Forum sulla Questione Maschile
In rilievo => Osservatorio sul Femminismo => Femminicidi? => Topic aperto da: Alberto1986 - Gennaio 28, 2018, 14:21:20 pm
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A quanto pare le femministe ed i loro cagnolini, sono talmente imbecilli che si smascherano continuamente da sole/i. Agli albori ci volevano convincere (falsamente) che il cosiddetto "femminicidio" fosse solo un termine per evidenziare la morte di una donna avvenuta a seguito di un fine relazione non accettato. Ma noi sapevamo bene che era solo un tentativo subdolo per tentare di far riconoscere legalmente una fattispecie d'omicidio più grave, quello femminile. Ora i nodi vengono di nuovo al pettine, per cui se in un incidente ferroviario muoiono solo donne, allora vuol dire che la cosa è molto grave e che va sottolineato il sesso delle decedute:
Treno deragliato a Pioltello: Pierangela, Ida, Giuseppina. La strage delle donne.
Una viaggiava con la figlia studentessa che si è salvata. Lo strazio di parenti e colleghi: "Perdita immensa"
di GIULIA BONEZZI, GABNRIELE MORONI e ROBERTA RAMPINI
Milano, 26 gennaio 2018 - Sono morte tre donne, tre lavoratrici, il simbolo di quel mondo femminile che si divide quotidianamente tra mille incombenze, tra lavoro e famiglia, facendo enormi sacrifici. La sveglia all’alba, un viaggio su treni sporchi e stipati di pendolari, la dura giornata di lavoro e poi ancora una volta il treno, il viaggio di ritorno, stanche, mentre già si sta pensando a come organizzare la casa, a cosa cucinare, agli impegni del giorno dopo. Tre donne diverse, uniche, unite dalla tragedia, dal filo che si è spezzato all’alba di quello che sembrava un giovedì qualunque. I pensieri che si affollano su quello che fra poco si dovrà fare al lavoro e poi un rumore assordante, il treno che frena, la consapevolezza che i vagoni stanno deragliando, la paura, lo schianto, il buio. La fine.
Da ieri un’altra giovanissima donna, di appena 18 anni, è divisa tra la gioia di essersi salvata da quell’inferno e il dolore lancinante di avere perso la sua mamma. Pierangela Tadini, 51 anni, impiegata, viaggiava su quel treno maledetto con la sua Lucrezia, studentessa a Milano, che si è salvata. «Mia nipote ha preso una botta forte, è in ospedale», racconta la nonna Lucia, avvisata dalla stessa nipote della tragedia. «Quando ho sentito suonare il telefono alle 7.35 ho avuto subito il timore che fosse successo qualcosa di brutto».
Un’altra figlia invece non ce l’ha fatta, è riuscita appena a chiamare a casa: «Mamma aiuto, il treno sta deragliando...», ha detto Giuseppina Pirri, 39 anni, poco prima di spirare. «Poi è caduta la linea e c’è stato solo silenzio – racconta il padre, Pietro –. Mia moglie le ha detto scappa ma poi non ha sentito più niente. Sono corso là, era ancora incastrata dentro al treno. Poi mi hanno detto che non ce l’ha fatta. Mia figlia si lamentava sempre perché i treni erano spesso rotti e sempre pieni», dice l’uomo in lacrime fuori dall’obitorio. Giuseppina era ragioniera, ogni mattina si alzava presto per prendere il treno che da Capralba nel Cremonese la portava a Sesto San Giovanni dove lavorava in una società di recupero crediti.
Ida Maddalena Milanesi, 62 anni, di Caravaggio - medico, specializzata in radiologia, neurologia e neurologia oncologica, dirigente dello staff di radioterapia dell’Istituto neurologico Besta di Milano - era un’altra mamma, ma un po’ particolare. Madre della sua ragazza di 22 anni - che ieri mattina ha saputo della sua morte all’università mentre stava dando un esame perché vuole diventare medico come lei - e mamma anche un po’ di tutti i suoi pazienti al Besta.
«È a loro adesso che dobbiamo dirlo», si tormentavano ieri i colleghi straziati dal dolore. Ida Maddalena era amata dai suoi pazienti, e lei amava loro. Nel reparto di Radioterapia dell’Ircccs Besta dagli anni Ottanta aveva a che fare tutti i giorni con il dolore di chi scopre e poi combatte contro malformazioni o tumori cerebrali. «Ognuno di loro per lei era un caso unico, non si dava pace», dice Maria Grazia Bruzzone, la collega e amica («Abbiamo lavorato insieme fin da giovani, tanti ricordi») che non trattiene le lacrime. «Le chiedevo perché non vieni a lavorare con me? Rispondeva: “Lo farei, ma i miei pazienti mi mancherebbero”». Pierangela, Giuseppina, Ida Maddalena: tre donne fra impegni, arrabbiature quotidiane, rimpianti. Ma anche tanti sogni, ancora tutti da vivere, sognati magari proprio mentre quel treno viaggiava veloce verso il lavoro. E ieri invece verso la morte. Tre vite spezzate. «Una perdita enorme, un’ingiustizia».
http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/treno-deragliato-1.3684886
Ovviamente dei sogni, dei sacrifici, delle speranze, dei rimpianti, delle arrabbiature, ecc. di quel 98% di lavoratori di sesso maschile che ancora oggi muoiono sul lavoro (e non in un fatalità stradale, ferroviaria, ecc. che poteva capitare a chiunque), non frega un cazzo a nessuno.
Grandissima invenzione l'ideologia femminista. :sick: :sick: :sick:
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A quanto pare le femministe ed i loro cagnolini, sono talmente imbecilli che si smascherano continuamente da sole/i. Agli albori ci volevano convincere (falsamente) che il cosiddetto "femminicidio" fosse solo un termine per evidenziare la morte di una donna avvenuta a seguito di un fine relazione non accettato. Ma noi sapevamo bene che era solo un tentativo subdolo per tentare di far riconoscere legalmente una fattispecie d'omicidio più grave, quello femminile. Ora i nodi vengono di nuovo al pettine, per cui se in un incidente ferroviario muoiono solo donne, allora vuol dire che la cosa è molto grave e che va sottolineato il sesso delle decedute:
E' così.
E immagina cosa accadrebbe se a morire sul lavoro fossero quasi esclusivamente donne: scoppierebbe l'inferno mediatico.
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E' così.
E immagina cosa accadrebbe se a morire sul lavoro fossero quasi esclusivamente donne: scoppierebbe l'inferno mediatico.
Ricordo che nel 2011, quando andava in onda quel vergognoso programma misandrico su rai2 dal nome "Italia sul 2", fu invitata quella vecchia malata di mente femminista di Lella Costa a parlare di una palazzina che era crollata a Bari ed in cui era morta anche una signora intenta a fare lavori da sarta (nella sua casa). Bhè quella demente femminista se ne uscì con la frase "sono sempre le donne a morire sul lavoro". :sick:
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Mi domando se nello specifico di questo articolo non ci troviamo di fronte agli echi di un patriarcato che non esiste più, piuttosto che effetto di un femminismo sempre più becero e martellante.
In fondo che la vita della donna/madre sia più preziosa e più "elevata" di quella dell'uomo non è certo un'invenzione del femminismo.
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Io la penso in maniera diversa Kaspar: il cosiddetto "patriarcato" altro non è che una parola inventata dalle femministe, perchè nel periodo che loro definiscono in quel modo, le donne erano venerate e tutelate come una specie protetta, prerogativa che le odierne femminucce italiane vogliono mantenere tutt'ora (dalle mie parti si dice volere la pecora e le 500 lire).
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In fondo che la vita della donna/madre sia più preziosa e più "elevata" di quella dell'uomo non è certo un'invenzione del femminismo.
Vero, che la vita della donna sia più pregiata, in media, è un'idea in qualche modo naturale, dato che il "passo" della demografia lo tiene il numero di donne fertili disponibili; questo però implica una poligamia di fatto o di diritto; i femministi vari, o celebratori del sesso femminile in genere,utilizzano quest'idea che in qualche modo sussiste, a dispetto del fatto che la poligamia, almeno riproduttiva, è quasi inesistente nelle società moderne; questa opzione, la poligamia, ha costituito e costituisce, un punto di forza dell'islam che così può maggiormente assorbire i contraccolpi demografici delle guerre;
Nel nostro sistema, evidentemente l' esaltazione della vita della donna al di sopra di quella dell'uomo non ha più argomenti;
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Io la penso in maniera diversa Kaspar: il cosiddetto "patriarcato" altro non è che una parola inventata dalle femministe, perchè nel periodo che loro definiscono in quel modo, le donne erano venerate e tutelate come una specie protetta, prerogativa che le odierne femminucce italiane vogliono mantenere tutt'ora (dalle mie parti si dice volere la pecora e le 500 lire).
Non esattamente, si spaccavano la schiena nei campi anche fino a 90 anni (visto coi miei occhi).
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Non esattamente, si spaccavano la schiena nei campi anche fino a 90 anni (visto coi miei occhi).
Se ti riferisci al dopoguerra, anche i ragazzini erano costretti a lavorare duramente. Ma non c'entra nulla con quanto ho espresso prima e cioè che il cosiddetto "patriarcato" equivaleva ad una società impostata si su un ordine maschile (il potere sociale era una diretta conseguenza del contributo apportato nella società dal maschile, e non da un un fantomatico potere "maschilista" che opprimeva le femmine), ma anche sulle tutela massima delle donne.
Il problema principale di oggi, comunque, è che le femminucce pretendono di avere tutto quello che hanno gli uomini ma sempre essendo trattate da donne, come era in uso nell'epoca chiamata da loro "patriarcato".
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