In rilievo > Padri separati e figli negati - PAS (Sindrome da Alienazione Parentale)

decreto di filiazione 2013

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Fonte : http://www.adiantum.it/public/3475-la-filiazione-smantella-il-condiviso---di-marino-maglietta.asp

La filiazione smantella il Condiviso - di Marino Maglietta

03/01/2014 - 13.57

Certamente la legge 54/2006 meritava e merita un nuovo passaggio legislativo, in parte per come è stata scritta e soprattutto per come viene applicata. Non a caso proposte di modifica sono state depositate anche subito dopo il varo. Non a caso il Senato nello scorsa legislatura ha lavorato a lungo alla sua revisione, fino al voto di numerosi emendamenti. Non a caso in quella attuale sono già state depositate altre proposte di legge, che stanno percorrendo il loro iter con la consueta tradizionale lentezza, aggravata dall'essere la materia delicata e controversa.
 
Nessuno, quindi, sicuramente si aspettava che quel testo potesse essere modificato in pochi mesi, attraverso un decreto legislativo, fuori del dibattito parlamentare. E soprattutto utilizzando artificiosamente una delega che tutto prevede meno che un intervento del genere; a prescindere dalla condivisibilità o meno delle modifiche.
 
Le novità del Dlgs filiazione - Limitandosi a qualche esempio, cominciamo dall'ascolto del minore, per il quale, in effetti, la delega c'è, ma si limita a dare mandato per la «disciplina delle modalità di esercizio del diritto all'ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, ove l'ascolto sia previsto nell'ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato».
 
Oltre a ciò, invece, si legge: «Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo». Questo dopo avere tassativamente disposto (articolo 336 del Cc) che il giudice «dispone l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento» nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.
 
Ora, "dispone" significa che "deve disporre", senza eccezioni, mentre la valutazione che l'ascolto sia "manifestamente superfluo" è del tutto soggettiva anche quando i genitori sono d'accordo e c'è da chiedersi come potrà fare il giudice a stabilire che il minore non ha nulla di rilevante da dire se prima non lo sente. Né può sostenersi che l'ipotesi di un contrasto genitori/figlio è remota: si pensi a un accordo raggiunto perché il padre si vuole defilare rispetto ai compiti genitoriali e la madre è possessiva. Situazione che sfocerà in esigui contatti con il padre e nessun compito di cura.
 
E il minore adesso dovrà tacere.

Dunque regola contraddittoria e privazione del minore di un suo diritto

Altri interventi - In caso di affidamento esclusivo si prevede, a differenza di oggi, che il genitore non affidatario perda di regola l'esercizio della responsabilità genitoriale.
 
Condivisibile: ma rientra nella delega?

Ancora. L'articolo 337- ter, che sostituisce il 155, recita al primo comma: «Il figlio minore ha il diritto …». È stato soppresso lo splendido incipit della precedente formulazione «Anche dopo la separazione dei genitori, il figlio minore ha il diritto … ». Un inizio che sottolineava la natura permanente delle attese del figlio e al contempo i permanenti doveri dei genitori nei suoi confronti, impegnati nella cura di lui a prescindere dai propri rapporti personali. Una anticipazione anche, del carattere soggettivo e indisponibile di quei diritti. Cassato.
 
Perché? E la filiazione cosa c'entra? Con quale delega?

Andiamo avanti, alla devastante modifica del comma 3 dell'articolo 337-ter: «Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo ... In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice». Con questa aggiunta, evidentemente fuori delega, si archivia sostanzialmente la riforma del 2006, se ne viola il messaggio, si contraddice la ratio dell'intera legge, si creano le premesse per scardinare, oltre alle regole della frequentazione, anche quelle del mantenimento.
 
La fine della piena bigenitorialità - È l'ineluttabilità del "genitore collocatario", invenzione giurisprudenziale ora legittimata, che rifiuterà la forma diretta del contributo e pretenderà l'assegno; è la fine della piena bigenitorialità, la sconfessione di tutto il lavoro per la pariteticità delle responsabilità genitoriali, per le pari opportunità a favore della donna (ovvero per la madre).
 
Tutto questo mentre il senato francese approva la doppia residenza a tempi uguali come soluzione prioritaria, caldeggiata da una quantità di ricerche scientifiche, che a questo punto invece da noi va fuori legge (evidentemente in tali casi la residenza abituale non esiste). Per tacere del riproporsi della discriminazione tra i genitori, del modello competitivo vinci-perdi, che danneggerà inevitabilmente la mediazione familiare, il cui successo si fonda su un paradigma riparativo e sull'assenza di condizioni privilegiate.
 
Le critiche - Eppure queste gravi, assurde, irregolarità erano state osservate e fatte notare presso la Commissione Giustizia della Camera. Fu detto: «I citati articoli da 155 a 155-sexies, … trovano, nella trasposizione nel nuovo Capo sulla responsabilità genitoriale, una parziale riformulazione dovuta ad integrazioni prevalentemente provenienti dall'articolo 6 della legge n.898 del 1970 sul divorzio. Tali articoli rappresentano un riferimento giuridico da tempo al centro di un vasto dibattito sul tema dell'affido condiviso svoltosi durante la precedente legislatura presso il Senato ed oggi ripreso da numerose proposte di legge presentate, sul medesimo argomento, alla Camera dei deputati nella presente legislatura. … la delega … non si sofferma esplicitamente sulla modifica dei contenuti espressi negli articoli relativi all'affidamento dei figli ... Ritiene che, nell'interesse esclusivo dei figli, le norme che regolano l'affidamento degli stessi, per la particolare delicatezza del tema al quale afferiscono, debbano essere considerate nell'ambito di un'approfondita iniziativa parlamentare piuttosto che, anche solo parzialmente, per il tramite di un decreto legislativo.». (on. Bonafede, 10 ottobre 2013).
 
La risposta degli estensori - Purtroppo a queste giuste e logiche considerazioni si è inteso far dare risposta in audizione dagli stessi estensori, i quali ovviamente hanno sostenuto la mancanza di sconfinamenti, appigliandosi alla necessità di un "riordino" e di una assimilazione delle norme. Tuttavia, resta incomprensibile la necessità di rendere omogenea la legge sull'affidamento condiviso del 2006 con quella sul divorzio del 1970 che la 54 aveva il preciso scopo di cambiare nella parte riguardante i figli.
 
Un ritorno all'antico regime - La legislazione italiana in materia di affidamento fino al 2006 si fondava su un impianto monogenitoriale. La "rivoluzione copernicana" prescritta dalla riforma ha voluto il passaggio a un sistema bigenitoriale, riconoscendo ai figli conseguenti diritti. Gli interventi attuati dal decreto legislativo impongono sul punto un ritorno all'antico regime senza delega né un vero dibattito, in sostanza a porte chiuse, con una consultazione limitata agli operatori e non ai destinatari delle decisioni.
 
Qual è, dunque, il risultato finale di questa operazione? Una spoliazione delle prerogative del Parlamento, rappresentante diretto della volontà popolare, un aumento del potere discrezionale della magistratura, un incremento dei motivi di conflittualità, una riduzione dei diritti dei minori. Non c'è che augurarsi un veloce ravvedimento operoso.

Fonte: http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2013-12-19/filiazione-affidamento-condiviso-maglietta-214424.php?uuid=ABUQSrB

Stendardo:
Fonte : http://www.adiantum.it/public/3477-intervista-a-maglietta--la-commissione-bianca-ha-scavalcato-il-proprio-mandato.asp

Intervista a Maglietta: la Commissione Bianca ha scavalcato il proprio mandato

Marino Maglietta

07/01/2014 - 11.03

[Intervista di Rossella Pagnotta] Un recente Comunicato stampa dell’Associazione Nazionale Crescere Insieme – presieduta da Marino Maglietta, ideatore dell’affidamento condiviso ed estensore dei testi alla base della relativa legge – ha segnalato la presenza di manomissioni degli articoli del codice civile che introducono l’affidamento condiviso nel Dlgs destinato precipuamente a realizzare l’equiparazione della filiazione naturale a quella legittima.
 
Tali interventi interferirebbero pesantemente e negativamente sia con i diritti dei minori figli di genitori separati che con le probabilità di accesso alla mediazione familiare e di suo successo.
 
Per meglio comprendere come sono esattamente andate le cose, quali conseguenze negative possano aversi e, naturalmente, cosa è possibile fare per evitarle, ci rivolgiamo direttamente a chi per primo ha segnalato il problema.
 
Vuole spiegare anzitutto quale è stato l’iter, il meccanismo per arrivare a una nuova formulazione del testo?

 L’art. 2 della legge 219/12 dava delega al governo di affrontare una serie, chiaramente elencata, di aspetti (dal riconoscimento del figlio naturale ai contatti tra nonni e nipoti) e aggiungeva l’incarico di uniformare e riordinare le norme di diritto di famiglia con al centro i figli, sia naturali che legittimi, prima sparse per tutto il codice civile, inserendole in un contesto unitario. In sostanza, si trattava di trascrivere e rinumerare articoli già esistenti, senza modificarli se non per adattarli alla nuova terminologia e ai principi dell’unificazione. Ma la zelante commissione è andata ben oltre il mandato e ha preteso di intervenire un po’ ovunque.
 
Esattamente quali sono le modifiche introdotte?

 Limitandomi alle più vistose, è stato tolto l’esercizio della potestà (ora responsabilità genitoriale) al genitore non affidatario; legittimato il mancato ascolto del minore nei procedimenti di separazione nel caso di consensuali, ovvero il giudice decide se è o no manifestamente superfluo; infine, la più devastante, diventa obbligatorio indicare dove il figlio ha “la residenza abituale”, ovvero chi sarà il genitore con cui il figlio vive.
 
Perché sostiene che ciò va in violazione sostanziale dell’affidamento condiviso?

 Il condiviso intendeva mettere fine alla distinzione tra genitore del quotidiano che provvede ai bisogni dei figli e assume la maggior parte delle decisioni e genitore “ludico”, del fine settimana, che si limita a passare all’altro del denaro e fruisce di un “diritto di visita”, sostanzialmente a sua discrezione. Questo in genere purtroppo non avveniva, perché la magistratura aveva deciso di inventarsi il “genitore collocatario”, che rivestiva lo stesso ruolo dell’affidatario di prima, però, quanto meno c’era la possibilità di protestare, di reclamare i provvedimenti, e piano piano qualcosa stava cambiando, si cominciava a vedere qualche giudice che preferiva rispettare la legge piuttosto che riscriverla e, soprattutto, il Parlamento aveva iniziato a considerare la necessità di mettere dei paletti alla giurisprudenza, in modo da rendere ineludibili i nuovi principi. Ora, invece, la conservazione del vecchio sistema è stata legittimata: è una restaurazione in piena regola.
 
Ma perché questa limitatissima aggiunta saboterebbe l’intera legge?

 Il mantenimento diretto, ad esempio, cosa c’entra? I cardini dell’affidamento a entrambi i genitori, indispensabili per poter parlare di bigenitorialità, sono una frequentazione equilibrata e flessibile, senza “genitori collocatari”, in funzione delle esigenze dei figli, e l’assegnazione di compiti di cura a entrambi i genitori comprensivi degli aspetti economici, in modo che con entrambi il figlio viva la quotidianità e non i w-e alternati, con erogazione di assegni che prevedono una partecipazione solo alle spese e non ai sacrifici dell’accudimento. Ora, la Suprema Corte ha già reiteratamente affermato che se c’è un genitore collocatario non si può pensare alla forma diretta del mantenimento – in cui ognuno provvede a una parte dei bisogni del figlio, in proporzione alle proprie risorse – ma bisogna che il non collocatario dia dei soldi al collocatario, che provvede a tutto. Quindi la “residenza abituale” condanna a morte l’affidamento condiviso sotto ogni profilo.
 
E perché disturberebbe anche la mediazione familiare?

 Perché si fonda sull’equilibrio tra le parti, che in questo modo viene meno. Perché la discriminazione tra genitore collocatario e non collocatario reintroduce quelle differenze che, soprattutto inizialmente, rendono molto più appetibile un ruolo rispetto all’altro. Perché ripristina l’ottica vinci-perdi, funzionale a un incremento del contenzioso, al posto di quella riparativa, propria della mediazione familiare. Perché attraverso i differenti tempi di contatto con i genitori impedisce la soluzione più logica e tranquilla per l’assegnazione della casa, ovvero lasciarla al proprietario. In sostanza smantellare l’affidamento condiviso significa anche creare notevoli difficoltà alla soluzione pacifica delle controversie e alla mediazione familiare che ne è lo strumento.
 
Capisco. Quale spiegazione è stata data a questa scelta così rilevante?

 Questo è davvero interessante: nessuna. Nella relazione che accompagna il decreto si leggono fiumi di parole per giustificare scelte ovvie, strettamente legate all’impianto e agli scopi dell’intervento, ma su questo si sorvola, come se fosse dettaglio di nessun conto, mentre le altre modifiche della legge sul condiviso sono giustificate con la necessità di uniformità con la legge sul divorzio, di mezzo secolo fa e di impianto monogenitoriale, ossia scritta esattamente in rispondenza di quei criteri che la riforma del 2006 intendeva accantonare! Umorismo involontario. D’altra parte per la residenza abituale non si poteva invocare la necessità di “uniformare”, perché altrove non se ne parla. Giustamente, perché secondo la più elementare logica giuridica non ha senso aggiungere a scelte di vita e doveri di base dei genitori come “istruire, educare e tutelare la salute” un aspetto del tutto occasionale, flessibile e mutevole nel tempo (oltre che ostativo per la bigenitorialità) come l’indicazione della “residenza abituale”. È un po’ come aggiungere l’obbligo di concordare la marca delle scarpe. È una zeppa evidente.
 
Però alcuni di questi cambiamenti – come la perdita dell’esercizio della responsabilità genitoriale per il genitore non affidatario – li aveva previsti anche Lei nelle proposte di legge 1403 e 1495.

 Sì, ma all’interno di un diverso contesto, nei luoghi giusti e con le procedure corrette. Dopo avere sottolineato, ad es., che l’esclusione dall’affidamento può avvenire solo per carenze personali gravi (e non per la reciproca conflittualità!). E attraverso un confronto parlamentare che permettesse un dibattito aperto ai contributi di tutti, non con questa specie di colpo di mano, senza delega. Dunque Lei contesta alcuni cambiamenti perché inopportuni e tutti perché illegittimi. Certamente. La Commissione Bianca ha scavalcato abbondantemente i confini del proprio mandato. Si pensi che la riforma del 2006 ha richiesto 12 anni di confronto parlamentare a porte aperte, proprio per la sua natura profondamente innovativa e perché la materia è riconosciuta da tutti come altamente delicata, mentre la restaurazione è stata consumata in pochi mesi, nelle chiuse stanze.
 
Professore, come si spiega che il testo sia arrivato all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri senza che nessuno si accorgesse di nulla?

 Veramente in Commissione Giustizia della Camera il problema è stato sollevato, da parte dell’On. Bonafede, eccellente giurista. Dunque io non sono stato affatto il primo. Il che, però, rende la cosa ancora più grave. Evidentemente il sabotaggio dell’affidamento condiviso è stato un intervento gradito e non casuale; si voleva, per quanto possibile, che si tornasse all’antico.
 
E come sono state superate le obiezioni?

 Molto elegantemente: girandole agli estensori in audizione e chiedendo loro se era vero che avevano oltrepassato i poteri di delega. Hanno detto, sorprendentemente, di no e la cosa è finita lì. Tuttavia, la Commissione Bianca aveva una composizione di eccellenza.
 
Come può avere commesso errori così vistosi?

 Indubbiamente il nome del Prof. Bianca è prestigioso e fuori discussione, ma con tutta probabilità la sua è stata principalmente una funzione di coordinamento. Lo si è visto anche nell’audizione alla Camera, dove la relazione è stata fatta da altri. E questi altri, detto con il massimo rispetto, erano pressoché esclusivamente funzionari ministeriali, distribuiti a pioggia molto più con il criterio della lottizzazione politica e amministrativa (“ci dobbiamo essere anche noi”), almeno apparentemente, che con quello della competenza. Per farmi capire meglio, su un numero totale di 10 mancavano tutti i nostri maggiori esperti di diritto di famiglia, da Sesta a Patti, da Cendon a De Filippis, ma non mancavano rappresentanti del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, per la Funzione pubblica e per la Cooperazione internazionale e l’integrazione. Tutte figure interessanti, per carità, ma certamente non centrali per una problematica così mirata e delicata.
 
Ma la Commissione Bianca ha fatto audizioni, si è aperta a contributi esterni…

Certamente. Però ancora una volta con una scelta “particolare”, ovvero inserendo pressoché esclusivamente avvocati e magistrati – notoriamente simpatizzanti della gestione monogenitoriale – con un sapiente dosaggio delle appartenenze di “clan”. Uno di quelli e uno di quegli altri, tre di quelli e tre di quegli altri. E nessuno che rappresentasse le famiglie destinatarie dei provvedimenti, notoriamente sostenitori della bigenitorialità e della riforma del 2006. Capisco.
 
E ora chi non gradisce questo intervento cosa può fare?

 Certamente questa svolta è inaccettabile, per i contenuti e per il modo. Le vie sono la contestazione frontale della tecnica di intervento, come non lecita, e il nuovo ricorso al Parlamento con una revisione del testo. Faccio appello da subito a tutti i soggetti disponibili – dalle forze politiche al Forum Nazionale dei Mediatori, alle varie associazioni di persone e di categoria – perché sostengano da subito qualsiasi nuova iniziativa utile per ripristinare quelle tutele dei minori che, quanto meno sulla carta, si era riusciti a strappare.

Fonte: Liberamente tratto da http://lanostracampagna.wordpress.com/2014/01/07/la-legge-sul-condiviso-distrutta-come-fece-nerone/

Stendardo:
Fonte : http://www.adiantum.it/public/3475-la-filiazione-smantella-il-condiviso---di-marino-maglietta.asp

La filiazione smantella il Condiviso - di Marino Maglietta

Marino Maglietta

03/01/2014 - 13.57

Certamente la legge 54/2006 meritava e merita un nuovo passaggio legislativo, in parte per come è stata scritta e soprattutto per come viene applicata. Non a caso proposte di modifica sono state depositate anche subito dopo il varo. Non a caso il Senato nello scorsa legislatura ha lavorato a lungo alla sua revisione, fino al voto di numerosi emendamenti. Non a caso in quella attuale sono già state depositate altre proposte di legge, che stanno percorrendo il loro iter con la consueta tradizionale lentezza, aggravata dall'essere la materia delicata e controversa.
 
Nessuno, quindi, sicuramente si aspettava che quel testo potesse essere modificato in pochi mesi, attraverso un decreto legislativo, fuori del dibattito parlamentare. E soprattutto utilizzando artificiosamente una delega che tutto prevede meno che un intervento del genere; a prescindere dalla condivisibilità o meno delle modifiche.
 
Le novità del Dlgs filiazione - Limitandosi a qualche esempio, cominciamo dall'ascolto del minore, per il quale, in effetti, la delega c'è, ma si limita a dare mandato per la «disciplina delle modalità di esercizio del diritto all'ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, ove l'ascolto sia previsto nell'ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato».
 
Oltre a ciò, invece, si legge: «Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo». Questo dopo avere tassativamente disposto (articolo 336 del Cc) che il giudice «dispone l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento» nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.
 
Ora, "dispone" significa che "deve disporre", senza eccezioni, mentre la valutazione che l'ascolto sia "manifestamente superfluo" è del tutto soggettiva anche quando i genitori sono d'accordo e c'è da chiedersi come potrà fare il giudice a stabilire che il minore non ha nulla di rilevante da dire se prima non lo sente. Né può sostenersi che l'ipotesi di un contrasto genitori/figlio è remota: si pensi a un accordo raggiunto perché il padre si vuole defilare rispetto ai compiti genitoriali e la madre è possessiva. Situazione che sfocerà in esigui contatti con il padre e nessun compito di cura.
 
E il minore adesso dovrà tacere.

Dunque regola contraddittoria e privazione del minore di un suo diritto

Altri interventi - In caso di affidamento esclusivo si prevede, a differenza di oggi, che il genitore non affidatario perda di regola l'esercizio della responsabilità genitoriale.
 
Condivisibile: ma rientra nella delega?

Ancora. L'articolo 337- ter, che sostituisce il 155, recita al primo comma: «Il figlio minore ha il diritto …». È stato soppresso lo splendido incipit della precedente formulazione «Anche dopo la separazione dei genitori, il figlio minore ha il diritto … ». Un inizio che sottolineava la natura permanente delle attese del figlio e al contempo i permanenti doveri dei genitori nei suoi confronti, impegnati nella cura di lui a prescindere dai propri rapporti personali. Una anticipazione anche, del carattere soggettivo e indisponibile di quei diritti. Cassato.
 
Perché? E la filiazione cosa c'entra? Con quale delega?

Andiamo avanti, alla devastante modifica del comma 3 dell'articolo 337-ter: «Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo ... In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice». Con questa aggiunta, evidentemente fuori delega, si archivia sostanzialmente la riforma del 2006, se ne viola il messaggio, si contraddice la ratio dell'intera legge, si creano le premesse per scardinare, oltre alle regole della frequentazione, anche quelle del mantenimento.
 
La fine della piena bigenitorialità - È l'ineluttabilità del "genitore collocatario", invenzione giurisprudenziale ora legittimata, che rifiuterà la forma diretta del contributo e pretenderà l'assegno; è la fine della piena bigenitorialità, la sconfessione di tutto il lavoro per la pariteticità delle responsabilità genitoriali, per le pari opportunità a favore della donna (ovvero per la madre).
 
Tutto questo mentre il senato francese approva la doppia residenza a tempi uguali come soluzione prioritaria, caldeggiata da una quantità di ricerche scientifiche, che a questo punto invece da noi va fuori legge (evidentemente in tali casi la residenza abituale non esiste). Per tacere del riproporsi della discriminazione tra i genitori, del modello competitivo vinci-perdi, che danneggerà inevitabilmente la mediazione familiare, il cui successo si fonda su un paradigma riparativo e sull'assenza di condizioni privilegiate.
 
Le critiche - Eppure queste gravi, assurde, irregolarità erano state osservate e fatte notare presso la Commissione Giustizia della Camera. Fu detto: «I citati articoli da 155 a 155-sexies, … trovano, nella trasposizione nel nuovo Capo sulla responsabilità genitoriale, una parziale riformulazione dovuta ad integrazioni prevalentemente provenienti dall'articolo 6 della legge n.898 del 1970 sul divorzio. Tali articoli rappresentano un riferimento giuridico da tempo al centro di un vasto dibattito sul tema dell'affido condiviso svoltosi durante la precedente legislatura presso il Senato ed oggi ripreso da numerose proposte di legge presentate, sul medesimo argomento, alla Camera dei deputati nella presente legislatura. … la delega … non si sofferma esplicitamente sulla modifica dei contenuti espressi negli articoli relativi all'affidamento dei figli ... Ritiene che, nell'interesse esclusivo dei figli, le norme che regolano l'affidamento degli stessi, per la particolare delicatezza del tema al quale afferiscono, debbano essere considerate nell'ambito di un'approfondita iniziativa parlamentare piuttosto che, anche solo parzialmente, per il tramite di un decreto legislativo.». (on. Bonafede, 10 ottobre 2013).
 
La risposta degli estensori - Purtroppo a queste giuste e logiche considerazioni si è inteso far dare risposta in audizione dagli stessi estensori, i quali ovviamente hanno sostenuto la mancanza di sconfinamenti, appigliandosi alla necessità di un "riordino" e di una assimilazione delle norme. Tuttavia, resta incomprensibile la necessità di rendere omogenea la legge sull'affidamento condiviso del 2006 con quella sul divorzio del 1970 che la 54 aveva il preciso scopo di cambiare nella parte riguardante i figli.
 
Un ritorno all'antico regime - La legislazione italiana in materia di affidamento fino al 2006 si fondava su un impianto monogenitoriale. La "rivoluzione copernicana" prescritta dalla riforma ha voluto il passaggio a un sistema bigenitoriale, riconoscendo ai figli conseguenti diritti. Gli interventi attuati dal decreto legislativo impongono sul punto un ritorno all'antico regime senza delega né un vero dibattito, in sostanza a porte chiuse, con una consultazione limitata agli operatori e non ai destinatari delle decisioni.
 
Qual è, dunque, il risultato finale di questa operazione? Una spoliazione delle prerogative del Parlamento, rappresentante diretto della volontà popolare, un aumento del potere discrezionale della magistratura, un incremento dei motivi di conflittualità, una riduzione dei diritti dei minori. Non c'è che augurarsi un veloce ravvedimento operoso.

Fonte: http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2013-12-19/filiazione-affidamento-condiviso-maglietta-214424.php?uuid=ABUQSrB


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