Autore Topic: Divario di genere: realtà o mito?  (Letto 2215 volte)

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Offline Vicus

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Divario di genere: realtà o mito?
« il: Novembre 01, 2014, 01:04:33 am »
Autore: mik
Post originale: https://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=2307.msg21122#msg21122

Ho dato un'occhiata a The Global Gender Gap Index 2007 del WEF.
La stranezza dei risultati per educazione e salute si comprende analizzando gli assurdi criteri utilizzati dai ricercatori.
Per dare un'idea a pag. 4 scrivono: "Our aim is to focus on whether the gap between women and men in the chosen variables has declined, rather than whether women are "winning" the "battle of the sexes". Hence, the Index rewards countries that reach the point where outcomes for women equal those for men, but it neither rewards or penalizes cases in which women are outperforming men in particular variables"
Cioe', se le donne hanno risultati migliori rispetto agli uomini, l'indice dell'eguaglianza(!) non ne tiene conto!

Guardando i dati sull'istruzione(educational attainment) si nota l'effetto di questa decisione.
Nel caso della Norvegia(il n° 2 al mondo tra gli stati piu' egualitari) si vede che i risultati femminili nell'istruzione terziaria e in quella secondaria sono  migliori di quelli maschili(rispettivamente 98% e 97% contro il 64% e il 96% maschile), ma in entrambi i casi il rank riportato e' 1 (1 indica la perfetta parita', 0 la totale diseguaglianza). Cio' e' particolarmente evidente nel caso dell'istruzione piu' elevata, dove il valore e' 1,54  (3 donne ogni 2 uomini), dato che indica una forte diseguaglianza a sfavore degli uomini, della quale non si tiene minimamente conto, riportando il valore a 1.
 Questo fa si' che, pur essendo i dati femminili nettamente migliori negli alti livelli di istruzione, leggermente migliori in quella secondaria ed uguali in quelle di base, il risultato finale non indica la realta', cioe' che in Norvegia sono gli uomini ad essere discriminati nel campo educativo.

Questo modello e' usato in tutti i 4 campi di indagine dello studio.

Nel settore della salute (Health and Survival) si giunge a considerare una maggior longevita' femminile il dato naturale, percio' il valore di parita' e' spostato a 1,06 (e' il rapporto tra mortalita' media delle donne-87,5 anni- e quella degli uomini-82,5).
Quindi, se per caso gli uomini e le donne in un particolare paese vivono lo stesso numero di anni, cio' indica una situazione di discriminazione per le donne. L'assurdita' ed il sessismo antimaschile di cio' e' evidente.
Il dato preso in esame e' quello relativo alla Healthy life expectancy (aspettativa di vita in buona salute, quindi non gli anni effettivamente vissuti). Sempre nel caso della Norvegia si vede che gli anni sono 74 per le donne e 70 per gli uomini: un netto vantaggio per le donne, che pero' diventa svantaggio in quanto l'equita' e' fissata nel rapporto 1,06 a favore delle donne: essendo il rapporto  di poco inferiore a 1,06(contando evidentemente anche i decimali), cio' fa si' che il risultato come rank sia il 63° posto nel mondo.

Un altro esempio: in Argentina i valori per l'aspettativa di vita in buona salute sono 68 per le donne e solo 62 per gli uomini. Il rapporto e' 1,10 a favore delle donne; quindi supera il dato di 1,06(considerato eguaglianza), ma per la regola di non tenere mai conto del vantaggio femminile, il rank diventa 1 (perfetta uguaglianza).

Lo studio si suddivide in 14 settori(raggruppati in 4 aree principali) : dal momento che se le donne superano i risultati maschili, il rank riportato e' sempre 1 (perfetta eguaglianza), ma cio' non si verifica nella situazione opposta, e' sufficiente che le donne abbiano un punteggio peggiore degli uomini in un solo settore per essere considerate discriminate.
Il fatto che negli altri campi abbiano valori migliori di quelli maschili non e' preso minimamente in considerazione.

Tutto cio' ci fa capire chiaramente 2 cose:
1) le statistiche possono essere facilmente deformate per sostenere tesi false e di parte: questo lo abbiamo gia' visto in altri casi come le statistiche sulla causa principale di morte per le donne sotto i 44 anni e la presunta migliore competenza delle donne nella guida automobilistica. Ora questi nuovi dati serviranno ad alimentare il solito piagnisteo vittimista ed ipocrita del femminismo, come gia' avvenuto nelle altre situazioni.
2) la ricerca (realizzata da alcuni studiosi di prestigiose universita' come Harvard) e commissionato dal World Economic Forum di Davos( una delle "istituzioni" piu' "prestigiose" del capitalismo liberista mondiale) dice implicitamente ma molto chiaramente una cosa: l'eguaglianza tra i sessi si situa in un qualsiasi punto che sia tra il 50% e il 100%, se a favore delle donne. Quindi se gli uomini vivono di meno, hanno un'istruzione peggiore e, in un non lontano futuro, guadagneranno menoe saranno poco rappresentati nei centri di potere politico ed economico, cio' non significa e non significhera' mai uno discriminazione contro il sesso maschile.
Cio' e' esattamente quello che il femminismo ha sempre inteso quando ha parlato(e parla) di eguaglianza. E' da sottolineare, a mio parere, la perfetta coincidenza con le posizioni espresse dal "vertice" del capitalismo mondiale: cio' con buona pace di chi pensa al femminismo come ad un movimento contro il sistema socio-economico attuale.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.