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Quando il coniuge è "femmina"
Cassiodoro:
http://www.studiolegalelaw.net/consulenza-legale/29849
La madre affidataria ha diritto a continuare a percepire l’assegno anche se il figlio ha raggiunto la maggiore età e vive con il padre
Seguendo il buon senso, dovremmo dire che tutto ciò è contrario a ogni logica, ma, si sa, gli italiani sono un popolo di “mammoni”. La legislazione e la giurisprudenza vuoi o non vuoi tutelano sempre le madri, discriminando i padri. Così accade che mentre il Tribunale di Roma accoglie l’opposizione all’esecuzione proposta da un padre nei confronti dell’ex coniuge, dichiarando non dovute le somme pretese dalla madre affidataria a titolo di mantenimento del figlio, perché questi divenuto maggiorenne e non convivente con la madre affidataria, aveva acquistato una legittimazione iure proprio a ottenere dall’altro genitore il contributo al proprio mantenimento e conviveva abitualmente con il padre non affidatario, la Corte di Cassazione smentisce il Tribunale con la Sentenza n. 13184/2011.
Le censure della ricorrente. La madre, con il ricorso per Cassazione chiede alla Corte se, nel caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e ove la sentenza preveda che uno dei genitori debba corrispondere all’altro un assegno di mantenimento per il figlio, il relativo obbligo viene automaticamente a cessare con il raggiungimento della maggiore età di quest’ultimo, circostanza per cui il genitore tenuto a corrispondere l’assegno può agire tramite opposizione ovvero se debba istaurarsi il procedimento in camera di consiglio. La pronuncia della Suprema Corte. Premesso che la legittimazione del figlio divenuto maggiorenne, non esclude quella della madre affidataria e titolare dell’ assegno di mantenimento per il figlio sulla base della sentenza di divorzio, la Corte ribadisce che il coniuge separato o divorziato già affidatario del figlio minorenne, è legittimato iure proprio, anche dopo il compimento da parte del figlio della maggiore età, ove sia con lui convivente e non economicamente autosufficiente, a ottenere dall’altro coniuge un contributo al mantenimento del figlio. Ne discende che ciascuna legittimazione è concorrente con l’altra, senza, tuttavia, che possa ravvisarsi un’ipotesi di solidarietà attiva, ai cui principi è possibile ricorrere solo in via analogica, trattandosi di diritti autonomi e non del medesimo diritto attribuito a diverse persone. D’altra parte, l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma continua invariato finché i genitori o il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica oppure che è stato da loro posto nella concreta posizione di poter essere autosufficiente, ma non ne abbia tratto profitto per sua colpa. Si tratta, quindi, di un mutamento delle circostanze che va accertato in sede di modifica delle condizioni del divorzio. Ne deriva, quanto al caso di specie, che il giudice territoriale non avrebbe potuto ritenere illegittimamente azionata la pretesa da parte del padre per il semplice raggiungimento della maggiore età da parte del figlio. D’altra parte, l’obbligato, per conseguire la soppressione o la decurtazione dell’assegno, avrebbe dovuto chiedere la modifica della sentenza di divorzio attraverso il procedimento camerale di revisione delle relative disposizioni contenute nella sentenza medesima, era, invece, da escludere la possibilità di conseguire questo risultato attraverso il rimedio dell’opposizione all’esecuzione, essendosi in presenza di un fatto successivo alla formazione del titolo, il cui accertamento non poteva non avere luogo nell ‘ambito del procedimento innanzi indicato, al quale avrebbe dovuto necessariamente fare ricorso il soggetto del giudizio di divorzio che avesse inteso conseguire la diminuzione della misura dell’assegno. La diversa conclusione cui è pervenuto il giudice del merito non si sottrae pertanto a censura, nella misura in cui, con la stessa, si finisce con il riconoscere al soggetto obbligato alla erogazione dell’ assegno di divorzio la facoltà di procedere unilateralmente alla sua riduzione, salvo il successivo controllo in sede di opposizione all’esecuzione, esercitabile nel caso in cui l’avente diritto azioni il titolo per l’intero. A dirla tutta, il giudice del Tribunale di Roma non ha tenuto conto solo del raggiungimento della maggiore età del figlio, ma anche della circostanza che il figlio conviveva con il padre. Chi ha suggerito al padre l’opposizione all’esecuzione, invece di chiedere la modifica della sentenza di divorzio attraverso il procedimento camerale di revisione delle relative disposizioni contenute nella stessa sentenza ? Va da sé, l’avvocato. Bene, che lo paghi l’avvocato l’assegno di mantenimento. E’ ovvio che si tratta di un paradosso. Ma, il cliente può sempre chiedere il risarcimento dei danni all’avvocato per imperizia.
Anna Teresa Paciotti
Per la casstrazione non bastano i fatti, ma bisogna seguire le procedure:
D’altra parte, l’obbligato, per conseguire la soppressione o la decurtazione dell’assegno, avrebbe dovuto chiedere la modifica della sentenza di divorzio attraverso il procedimento camerale di revisione delle relative disposizioni contenute nella sentenza medesima, ai sensi dell’art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
http://www.studiolegalelaw.net/consulenza-legale/29841
Corte di Cassazione – Sentenza n. 13184/2011
Giugno 16, 2011
Bisogna pur sempre mantenere giudici ed avvocati.
Cassiodoro:
http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_11363.asp
Ha diritto all'assegno di divorzio da parte dell'ex marito anche la donna che lavora se durante il matrimonio il tenore può essere definitivo di "media agiatezza". Lo chiarisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 28824, depositata il 27 dicembre 2012. Secondo quanto scrive la prima sezione civile della Corte, non servono indagini particolarmente approfondite, basta conoscere i redditi. Infatti, l'assegno divorzile trova il suo presupposto nella inadeguatezza dei mezzi economici (comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali e ogni altra utilità di cui può disporre) dal coniuge richiedente e specificamente nella insufficienza dei medesimi a consentirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e nell'esigenza di un tendenziale ripristino della precedente condizione di equilibrio. Secondo la ricostruzione della vicenda che fa la Corte, l'uomo aveva proposto ricorso per sostenere la non indispensabile erogazione dell'assegno di divorzio: la donna lavorando percepiva un proprio reddito che gli permetteva di mantenere lo steso tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio. Non era quindi necessario un ulteriore assegno di mantenimento. Veniva poi eccepita la mancanza della prova relativa al tenore di vita precedentemente tenuto, sia sulle possibilità di continuare a mantenerlo dopo il divorzio solo con le proprie disponibilità economiche. Investita della questione, la Corte ha però rigettato il ricorso dell'uomo convalidando la decisione della Corte territoriale che ha correttamente valutato il divario tra i reddiri dei due coniugi ed ha stabilito che l'assegno divorzile deve essere comunque corrisposto in quanto esso trova il suo presupposto nell'inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge richiedente e specificamente nella insufficienza dei medesimi a consentirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e nell'esigenza di un tendenziale ripristino della precedente condizione di equilibrio. Il divario delle capacità reddituali tra i due ex coniugi, concretamente accertato è, infatti, tale da non consentire uno status economico uguale a quello tenuto in costanza di matrimonio.
(20/01/2012 10:00 - Autore: Luisa Foti)
Cassiodoro:
La ex moglie può rifiutare il lavoro nero
I giudici della separazione non possono suggerire all'ex moglie di cercare un'occupazione irregolare per abbassare l’assegno di mantenimento che le deve l’ex marito. Lo sottolinea la Cassazione accogliendo il ricorso di una donna dell’Europa dell’est sposata con un impiegato abruzzese. La signora si è rivolta in Cassazione contro il taglio dell’assegno di mantenimento che la Corte d’Appello le aveva inflitto: da 450 a 200 euro mensili. L’ex marito aveva chiesto di ridurre l’importo dal momento che la ex, anche se sosteneva di essere stata licenziata come collaboratrice domestica, poteva trovarsi un altro impiego. La Corte d’Appello aveva dato ragione all’uomo sostenendo che poteva anche trovare un lavoro non in regola. Ma questa indicazione non è stata condivisa dalla Cassazione, nella sentenza 4312/12: «la comparazione dei redditi e delle potenzialità di reddito delle parti, al fine della determinazione dell’assegno di mantenimento non può utilizzare l’argomento per cui la signora potrebbe comunque procurarsi da guadagnare ricorrendo al mercato del lavoro domestico in nero». Accentando un lavoro in nero «sarebbe tenuta, secondo la valutazione dei giudici di merito, a violare la normativa fiscale e previdenziale, o ad assumersi la responsabilità di tale più che legittimo rifiuto e vedere ridotta la misura dell’assegno di mantenimento». Ora la Corte d'Appello dovrà rivedere il taglio dell’assegno o i "suggerimenti" rivolti alla ex moglie.
http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/447167/
Cassiodoro:
Cassazione: questo divorzio s'à da pagà! Se lei si occupa dei figli non può trovare facilmente lavoro
La Cassazione ha rigettato il ricorso di un ex marito che non ne voleva sapere di versare l'assegno divorsile alla ex moglie che, a suo dire, sarebbe stata in grado di procurarsi un reddito adeguato da se. Inizialmente il tribunale di Napoli nel pronunciare il divorzio aveva disposto l'affidamento dei figli ad entrambi i genitori, che però rimanevano a vivere con la madre. La signora, C.G., aveva ottenuto l'assegnazione della casa di familiare e un assegno mensile di mantenimento per i figli (una figlia minorenne e un figlio maggiorenne) di 950 euro.
La donna, però, aveva chiesto di poter avere anche lei un assegno di mantenimento, facendo la casalinga ormai da anni e non riuscendo a trovare assolutamente nulla di stabile o abbastanza remunerativo per poter vivere dignitosamente. Il Tribunale aveva escluso però il contributo economico per la donna sulla base del fatto che l'ex moglie non aveva dimostrato la sua impossibilità di procurarsi un reddito adeguato. Il verdetto veniva poi ribaltato dalla Corte di appello di Napoli che faceva notare come la dedizione della donna al menage familiare e all'accudimento dei figli le avesse reso obiettivamente difficile procurarsi un lavoro. In effetti la la donna aveva tentato varie strade per "ricollocarsi" nel mondo del lavoro: dalle liste di collocamento alle agenzie interinali. Senza mai ottenere nulla di concreto. Secondo in giudici dell'appello, dunque, la sua richiesta doveva considerarsi più che legittima, in quanto diritto di una ex è mantenere "un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio". Inoltre essendo il marito un ex-ufficiale in pensione dell'Esercito italiano esistevano i mezzi necessari per passare l'assegno richiesto, cioè 250 euro mensili. Nemmeno un'esagerazione visti i tempi e la svalutazione!
La Cassazione, a cui l'uomo si era rivolto per rigettare le richieste della moglie (oltre che per ridurre la cifra destinata ai figli), ha dato ragione alla donna. Con sentenza 10540/2012, la Sesta Sezione Civile ha ricordato inoltre che la legge (L. 01.12.1970, n. 898, art. 5) "impone di tener conto dei miglioramenti della condizione finanziaria dell'onerato, anche se successivi alla cessazione della convivenza" e che quindi la cifra stabilita va rivalutata annualmente.
Gran smacco agli spilorci!
(20/07/2012 - Barbara LG Sordi)http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_12222.asp
Un pensionato che non vuole mantenere la ex moglie (250 euro non le basteranno di certo per vivere), secondo la Sordi è uno spilorcio.
Una femmina che vuole campare alle spalle di un pensionato come si può appellare?
ilmarmocchio:
anche ammettendo la equità del " tenore di vita come nel matrimonio", beh, se DOPO che il matrimonio è finito, perchè deve aumetare il tenore di vita se aumenta il reddito dell'uomo ?
Il tenore dovrebbe rimanere quello del matrimonio, non del dopo.
Che succede a questo tenore di vita ? Diventa soprano ? baritono ?
il codice di famiglia è una schifezza vergognosa che permettre ai giudici di sbizzarrirsi nelle loro follie
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