a sei anni sanno fare il pane nel forno, governare una casa, occuparsi dei fratellini più piccoli, mungere le capre. Hanno appreso cioè le cose che davvero servono nella vita. E soprattutto, proprio perché “ignoranti”, hanno quell’umiltà che è la base di ogni vera sapienza. Quelle che vanno a scuola invece, oltre che diventare persone del tutto incapaci di dare una mano in casa, assumono quell’atteggiamento tipico di chi crede di sapere molte cose e, come diceva giustamente Socrate, pretendere di sapere è la più grande ignoranza.
Non vedo quindi che cosa ci sia di così aberrante nel mettere su una vita di famiglia in giovane età e dedicarsi in pace ai propri bambini, piuttosto che passare la propria giovinezza a studiare la matematica, la letteratura o la storia dei grandi conquistatori. Io non trovo che le donne europee che studiano fino al liceo e all’università siano persone più felici e abbiano una vita più realizzata e serena delle ragazze marocchine che si sposano a sedici anni e vivono la loro vita di famiglia.
A. Ad ogni modo, che a te piaccia o no, oggi le cose cambiano ovunque e non solo in Occidente. Come si svilupperà la famiglia? In meglio? In peggio? Difficile dirsi.
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L’arroganza del femminismo occidentale
A. Tu qualche giorno fa mi dicevi che in una famiglia media marocchina, quando si ricevono ospiti a casa, la donna non si fa nemmeno vedere, o appare di sfuggita solo per servire il tè. Il che agli occhi occidentali mostra ancora una volta come la donna nella società islamica sia considerata un essere di seconda categoria. Oppure la donna rimane in un’altra stanza a parlare solo con le donne, quasi a significare che esse sanno parlare solo di sciocchezze femminili e non sono al livello dei discorsi maschili. Vorrei conoscere il tuo punto di vista su queste consuetudini.
D. Si tratta di una di quelle tipiche abitudini culturali che si sviluppano in maniera spontanea e che non hanno tutte quelle connotazioni maschiliste che gli attribuiscono gli occidentali con la loro “suscettibilità” femminista. In una società tradizionale è normale e naturale che una donna si senta più a
suo agio tra donne e abbia più cose di cui parlare con altre donne, percepisca una sensibilità comune, più interessi comuni, ecc.
Considerare questa abitudine culturale come offensiva per la dignità della donna mi sembra molto arbitrario e forzato: diciamo che le donne nella società islamica sono penalizzate perché devono stare a parlare solo con le altre donne; allora potremmo dire che lì anche gli uomini sono penalizzati perché devono stare a parlare solo con gli altri uomini!
Del resto ritengo che queste siano faccende molto personali e interne alla famiglia: se un uomo sposa una donna che ha certe abitudini, certe aspettative ed esigenze e se a lui va bene così, o viceversa se una donna sceglie e accetta di sposare un uomo musulmano praticante e rispettoso della shari’a, non vedo perché mai dovremmo intervenire noi a dire se è giusto o no. Se va bene a loro due, chi siamo noi per dire che non va bene? E soprattutto: chi siamo noi europei per dire ai marocchini che quando si sposano devono comportarsi in un certo modo e non in un altro? E proprio noi, le cui famiglie sono disastrate e all’orlo del divorzio ogni giorno! Noi occidentali abbiamo questa tendenza innata, questa specie di virus che ci portiamo dentro, a giudicare sempre le altre culture: se vediamo una ragazza algerina che ha sposato a sedici anni un uomo algerino il quale ha altre mogli, non riusciamo a trattenerci dal pensare e dal dire: «Ha fatto male! È sbagliato».
E quando parliamo di ruolo della donna o anche di “sottomissione”, questo non ha nulla a che fare con gli abusi della società patriarcale europea di un tempo, in cui spesso il marito picchiava la moglie o la tradiva.
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Perché quella che descrive Tessore è una società arcaica e rurale.Tendiamo ad attribuire alla famiglia tradizionale un livello di specializzazione (lui a lavorare nei campi da solo, lei confinata in casa) che non ha mai avuto salvo forse nei paesi islamici. Ciò che teneva le famiglie unite era anche il fatto che si lavorava insieme.
Tendiamo ad attribuire alla famiglia tradizionale un livello di specializzazione (lui a lavorare nei campi, lei a casa a cucinare) che non ha mai avuto. Ciò che teneva le famiglie unite era anche il fatto che si lavorava insieme.
D'altra parte l'istruzione oggi, anche universitaria, è di scarso livello (i titoli di studio hanno già poco valore) e il lavoro diventa sempre più irrilevante (automazione) e insignificante nelle mansioni. Inoltre per mandare avanti la famiglia la donna non può stare lontano da casa. La soluzione non può essere parcheggiare i figli al nido mentre la madre sta 8 ore dietro a una scrivania.
Probabilmente si recupererà la famiglia con una riorganizzazione del lavoro che sembra stia già avvenendo: minore necessità di spostarsi (informatica) e grazie all'automazione, mestieri che diano più spazio alle idee e alla cultura generale, con più disponibilità di tempo da dedicare alla famiglia e un'istruzione più flessibile .
questa di Tessore non è una via d'uscita, non combinata con la civiltà odierna.
Non ha senso non far studiare le bambine,
Parlare di necessità di stare coi bambini perennemente come accadeva in una società in cui la mortalità infantile era molto alta e si facevano 7/8 figli è anche abbastanza anacronistico.I bambini vengono su davvero bene quando sono allevati da tutto il “clan” (nonni e parenti vari). Non penso che 2-3 figli richiedano poco tempo (certe famiglie trovano impegnativo anche il figlio unico) e ad esempio Antonella Ruggiero si è ritirata per 7 anni per allevare un solo figlio.
Quel che dice Dag è sposati a 17 anni (fa l'esempio delle ragazzine marocchine) e fai figli.
Quel che avverrebbe se trasponessimo tutte le teorie applicate alla società arcaica sarebbero donne trentenni con due o tre figli già grandi (non più da parcheggiare al nido ma in preadolescenza) e con nulla da fare.
Per non parlare del fatto che l'idea di stare appiccicati ai figli per i primi tre anni è anche questa un'idea post-industriale.
In campagna, o nelle società rurali, spesso e volentieri i bambini appena svezzati venivano accuditi dai figli più grandi o dagli anziani e le donne lavoravano a parte le ore di allattamento.
di annoiarsi a casa invece che annoiarsi, sul lavoro:lol:
.
L’età ideale per sposarsi è 20-25 anni, ma probabilmente sarà posticipata anche in futuro.
Chi preferirebbe passare carte in un ufficio o rispondere al telefono fino ai 70 anni invece di avere tempo libero da dedicare ai propri interessi o ai nipoti?
In altre parole: :lol:
allevare un solo figlio
come voi cristiani DOC
sono d'accordo, ma... ma... questo ripropone la domanda che è sempre stata inevasa.Sì, molto più delle dichiarazioni di intenti.
L'ambiente può cambiare anche i valori?
Voglio dire questa tendenza porterà a fare le stesse cose, c'è poco da fare.È quel che dicevo, ed è un bene per la famiglia. Penso che la donna debba cucinare e l’uomo cambiare le lampadine, ma nel complesso i ruoli non dovrebbero essere troppo specializzati.
Telelavoro: lo fanno anche parecchi uomini, liberi professionisti per esempio con un lavoro che possono fare al computer.Fatto positivo.
Tutte cose che avverrebbero se combini la società odierna con i ruoli di un tempo.Quel che c’è da recuperare è il ruolo del pater familias, inteso come responsabilità che non prescinda dall’ascoltare le opinioni e i consigli dell’altra; ruoli non identici ma più integrati e non competitivi; possibilità per la donna di occuparsi a casa dei figli (anche lavorando in casa come faceva mia nonna); possibilità per l’uomo di non lavorare lontano da casa.
Io mia figlia me la porto spesso con me al lavoro.ma infatti.
Ovviamente non da piccola, ma ora - specialmente in estate - si alza con me alle 6,20; prendiamo il treno e andiamo dove dobbiamo. Dopo di che se posso la porto insieme a me in escursione (e ormai sa ogni pietra della provincia...) oppure se non proprio è possibile la lascio alle mie colleghe che lavorano nei vari uffici informazioni.
Ora a me sembra che lei sia una bambina serena e felice perché comunque sta con me, anche se non tutto il giorno, anche se non posso darle attenzione tutto il tempo.
Necessità fa virtù, comunque centri estivi e baby sitter costano un botto e non sono auspicabili 3 mesi.
Se mai dovessi avere un altro figlio (ma purtroppo non sarà possibile :() ovviamente ridurrei l'orario di lavoro e in ogni caso io non mi sento di appiccarmi nessuna etichetta addosso, tradizionale o moderna.. Non lo so.
Di certo qui a casa nostra il mazzo ce lo facciamo tutti :D
Ho conosciuto diverse ragazzine marocchine che non vanno a scuola: non conoscono la letteratura francese, non sanno leggere i poeti arabi, non sanno fare un algoritmo, ma in compenso già a sei anni sanno fare il pane nel forno, governare una casa, occuparsi dei fratellini più piccoli, mungere le capre
Io mia figlia me la porto spesso con me al lavoro.Proprio così, i figli piccoli devono stare con i genitori, e in più c'è il clima conviviale con i colleghi. Ricordo che quando dopo scuola andavo in ufficio dai miei era come una grande famiglia, si scherzava e si rideva tutti.
Ovviamente non da piccola, ma ora - specialmente in estate - si alza con me alle 6,20; prendiamo il treno e andiamo dove dobbiamo. Dopo di che se posso la porto insieme a me in escursione (e ormai sa ogni pietra della provincia...) oppure se non proprio è possibile la lascio alle mie colleghe che lavorano nei vari uffici informazioni.
Ora a me sembra che lei sia una bambina serena e felice perché comunque sta con me, anche se non tutto il giorno, anche se non posso darle attenzione tutto il tempo.
Comunque in altri lidi le madri i figli se li portano al lavoro anche se piccoliIl risultato è lo stesso, ma è una soluzione praticabile raramente, non ad es. per studi professionali, operai, insegnanti...
Il risultato è lo stesso, ma è una soluzione praticabile raramente, non ad es. per studi professionali, operai, insegnanti...
L'ideale è che comunque tutta la famiglia stia nei pressi della casa (come probabilmente la donna della foto), che dovrebbe esserne il centro, anche di socializzazione con gli altri. Invece è spesso un dormitorio in quartieri urbanisticamente "bloccati", che impediscono attività sociali sul posto.
ma è una soluzione praticabile raramente, non ad es. per studi professionali, operai, insegnanti...
Anche perché onestamente non è così vero che tutti gli uomini vorrebbero la donna casalinga mentre loro lavorano dodici o tredici ore al giorno.
Non è il "cosa fai" è il "come ti rapporti con l'altro partner".
Se queste donne di cui parli, che mirano alla competizione con l’uomo, al raggiungimento dei posti di potere e alla realizzazione di sé attraverso il prestigio sociale e il denaro, sono veramente felici, sono contento per loro.
alcune cose sono troppo curiose:
1 associare all'impostazione di Dag, al concetto di tradizionale, un concetto di "vecchio", arcaico, etc. Dico: ho l'impressione che Dag usi i media come e forse più di noi ;) date un occhio al suo blog o quel che volete, ma è chiaro che tradizionale e arretrato non sono sinonimi
!
Ma voi la avete mai incontrata una donna che lavora, fa politica, fa carriera, compete con maschi e femmine alla pari, e poi è felice, ha un aspetto felice?
Ovvio che noi uomini siamo stanchi di essere continuamente frustrati e umiliati, però, onestamente, io potrei anche concepire una vita di sacrificio se so che rendo felice qualcun altro.
Rita, non ti capisco :unsure:
1 non siamo uguali (mai! :P ) per cui perchè ti stupisci se la ricerca della felicità sul versante femminile è autoreferenziale-narcisistica, sul versante maschile è altruista-generosa?
il lavoro da fare sia davvero quello di sfatare miti ritenuti indiscutibili: l'emancipazione, i diritti, la parità, etc.
Non mi sembra, almeno non per la discusione vivere per la famiglia. Peraltro il senso maschile di sacrificarsi per la famiglia è sacrificarsi lontano da loro, affrontare sfide nel nome delle famiglia, :ok: ma non tanto di stare anche nelle giornate noiose con la moglie e bambini. Questa era almeno nel mondo tradizionale.Concordo pienamente.
ma non sono indiscutibili da tanto tempo,
sono manipolazioni moderniste per imporre uno stile di vita che ci rende dipendenti di soldi, di supermercati, di banche etc,
Volendo emancipazione sarebbe oggi capire quando sei manipolato e quando segui davvero i tuoi desideri, anche perché il potere opressivo oggi è proprio questo matrix mercantile :lol: che ci manipola
.
Oggi è l'accelerazione tecnologica a dettare le nostre scelte e preferenze. Invece di cambiare partner e città come turaccioli nella tempesta, dovremmo creare dei contrappesi per una vita umana armoniosa, come la famiglia e una comunità stabile.
L’umanità ha sempre affrontato i cambiamenti col clima mentale dell’epoca immediatamente precedente. Reagiamo all’informazione mutevole e istantanea come se fossimo ancora nel 19° secolo, facendo continue piroette.
Per vivere bene in un ambiente di sovrabbondanza di informazioni e di stimoli, dobbiamo comprenderne le dinamiche, che hanno un alto grado di coerenza e di unità, invece di reagire al singolo dato. Ciò avrà una funzione stabilizzante e schiuderà panorami insospettati.
è vero. Oggi oltretutto il cambiamento è accellerato per cui forse è l'essere umano che non riesce a stargli dietro diventando schizofrenico.
Porto sempre l'esempio del telelavoro. Esperimenti piloti ci sono. Per esempio il Comune di Torino per le impiegate comunali (vale anche per gli uomini ma, come si sa, i dipendenti pubblici sono quasi tutte donne).
Vale per le teleconferenze per esempio, di cui ricordo, quando lavoravo in un grosso studio legale, l'installazione che avrebbe dovuto permettere anche ai capi (chi fa lavori di concetto, chi comanda insomma) di risparmiare il tempo per il viaggio per partecipare a riunioni che si tenevano in luoghi diversi. Non decollò mai perché questo strumento è utile quando la diffusione è di massa.
E' un mondo difficile...
alla fine il punto è sempre e comunque solo la felicità
la caratteristica più determinante di ogni società è che cerca di smorzare o sviare la ricerca di felicità dell'uomo, così che porre coscientemente la domanda su cosa davvero fa felici è rivoluzionario
Porto sempre l'esempio del telelavoro. Esperimenti piloti ci sono. Per esempio il Comune di Torino per le impiegate comunali (vale anche per gli uomini ma, come si sa, i dipendenti pubblici sono quasi tutte donne).L’essere umano per vivere bene ha bisogno di continuità, di una comunità stabile con relazioni di prossimità. In diverse parti d’Europa lo si sta capendo. Gli strumenti ci sono già: il telelavoro, o la “cottage economy”, ovvero la gestione di un’azienda con minimi mezzi e da grandi distanze.
Vale per le teleconferenze per esempio, di cui ricordo, quando lavoravo in un grosso studio legale, l'installazione che avrebbe dovuto permettere anche ai capi (chi fa lavori di concetto, chi comanda insomma) di risparmiare il tempo per il viaggio per partecipare a riunioni che si tenevano in luoghi diversi.
E' un mondo difficile...Sono problemi creati dagli uomini, e possono essere risolti dagli uomini :lol:
alla fine il punto è sempre e comunque solo la felicità:dry: Se lo si chiede alle donne, quasi sempre rispondono che la felicità è l'emancipazione femminile E una bella famiglia, il che è impossibile come scoprono in seguito. Sono gli assiomi contraddittori del pensiero contemporaneo, la Mead (antropologa non sospettabile di favorire la donna tradizionale) li chiamava "regolarità culturale".
la caratteristica più determinante di ogni società è che cerca di smorzare o sviare la ricerca di felicità dell'uomo, così che porre coscientemente la domanda su cosa davvero fa felici è rivoluzionario
la caratteristica determinante della nostra societ� � di seddurci o imporci gentilemtne ricette di felicit� che non sono infatti nostre, ma che portano molti soldi a qualcuno (e a noi li fanno spendere).
c'è un sonno della ragione x cui noi ragioniamo e ci impegnamo su tutto fuorchè sulle cose che contanoSembra che la maggior parte delle donne pensino che non sarebbero felici senza lavoro. Forse nel contesto attuale l'ufficio è un luogo primario di socializzazione e probabilmente la casalinga si ritroverebbe isolata.
Cosa dà la felicità?
credo che alla fine i libri di Tessore siano un ragionamento attorno a questa sola domanda
e verrebbe da chiedere: ma signore donne, avete mai provato a ipotizzare se quella strada davvero non vi renderebbe più felici delle minigonne?
Per la prima volta mi tocca quotare Lucia..OMG OMGPiù che ricette di felicità, sono dei palliativi. La gente viene ammassata insieme ed educata ad ammirare il lusso, mentre a rendere felici sono interazioni umane che abbiano significato.
Sembra che la maggior parte delle donne pensino che non sarebbero felici senza lavoro. Forse nel contesto attuale l'ufficio � un luogo primario di socializzazione e probabilmente la casalinga si ritroverebbe isolata.
Sarebbe interessante sentire il parere di Rita e Artemisia: perch� per una donna il lavoro � cos� importante? Per gli stessi motivi di un uomo o c'� differenza?
Sembra che nel momento stesso in cui il lavoro perde di rilevanza (automazione, grandi conglomerati amministrati dall'alto) e "l'azione" sociale si sposta altrove, le donne si riversino in professioni specializzate, un tempo esclusivamente maschili.
D�altra parte, i due sessi tendono verso un'umanit� comune, favorita proprio da un mondo non specializzato.Pi� che ricette di felicit�, sono dei palliativi. La gente viene ammassata insieme ed educata ad ammirare il lusso, mentre a rendere felici sono interazioni umane che abbiano significato.
Mi viene in mente la celebre frase di Palahniuk in Fight Club..Sarebbe? :D
Per la prima volta mi tocca quotare Lucia..OMG OMG
Sarebbe? :D
1)Le cose che possiedi alla fine ti possiedono.Un giorno, quando questi temi saranno incoprporati in una commedia romantica, le donne torneranno ad essere donne ;)
2) Vedo nel Fight Club gli uomini più forti e intelligenti mai esistiti. Vedo tutto questo potenziale. E lo vedo sprecato. Porca puttana, un'intera generazione che pompa benzina, serve ai tavoli, o schiavi coi colletti bianchi. La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto. Non abbiamo la Grande Guerra né la Grande Depressione. La nostra Grande Guerra è quella spirituale, la nostra Grande Depressione è la nostra vita. Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene!
3) * Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante merda del mondo!
Un giorno, quando questi temi saranno incoprporati in una commedia romantica, le donne torneranno ad essere donne ;)
Considera che le donne sul lavoro non hanno le frustrazioni maschili, ben descritte sopra.
La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. (...) Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars.
Però bisognerebbe anche chiedersi culturalmente cos'è il lavoro per un uomo. E se è "naturale" per un uomo lavorare mentre non lo sarebbe per una donna.Una volta non c'erano distinzioni così nette, anche se la donna aveva uno specifico ruolo familiare, uomini e donne avevano compiti abbastanza simili. Sembra essere questa la tendenza del futuro.
Quando si parla di "donna tradizionale" non si parla di una donna che non lavora, ma di una donna che lavora, come dicevamo prima, in prossimità di casa.Certamente, ma la donna non dovrebbe essere costretta a lavorare se non vuole e, ove possibile, ci sarebbero attività più interessanti e forse più importanti del lavoro (vale anche per gli uomini ;)).
E' tutto qui. Il rendersi utile capita che ci renda felici, alle volte, e così si unisce l'utile al dilettevole.Concordo, ma forse le donne in casa si sentano poco utili, vedono il ruolo di casalinga solo come quello di addetta a biberon e pannolini (come di fatto è oggi). Invece, un tempo questo ruolo era integrato nella comunità con attività sociali (il villaggio o quartiere come famiglia allargata), culturali (la trasmissione di valori) ecc.
L'organizzazione lavorativa odierna è diversa, la tizia che si occupa di container non è solo utile alla struttura in cui lavora, ma sarà in qualche modo utile il fatto di non pesare sul welfare altrui, per esempio.Il welfare sono anche asili nido, congedi, contributi a colf e baby sitter…
la testimonianza che il "lavoro" o un'occupazione contribuisce non solo a sopravvivere ma anche a dare un senso alla nostra vita e in ultima analisi a dare felicità alla nostra vita è che spesso, anche gli straricconi che potrebbero vivere di rendita diventano filantropi e si occupano, finanziandola addirittura, o di questa o di quell'altra attività.Se il lavoro dà più senso al quotidiano senza interferire con i compiti familiari, perché no? Però i magnati non si danno ad attività filantropiche perché manca loro il lavoro, ma lavorano per poi poter fare quel che a loro piace!
la testimonianza che il "lavoro" o un'occupazione contribuisce non solo a sopravvivere ma anche a dare un senso alla nostra vita e in ultima analisi a dare felicità alla nostra vita è che spesso, anche gli straricconi che potrebbero vivere di rendita diventano filantropi e si occupano, finanziandola addirittura, o di questa o di quell'altra attività.
Ma non si parla d'altro :lol:
Rita:
Sarebbe interessante sentire il parere di Rita e Artemisia: perché per una donna il lavoro è così importante?
Il lavoro oggi è troppo separato dal ruolo familiare sia come distanza che come compiti, al punto da esserne diventato un sostituto, mentre prima le attività della donna erano più integrate.Se il lavoro dà più senso al quotidiano senza interferire con i compiti familiari, perché no? Però i magnati non si danno ad attività filantropiche perché manca loro il lavoro, ma lavorano per poi poter fare quel che a loro piace!
Non nascondiamoci dietro a un dito, la donna sta nella società moderna come un pesce nell'acqua.Sì e no, la donna per ragioni anche biologiche risente di più dell'artificialità della vita moderna, anche se inconsciamente. Una risposta potrebbe venire da una commedia molto apprezzata dalle donne:
Dobbiamo fare cose per sopravvivere e cerchiamo di farcele piacere e trovare il lato positivoAl momento però la maggior parte delle donne contemporanee non rinuncerebbe al lavoro neanche se potesse. :hmm:
E in ultima analisi, siamo sicuri che ci piace in sé la cosa e in realtà non ci piace essere ammirati o avere riconoscimenti per quel che facciamo?A partire dagli anni ‘60 c'è stato un vero e proprio stima sociale nei riguardi del ruolo tradizionale della donna, persino l'avere dei figli. Invece al lavoro è vezzeggiata, ammirata (ma è un atteggiamento professionale, di facciata), fregiata di titoli ed onori, pur svolgendo spesso mansioni equivalenti a quelle di un impiegato di concetto. Adesso le impiegate di banca sono definite dall'azienda "general manager". Non stupisce quindi che una casalinga si senta senza un’identità, che trova soltanto sul luogo di lavoro:
dopo che gli viene gridato da ogni dove "siete inutili" abbia inconsciamente colpito prima le donne quando il loro compito veniva lentamente esautorato dal mondo, o perlomeno questo veniva dichiaratoAppunto. La nostra epoca ha associato il ruolo familiare al vuoto, perché l'unico senso che conosce è la produzione. E a parte la sua funzione di sostentamento, il lavoro è una distrazione dal vuoto esistenziale e dalla noia tipiche della società dei consumi.
Se penso di non essere utile o di non esserlo più perdo valore
Il discorso è un po' più complesso IMHO della sola volontà di competere con l'uomo. Quello è un sentimento che non sarebbe potuto nascere senza un'altra spinta precedente, spinta che potrebbe essere una paura.
io Vicus per welfare non intendevo gli asili nido etc. ma il fatto di non pesare sul marito o sul compagno.Parecchi uomini non sentirebbero come un peso una donna che si occupa amorevolmente della casa della famiglia.
Se alla casalinga togli la gestione della casa resta la gestione del figlio. Appunto.. cambiare pannolini usa e getta e giocare col bambino che diventa sempre più figlio unico (il processo che si è iniziato guarda caso negli anni cinquanta/sessanta).A quanto ne so i figli prendono parecchio tempo, anche in famiglie poco numerose: compiti, accompagnarli a scuola o in palestra, colloqui con i professori, pediatri…
Poi certo.. i lavori d'ufficio sono noiosi e molto burocraticizzati, ma anche gran parte del lavoro che fanno gli uomini oggi nella nostra società è noiosa burocrazia.E infatti un numero probabilmente maggioritario di uomini li vede come un noioso dovere.
se cambia l'ambiente, cambiano anche i valoriSì, ma è nelle nostre mani cambiare l'ambiente su scala più umana. ;)
In realt� non penso che lo sia. Diciamo che, nel mio caso, � servito a risolvere situazioni in cui c'era bisogno di pi� denaro.Secondo me se avevi un marito milionario te ne fottevi assai dell'idealismo.
Ma non � che sia il lavoro a determinare il mio valore: io sono esattamente la stessa persona che sarei senza.
Potrei non lavorare? Ni. Da un punto di vista economico mi/ci fa sentire pi� sicuri avere quei (pochi) soldi in pi� a fine mese in caso di spese impreviste. Il mio lavoro d'altra parte � complementare e quindi non � che mi coinvolga in maniera cos� esclusiva da togliere tempo alla mia famiglia.
Ma ammetto che ha una componente idealista: la trasmissione del patrimonio culturale e l'abbattimento del pregiudizio.
.A quanto ne so i figli prendono parecchio tempo, anche in famiglie poco numerose: compiti, accompagnarli a scuola o in palestra, colloqui con i professori, pediatri…E infatti un numero probabilmente maggioritario di uomini li vede come un noioso dovere.Sì, ma è nelle nostre mani cambiare l'ambiente su scala più umana. ;)
Nel cristianesimo nessuno è felice
il femminismo fa credere alle donne di avere talenti che non hanno: perciò .. sono infelici
Sì e no, la donna per ragioni anche biologiche risente di più dell'artificialità della vita moderna, anche se inconsciamente. Una risposta potrebbe venire da una commedia molto apprezzata dalle donne:
https://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=11562.msg129093#msg129093
La donna dimentica se stessa nella civiltà dell'apparenza fino a quando il suo corpo non è più spendibile, perché non corrisponde più ai diktat dell’immagine di consumo. È la pubblicità a fornire un’identità alla donna oggi, il cui unico scopo, esattamente come un cartellone pubblicitario, è la vanità, il farsi notare, escludendo le relazioni umane.
Per amore di chiarezza prendiamo come modello perciò il cristianesimo tradizionale, dove però l'accento non deve essere sulla tradizione ma sul cristianesimo.OT: Siamo appena agli inizi, deve ancora passarne di acqua sotto i ponti per una ricostruzione del cristianesimo, quello di S. Benedetto e S. Francesco per intenderci.
QUESTA DONNA, LA DONNA FEMMINISTA È FELICE?C’è anche un’altra domanda: perché la donna non apprezza più il ruolo che l’ha resa felice per secoli?
E' questo che è iniziato negli anni '60, papà che tornava a casa alla sera dopo non aver visto il figlio tutto il giorno, e mamma che seguiva il figlio in tutto.Quello del padre che torna a casa la sera non è un ideale, perché oggi l'abbiamo esteso alla madre? A quel che so, il ruolo della "casalinga" è solo scaldare biberon e caricare la lavapiatti. Ci sono genitori che non riescono a gestire, se lavorano entrambi, nemmeno il figlio unico. Se poi i figli sono più di due o tre, è davvero impossibile lavorare in due, a meno di non potersi permettere una balia a tempo pieno. Tralascio la questione se una famiglia numerosa sia un intralcio o una fonte di felicità se la si sa apprezzare e gestire.
Chi fa e chi paga quelle pubblicità?Già ma chi è più sciocco, chi le fa o chi le segue?
Chi guadagna soldi grazie a queste pubblicità?
perché la donna non apprezza più il ruolo che l’ha resa felice per secoli?
Comunque l'eventuale tempo libero è una risorsa, da dedicare a cose più interessanti -e forse più importanti- del lavoro.
Già ma chi è più sciocco, chi le fa o chi le segue?
Citazione da: Lucia - Ieri alle 14:36:10
Nel cristianesimo nessuno è felice
Citazione da: COSMOS1 - Ieri alle 14:41:10
il femminismo fa credere alle donne di avere talenti che non hanno: perciò .. sono infelici
Ciò che invece è bello da far emozionare di quanto vi preoccupate voi uomini che le donne siano felici.
Forse tu vedi in maniera troppo educolorata la donna tradizionale nella storia.Mi riferisco a donne ‘tradizionali’, anche della mia generazione, che conosco personalmente. E posso assicurare che sono molto più felici della donna media.
uffa, bisogna trasformare il hobby in lavoro, è proprio impossibile?Il problema non è il lavoro in sé, ma il fatto che la donna stia lontano dalla casa e dai figli la maggior parte della giornata.
Quindi Vicus, c'è un ingranaggio mondiale di marketing e altre manipolazioni costruite sulla conoscenza dei nostri desideri e sulle nostre debolezze. E una cosa bene pensata perché ci renda dipendenti sempre di qualcosa.:ok:
Non è che una 15 enne che vuole anhce piacere ai suoi coetanei può essere cosi brava di uscire furoi da questo meccanismo.Dipende anche dai genitori che non impartiscono un’educazione adeguata. Però anche le donne (parlando del famoso intuito femminile) potrebbero rendersi conto che gli uomini non rispettano né considerano affidabile la vanitosa, e in ultima analisi asessuata donna da copertina.
Ciò che invece è bello da far emozionare di quanto vi preoccupate voi uomini che le donne siano felici.Agli uomini piace rendere felici le donne, ma quando queste tendono al narcisismo relegandoli al ruolo di cicisbeo, diventa un problema.
perché la donna non apprezza più il ruolo che l’ha resa felice per secoli?
Questo è una mezza verità,e dunque una bugia:le donne non potranno essere mai felici perchè per loro nulla gli basterà,neanche la Luna.
E' l'animo femminile,incontentabile per natura.
Però tra prima e adesso non c'è confronto:
Centri commerciali,centri estetici,boutique,un immensità di minchiate acquistabili,tutta roba che ripeto sembra essere progettata apposta per la psiche femminile...
Non raccontiamoci palle,è il loro momento d'oro,così bene,non lo sono mai state.
E' una felicità effimera, come una sbronza di vino scandente da cui ti viene il mal di testa. Hai mai osservato le donne in un centro commerciale? Ce n'è forse una, e dico una, che sorrida contenta?
Hai presente quel negozio cretino che si chiama Tiger?
Io non ci ho mai trovato nulla di utile.
Eppure portaci una donna ed entrerà in brodo di giuggiole...
Le donne vengono attratte da tiger come i moscerini dalla luce...
Non pensano ad altro,sono perfettamente intente a rimirare le idiozie che trovano lì,sono distratte da qualsivoglia altro pensiero.
Non è la felicità,è uno psicofarmaco,ok,ma funziona molto bene...
Esiste un corrispettivo maschile,nella nostra società?
Lucia : Ciò che invece è bello da far emozionare di quanto vi preoccupate voi uomini che le donne siano felici.
Vicus,io mi ricordo di un documentario sul Vietnam in cui 2 contadini vietnamiti,marito e moglie che vivevano nella campagna tradizionale dicevano:
Noi non siamo felici,ma sereni,questo sì.
C'è un pò di differenza tra la casalinga di adesso,che è una mantenuta annoiata,e quella di una volta che faceva un miliardo di cose interessanti:
La conserva dei pomodori,le marmellate e un'infinità di piccoli lavori agricoli che io nemmeno conosco essendo vissuto nel ventunesimo secolo...
Cioè io non mi stupisco che le donne vogliano anche lavorare,a casa che minchia fanno,dal momento che il supermercato propone i prodotti tutti fatti e finiti?
Hai presente quel negozio cretino che si chiama Tiger?
Io non ci ho mai trovato nulla di utile.
Eppure portaci una donna ed entrerà in brodo di giuggiole...
Non è la felicità,è uno psicofarmaco,ok,ma funziona molto bene...
Esiste un corrispettivo maschile,nella nostra società?
Leroy Merlin :D
infatti toglie il senso di qualsiasi creatività tradizionale femminile, e forse proprio questo è il suo scopo.:hmm:
non si è più in grado di gestire nemmeno 1 bambino.Infatti non parlo di teorie né di nonne, ma di donne 'tradizionali' del 2014, ben più appagate della fauna vagamente isterica da grande magazzino.
Fare la casalinga non significa stare a casa ma gestire l'economia domestica, che è un lavoro a tutti gli effetti.
:hmm:
Ma de che parli?
Ma chi ti capisce?
Tu deliri,io non ho nessuno scopo,questo è un pour parler...
Gli uomini non traggono piacere dall'atto in sè di comprare un cacciavite,ma dalla costruzione che possono fare con questo strumento.
Cioè gli uomini non sono attratti dal ''comprare in sè'' ma dalla possibilità di costruire qualcosa,è questa che gli piace.
questo è vero.
Però in ultima analisi sfrondando tutto lo sfrondabile, salta sempre fuori che il lato maschile è innovazione e il lato femminile è conservazione.
Mia madre pur appartenendo alla categoria delle "donne tradizionali" come le si intende qui, mi ha lasciato carrettate di bottoni, pezzi di stringa, pezzi di legno improbabili col principio che "se viene un'altra guerra non si sa mai, tutto può servire a qualcosa".
. E' l'idea del frigo pieno, dell'armadio pieno, della riserva per l'inverno, del "tanto non va a male e c'è il tre per due".
Oggi 5 bottoni costano di più che una giacca nuova.
Infatti non parlo di teorie né di nonne, ma di donne 'tradizionali' del 2014, ben più appagate della fauna vagamente isterica da grande magazzino.
Rita la sindrome (più o meno) marcata dell'accumulo è tipica delle donne perché è solo negli ultimi 40 anni che nei negozi trovi tutto ciò che vuoi.
Si ma chi è che gradisce di più questa novità?
Dunque anzichè fare le conserve,si troverà di fronte al televisore a guardare desperate housewife,o sex and the city
Salar è ciò che cercavo di spiegare prima.. E' uno specchietto per allodole, la domanda che crea l'offerta insomma.
Io ho bisogno di, che ne so, 3 jeans all'anno. Se vado in uno di questi posti è probabile che esca con un quarto paio, pure se non mi serve. Perché magari costava poco, perché altre 1000 ragioni. Fatto sta, non mi serviva per forza.
Sganciarsi da questo meccanismo non è facile, ma possibile. E secondo me ormai è inutile parlare di donna tradizionale come lo erano le nostre nonne, ma piuttosto di donna (e anche uomo eh, perché sempre di più vedo una marea di inutili prodotti acquistati da uomini come creme, cremine e lozioni varie) pensanti diversamente, che non diano importanza all'apparire.
A me sinceramente non me ne importa un fico secco se non ho le unghie con il gel, le scarpe di marca o i capelli sempre impeccabili.
Ma per guardare oltre bisogna anche avere la consapevolezza di scegliere.
Ciò che invece è bello da far emozionare di quanto vi preoccupate voi uomini che le donne siano felici.
eh... infatti è quello che dicevo più su. Altro che "sganciamento emotivo" :lol:
In Italia non ne esistono più,a meno che le vai a cercare in qualche area rurale tipo l'aspromonte,e non so che età abbiano.Questo equivale a una resa, ad affermare che l'essere umano esiste in funzione dei suoi mezzi di produzione (la donna tradizionale non sarebbe che il prodotto sociale delle conserve di pomodoro).
Ti faccio presente che la donna tradizionale non è tale in virtù di limiti imposti culturalmente tipo la religione,ma dal contesto che le sta attorno.
Una donna che fa la casalinga,ma va a comprare al supermercato,non è più ''donna tradizionale'',ed è naturale soprattutto se si trova in un contesto urbano che sia piuttosto frustrata di questa condizione che la taglia fuori dal mondo sociale e produttivo.
Dunque anzichè fare le conserve,si troverà di fronte al televisore a guardare desperate housewife,o sex and the city,dove la sua frustrazione viene sfruttata dai produttori televisivi,anche con trasmissioni misandriche.
Questo equivale a una resa, ad affermare che l'essere umano esiste in funzione dei suoi mezzi di produzione (la donna tradizionale non sarebbe che il prodotto sociale delle conserve di pomodoro).
Bravo mi hai capito perfettamente,non avertene a male,ma sto subendo una inaspettata trasformazione in marxista dell'ultima ora.:lol: Ah ma non mi interesso di politica, non ce l'ho con i marxisti come con chi ha altre idee.
La casalinga nell'epoca moderna è e non potrà che essere una frustrata,a meno che il conto in banca del marito non le garantisca una insieme di distrazioni,tra cui lo SHOPPING la fa da padrone,che possa liberarla dal disagio metafisico di essere inutile in una società in cui le passate di pomodoro le si comprano al supermercato.E' una fotografia della donna media, ma è indispensabile che sia così?
Per le altre:Barbara D'Urso alle 5.
Bravo mi hai capito perfettamente,non avertene a male,ma sto subendo una inaspettata trasformazione in marxista dell'ultima ora.
perchè? ai marxisti non gliene frega niente della felicità?
ma si infatti anche loro vogliono far felici tuttihai mai letto di teorie politiche e sociali che a modo loro non cerchino la felicità degli uomini?
Per restare alla Francia, negli anni ’60 si costruivano casermoni invivibili, e si diceva che era la tendenza della modernità:(http://www.teknemedia.net/magazine/esposizioni/2009/TKmag49b932f858666.jpg)
Non esistono scelte inevitabili, né una “direzione della storia”: siamo noi gli artefici della nostra qualità della vita.
perchè? ai marxisti non gliene frega niente della felicità?
:sick: :muro:
Questo libro ... ci squaderna davanti senza pietà non solo la nostra ignoranza ma soprattutto la miserabile inconsistenza della quale sono fatti i luoghi comuni che animano le nostre certezzema soprattutto la miserabile inconsistenza della quale sono fatte le prevenzioni che animano le nostre incertezze :lol:
Questo libro ... ci squaderna davanti senza pietà non solo la nostra ignoranza