Ma dov'è questa cultura patriarcale in cui gli uomini di oggi sarebbero cresciuti?
La parità secondo il mito femminista è l'annullamento delle differenze di genere: una 'distopia' di esseri neutri in un alveare. Ma persino una femminista disse che "una società matriarcale non è mai esistita, se non come incubo nei racconti di fantascienza".
L'unica definizione che quindi si può dare del concetto femminista di patriarcato è tutto ciò che riconosce delle specificità di genere.
culture, i disabili) si creano un proprio spazio ed hanno un loro posto nella società.
di Costanza Mirianodunque: a parte il fatto che a me la mitica giornalista non ha mai convinto al 100% (nel senso che la sua propaganda della sottomissione femminile puzza troppo di indipendenza per essere davvero sincera, ma passiamo oltre) sta di fatto che adesso davvero piscia fuori dal vaso:
Vorrei provare a fare una piccola riflessione sul delicato tema del femminicidio (che brutto neologismo), senza alcuna pretesa di essere risolutiva; magari, ecco, provare a spostare un po’ lo sguardo, a vedere se dietro c’è qualcosa su cui ragionare. Perché “davanti” – insomma, a ragionare sul fatto in sé – non c’è molto da discutere. Uccidere è sempre una cosa sbagliata, terribile. Ancora più orribile quando la vittima è oggettivamente più debole del carnefice.
Non si capisce se il fenomeno sia in aumento, e non vorrei entrare nel balletto delle cifre, perché ogni fonte dà una sua lettura dei dati. Comunque, anche se una sola donna venisse uccisa da un uomo, sarebbe sempre un numero troppo elevato, ed è giusto e sacrosanto che si denunci, stigmatizzi, condanni. Non c’è nessuna condotta da parte di una donna, neanche la più libera, scollacciata, egoista, odiosa, che giustifichi un uomo che finisca per ucciderla. Punto. Non c’è da discutere: è un comandamento di Dio, e questo tronca ogni argomento.
Quello su cui forse ci si può interrogare è sul perché l’informazione dia un risalto davvero molto elevato a questo tipo di episodi, anche a scapito di molti altri di pari gravità e maggiori dimensioni. Pur non essendo una grande firma, lavoro nell’informazione da abbastanza anni – oltre quindici – da avere capito con molta chiarezza che i meccanismi che rendono un fatto notizia, e un altro no non sono criteri assoluti (se il criterio assoluto fosse denunciare gli omicidi fatti a danno di vittime più deboli, mi sembra evidente che gli oltre cinque milioni di bambini uccisi dalle loro mamme solo in Italia da quando esiste la 194 dovrebbero essere la priorità) ma dettati da una chiave di lettura del mondo.
Qui la chiave, il vero tema, in realtà, il vero ordine del giorno è la visione della sessualità e del rapporto tra i sessi, e questo tra l’altro è legittimo, perché il tema è importante. Dare risalto al femminicidio può alla fine servire in qualche modo a dire che donne e uomini devono poter essere liberi di vivere la loro sessualità come desiderano, se vogliono anche senza vincoli. Il pensiero dominante vuole “normalizzare” il sesso, renderlo il più possibile simile a una forma di attività fisica che non riguardi, come invece è in verità, concetti incisi nella parte più profonda di noi, concetti di purezza e contaminazione, inviolabilità e profanazione, come dice Roger Scruton. Il desiderio liberato da vincoli morali è uno stato d’animo nuovo ed estremamente artificiale. In realtà l’intimità sessuale, che è sacra e che è ciò a cui Dio ha affidato la trasmissione della vita, è una visione magnifica e sconvolgente. Può essere sublime o terribile, ma non potrà mai essere neutra, né per l’uomo né per la donna. Con il sesso noi diciamo all’altro, all’altra, io sono tua, sono tuo. Se poi questa non è la verità, se la vita dice un’altra cosa, può succedere che in alcune persone si scatenino istinti incontrollabili. Non dico affatto che questo sia giusto, ma è un dato di fatto: l’essere umano è fatto così, e anni di pressioni culturali non sono riusciti a cambiarne la struttura profonda. E così succede che a volte certi uomini non riescano ad affrontare la condotta di certe donne. Non dico che abbiano ragione, dovranno pagare su questa terra e dopo vedersela con Dio, per quello che hanno fatto. Però c’è una zona sacra, che porta l’uomo e la donna in un territorio sconosciuto, quello del desiderio, un territorio che liberato da vincoli morali può essere distruttivo.
La cultura dominante invece tenta in tutti i modi di abbattere il recinto del tempio della trasmissione della vita, e di tagliare tutti i vincoli che appunto legano il sesso all’unione indissolubile tra due anime che tentano per tutta una vita di diventare una sola carne. È questo che dicono i loro corpi, e questo dicono – con i loro corpi fatti di geni e cellule impastati inscindibilmente – i figli che nascono da quell’unione. E infatti tante volte all’origine di fatti di violenza ci sono storie di figli negati, contesi, portati via. Tante altre volte c’è solo un desiderio prevaricatore dell’uomo, e donne totalmente estranee, lo so. Tutte, comunque, tutte lo ripeto, vittime. Quindi, per l’ultima volta: non era per giustificare, ma solo per provare a capire.
la Miriano si prova a confrontarsi con il tema dei femminicidi
@Cosimo:
1- Costanza non vuole parlare di numeri non perché non ci sia da ragionarci sopra ma perché a dibattere a colpi di statistiche c’è il rischio di basare le proprie argomentazioni solo sui numeri senza arrivare al cuore del problema (come successo giorni fa su FB)
2- Sì, se un solo uomo o un solo bambino a anche una sola donna venissero uccisi da una donna sarebbe un numero troppo elevato. Quinto: Non uccidere
3- è difficile per un uomo come per una donna riuscire ad accettare la condotta dell’altro, è indiscutibile che di fronte a questa difficoltà l’uomo generalmente tende a reagire in maniera più violenta, almeno fisicamente.
In ogni caso quello che viene fuori anche nei libri di Costanza è il desiderio di uscire dalla logica del dominio, dell’antagonismo, della rivendicazione della guerra tra sessi, di donne contro uomini ma anche di uomini contro donne.
42m (https://twimg0-a.akamaihd.net/profile_images/2260369799/ctQ_normal.jpg) cosimo tomaselli
- costanza miriano
@costanzamiriano Quinto: Non uccidere: http://wp.me/p1kVBO-1Fd via@costanzamiriano (https://twitter.com/costanzamiriano)
- 3h (https://twimg0-a.akamaihd.net/profile_images/2260369799/ctQ_normal.jpg) cosimo tomaselli
@cosimotomaselli@costanzamiriano (https://twitter.com/costanzamiriano) maddai! caduta di stile che non mi aspettavo proprio https://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=6939 …
- 2h (https://twimg0-a.akamaihd.net/profile_images/3011915480/adc6e762d8c8c9e07b75a888f346e740_normal.jpeg) costanza miriano
@costanzamiriano@cosimotomaselli (https://twitter.com/cosimotomaselli) io non sono in guerra con nessuno. E tu?
@cosimotomaselli@costanzamiriano (https://twitter.com/costanzamiriano) fammi capire: se dico che non condivido un tuo intervento pensi che sia in guerra con te? forse sei tu in guerra?
Infine se vogliamo parlare di prevenzione della violenza sulle donne, questa non deve essere individuata solo nel rispetto della donna in quanto donna, bensì e prima di tutto nella donna in quanto moglie e madre. Cioè in quei due ruoli grazie ai quali per natura l’essere femminile diventa sempre più donna, sempre più se stessa. Valorizzare la figura di madre e moglie potrà così contribuire a fermare la mano assassina dell’uomo.
17m (https://twimg0-a.akamaihd.net/profile_images/3011915480/adc6e762d8c8c9e07b75a888f346e740_normal.jpeg) costanza miriano
- 28m (https://twimg0-a.akamaihd.net/profile_images/3011915480/adc6e762d8c8c9e07b75a888f346e740_normal.jpeg) costanza miriano
@costanzamiriano@cosimotomaselli (https://twitter.com/cosimotomaselli) no! non penso che tu sia in guerra con me, mi sembra solo che tu parta da un'idea di antagonismo uomo/donna.
Espandi- 25m (https://twimg0-a.akamaihd.net/profile_images/2260369799/ctQ_normal.jpg) cosimo tomaselli
@cosimotomaselli@costanzamiriano (https://twitter.com/costanzamiriano) ah, ho capito. No, è il contrario: il nostro forum è proprio contestazione dell'antagonismo u/d imposto dal femminismo
Espandi@costanzamiriano@cosimotomaselli (https://twitter.com/cosimotomaselli) ah, allora anch'io avevo interpretato male
Ma infatti queste ''donne sottomesse'',non centrano nulla con la qm,esprimono un punto di vista particolare femminile,ed esigenze particolari femminili,spacciandole per i desideri maschili...
Ma in questa ''sottomissione'',il punto di vista maschile,non è proprio preso in considerazione,semmai queste menate alla ''50 sfumature di grigio'' servono alle femministe per partire in quarta con la loro crociata contro la ''sottomissione femminile''.
Nei fatti,sono molti a pensare che le femministe sotto sotto,più che protestare contro il maschio,protestano contro alcuni loro desideri...
Certe donne li accettano,e ci scrivono sopra un libro,certe altre,invece no,ma cosa centra il maschio,con questo?
Niente,se la fanno e se la disfano tutto fra di loro,il punto di vista maschile,non è nemmeno preso in considerazione,e sbagliano quegli uomini che si compiacciono dei libri della Miriano.
Anche quei libri sono,come dice Rino,''monologo della vagina''.
anche la Costanza mangia fagioli!Si può anche capire che si rivolga a un uditorio essenzialmente femminile, però in quello che ha detto c'è effettivamente, anche nelle risposte, una certa superficialità, se non ambiguità. Errare è umano, staremo a vedere :hmm:
Ho postato un commento, a titolo personale. Un certo CFK ci ha dato dei maschilisti, e mi sembrava opportuno rispondere onde evitare il travisamento dell'informazione che cerchiamo di fare in questo forum.
Io credo che il problema della sessualità (deviata?) esista all’inizio del rapporto fra uomo e donna ma che non sia la causa del femminicidio.
Siccome tante persone che frequentano il blog conoscono la mia storia non mi voglio ripetere,riassumo brevemente per gli altri dicendo che dopo anni di sofferenze (mie…, di cui non parlo perchè altrimenti la mia autostima andrebbe sotto i tacchi), mia moglie mi detto che voleva la separazione non dicendomelo in faccia ( visto che si DORMIVA insieme) ma facendomi arrivare una lettera dall’avvocato.
Accusato ed infamato come Berlusconi ( a me però è andata un po’ meglio,non mi ha potuto dare dello “psiconano”……), “per il bene dei figli” accetto una consensuale ( praticamente un capestro) dove resta al piano terra di casa MIA ( edificata da mio padre) e io vado al piano di sopra da mia madre.
Lasciando poi stare un paio di amori passeggeri ha la geniale speranza di aver trovato l’AMORE e se lo porta a convivere in casa (MIA).
Ora, il problema “della perdita di identità del maschio” esiste, ma non è questo il problema del femminicidio.
Oggi i maschi ITALIANI sono principalmente,
o figlidibuonadonna ( ma non tanti come si vuol far credere ) che si ricordano di essere PADRI quando non lo possono più essere,
o genitori affettuosi ( con le varie sfumature di babysitteraggio,cuochi,amici-fratellimaggiori etc etc….) ,
ma solo chi è passato in mezzo alla tempesta sa che, quando nasce tuo figlio/a, diventi RICATTAT/O-ABILE in una maniera che ha dello SCHIFOSO.
Già stai vivendo in preda a rimorsi incredibili se è colpa tua ….
-ma quella notte potevo evitare di ubriacarmi?
-Dio mio, perché ho accettato quell’invito a cena?
-Mi ha dato la mela e ho ceduto….
-sono un cretino,dovrei tagliarmelo….
-avrei potuto fare qualche lavatrice..
….O rimpianti se ce l’hai messa tutta, o magari vivi in preda a deliri esistenziali..
-dove ho sbagliato?
-perché è successo?
-come è potuto succedere?
Poi vivi giorno per giorno e ti rendi conto che “non è più come prima”,che ti stai perdendo gli anni migliori dei tuoi figli, che ti manca far colazione con loro,che ti manca la piccolina che fa il brutto sogno e viene nel lettone, che ti manca il dirle ogni sera di lavarsi i denti, che non sei presente il giorno che diventa signorina, che non sei più presente alle liti fra il figlio che vuole la pasta al pesto e la figlia che vuole il sugo,ti manca ogni “ho freddo-ho sonno-ho fame-ho sete”, non sei presente quando il ragazzo maggiorenne porta per la prima volta in casa a mangiare la fidanzata, non ci sei più quando tua figlia organizza il pigiama party con le tre amiche del cuore,non hai neanche la possibilità di infilarti le mutande arcobaleno dopo la sua terza lavatrice….. ( la prima volta è seguita dalla mamma, la seconda è attentissima, i problemi sono fra la terza e la quinta quando pensa di sapere tutto….)
Ti rendi conto che non sei più il padre che volevi essere ma un incrocio fra un uomo ferito,un padre a metà,un taxista,un bancomat, un grizzly ed un pitbull….Poi un giorno porti a casa tua figlia e vedi dalle finestre un ALTRO UOMO seduto sulla TUA seggiola che mangia nei TUOI piatti,o che guarda la tivù sul TUO divano di pelle pagato duemila euro, o vedi i tuoi (EX) miglior amici che ridono, scherzano e bevono …..l’amaro nella TUA cucina pagata con rate e sacrifici e tu l’amaro lo stai masticando come Obelix mangia i cinghiali……
Lei tranquilla e rilassata che ride con i colpi di sole “fatti appena ieri” , come se nulla fosse successo o che sia la cosa più normale di questo mondo….” Capita”,”Bisogna essere moderni”, “Se un amore finisce, finisce, non ci si può far niente”, insegna la De Filippi…….
Quello è il momento in cui l’incrocio tra mammiferi,plantigradi e canidi ha la trasformazione ( per alcuni definitiva) in un essere indefinito di pietra, con sabbia del deserto al posto del cuore e veleno di serpente al posto del sangue.
Nella testa e sulla bocca hai solo tre parole : “vaf”….. “caz”….. e “brutta tr”……. ( si, lo so, sono quattro…c’è anche la variante con sei, quando alla terza aggiungi “di mer”…..)
Questo è il momento topico post separazione
(ce ne sarà inevitabilmente almeno un altro successivamente).
La maggior parte delle persone con cui ho parlato si sente come su un altare azteco, col sacerdote che ti strappa il cuore e tu lo guardi mentre se lo mangia,sei impossibilitato a morire, persino a chiudere gli occhi.
“Non è possibile….. io dovrei essere morto…perché sono vivo?” Urli mentalmente mentre ti senti pulsare il cervello in una maniera che non hai mai provato prima.
“Dio…. Perché mi perseguiti così?” (Variante per credenti sul tuo personalissimo Getsemani mentre sudi sangue)
Cominci a vedere ragni, serpenti e scorpioni dappertutto, se sei in macchina augurati che sia sera tardi o di essere vicinissimo a casa altrimenti rischi di disintegrarla in un incidente in stile telefilm americano.
Poi eccoli….. i pensieri particolari……
Mi ha tradito…Mi ha mentito……Mi ha sempre raccontato bugie,,,,Mi ha mollato per quello….perché devo ammazzarmi io? Io ammazzo lei…..e poi? Io vado in galera e i miei figli in un istituto…..NO! Prima ammazzo LUI,poi i figli in maniera che non soffrano davanti a lei,così soffre quella schifosa, poi la ammazzo quella ……e poi posso ammazzarmi pure io!!!!!
Ovviamente ogni uomo ha la propria storia e le proprie varianti sul tema, ma E’ IN QUEL MOMENTO che circa 200 uomini all’anno diventano assassini.
Pazzi ? Malati? Orgogliosi? Superbi? Egoisti? Disperati?
La risposta esatta è, secondo me….. BOH !!! Io ho solo imparato sulla mia pelle a non giudicare e a non commentare troppo.
P.S.
Ci sarebbero tante altre cose da poter parlare, fra cui il
“Ancora più orribile quando la vittima è oggettivamente più debole del carnefice” dell’Autrice….
della “sessualità deviata” come mentalità laica,
sul fatto che ho parlato dell’effetto ma non delle cause,
che ci possono essere altri “momenti topici”,
I FIGLI,
la ricattabilità,
ma per ora credo di aver già abusato abbastanza del blog e della pazienza di chi ha letto tutto
PPS
Rileggendomi mi sono reso conto di aver “riassunto e semplificato” troppo, ma voleva essere un post di risposta e non un trattato di psicologia.
ad ogni modo credo che le nostre auto-difese contino poco. Conta di più ad esempio la testimonianza di questo Maxwell, che copio-incollo qui sotto, che non possono negare. Il disagio della QM ormai è un dato diffuso, nessuno si pone il problema della soluzione!In effetti Maxwell è stato il più efficace, le testimonianze contano infinitamente più delle opinioni :cool:
(http://www.culturacattolica.it/img/news/32706.jpg) mercoledì 27 marzo 2013
«Cerco un centro di gravità permanente / che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla / gente / avrei bisogno di... »
(Battiato, Centro di gravità permanente) E’ da un po’ che ci penso e, pur sapendo di andare controcorrente (evviva!), ora prendo fiato e lo dico. Combattere l'«omofobia» e combattere il «femminicidio» è una cretinata. Parcellizzare la realtà, distinguere tra un’offesa e l’altra, una violenza e l’altra ci fa perdere di vista l’essenziale. Questa logica dell’orticello ci farà affogare nel mare del relativismo. E rasenta il ridicolo.
Un esempio? Le esternazioni di Battiato, il cantantautore-guru prestato alla politica.
Come si saprà, nel bel mezzo di un incontro istituzionale al Parlamento europeo, ieri se ne è uscito così: «Ci sono troie in giro in Parlamento che farebbero di tutto, dovrebbero aprire un casino».
Che succede? Succede che siccome Battiato piace alla gauche radical chic, piace alle vetero neo e post femministe, queste, in prima battuta, lasciano correre. Poi, pressate, pensano bene di gridare allo scandalo. Ma non per l’offesa – no! Per il… lessico sessista. Sì, avete capito bene. Le troie sono maiale femmine e non va bene (non si capisce se perché si offendono le maiale o perché il sostantivo «troie» è femminile plurale). Ergo, per le femministe che contano il problema non è che Battiato ha offeso pesantemente delle persone e dei ruoli istituzionali, ma che l’offesa ha riguardato troppo poca gente. Perché non «gli uomini in giro in Parlamento che farebbero di tutto…»? E già che ci siamo: perché non «i gay, i trans, i bisex, i giovani, i vecchi in giro in Parlamento che farebbero di tutto»? Infierisca Battiato, la prego, infierisca! O tutti o nessuno. E, mi raccomando: occhio alle quote rosa, alla par condicio e al lessico di genere. Soprattutto al lessico.
Vale lo stesso per l’omofobia e per il femminicidio. Insegno al liceo e capita – purtroppo – di venire a conoscenza di fenomeni di bullismo. Perché dovrebbe essere più grave prendersela con un gay o una lesbica, piuttosto che con il secchione di turno, l’handicappato di turno, la grassa di turno, il brufoloso di turno? Perché la violenza su una donna dovrebbe essere considerata più grave della violenza su un bambino o un anziano?
In famiglia e a scuola si torni ad insegnare il valore della persona sempre, della vita umana sempre. Senza distinguo (sì, la solita storia dei «principi non negoziabili»). Perché, in fondo in fondo, ha proprio ragione Battiato, che – l’uscita infelice di ieri lo dimostra – ancora non l’ha trovato, il «centro di gravità permanente». Abbiamo proprio bisogno di quello. Senza, si riduce l’essere umano, che «vale» a volte sì e a volte no. E succede quel che ogni giorno è drammaticamente sotto i nostri occhi.
Perciò intendiamo costituire un osservatorio nazionale che studi la violenza di genere per capire meglio che fenomeno dobbiamo combattere
8 maggio 2013 - ore 06:59 Eros non le uccide mai Chi ammazza una donna, al pari del maiale, altro sguardo non regge che quello del fango in cui si specchia. Ma le prefiche del femminicidio ripudiano l’amore (http://adv.ilsole24ore.it/RealMedia/ads/Creatives/default/empty.gif) (http://adv.ilsole24ore.it/RealMedia/ads/click_lx.ads/www.ilfoglio.it/08/ros/506335686/VideoBox_180x150/default/empty.gif/58535742315647435135774143444658) Anche se ci sono più vedove che vedovi, ebbene, sì: se ne ammazzano di più di donne. Più degli uomini. Ed è per questo che la legge sacra della Cavalleria impone all’uomo di dare alla donna una corte – sia essa un harem, una domus, un chiostro regale – dove tutto può accadere, perfino l’amore, fuorché ucciderla perché quell’odalisca, quella sposa, quella regina è domina e vale per lei la regola di Shakespeare: “Piano, toccatela piano, perché fu donna”.
Se ne ammazzano di donne. Ma prima che il cercarsi tra femmine e maschi diventi un tabù, qualcuno ci gioca. Osservate la scena. E’ notte. Tutto si svolge sulla balaustra della terrazza di Castelmola, sopra Taormina. E’ un’estate di qualche anno fa. Sono gli anni 80. Lei è affacciata e attende. Lui avvita il silenziatore sulla canna della pistola. Lei si sporge e si porge. Lui mette il caricatore e si avvicina a lei. Lei, vestita di hot pants, si mette a cavallo della pistola. La bocca dell’arma, col silenziatore, sbuca dalle sue gambe e lui spara. Sono sette, otto colpi che viaggiano nella notte di Taormina. Tra le cosce. Tutto questo per fare calore, torneo e ghigno. Lei si sfinisce di stantuffo. Lui non controlla più il rinculo del ferro. Rischiano che il cane dell’arma azzanni le carni morbide ma lui l’ha già abbracciata e lei inala tutto quello svaporare di piombo. Una notte, quella, dove tutto può accadere fuorché finire uccisi, piuttosto sparati, ma per approssimazione.
Se ne ammazzano di donne ma le signore dell’impegno, purtroppo per loro, ripudiano il codice d’amore cortese. Vogliono tutto eccetto il benedetto malinteso della natura, quello che fa sovrano il ruolo di signore & signori. E’ quel mondo dove finalmente arriva la figlia femmina e la casa diventa tana di felicità e gioia; come quando poi s’apparecchia per lei il matrimonio o perfino il noviziato perché è più di una benedizione il suo comando, il suo desiderio e il suo volere. Comando, desiderio e volere affidati al padre, l’esecutore materiale. Giammai alla madre, vestale gelosa.
Il mondo degli antichi non fa più testo, peggio per tutti noi, nel mondo degli antichi (ancora cinquant’anni fa, in Sicilia) si applicava naturaliter la legge speciale della morte più che speciale per chiunque si fosse macchiato del sangue di una donna. Si disponeva l’uccisione dell’assassino e i parenti del malacarne non si osavano di reclamare vendetta. Per la troppa vergogna.
L’antico non sbaglia mai ma queste donne impegnate hanno ragione a temere la statistica del “femminicidio”, un termine preso in prestito alla banalità del politicamente corretto in attesa di trovare parola più precisa; hanno ragione perché il maledetto malinteso della civiltà snaturata ha ormai fatto dei padri, dei fidanzati, dei figli perfino, la parodia dell’essere maschio.
Ci sono più donne che uomini, il calcolo è questo, ma se ne ammazzano a non finire mai di ragazze, di mamme, di fidanzate, di soldatesse, di prostitute, di professioniste. Qualcuna, come Lucia Annibali – avvocato, 35 anni – è stata sfregiata dall’acido muriatico. Cercate su Internet la sua foto. E’ bellissima. Violarne la grazia è tipico di chi, al pari del maiale, altro sguardo non regge che quello del fango dove si specchia.
Il calcolo è impari. E se pure c’è stato un solo caso di donna che ha scannato la propria donna (a Gussago, in provincia di Brescia, Angela ha ucciso con due colpi di pistola Marilena), è sempre un parodiar del maschio a far cadere l’eros dentro thanatos che non è più il baratro di concupiscenza del romanticismo ma la botola del più sanguinoso luogo comune, un computo da cronaca nera prossimo a diventare mappazza d’ideologia.
Più degli uomini, dunque, sono le donne a crepare nella guerra dei sessi. Ovviamente non se ne può fare una mobilitazione di coscienza o una raccolta firme perché già l’adesione di Adriano Celentano e Claudia Mori alla campagna di Concita De Gregorio per la costituzione degli Stati generali sulla violenza contro le donne rende tutto molto piritollo. Lui, oltretutto, è meritatamente autore del manifesto del possesso amoroso qual è “Una carezza in un pugno”, la canzone dove da geloso giustamente dice “mia, mia e mia” e sparge pugni in luogo di carezze, perché il tema dei temi – oggi, oggi che gli uomini uccidono le donne – è l’uso e l’abuso del possessivo mio.
Il senso del possesso è di certo il sesso. C’è anche un che di “ossesso” nell’intimo etimo del principio generatore della volontà di potenza che diventa volontà di volontà per poi sciogliere le trecce all’Essere innanzi alla volontà di verità. Con questo non voglio rubare il mestiere a Michela Marzano, torno presto nei miei ranghi di oplita, ho ben letto l’Idòla di Loredana Lipperini e Michela Murgia “L’ho uccisa perché l’amavo. Falso!” (Laterza, euro 9,00) ma tutto questo uccidere perché si ama per fortissimamente amare e meglio marchiare di “mio” ogni “mia” non riguarda l’uomo antico, piuttosto quello più profondamente moderno, il maschietto più autenticamente etico, quello più amico delle donne, quello arrivato dritto dritto dalla promiscuità militante, insomma: l’impotente.
Succede che Bertrand Cantant, l’amico di Manu Chao, artista impegnato, fa di Marie Trintignant, la sua fidanzata, una maschera di sangue. Lui non è un criminale, per Libération è “bisognoso d’aiuto”. L’amore confina con la follia. Qui non c’è gioco. Magari c’è il disagio. Ecco, c’è un’altra vittima, per dirla con l’onorevole Boldrini, che diventa carnefice. E c’è la compassione per automatismo libé. Bruno Carletti, direttore artistico dello Sferisterio di Macerata, uccide Francesca Baleani, l’ex moglie. La carica in macchina e la scarica in un cassonetto. “Francesca”, dirà padre Igino Ciabattoni, responsabile della comunità di recupero che ospita l’assassino, “non troverà più un uomo che possa amarla così tanto”. Ancora una volta: “Un atto d’amore, cieco come la morte”. Lipperini e Murgia sono riuscite a costruire con il loro pamphlet un catalogo dell’orrore dove però – dicono – “è mancato il collegamento: sono, anzi, mancate le parole che tenessero insieme morti atroci quanto ritenute isolate, non ripetibili”.
Provo a metterci delle parole – oltre l’amoricidio – e spiegare che quelli che non sanno prendere le donne se non uccidendole non sanno dire “mio” perché sono ubriachi di “io”. Hanno un’erezione cerosa e zero colpi in canna e non si tratta certo della pistola del femminicidio, il capitolo sociale di un’umanità maschia senza più forza, il “vir”, zero colpi nel senso proprio di mancare al principio ordinatore del venire al mondo con responsabilità, amore cortese e dovere perché solo il rito – con la sua liturgia di possesso – conserva l’eros dentro le sue pulsioni buie senza incappare nel codice penale.
La verità dell’amore, nelle mani di chi ci sa fare, è uno squarcio dove da fuori c’è il sangue vivificante della vita mentre – dentro – nella carne, c’è il fuoco. Mai la messa a morte. Certo, “meglio morta che puttana”, questo predica l’antico della propria donna se questa poi ha fatto del proprio nome strame. Ma quel “meglio morta” non è assassinio, al contrario: è un continuare a vivere nel dolore disperato del disonore. Mai perdonare, mai, non si può perdonare. E la stessa donna ha disprezzo di chi cicatrizza la ferita del tradimento. Mai dimenticare perciò, mai, non si può scordare ciò che fa nell’anima uno scempio perché l’amore, come il sangue coi figli, s’avvelena forse ma non si disperde. Il soffrire d’amore è spirituale, un atroce friggere cieco delle carni, non un trauma della psiche. E non è paritario il dolore, non conosce uguaglianza, è debolezza propria del portatore di seme, biologicamente inferiore a chi, al contrario, è donna generatrice di nuova vita.
Non si può disinnescare la tossina dell’innamoramento, quel farmaco omeopaticamente salvifico, con l’edificazione di un tabù culturale contro il maschio. Capisco che a qualcuno sia venuto in mente il mettere da parte l’istinto a favore di una civilizzazione della copula. Dopotutto neppure gli stalloni riescono a coprire le giumente senza l’ausilio del veterinario che, oplà, guanti pronti, posiziona ciò che c’è da posizionare.
Piano piano arriverà questa civiltà del rapporto paritario. Pare che non ci sia più la donna, non c’è l’uomo, c’è solo la persona. E’ facile sospettare che il tentativo di trasferire la rivoluzione – la donna in luogo del proletariato – abbia preso il sopravvento su altri fallimenti ideologici ma desiderare è avere e il maschio, non la “persona”, nel recinto sacro dell’Amor cortese, prende possesso di quella carne in ragione dei due punti di suggello e sigillo: l’osso sacro e la ghiandola pineale. E la copula, ovvero il contatto con il coccige e con la nuca – come fanno i gatti quando acchiappano la micia da dietro per addentarla al punto da denudarne, dei peli, la cuticagna –, altro non è che il cogliere la rosa fresca aulentissima ch’apari inver’ la state.
Come si faceva l’amore di una volta. Quando gli dèi s’affacciavano dall’Himalaya per compiacersi degli innamorati fradici di desiderio e di respiro. Tutto ciò non è il porno. Qui si procede di fisiologia. E di furor sacro. Mircea Eliade alla mano. Altro che la delicata Costanza Miriano, autrice di “Sposati e sii sottomessa”, fustigata non poco da Lipperini e Murgia.
L’amplesso è però un dettaglio. Il mettere carne sopra carne è, infatti, solo un abito dell’istinto: quello della sopravvivenza e – come da codice platonico, ossia il “Simposio” – ci si riproduce solo nel bello. Non potendo generare carne, si genera l’idea. Mai la messa a morte.
L’amplesso è la vera astuzia della storia se solo fosse la storia matrice delle generazioni mentre invece è la sopravvivenza, la vera padrona delle erezioni e degli umori, dunque tutto un aggiungere piani al grattacielo del destino a due, quello del maschio e quello della femmina, dove ogni cosa è chiara, chiara assai. Don Rafaele Cutolo, ’o Camorrista, lo diceva fuori da ogni metafora: “Quando si fotte riesce sempre bene perché ciascuno sa che cosa vuole l’altro”.
Le donne si fanno femmine e selezionano il patrimonio cromosomico più forte, più ricco, più potente. Nel benedetto malinteso della natura si è sempre femmine e – nel proprio harem, nella propria domus, nella propria reggia – dunque nel sottinteso benedetto della loro più segreta natura, le donne svelano il primo punto: quello della ghiandola pineale, dunque l’anima. E poi ancora l’altro punto: l’osso più sacro. Quello che nella risulta ancestrale dei secoli dei secoli è solo l’ombra di ciò che fu coda.
Come si fece sempre. Furono i missionari cristiani, abusando della credulità dei selvaggi, a riposizionare gli incastri della conoscenza carnale. Abrogarono il posizionarsi al modo del “more ferarum” e dannarono per sempre come animalesco, dionisiaco e peccatore il principio del piacere. L’abito non fa il monaco, il New York Times avrà avuto i suoi motivi per dire che la moda italiana, fatta eccezione per Bottega Veneta, Prada, Gucci e Marni, è fatta solo per le zoccole (“italian fashion in the Time of the Trollop”) ma la minigonna non fa la scostumata. Tra collo e schiena, tutto quel percorrere di aulente malia non può che avere migliore rappresentazione nella Valentina di Guido Crepax. Provate a ricordare quel suo incedere inesorabile, non sarebbe stata a suo agio nella tavernetta del bunga-bunga ma avrebbe fatto la felicità di Cielo d’Alcamo.
L’abito non fa il monaco, figurarsi la memoria della letteratura ma chi più di ogni altro regge la fatica del presagio in questa Italia orba di virtù maschia, in questo precipitare di morte e amore, nella follia e nel lutto è Boccaccio che, nella novella di Nastagio degli Onesti, nella quinta giornata del “Decameron”, “ragiona di ciò che a alcuno amante, dopo alcuni fieri o sventurati accidenti, felicemente avvenisse”.
Provo a farne il racconto: Nastagio è un nobile ravennate che s’innamora senza tregua della figlia del nobilissimo (più di lui) Paolo Traversari. Per conquistarla ordina feste e cene di gran lusso. Ma quella lo rifiuta con divertimento e lui continua a sperperare energie e denari, fin quando per troppo amore, per evitare di ammazzarsi e di dilapidare tutto, va via dalla città.
Un venerdì d’inizio maggio, proprio un venerdì come questi, Nastagio vede una scena che Botticelli illustrerà poi per Lorenzo il Magnifico (ne avrebbe fatto un regalo di nozze, quasi un memento: “Amare se non vuoi morire”). Una giovane donna corre nuda, due cani la inseguono e tentano divorarla variamente, mentre un cavaliere armato le urla dietro minacce di morte. Nastagio vuole difenderla, ma il cavaliere si ferma a raccontare la propria storia. Aveva amato quella ragazza follemente, ma non ricambiato, si era suicidato. Lei non aveva avuto nessun pentimento, nessuna pena, ed era stata con lui condannata alla tremenda punizione: tutti i venerdì lui la caccia con i cani feroci, la minaccia di morte, l’ammazza e ne vede ricomporsi il corpo. Il venerdì successivo e per chissà quanto ancora, si ripete la stessa sequenza barbara.
Devi amare se non vuoi morire. O, almeno, ricambiare. Questo è il succo. E Nastagio, infatti, ha una sua trovata. Il primo venerdì utile, invita l’amata e tutti i parenti a un desinare sul luogo della scena crudelissima che, tempestiva, si ripete. Il cavaliere che strazia la donna e che non è timido, racconta la storia pure ai banchettanti. La più terrorizzata di tutti è proprio la Traversari, che subito riflette sul sentimento negato e sulla mancanza di rispetto verso quell’amore e, insomma, “temendo di simile avvenimento prende per marito Nastagio”. Non solo, con il suo gesto educa le donne di Ravenna, che d’improvviso diventano tutte più gentili e amorevoli con gli uomini.
Tutto un obbligo d’amore per non dover morire. Sempre nel “Decameron” e sempre in letteratura, c’è anche la tradizione del cuore dell’amato dato in pasto per vendetta, dal marito, alla moglie traditrice, che magari su indicazione del consorte l’aveva pure cucinato a guisa di manicaretto. E in tema di cuori mangiati, ma davvero, ci sarebbe Pasquale Barra, detto ‘o “Animale”, un esponente della nuova camorra organizzata che uccise Francis Turatello in carcere e poi ne addentò gli organi, ma adesso – proprio no – non voglio certo rubare il mestiere a Roberto Saviano, torno nel rango mio di oplita e provo a spiegarmi che uccidere, per questi tapini, è forse un oltrepassare il rito dell’amore, un addentrarsi nel furor, uno stroncarsi al pari di Narciso in tutto quel rimirare se stessi per poi esplodere nelle bolle dell’acqua stagna.
Approssimarsi d’amore, magari con la pistola in pugno, per volare nella notte di Castelmola, è approssimare la propria dannazione alla morte, controllarne il respiro e lo sguardo di dolore, che è ancora rito, nella rigenerazione di un torneo di pura buia gioia perché, insomma, lo dico da oplita, non esiste una cultura arcaica da sradicare dal nostro guardare negli occhi dell’amore, esiste solo la realtà di Eros che mette a bada Thanatos.
Esiste la realtà della natura e se proprio la civiltà riuscirà a ucciderla significherà che saranno stati i desideri a determinare i diritti, che si procederà d’inseminazione per tramite di applicazione veterinaria e ci sarà solo la persona, finalmente libera del possessivo ma persa per sempre nella bolla afona e stagna dell’io-io-io che non saprà dire “mio”, anzi, “mia” se non mettendo a morte. Come cosa morta è l’amore di Narciso.
Post scriptum.
A proposito dell’episodio di Castelmola. Lui era sì un picciotto malandrino ma la pistola non era la sua. Era della ragazza in hot pants.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Pietrangelo Buttafuoco (http://www.ilfoglio.it/redazione/94)
La cosa che ci terrorizza a questo punto è che il termine «femminicidio» diventi un marchio, un brand, una fama da onlus. E che sotto a questo marchio finisca di tutto, un po' come succede per i fortunati programmi di cucina dove ormai una pentola non si nega a nessuno. Manifestazione per rivendicare la "dignità rosa" Lunedì a Milano (a Cuggiono, per l'esattezza) è accaduta un'altra cosa agghiacciante: una donna di 36 anni, incinta di due gemelli, stava andando in ospedale per una visita di controllo. È stata avvicinata da un tizio che ha visto bene in faccia ma non ha riconosciuto, e questo le ha gettato dell'acido sul volto che, speriamo, non le causerà lesioni permanenti a un occhio. Tremendo. Ma gli inquirenti non sanno ancora che pista seguire, non sanno di cosa si tratti. La vittima non conosce il suo carnefice e non conosce le ragioni per cui una cosa del genere dovesse accadere proprio a lei.
Invece il perché, evidentemente, lo sanno in tanti, a giudicare dai commenti che ieri sono apparsi sui principali quotidiani: Samanta F., così si chiama la donna aggredita, è un'altra vittima di femminicidio. Poco importa che ad essere stato colpito con l'acido, nell'assurda casistica degli ultimi mesi, compaia anche un uomo (sfigurato dall'ex gelosa) e che ancora non si sappia cosa ci sia dietro l'episodio di lunedì. Samanta è una donna, è pure incinta e c'è di mezzo l'acido: quindi è femminicidio.
Forse tra qualche giorno gli inquirenti ricostruiranno retroscena famigliari inquietanti. Ma al momento, così come è stata colpita Samanta (all'improvviso, per strada e apparentemente da uno sconociuto) avrebbero potuto venir colpiti Giuseppe, Daniela, Giovanni e Valentina. Il femminicidio è l'epilogo di una quotidianità, il tragico picco di una continuità violenta e subdola. Qualcosa che si poggia sulla zoppa convinzione che debba esserci un debole (la donna) e un forte (l'uomo), un sottomesso (la donna) e un padrone (l'uomo), una vittima (la donna) e un naturale carnefice (l'uomo). Si fa così, ti dico io come si fa e se non lo fai ti punisco.
Ma a quanto pare anche nella cronaca nera ci sono «mode» che sterminano la ragione e, quel che è peggio, anche nella cronaca nera ci sono mode destinate a passare di moda. Se oggi tutto è femminicidio perché oggi è il femminicidio ad «andare forte» (titoli sui giornali, associazioni, iniziative, spettacoli teatrali, tavole rotonde che non riescono a smussare gli spigoli di una realtà aguzza), cosa succederà alle donne che vivono con l'assassino del loro futuro, una volta che il femminicidio sarà stato abusato a sua volta? Oggi il femminicidio è un programma cult, che fa share garantito, lo si cavalca con ideologici speroni dorati, anche se poi nei fatti... Manifestazioni al grido di «No more», denunce con slogan efficaci «Ferite a morte», «Se non ora, quando?». Poi in realtà, a tutela (vera) della donna è stato altro a rappresentare una svolta: le leggi sul divorzio, l'aborto, la riforma del diritto di famiglia e, ultimamente, la legge della tanto osteggiata Mara Carfagna sullo stalking. Il resto, al momento, si limita al folklore, purtroppo. Alla moda. E come tutte le mode prende derive eccessive, lontane dalle donne che la devono indossare.
Ieri, il fatto che poco tempo fa un infermiere (maschio), romano, di 33 anni, avesse subito la stessa sorte (e per di più da parte di un amore andato a male), sembrava solo un fastidioso inciampo verso la corsa alla statistica perfetta. Perché non era una donna e quindi le sue cicatrici valevano meno e davano un po' fastidio al ragionamento. Perché il carnefice travestito da padrone, quella volta, era una donna. È questo buonismo implacabile ad essere un veleno «acido». Questo parlare, e urlare e cavalcare e confondere fino alla prossima volta in cui saremo convocati dalla realtà.
battaglia, quihttp://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/05/appello-a-josefa-idem-violenza-si-elimina-occupandosi-di-ne-e-autore/583424/ (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/05/appello-a-josefa-idem-violenza-si-elimina-occupandosi-di-ne-e-autore/583424/)
Venticinque donne che, nei primi quattro mesi del 2013, hanno trovato la morte per mano di un uomo.
ma si affretti perché ogni due giorni di ritardo costano la vita ad una donna e anche la vita dell’uomo che l’ha uccisa non sarà più la stessa.
rappresenta qualsiasi forma di violenza esercitata sulle donne (spesso in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale) allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne la soggettività sul piano psicologico, simbolico, economico e sociale, fino alla schiavitù o alla morte
c'è chi non ha il coraggio delle proprie opinioni e non mette il proprio nome e la propria faccia sopra o sotto le proprie opinioni/affermazioniC'è anche chi il nome lo mette, ma ti viene sotto casa a "chiederti come stai", come quell'Alberto S. con un nostro wiki.