Autore Topic: Eccellente articolo sul sito di Marchi  (Letto 1162 volte)

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Offline Vicus

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Eccellente articolo sul sito di Marchi
« il: Giugno 27, 2020, 01:33:48 am »
Miei commenti nel corso dell'articolo, che conferma il livello elevato dei siti di Marchi, insolito per la sinistra di oggi pappagallo del globalismo, ma anche per la maggior parte dei siti maschili.
Si diceva di rifondare ma se non proporremo argomenti di spessore, piaccia o no sarà una rifondazione comunista.

Questo eccellente articolo meriterebbe ben altro approdondimento, ma qui vorrei sottolineare l’assimilazione darwinista dell’uomo all’animale, già annunciata da Huxley, l’uso delle donne come guardiane del potere fin dentro le famiglie e la costruzione di un edificio sociale strutturato come un carcere dorato, per impedire qualsiasi cambiamento, in una visione anti-civile che sta pervadendo ogni ambito politico e culturale.
L’immagine della donna manager anglosassone, emancipata e amorale, è in realtà quella della portatrice della cultura della morte (non solo l’aborto): sterile, nichilista, sabotatrice dei ruoli paterni e demolitrice di famiglie. La tanto decantata emancipazione e i nuovi ruoli femminili come espressione del nulla.
E’ una caratteristica del capitalismo dello sfruttamento celebrare e far celebrare il nulla, perché solo il nichilismo fa apparire la società dei consumi legittima e tollerabile.

Post-modernismo, neofemminismo, de-umanizzazione, esclusione del maschile dalla storia

Salvatore A. Bravo

Il post-modernismo con la fine della ragione oggettiva ha comportato anche il post-femminismo. Quest’ultimo è sostenuto in modo trasversale da uomini e donne, non è impossibile imbattersi in affermazioni di tal genere: “L’universo trabocca di inutilità e gli uomini rientreranno a buon titolo nella categoria del superfluo”, tale dichiarazione è nella premessa del libro di Telmo Pievani “Maschio inutile”.

Commento: - il tema del maschio inutile meriterebbe di essere appronfondito qui per mogliorare il livello qualitativo del forum. Ho accennato varie volte al fatto che l'uomo è "intuile" in una società iperconsumista, che per aumentare i profitti deve far regredire gli uomini a unos tadio uterino e "nutritivo" (come detto da Giacomelli, snobbato dai mostri sacri della QM che se la fanno con Antisessismo) e impedire la maturità che solo il padre può dare.

Testi di questo genere devono essere inseriti nel contesto neo-liberista che ha bisogno di sostenere la lotta tra femmine e maschi, mostrando quanto le femmine per natura siano migliori del maschio, si ipotizza “per cause evoluzionistiche il suo superamento”. La lotta socio-economica è trasferita nella natura, dalla quale si evince che la femmina vince. Esseri umani e natura sono posti sulla stessa linea.

- Qui si evidenzia l tendenza della narrativa dominante a ricondurre tutto alla natura, all'evoluzione ecc. quando questi processi sono interamente artificiali e antinaturali.

Il nichilismo esemplifica e deconcettualizza, utilizza messaggi-slogan, nello stile del “marketing” per raggiungere chiunque: un messaggio semplice non esige mediazione del pensiero, per cui facilmente diviene “automatismo linguistico” a cui corrisponde la pratica di comportamenti rafforzati dal consenso mediatico. Bellum omnium contra omnes  è la verità del capitale. La natura è speculare al genere umano, entrambi sono mossi dalla guerra, la quale è la verità degli animali non umani come degli esseri umani. Operazione ideologica in senso marxiano, il capitale assolda le scienze per confermare i principi su cui si fonda la visione neo-liberista. Le complicità del mondo accademico sono palesi, ma vengono taciute. Mondo accademico, media, economia e politica sono un unico asse, tra di essi vi è continuità ideologica, pertanto il risultato finale è la conferma ripetuta dell’ideologia neo-liberale.

- Anche qui si accenna senza reticenze alle cause profonde della condizione maschile di oggi, troppo spesso taciute in nome di millenni di "evoluzione" (sempre con questa fissazione della "natura") o di eventi remoti che stranamente avrebbero prodotto effetti solo oggi.

Gli spazi per la critica sono puramente formali, ci si limita alla conferma “scientifica” dello stato presente. Il sapere critico è sostituito con la tecnocrazia, il cui scopo è stabilizzare il pensiero unico e normalizzare la guerra. L’attività bellica è all’interno dei confini di ogni stato, poiché il sistema esige per la sua sopravvivenza che la guerra sia la sostanza di ogni relazione umana: la lotta è portata nelle case, sul lavoro, nelle strade. Lotta metamorfica in quanto deve cambiare forma a seconda delle circostanze e degli attori, ma non dev’essere sospesa. Il linguaggio è guerra per la sua aggressività lessicale, nessuna comunicazione solo lessico muscolare e minimo. La lotta è anche tra le lingue: la lingua inglese assimila e sostituisce le lingue nazionali. I perdenti devono imparare la lingua dei vincitori. Tutto è guerra e competizione nel regno animale dello spirito [ci siamo capiti].

- Altre tematiche fondamentali che purtroppo qui hanno pochissima eco.

La lotta orizzontale si concretizza in guerra, selezione e vittoria per la sopravvivenza tra individui e generi. Tra natura e genere umano vi è solo continuità: gli esseri umani lottano, come gli animali non umani, per soddisfare i loro bisogni.

- Si noti la visione animalista e anti-civile dell'essere umano:

Dalla natura si impara l’inevitabile sconfitta del maschio. La scuola del sospetto e la deduzione sociale delle categorie deve indurci ad ipotizzare che mediante tale estensione dei comportamenti animali agli esseri umani, si vogliono ottenere due risultati: naturalizzare la lotta  ed eliminare ogni fonte di autorità. L’essere umano di genere maschile per tradizione è stato associato all’ordine, al senso della misura, il suo abbattimento dichiara l’innaturalità della storia tutta e l’inizio di una nuova storia, in cui l’animale e l’essere umano si confondono, sono posti sullo stesso livello. L’espulsione del maschio dalla storia, la sua perenne umiliazione pubblica è giustificata per natura.

- Questo significa che senza mettere in discussione questo modello di società, la condizione maschile non migliorerà. Chi pensa di risoverla col divorzio breve e le quote azzurre si illude.

Il nuovo corso storico trova nel neo-liberismo e nelle sue sovrastrutture la sua attuazione. La deumanizzazione degli uomini e delle donne coincide con il trionfo del capitalismo assoluto. La riduzione degli esseri umani a nuda vita consumante è l’espressione compiuta del potere che si cela, è ovunque, ma non è identificabile. Si sottrae agli esseri umani la possibilità di umanizzarsi, così da consolidare un potere indiscutibile e nascosto. Le tecnologie con i loro apparati sostituiscono nella percezione dei dominati i dominatori rendendoli impalpabili.

- Già, di tecnologie si di controllo sociale non si parla mai.


Post-modernismo nichilista

Si inneggia alle differenze per renderle eguali, poiché la differenza è già contropotere, ogni differenza è sguardo critico e specialmente è la testimonianza vivente che ogni visuale sul mondo è parziale e necessita di un fondamento condiviso.

Gli elogi continui al genere femminile, non sono che inganno ideologico: si invoca la superiorità del genere femminile, solo se imita il maschio neo-liberale, se duplica gli stessi comportamenti e valori del maschio anglosassone. Il padrone esalta sempre il più fedele tra i suoi servi.

- Anche qui si vede lucidamente la correlazione tra femminismo, donne e potere, significativamente taciuta da molti attivisti maschili e strenuamente negata da personaggi (come Lauder) vicini ad Antisessismo e all'ideologia LGBT, che la sostituiscono con semplicistiche osservazioni sul carattere femminile e sulle donne che avrebbero inventato la civiltà a loro vantaggio.

Il capitalismo assoluto nella sua fase imperiale non deve conquistare solo mercati, ma, in primis, deve devitalizzare le differenze [non più uomini], per rifondare un’umanità indifferenziata all’ombra del capitale, per cui nessuna emancipazione, ma solo inclusione all’interno di parametri predeterminati. Si ottengono due risultati fondamentali: si elimina la donna “quale custode del focolare”, presidio della comunità e della famiglia e nel contempo si utilizza la liberazione delle donne da ogni vincolo etico come mezzo ideologico per riaffermare che il capitalismo assoluto è libertà, per cui il paradiso edenico delle libertà è merito del sistema capitale:

- Quanti spazi maschili promettono (invano) un mondo di sesso e piacere a volontà, slegato da qualsiasi progetto e responsabilità senza mettere MAI in discussione il potere globalista?

“Il modo in cui oggi il capitalismo affronta la questione femminile è fondato su una mescolanza di maschilismo e femminismo. Lungi dall’essere opposte, queste determinazioni sono del tutto complementari. Il profilo “maschilista” prevale nel processo di accesso del sesso femminile a tutti i ruoli possibili all’interno della produzione maschilista. Questo profilo semplicemente inserisce nei tradizionali ruoli maschili esseri androgini di entrambi i sessi. Il profilo “femminista”, che nulla ha a che fare con il vecchio e nobile processo di emancipazione femminile del periodo eroico borghese e socialista, tende ad un vero e proprio obiettivo strategico della produzione capitalistica, la guerra fra i sessi e la correlata diminuzione della solidarietà tra maschi e femmine. Per questa ragione, sono veramente illusi coloro (penso a Immanuel Wallerstein) che inseriscono il femminismo nel novero dei cosiddetti movimenti “antisistemici” e anticapitalistici. Al contrario, il femminismo rappresenta una delle correnti meno comunitarie e più organiche al capitalismo che esistano[1]”.

La razionalità strumentale non ha intenzionalità alla verità, la sua struttura nichilistica le consente di applicare la categoria della quantità per ottenere il plusvalore, in tale processo non vi è concetto, per cui mescolare verità e menzogna, usare “residui di verità”, confonderli con la “menzogna” è il modo più efficiente per ingannare popoli e persone. Si utilizza la storia del femminismo ed il conseguente linguaggio in funzione neoliberale: si rappresenta la lotta, la guerra tra generi ed individui come libertà, in realtà è solo la gabbia d’acciaio del capitale che chiude il proprio cerchio, ed all’interno non vi sono che esseri umani spogliati della loro identità e di ogni dialettica, che in tal modo, non possono che acconsentire ai loro carnefici, divenendo complici.
 

La compiuta peccaminosità

Al neo-femminismo neoliberale delle classi medio alte di stampo e lingua anglosassone che ambiscono alla presa del potere, concorrenti interne all’oligarchia dello sfruttamento e dell’alienazione scientemente organizzato, bisogna contrapporre la verità della nostra epoca neoliberale che porta a compimento attraverso le donne situate nel sistema la cultura della morte e solo apparentemente antiautoritaria.

- La donna come portatrice della cultura della morte non solo l'aborto: sterile, nichilista, sabotatrice dei suoli paterni e distruggitrice di famiglie. La tanto decantata emancipazione e i nuovi ruoli femminili come espressione del nulla. Qualcuno ci aveva pensato?

Le vittime sono ancora le donne che da essere generatrici di vita divengono strumento di sterilizzazione della cultura critica. Gli uomini e le donne sottomessi ed umiliati da tali gerarchie volutamente celate, in nome dei diritti universali, debbono opporre la verità alla violenza del regno animale dello spirito, della compiuta peccaminosità. Non si può che essere obbligati ad attraversare il male che ci contiene tutti, che ci vorrebbe non esseri umani, ma semplice esecutori autoritari del sistema per riprendere il cammino emancipativo che esige l’esodo dalla seduzione calcolata, dall’erotismo di carriera, dall’apprendimento sempre finalizzato alla conquista imperiale e mai per capire. Bisogna decostruire i miti sotto i quali sono sepolte le coscienze di uomini e donne delle classi subalterne e non, senza tale lavoro di decostruzione la violenza continuerà a proliferare in nuove forme, celata tra le pieghe dei diritto a tutto, dal dono sostituito dal calcolo, dalla violenza astratta del narcisismo regressivo, dalla nuova cultura della violenza che bisogna riconoscere altrimenti si è parte di un immenso meccanismo di autoriproduzione della stessa. Per decostruire i miti è necessario che uomini e donne si riapproprino del logos, è necessario riportare la categoria del politico nel quotidiano. La categoria del politico implica il logos liberato dall’incultura del politicamente corretto. Con il politico i soggetti sospendono le attività poietiche per disporsi al confronto veritativo. L’omologazione neoliberiste assimila uomini e donne in mondi astratti ed immaginari. Gli esseri umani sono in tal modo funzionali all’ambiente, ma perdono il mondo, la capacità di immaginare e pensare il fondamento socio-economico della loro condizioni. Il flusso ininterrotto della società pornografica e liberale, in cui tutto è esposto, purché non sia pensato e discusso radicalmente ha il fine di tacitare la pensabilità politica per conservare lo stato presente che mentre include silenzia ed orienta in modo predeterminato gusti e scelte. Si uccide il politico, perché in esso si ritrova la tensione feconda delle differenze.
 

Ambiente per il capitale

Il post-femminismo o neo-femminismo è altro rispetto al politico e rispetto al femminismo di tradizione è solo la maschera tecnocratica del turbocapitalismo che eguaglia e rende anonimi. Le donne sono divenute anonime come gli uomini, con l’aggravante che l’emancipazione è diventata imitazione della donna borghese ed anglofona che a sua volta ha come modello il maschio della finanza, il predatore globale in carriera. Se l’esodo è ancora possibile non si può che iniziare abbandonando il cerimoniale del politicamente corretto, per ridialettizzare le abitudini divenute verità. Se tale “evento” non dovesse concretizzarsi siamo condannati al capitale, alla sua capacità di trasformare ogni possibilità in ambiente per la riproduzione del capitale. L’inclusione nel sistema neo-liberale non ha che questa terribile ambizione modificare l’antropologia umana, le identità culturali e di genere per renderle ambiente per produzione del plusvalore [=profitto].

- Capito il ruolo della decostruzione della civiltà?

Il neo-femminismo è caduto nella trappola-caverna. Le classi medio-alte difendono l’atomismo della donna in carriere che produce plusvalore, ma affettivamente sterile, perché speculare alla maschia finanza. Le subalterne anziché pensare gli effetti che vivono nella  carne per la sudditanza alle nuove gerarchie femminili ambiscono ad emulare le nuove padrone. Se il servo ambisce a diventare padrone non vi può essere rivoluzione alcuna, né crescita umana, ma solo conservazione nella dispersione di sé. E’ necessario far emergere la contraddizione, il disorientamento rispetto alla pedissequa imitazione di ciò che produce dolore ed umilia per poter riportare la centralità del politico al centro della scena sociale per un nuovo inizio. Il neo-femminismo è parte sostanziale della società di solo bisogni senza desideri. I desideri attivano il passaggio dal particolare all’universale, il desiderio autentico è fecondo, nutre la vita, è apertura che diviene mondo, mentre i bisogni non sono che ripiegamento su se stesso, e sradicamento alienato, è il sistema che abita nell’io reso minimo. Il nuovo femminismo c va in scena ogni giorno e si connota per l’individualismo aggressivo, per la seduzione senza concetto, per la fisicità che ricerca la conferma di sé, pertanto è solo l’incarnazione dell’individualismo che ha rinunciato a priori alla relazione ed alla comunità. Neo-femminismo e neo-liberalismo sono il binomio imperiale del plusvalore senza fecondità, senza creatività, al bene che coincide con l’universale è stato sostituito l’atomismo sterile ed infecondo. Bisognerebbe riflettere sulle  parole di Diotima per capire la verità dei nostri giorni:

“Così avviene anche riguardo Amore. In sostanza ogni desiderio di bene e di felicità è per tutti il potentissimo e orditore di tranelli Amore. Ma mentre coloro che si incamminano per un altro percorso, e sono parecchi al suo seguito, o verso la ricchezza, l’attività fisica, la filosofia, non si dice che amino e non sono chiamati amanti, quelli che si volgono e si affannano a un solo aspetto di esso conseguono il nome dell’intero: amore, amare, amanti”. “è ben probabile che tu dica il vero”, risposi io. “E corre anche una certa voce, secondo cui coloro che cercano la propria metà, sono quelli che amano; il mio ragionamento invece non sostiene che amore non è della metà, né dell’intero, se questo, in qualche modo, o amico, non viene ad essere un bene, poiché gli uomini sono pronti anche a farsi tagliare i piedi e le mani se sembra loro che queste ‘loro’ cose siano cattive. E infatti essi, a uno a uno, a parer mio, non aspirano a questo ‘loro’, a meno che qualcuno non chiami il bene proprio e ‘di sé’ e il male non chiami ‘altrui’. Non v’è niente altro, infatti, che gli uomini amino, se non il bene. Oppure, cosa te ne pare, diversamente?” “A me no, per Zeus!”, risposi io. “E dunque”, continuò essa, “possiamo dire semplicemente che gli uomini amano il bene?” “Certo”, risposi. “Ebbene? Non si deve porre anche che essi amano di averlo?” “Si deve porre, sì “. “E dunque”, incalzò, “non solo averlo, ma averlo per sempre?” “Si deve presupporre anche questo”. “In definitiva”, aggiunse, “l’Amore è amore di avere il bene sempre per sé”. “Tu dici ragioni assai vere”, dissi io. “Siccome l’amore è sempre questo”, continuò essa, “in quale modo e in quale azione lo slancio e la tensione di quelli che cercano di raggiungerlo può chiamarsi amore? Quale mai può essere quest’opera? Hai modo di dirmelo?” “Veramente, Diotima”, risposi, “non potrei ammirarti per la tua sapienza e non verrei ad ascoltarle proprio da te queste cose se io le conoscessi”. “Te lo dirò”, aggiunse lei, “questo è come avere un parto nel bello e secondo il corpo che secondo l’anima”. “Ci vuole la capacità di un indovino per comprendere cosa mai vuoi dire, perché io non lo capisco”. “Te lo dirò io”, continuò essa, “in maniera più chiara. Tutti gli uomini, Socrate, divengono gravidi nel corpo e nell’anima: e quando raggiungono una certa età, la nostra natura ha desiderio di partorire. Ma partorire nel brutto non è possibile, nel bello sì . Infatti l’unione di uomo e donna è partorire. E questa è proprio cosa divina: ed è anche cosa immortale, in quel che vive ed è pur destinato a morire, la gravidanza e la nascita[1]”.


Metafisica e politica

Se il capitalismo con la sua inaudita flessibilità riesce ad assimilare ogni postura concettuale e storica per svuotarla di senso, probabilmente se ciò avviene con immediatezza estrema ed incontrando poca resistenza, è evidente che il problema è di ordine metafisico. L’impressionante adattabilità del capitalismo è possibile, per il nichilismo imperante. In assenza di paradigmi veritativi e assiologici l’assimilazione cannibalica avviene in modo veloce. La categoria del politico deve implicare il metafisico per poter criticamente resistere ed avanzare dinanzi all’assimilazione capitale. Il compito che spetta agli uomini ed alle donne di buona volontà deve avere quale fine la rifondazione metafisica per porre argine al nichilismo del capitale. Per giungere al metafisico e riattivare la categoria del politico bisogna trascendere la pluralità delle indifferenze con cui il capitale ha risolto il problema delle differenze. Emancipare le alterità di genere, di classe, di età è possibile solo se le differenze emergono, se rompono la sovrastruttura capitale sotto cui giacciono. Le differenze al capitale provocano un timore panico, perché sono portatrici di esperienze, esigenze materiali, linguaggi non controllabili, mentre le indifferenze associate e giustapposte senza concetto sono rassicuranti. La metafisica erompe dal confronto-scontro tra le differenze, dall’esigenza di trovare un piano ontologico comune, per cui metafisica e politica sono tra di loro in intersezione. Diviene, dunque, imprescindibile ed urgente risemantizzare e risignificare il presente per poter riprendere i sentieri interrotti, per poter riconoscere la violenza della serialità, e riscoprire la bellezza delle differenze profonde e vere:

“La bellezza è tale solo se riflette la singolarità della persona e la sua prismatica complessità. Come l’opera d’arte, essa viene uccisa dalla mimesi e dalla serialità, e fiorisce invece laddove si sottrae al confronto narcisistico e alla dinamica invidiosa, imponendosi, nella sua aura e nella sua unicità, con la regale dignità della bellezza senza specchio[1]”.

Vivere in un mondo senza differenze e senza bellezza non è un destino, ma una scelta politica: ogni gesto, ogni parola può contribuire a conservare o a decostruire il presente. La responsabilità verso il presente storico passa attraverso l’azione quotidiana  che può contribuire a porre le condizioni per la prassi collettiva. Ancora una volta siamo dinanzi ad un bivio, sta a noi scegliere e responsabilizzarci verso la nostra vita e la comunità. La storia non è costituita da continuità predeterminate, la paura per le differenze rivela che la cultura neo-liberale teme il possibile, perché esso è sempre in agguato, è un fantasma che si aggira, malgrado in questo tempo terribile la speranza sia relegata all’archeologia della storia. Conservare le differenze significa non solo resistere, ma specialmente lavorare in modo carsico per la deviazione, per fessurare la cappa di piombo che grava sul mondo, affinché ciò possa avvenire bisogna riconoscere il totalitarismo neo-liberale nel quale uomini e donne precarizzati sono sussunti:

“Con il termine di “totalitarismo neoliberale” intendo allora non una specifica forma di stato o di governo, ma una concezione ideologica che intende creare un campo artificiale di posizioni, in cui ovviamente ci sia una sinistra, un centro e una destra, posizioni però ferreamente unificate dalla comune accettazione della fine  capitalistica della storia. Oggi siamo dentro questo totalitarismo neoliberale flessibile, e non ci sono vie di mezzo: o lo si accetta, magari con mille ipocriti distinguo, o lo i rifiuta, accettando di pagare le conseguenze del caso in termini di diffamazione e di emarginazione[2]”.

http://www.linterferenza.info/cultura/post-modernismo-neofemminismo-de-umanizzazione-esclusione-del-maschile-dalla-storia/?fbclid=IwAR1u0zVzXZ_oCsbn_a64FccNhr35ITGZboQ3QtWpnP_9ytoyWn21p0NP_mY
« Ultima modifica: Giugno 27, 2020, 02:20:33 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline fritz

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Re:Eccellente articolo sul sito di Marchi
« Risposta #1 il: Giugno 27, 2020, 08:43:35 am »
Articolo ben scritto, ma io continuo a pormi la domanda: ma queste persone, le quali avrebbero distrutto la famiglia e sminuito il valore dell'uomo per una maggiore società consumistica, non hanno paura che tutto ciò, un giorno, si ritorcerà contro di loro?

Non pensano che anche i loro figli/e potrebbero subire la violenza di una tale involuzione della società? NOn pensano che le loro mogli, spinte da questa pseudo-filosofia femminista, possano "impazzire" un bel giorno?

Oppure credono di essere talmente ricchi e potenti da non poter essere scalfiti da niente e nessuno?