Autore Topic: Federico Cenci : "Per una lettura non conforme del femminicidio ."  (Letto 1175 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline Stendardo

  • Veterano
  • ***
  • Post: 3501
fonte : http://www.agerecontra.it/public/pres30/?p=11387

Per una lettura non conforme del femminicidio


di Federico Cenci
 
Le responsabilità della rivoluzione sessuale
 
In Italia si fa un gran parlare, negli ultimi tempi, della violenza sulle donne. Il femminicidio – termine ignoto sino a poco tempo fa – è oggi uno dei più inflazionati argomenti di stampa e tv. Esecrandi fatti di cronaca che raccontano di donne picchiate e uccise da uomini, sovente dai loro compagni/mariti, catalizzano le attenzioni dell’opinione pubblica, alimentano il dibattito e generano l’impegno a contrastare il turpe stillicidio per via legislativa.
 
Posto che anche un solo omicidio – nei confronti di chicchessia, donna o uomo – è un atto intollerabile e meritevole di biasimo, è importante rilevare che il femminicidio, giacché divenuto un fenomeno mediatico, rischia di alterare la nostra percezione della realtà. L’idea che ci contagia, per via dell’onda emotiva creata dai media, è che il numero di vittime femminili della violenza maschile sia in esteso aumento. E che la causa sia riconducibile al maschilismo che alligna come un germe apparentemente inestirpabile nella cultura del nostro Paese.
 
La prima vera notizia è che la violenza omicida sulle donne non registra un aumento, piuttosto sta diminuendo. Proprio così, una lettura scevra da condizionamenti, quella dei dati Istat, lo conferma: nel 2012 le donne uccise sono state 124, nel 2010 furono 156, 172 nel 2009 e ben 192 nel 2003, che rappresenta il picco degli ultimi dieci anni. Lutti degni di rispetto, dati forieri di costernazione – certo – ma che dimostrano in modo inequivocabile che il fenomeno non si sta estendendo come molti giornali e politici vogliono farci credere. Nonostante l’enfasi mediatica che, purtroppo ma inevitabilmente, può produrre in qualche folle la tendenza all’emulazione.
 
Eppure, la pubblicazione di questi dati Istat non placa l’agitazione di costoro, dei “Repubblica” e delle Boldrini di turno, ossia di chi vuole fare del femminicidio un allarme sociale da contrastare con leggi ad hoc, ritenendo insufficiente quanto già abbondantemente previsto dal nostro codice penale. Pertanto, l’obiezione che viene sollevata è la seguente: cala il tasso di omicidi generale verso le donne, ma aumenta quello particolare che fa riferimento a donne uccise dai compagni/mariti. Un’affermazione però non suffragata da riscontri, poiché non esiste per tutti i casi censiti una verifica circa il rapporto tra assassino e vittima. Uno studio in tal senso è stato comunque condotto dall’Università di Siena, e da esso emerge ciò che non t’aspetti. Ossia che dal 2006 ad oggi il tasso di omicidi da parte di uomini con cui le vittime avevano una relazione è rimasto grossomodo costante, al 62% circa. Nessun incremento, nessuna emergenza improvvisa.
 
Uno Stato deve punire la violenza, ma creare il panico è un esercizio demagogico e corrosivo nei confronti della società. Guardando la tv o sfogliando i giornali, qualche donna potrebbe aspettarsi più cazzotti che carezze dal proprio compagno. Ed esser portata, di conseguenza, a rifiutare un progetto di relazione stabile a vantaggio dell’individualismo. Ma è proprio foraggiando l’emancipazione del proprio ego dall’affetto di un fidanzato/coniuge che si creano le premesse per il dilagare delle violenze. Infatti, come spiega Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione avvocati matrimonialisti italiani, «nelle coppie l’80% degli omicidi avviene nelle fasi in cui la relazione sta finendo o quando è appena finita». Parole che smentiscono chi attribuisce la violenza sulle donne all’esistenza – ormai obsoleta, dicono – del rapporto di coppia duraturo e della famiglia. La causa è, al contrario, proprio la crisi del rapporto di coppia duraturo e della famiglia.
 
Sicché, il femminicidio si contrasta non estirpando ma irrobustendo mediante politiche mirate l’istituto familiare, perno della società. È agli antichi modelli culturali che bisogna attingere per ripristinare un rapporto equilibrato tra i due sessi. La famiglia tradizionale è dunque un rimedio e un’avanguardia. Da tutelare e da promuovere.
 
A proposito di femminicidio, le vere notizie sono due. La prima, descritta nell’articolo di ieri, è che il fenomeno – pur diffuso – registra una diminuzione, checché possa sembrare stando all’attuale risonanza mediatica. La seconda, oggetto del presente articolo, è ancora più sbalorditiva. La rivoluzione sessuale è complice del diffondersi della violenza sulle donne.
 
Ma come, non era vero il contrario? Non era stata la “liberazione dei costumi” a stabilire la parità, l’avvento di un’epoca in cui il rapporto uomo/donna fosse all’insegna del reciproco rispetto? Nient’affatto, questo mito sessantottino, sedimentatosi nella cultura dominante, è destinato a cadere innanzi a una realtà dei fatti che racconta tutt’altro.
 
Racconta, per esempio, che esiste una correlazione tra industria pornografica – che ha avuto nella rivoluzione sessuale il suo motore – e violenza sulle donne. Un recente studio pubblicato sulla rivista Violence and victims curato dall’Università della Georgia, negli Stati Uniti, riporta che la pornografia procura nei maschi una spinta all’aggressività di stampo misogino. La tesi, ignorata da quanti si stanno tuttavia adoperando per suonare l’allarme sociale femminicidio, è ripresa e condivisa da Vincenzo Puppo, medico-sessuologo del Centro Italiano di Sessuologia (CIS).
 
In un’intervista uscita su “La Stampa” qualche mese fa (1), il dottor Puppo segnalava che la pornografia crea dipendenza e, con essa, preoccupanti conseguenze. Il sessuologo avverte che «la visione continua e ripetuta degli organi genitali maschili e femminili, porta lentamente senza che l’uomo/donna se ne accorga, a una inibizione della capacità di eccitarsi mentalmente: lo stesso stimolo sensoriale continuamente ripetuto se all’inizio è eccitante, dopo un certo tempo non lo è più, e il cervello ha bisogno di stimoli superiori».
 
Perciò, il “salto” a un livello di perversione maggiore è breve. «Si deve passare dai soliti film/giornali/siti pornografici normali a quelli per esempio con stupri e altre violenze sessuali, o sado-masochisti, o con animali, con bambini ecc.». E ancora, una volta che il cervello è assuefatto a certi abomini, in un’infernale viaggio dell’istinto verso gli abissi, «alcuni possono cercare sfogo fuori da questo “ambiente” ed esplodere in episodi di violenza, non solo contro le donne ma, cosa ancora più grave, anche su bambini/e».
 
In molti dovrebbero sturarsi le orecchie ed ascoltare bene le parole di questo esperto. Il riferimento è a tutti coloro che, influenti nella società, in nome del “diritto al piacere”, nel corso degli anni, altro non hanno fatto che calpestare il pudore attraverso tutti gli strumenti di loro competenza. Stampa, tv, arte, politica (2) – mediante i modelli proposti al pubblico – hanno concorso a ché la donna regredisse a mero oggetto del desiderio. Da custode del focolare a vittima della propria “emancipazione”.
 
Fa specie che costoro, oggi, sono gli stessi che si stracciano le vesti contro la violenza sulle donne. E rincresce che – privi di ogni minima capacità d’auto-critica (3) o peggio, volontari artefici della sovversione – puntino il dito verso il “modello di società arcaico”, che si baserebbe sulla prevaricazione del maschio sulla femmina.
 
Invero, è proprio per distruggere quel “modello di società arcaico” – nido di retrivi oscurantismi – che, qualche decennio fa, si è dato impulso al silenzioso ma sconvolgente moto sociale che risponde al nome di rivoluzione sessuale. E i nefasti effetti, ora, compresa la violenza sulle donne, sono sotto gli occhi di chiunque possa e voglia vedere.
 
(1) http://www.lastampa.it/2012/11/21/scienza/benessere/lifestyle/violenza-contro-le-donne-tra-le-cause-anche-la-pornografia-JoRmq3034Zqoaa694DfVDN/pagina.html
 
(2) Il Partito Comunista Italiano presentò, nel dicembre 1977, una proposta di legge dal significativo titolo “Nuove norme a tutela della libertà sessuale”.
 
(3) Al contrario di certi vecchi e nuovi compagni “trinariciuti”, Pier Paolo Pasolini ammise su “Pagine Corsare”: “La liberalizzazione sessuale invece di dare leggerezza e felicità ai giovani e ai ragazzi, li ha resi infelici, chiusi, e di conseguenza stupidamente presuntuosi e aggressivi”.
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius