Autore Topic: “femminicidio”, ultima parte: Relazioni tra neofemminismo e mondialismo  (Letto 1209 volte)

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Inchiesta sul “femminicidio”, ultima parte: Relazioni tra neofemminismo e mondialismo


http://identità.com/blog/2013/01/08/inchiesta-sul-femminicidio-ultima-parte-relazioni-tra-neofemminismo-e-mondialismo-2/
[sito xenofobo]

Citazione
Nella seconda parte di questa inchiesta, ci eravamo lasciati con un quesito, e cioè:
” Le associazioni femministe, dal momento che speculano sulla violenza domestica per ricevere finanziamenti e perseguire la propria ideologia, perché fanno poi scena muta sulla violenza ben tangibile che le donne italiane subiscono per via dell’immigrazione?”

Ebbene, la risposta a questa domanda, la si ottiene analizzando i tratti distintivi dell’ideologia neofemminista e di quella immigrazionista.

Il femminismo parte, oramai senza indugio, da un pregiudizio non in discussione: uomini e donne sono del tutto uguali, fatta parziale esclusione dei “dettagli fisici” ( pregiudizio che in parte si palesava anche nei pensatori femministi dell’800, sia liberali che socialisti). Ergo, bisogna ferocemente rincorrere una totale eguaglianza tra i generi, in ogni campo. E con ogni mezzo. Come documenta anche Alessandra Nucci ( entrata da giovane in movimenti femministi ), nel suo libro:” La donna a una dimensione [nbnote]http://www.internetica.it/NucciDonna.htm[/nbnote]“, per quanto la situazione delle donne potrebbe divenire libera da imposizioni sociali di qualsivoglia tipo, le femministe continuerebbero sempre a dire, di fronte a dati in contrasto con la loro ideologia, che le cose non vanno e che sono dunque necessari trattamenti privilegiati per le donne .




E quali possono essere i dati a cui si fa riferimento? Un esempio sono i dati che mettono in evidenza una discrepanza in alcuni settori tra uomini e donne; ad es., se maschi e femmine sono del tutto eguali, perché la stragrande percentuale di studenti alle facoltà umanistiche e dell’educazione è composta da donne, mentre la stragrande percentuale di iscritti a facoltà tecnologiche è composta da uomini? Questi dati potrebbero dimostrare che vi sono delle tendenziali differenze tra maschi e femmine, ma avendo le femministe assunto come assioma che tali differenze non vi siano, tale discrepanza non può che provare che la società “manipola” in qualche modo le donne. Ergo, per continuare con questo esempio, il loro “modus operandi” potrebbe allora portare alla richiesta di “quote rosa” nelle facoltà tecnologiche, di privilegi per le donne che volessero iscriversi in talune facoltà.
Un altro esempio, può essere dato dal come si affronta la maternità. Il fatto che, dopo esser diventate madri, molte donne preferiscano lavorare in regime di part time, guadagnando dunque di meno pur di stare più vicino al proprio figlio, per le femministe non è espressione di un istinto naturale, ma un comportamento dettato dalla società maschilistica, che va combattuto.
Come si vede, non si tratta dunque di un offrire una libertà di scelta, ma di obbligare a seguire un modello “de-femminilizzato”.

Analogamente l’ideologia mondialista considera gli uomini di tutto il mondo eguali e interscambiabili ( fatta sempre parziale eccezione per alcuni “dettagli fisici”). Ergo, non c’è nulla di male (anzi…) se il primo africano arrivato in un paese europeo dall’altra parte del mondo, possa decidere dell’andamento di quel paese, come chi è nativo di quella terra. E anche qui, l’egualitarismo teorico, si tramuta in “discriminazione positiva”, andando ad offrire trattamenti privilegiati alle così dette “minoranze” ( che difficilmente rimangono tali [nbnote]http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/13/londra-bianchi-sono-in-minoranza-e-ce-sikh-a-guardia-della-regina/444885/[/nbnote]), per assicurare alle stesse, in ogni campo della società, una presenza paragonabile a quella autoctona.



Se l’affinità ideologica suddetta, già basta a spiegare il comportamento apparentemente contraddittorio delle associazioni femministe sui temi “femminicidio” e “immigrazione”, c’è poi da aggiungere che il suggello tra le due ideologie in questione, è da tempo piuttosto esplicito.

Ovunque, le associazioni femministe sono invischiate con le associazioni xenofile, e/o ne fanno le veci.
A livello teorico, l’affinità tra le due ideologie non si ferma, difatti, alla concezione egualitaristica, ma emerge anche nella costante colpa assegnata all’uomo bianco ( anche questo, tra l’altro, è tema nel libro suddetto della Nucci). Nei circoli femministi la classica colpa assegnata alla figura maschile, è da tempo mischiata al “white guilt”, ( e cioè al senso di colpa indotto nei bianchi dall’ideologia mondialista), creando un paraocchi ideologico che porta a vedere il colpevole essenzialmente nell’uomo occidentale.
In Svezia, paese dove mondialismo e femminismo hanno da tempo trionfato, nel 2004 la femminista Joanna Rytel scrisse, sul giornale Aftonbladet ( massimo quotidiano svedese) un articolo dal titolo esplicativo: “Non darò mai la vita ad un bambino bianco”.
In questo articolo, la signora affermava che gli uomini bianchi sono tutti egoisti, sfruttatori e prepotenti, prima di concludere con un accorata richiesta: “Uomini bianchi, statemi lontano!”[nbnote]http://irishsavant.wordpress.com/2007/07/10/more-swedish-madness-2/[/nbnote].

Tre anni prima, in Norvegia, l’antropologa e femminista Unni Wikan, trattò, in un’intervista ad un giornale, dell’impennata di stupri causati da immigrati. Vi chiederete: “Per mettere in discussione l’immigrazione contemporanea?” Certo che no; quanto piuttosto per assegnare una parte della colpa di tali violenze, alle donne norvegesi, incapaci di adeguarsi alle culture “diverse”, come è buono e giusto fare in una società multietnica [nbnote]http://www.brusselsjournal.com/node/1754[/nbnote] .



Conoscendo ciò, non può sorprendere l’assordante silenzio del femminismo in Italia, nel far conoscere i dati sul rapporto immigrazione/stupro ( quando anzi, esso non prova direttamente a manipolare i suddetti dati, come abbiamo visto in questo articolo [nbnote]http://xn--identit-fwa.com/blog/2012/12/20/gli-xenofili-non-sanno-contare/[/nbnote]. E ciò è l’ennesima conferma che a tale movimento interessa esclusivamente di perseguire la propria linea di pensiero, e non certo di migliorare realmente la vita delle donne.

La trattazione delle due ideologie in questione, permette di comprendere come possa accadere che mentre viene inventata un’emergenza, una reale venga nascosta.
Ma c’è un’ultima considerazione da effettuare. Ciò che è simile, porta logicamente a conseguenze simili. Ergo, le conformità tra le due ideologie in questione, non possono che rispecchiarsi anche negli effetti che esse provocano sulla società. Abbiamo già più vote trattato di come l’ideologia xenofila/mondialista, con la società multirazziale che ne deriva, sia fautrice di rottura di legame e unione tra i membri di una società, e quindi di trionfo dell’indifferenza e della mancanza di solidarietà .


Ebbene, qualcosa di molto simile, avviene anche con il femminismo. La divisione continua dei membri di un popolo, in due gruppi distinti ( maschi e femmine), uno perennemente sfruttatore e l’altro perennemente sfruttato, alimenta una sorta di lotta di classe, con tutte le conseguenze dissolutive sulla società che si possono immaginare ( ancor più se consideriamo la componente “antirazzista” della propaganda femminista).

E questo, per non parlare delle conseguenze negative ( di cui abbiamo già trattato[nbnote]http://xn--identit-fwa.com/blog/2012/12/01/le-insane-leggi-anti-discriminazione-svedesi-hanno-creato-una-generazione-di-donne-infelici/[/nbnote]) che anti-naturali leggi egualitaristiche, hanno comportato in certi paesi. [nbnote]http://blogs.telegraph.co.uk/finance/thomaspascoe/100021481/swedens-insane-anti-discrimination-laws-have-created-a-generation-of-lost-women/[/nbnote]

E se anche il femminismo ha effetti dissolventi i legami in una società, è conseguenziale che non possa non essere ben visto dal grande capitale internazionale, analogamente a quanto accade con le idee mondialiste e immigrazioniste.
Basti pensare al più noto “movimento” femminista degli ultimi anni, quello delle femen; nel quale, come provato da inchiesta giornalistica ucraina [nbnote]http://www.ukrainaviaggi.it/news/ultime-notizie/953-inchiesta-della-tv-ucraina-le-femen-si-spogliano-per-soldi[/nbnote], le varie “attiviste” percepiscono somme di denaro ( anche rilevanti) per la partecipazione agli squallidi teatrini ( alla stessa giornalista ucraina infiltrata, sono stati offerti 1.000 euro per una singola manifestazione).



Considerando ciò, e tornando all’allarmismo “femminicidio”, si comprende anche meglio come le associazioni femministe non debbano faticare troppo nella creazione e nello sfruttamento di certe emergenze mediatiche, dal momento che il grande capitale che possiede i media, le vede di buon occhio, e le finanzia anche.
Non per nulla, un giornale che particolarmente preme sul tema “femminicidio”, arrivando addirittura a sostenere l’assurdità per cui ogni due giorni una donna italiana sarebbe uccisa dal partner ( o dal’ex) [nbnote]http://www.repubblica.it/cronaca/2012/03/27/news/l_uomo_in_casa_diventa_assassino_una_donna_uccisa_ogni_due_giorni-32260263/[/nbnote], è “la Repubblica”; la quale è posseduta ( con tutto il gruppo l’Espresso ) dal grande speculatore De Benedetti ( uno di quei “bipolari”, che un attimo prima speculano senza pietà anche sulle tragedie, e un attimo dopo si scoprono “filantropi”, preoccupati della “democrazia e libertà” che c’è in giro per il mondo).

Insomma la tecnica è sempre la stessa: Divide et impera; slegare una società, per vincerla. Per loro sfortuna, non riusciranno mai a ingannarci tutti.
Vnd [nick collettivo].