Autore Topic: La famiglia si tutela con un "diritto" più equo  (Letto 1744 volte)

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Offline Cassiodoro

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La famiglia si tutela con un "diritto" più equo
« il: Gennaio 25, 2010, 15:42:02 pm »
Segnalo un articolo molto interessante pubblicato su "Il Sole 24 Ore"
 
La famiglia si tutela con un "diritto" più equo.
 
E' auspicabile dopo 30 anni aggiornare il Codice civile
 
Con sentenza 2971 di quest'anno il Tribunale di Milano (come riferisce "Il Sole-24 Ore" del 7 giugno) ha condannato un marito a risarcire, con una somma liquidata in via equitativa stante la natura non patrimoniale del diritto leso, il danno subito dalla moglie, "non già per la crisi coniugale in quanto tale, per sè di norma produttiva di uno stato di sofferenza psico-emotiva, affettiva e relazionale, oltre che talora di disagio economico e comportamentale a carico di almeno una delle parti, ma per la condotta trasgressiva, e perciò lesiva dell'agente, proprio in quanto posta in essere in aperta e grave violazione di uno o più doveri coniugali". Il tribunale, quindi -a quanto pare non in sede di giudizio di separazione personale- ha ritenuto di dover condannare il marito a versare alla moglie una somma per averle procurato (come risulta testualmente dalla sentenza senza altre notizie sulla reale portata dei fatti) uno "stato di mancata serenità, inquietudine, senso di abbandono, che non può non aver pregiudicato la qualità complessiva dello stato di vita del soggetto in un periodo di particolare rilevanza sul piano emotivo, affettivo, relazionale e progettuale, quale è quello della gestazione".
In tale pronuncia non sono state applicate le norme relative alle conseguenza patrimoniali della separazione personale o del divorzio, e quindi prescindendo dalla liquidazione di eventuali assegni mensili al coniuge più debole e incolpevole o dell'assegnazione di casa o di altri beni, è stato ritenuto che la violazione di un dovere coniugale determina una negativa situazione risarcibile ai sensi della norma generale contenuta nell'articolo 2043 del Codice civile. E' vero che il principio previsto da questo articolo è applicabile ogni qualvolta si riscontri un danno ingiusto cagionato da chiunque per colpa o dolo, e quindi anche se fosse stata la moglie a determinare colpevolmente nel marito uno "stato di mancata serenità, inquietudine, senso di abbandono". Ma le perplessità che suscita questa sentenza non possono rimanere senza un breve commento.
Quel grande giurista e uomo di cultura che era Arturo Carlo Jemolo diceva che la famiglia deve essere un'isola che il mare del diritto può appena lambire, nel senso che i problemi interni a questa "società naturale", specialmente prima di arrivare alle drammatiche soluzioni della irrimediabile crisi del matrimonio, vanno lasciati ai suoi componenti, possibilmente senza nemmeno l'interferenza di parenti, psicanalisti o confessori; per cui ci si dovrebbe forse compiacere che lo strumento previsto dal Codice civile (articolo 145) per fare intervenire il giudice a superare i contrasti coniugali in costanza di convivenza matrimoniale non è stato quasi mai applicato. Figuriamoci poi se il giudice intervenga, non per mettere d'accordo i coniugi conviventi o per regolamentare l'avvenuta rottura, ma per condannare uno di essi a favore dell'altro a risarcire il danno morale per uno stato di mancata serenità e inquietudine.
Le statistiche vanno registrando da qualche decennio il progressivo calo dei matrimoni e del numero dei figli, con particolare (e ironico) riguardo alla ritrosia dei giovani maschi a distaccarsi dai genitori per fondare una nuova famiglia. Forse sotto il profilo psicologico o sociologico una delle cause del fenomeno può ravvisarsi nel fatto che dall'ingiustificabile posizione dominante che un tempo aveva il marito si sia passati a un eccesso opposto, e non a una corretta situazione di riequilibrio. Qualcuno dice che la donna, senza perdere le tradizionali cortesi attenzioni di cui era ed è circondata da fidanzati e mariti, ha acquisito progressivamente delle posizioni di fatto e di diritto sempre più vantaggiose. Vanno ovviamente rispettati i principi della parità dei coniugi e della cosiddetta pari opportunità di fatto; ma la grande considerazione che, anche dal punto di vista giuridico, deve aversi per i più deboli componenti della famiglia non dovrebbe superare una certa misura se si vuole evitare uno squilibrio che deteriori lo stesso istituto familiare.
Soprattutto nei casi in cui gli uomini siano riusciti a conseguire uno stato professionale ed economico notevole, oggi appare spesso che per donne svagate o intraprendenti il matrimonio sia considerato come la vittoria di un concorso o un contratto di assicurazione. Il nostro sistema normativo e giurisprudenziale prevede non solo la comunione dei beni come regime patrimoniale legale, ma pur in regime di separazione dei beni, gli effetti economici della vita matrimoniale, della separazione personale e del divorzio risultano, nella maggioranza delle concrete situazioni, molto favorevoli per la donna. Basti pensare a titolo esemplificativo che alla moglie spetta il quaranta per cento del trattamento di fine rapporto di lavoro del marito, che tale percentuale può essere prelevata direttamente presso il datore di lavoro, che la casa familiare viene normalmente assegnata dal giudice alla moglie separata, che l'assegno mensile va calcolato tenendo conto anche dei beni non fruttiferi e deve essere corrisposto perfino nell'ipotesi in cui la separata o divorziata conviva con un altro compagno.
Tutti sono convinti che questo importante nucleo sociale, qual è la famiglia, debba essere tutelato e incoraggiato al massimo e che tale risultato possa conseguirsi soprattutto con un'adeguata formazione dei giovani e con un buon orientamento dei suggestivi max-media. Ma anche un saggio assetto giuridico può avere il suo peso nel miglioramento dei rapporti familiari, evitando di contribuire alla distruzione di un istituto così prezioso per le nuove generazioni e per tutta la società. D'altra parte l'evoluzione giuridica segue quasi sempre i mutamenti sociali, per cui -di fronte al rapido evolversi del costume (solo se si consideri il massicio ingresso della donna nel lavoro extradomestico, la crescente crisi di stabilità matrimonilae, il moltiplicarsi delle famiglie di fatto e il decremento demografico) - forse è auspicabile un coordinato aggiornamento di alcuni aspetti del diritto di famiglia dopo circa trent' anni dall'ultima riforma organica.
 
Ferdinando Santosuosso*
Vice presidente emerito della Corte Costituzionale


 
 
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Offline Guit

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Re: La famiglia si tutela con un "diritto" più equo
« Risposta #1 il: Gennaio 25, 2010, 16:28:23 pm »
Buffo che la necessità di un nuovo ordinamento sia invocata solo per tutelare la famiglia e mai il marito. Praticamente secondoo questo schema, se la famiglia funzionasse lo stesso la discriminazione potrebbe pure restare. Buffo e inedito, se pensiamo a quanto rivendicato dalla donna.
Take the red pill

Online KasparHauser

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Re: La famiglia si tutela con un "diritto" più equo
« Risposta #2 il: Gennaio 25, 2010, 20:19:39 pm »
Davvero un articolo interessante. Vi leggo cose che penso da tempo , e come me un po' tutti qui. Ma noi siamo maschilisti, non fa testo; mi piace che a dirlo questa volta sia stato una magistrato della corte costituzionale.
Poi si può discutere se sta più a cuore un diritto equo o la famiglia, ma nel merito l'analisi coglie il punto.