Autore Topic: Cinema, uomini, solitudini e rabbia: "The Choirboys- I Ragazzi del coro"(Usa 197  (Letto 1485 volte)

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Offline Suicide Is Painless

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"The Choirboys - I ragazzi del coro"

{USA}, 1977, -INCOLTI-, -OLIMPO-, Robert Aldrich
1977, Robert Aldrich.

Un distretto di polizia di Los Angeles, la squadra della ronda notturna, quella che raccoglie il peggio ma forse anche il meglio degli agenti. Tra loro di raccomandati e leccaculo non ce ne sono e a simbolo di ciò c'è l'agente Spermwhale Whalen (Charles Durning, attore che pare nato per quei ruoli). A 6 mesi dal pensionamento, 30 anni in quella squadra; dai capi mai un complimento o un favore, ma dai colleghi massimo rispetto.

Gente che è tornata un po' rintronata dal Vietnam, molti single cronici non per scelta, un razzista indefesso, un altro torna a casa al mattino dalla moglie e questa non gliela molla. Ben assortiti e squinternati ma anche sodali tra loro e ogni tanto qualche festicciola rompe la routine. Pian piano, senza una trama definita, con un racconto di una serie di episodi, le varie figure emergono, e sarà un continuo alternarsi di momenti amaramente comici e di drammatici, non c'è una pausa, fino al finale, questo sì veramente duro.

[Improvvisando una “sorta” d’approccio psicologico di convincimento “al contrario” su una ragazza che sta minacciando di gettarsi giù da un palazzo] –“Dai, fallo vai, puttana, buttati!”-
Tim McIntire/Roscoe Rules

“Saluti, ed allucinazioni, Sergente Yanoff.”
James Woods/Harold Bloomguard

“I Ragazzi del coro” (1977, 23/12, prima uscita americana) di Robert Aldrich, è oggi diventato soltanto “Les Choristes”(2004) di Gèrard Jugnot, onesto film francese del 2004, a giudicare almeno da una ricerca su Google, dove l’inconfrontabile capolavoro di Aldrich sembra incredibilmente “sepolto” anche lì. E un po’ fa persino inc.
Eppure quando uscì, anche in Italia giustamente fece molto scalpore, e già prima dell’uscita era seguito da una larghissima e duratura fama di scandalo pari solo a quella di “Cruising”(’80) di Friedkin, così come era molto famoso il bellissimo libro dell’ex poliziotto di L.A., Joseph Wambaugh, da cui il film era tratto.
Film che, per merito del “tocco” di Robert Aldrich, demolisce come nessuno prima si era mai nemmeno avvicinato, non solo in America, ma ancor di più in Italia, la marcissima e arbitraria istituzione della polizia.
Molto più di quanto non riuscì a fare il comunque bellissimo best-seller di Wambaugh, però molto più prudente e “positivo” nei caratteri che il film, “I Chierichetti”, pubblicato nel 1975.
Difatti, bisogna spiegare che sul finale della sua splendida carriera Aldrich, come giustamente rilevò Kezich recensendo il film alla sua uscita italiana, Aldrich aveva raggiunto e creato per sé un particolarissimo stile che Kezich battezzò e coniò dell’ “Aldrich’s touch” come opposto possibile e “degenerato” del “Lubitch’s touch”, tanto famoso per la commedia hollywoodiana degli anni trenta come sinonimo inimitabile di ottimismo, grazia d’intenti, leggerezza stilistica e d’argomento.
L’”Aldrich’s touch”, che fosse applicato ai temi e ai toni della commedia –come qui ne”I Ragazzi del coro”, in cui ce ne sono molti, pur se in film molto disilluso e amaro, con un fondo veramente nerissimo e cupo- ne era l’esatto opposto più esteriore, la grevità e il pessimismo voluto e inseguito, il picaresco più barocco nei personaggi e nelle situazioni, assoggettato ad una fortissima disillusione esistenziale e personale oltre che professionale, nonostante gli enormi e numerosi successi anche di pubblico della sua carriera, un paio sui tanti, “Quella sporca dozzina”(’67) e “Che fine ha fatto Baby Jane?”(’62),dell’Aldrich più maturo, inserito in un’opera e un percorso filmico demolitorio e derisorio allo sbeffeggio più caustico, feroce, delle istituzioni, per le quali l’Aldrich di quegli anni mostrò tutto il suo più veemente, virulento, meravigliosamente ipertrofico, disincanto e disprezzo.
E qui in primis, confrontandosi con la prima e più importante comunità corporativa di servi dei padroni, la polizia. La “Thin Blue Line”, quel sottile confine divisorio che dovrebbe “ to serve and protected” dovrebbe, la società “sana” dal crimine…
Forse, solo insieme al molto simile e reciprocamente, molto stimato Peckinpah, c’era in quel periodo un regista comunque proveniente dal sistema hollywoodiano degli anni’50 e ’60 così visceralmente, e affascinantemente però contraddittorio, come Aldrich.
Una carriera quella di Aldrich, che in ogni genere affrontato e gli ha affrontati praticamente tutti, non ha mai accusato il benché minimo declino, e che anche con “I Ragazzi del coro” riuscì a realizzare un’opera unica, irripetibile e inconfondibile, del suo personalissimo style, addirittura in quello stesso anno finì la quasi contemporanea lavorazione di un vero e proprio capolavoro, solo di recente riconosciuto per il suo reale valore e coraggio profetico, il fantapolitico “Ultimi bagliori di un crepuscolo”(Twilight’s Last Gleaming)(’77).
Fantastico il numeroso e compositamente ineguagliabile, cast.
Con Charles Durning in uno dei suoi rari ruoli da protagonista, come al solito bravissimo, alla guida di una compagnia di attori irresistibili, compresi alcuni noti caratteristi della televisione degli anni’70 come Vic Tayback il cuoco della popolare serie “Alice”, bravissimo nel fare lo sbirro della buoncostume, lo “specialista” nel fare le checca di mezza età adescatore di froci nei gabinetti pubblici, Burt Young subito dopo Paulie di “Rocky”, semplicemente fantastico come detective umano e della sezione minorile, Don Stroud, Randy Quaid il fratello brutto ma bravissimo di Dennis (“L’Ultima Corveè”(The Last Detail)(’73)di Hal Ashby, con Jack Nicholson), Louis Gossett jr. prima dell’Oscar per il ruolo del Sgt. Istrut. di“Ufficiale e gentiluomo”, James Woods, Perry King il poliziotto a cui piace il bondage –strepitoso il personaggio della “professionista” per sadomasochisti, Clyde Kusatsu, Chick Sacci, Robert Webber, Charles Haid, Blair Brown di cui già avemmo parlato complimentosamente per “Chiamami aquila”, David Spielberg, George DiCenzo,Tim McIntire e chi più ne ha ne metta, tutti di alto livello.
Menzione ineludibile nel ricordo però al personaggio di McIntire/Roscoe Rules, poliziotto ottusissimo e violento, razzista e sessuomane/sessista, oltre che naturalmente, omofobico, il quale ci regala forse la più bella sequenza dell’intero film, e Aldrich a questo personaggio ne ha regalate molte.
Quando insieme al “partner” Perry “Riptide” King/Baxter Slate, si recano a “sedare” dei violenti disordini in un palazzo popolare di neri e portoricani.
Ovviamente, finiranno per essere giustamente massacrati di botte entrambi, dai portoricani e dai neri adesso insieme, tutto per colpa dei metodi a dir poco brutali e violenti di Roscoe Rules, che per affermare la propria belluina autorità strappa un baffo sanguinolento dalla faccia del capofamiglia portoricano (un tipo enorme e dall’incazzatissimo sudore all’aglio) davanti a tutti, credendo di poterlo fare per umiliarlo e sminuirlo agli occhi di tutti, dei suoi come dei neri.
Quello che in un crescendo di violenza parossistico e parodico insieme succede dopo, grazie all’esplosiva regia di Aldrich assume quasi un tono tra il crudo e il fracassone, il drammatico e lo sgangherato, momento perfetto ed epitomico di un film che vuole essere maudit, e riesce ad esserlo scientemente.
“Intervento esemplare” sarà l’unica cosa che riuscirà biascicando a profferire a mò di mesto sberleffo, il giovane collega a Rules, prima di perdere i sensi in attesa dell’ambulanza, con la faccia e la testa rotta a perdere copiosamente sangue.

Un film maledetto, che tra i primi, si addentra ad esplorare il disfacimento morale delle grandi città degli Stati Uniti come L.A., in piena “era” post-Vietnam.
E anche mostrandoci le “mine vaganti” che erano molti reduci traumatizzati, come nel film i personaggi dei due poliziotti, Don Stroud/Sam Lyles claustrofobico per trauma subito in guerra , e il suo collega James Woods/Harold Bloomguard.
Bellissimo tra l’altro l’inizio prima della sequenza dei titoli di testa, con i vietcong che gli cercano in una grotta con i lanciafiamme, e Woods con la mano premuta su Stroud in preda al terrore, nell’oscurità gli impedisce di fare rumore per un intero minuto. Origine del trauma che sarà all’origine della sua claustrofobia, sequenza a cui con uno stacco incredibile e improvviso fa seguito la sequenza dei titoli con la musica d’organo e un pugno guantato di pelle nera da uniforme di poliziotto sfonda la vetrata artistica colorata, a “quadro contro luce”, da chiesa.
E attacca “I’ve Been Working on the Railroad” riarrangiata dal grande Frank De Vol, compositore quasi fisso di Aldrich, per le colonne sonore.
Si tratta di un ritualistico coro maschile, che ben delinea quella che sarà la marcia e deviata “mascolinità” su cui è incentrato il film.
Ritualismo da “chierichetti” che come metaforizzava bene il romanzo, sarà poi praticato anche durante la loro appartenenza da Stroud e Woods come dagli altri, nel Corpo della Polizia di Los Angeles (la “mitizzata” L.A.P.D. di un’infinità di film e telefilm), nel quale sguazzeranno a modo loro in debosciati baccanali tra rancorose sbornie alcooliche a cascata, battone, colleghe-puttane, o colleghe nevrotiche e frustrate, e basta.
Fantastica la scena in cui Barbara Rhoades (“Senza palle”-nella letterale trad.italiana del suo “nomignolo”-Hadley) senza slip e con solo l’accappatoio addosso perché è appena uscita dalla piscina, si siede su di un tavolino da caffè di vetro trasparente, e Chuck Sacci (“Padre”-come fosse un prete-Sartino) (il Bluto Blutarski/John Belushi di “Animal House” del Dipartimento di Polizia) nascosto sotto al tavolino slurpa con le labbrone e la lingua al vetro in prossimità della vulva di lei.
Segue una volta scoperto ovviamente,–sarà anche per com’è brutto, e perennemente sbronzo e trasandato- reazione isterica e violenta di “Senza palle”Hadley…
La sequenza strepitosa in cui Durning/Balena Whalen (in originale “Spermwhale, Whalen”) e Perry King/Baxter Slate incastrano pistole alla mano il loro superiore stronzo George Di Cenzo/ Tenente Grimsley a letto in un motel a ore con una mignotta da loro ingaggiata.
O quando lo sbronzo e ancora più stronzissimo McIntire/Roscoe Rules viene ammanettato ad un albero del Griffith Park a Downtown, L.A., dove la “squadraccia” fa le sue “festicciole”notturne alla finedeil turno di servizio, tra una birra e una battona, tre battone e due birre.
Insomma, dicevamo, ammanettato a “bùo punzone” come si dice a Livorno, coi pantaloni abbassati e offrendo dilatato l’ano peloso, perché è stato talmente stronzo che ad uno scherzo dei suoi colleghi nemmeno più trucidone del solito, s’è messo a sparare con la pistola d’ordinanza rischiando di fare secco qualcuno.
Insomma, lasciato solo così non passerà di lì a poco la più macchiettistica delle checche da “cesso pubblico nel parco” che tanto piaceva a George Michael…?(proprio lui fu arrestato lì, mentre “provò” di “addescare” un poliziotto, Griffith Park, L.A.) Uno tutto vestito dalla giacchetta in giù di rosa, compreso –mi pare- il barboncino al suo guinzaglio, che incomincerà a concupirlo e volerlo “slusciare”, scosso dalla notturna occasione “offertagli” così lussuriosamente “vertiginosa”, per lui.
Reazione ovviamente imbelvita e trucidissima del nazistoide Rules, splendidamente comica, in quanto non può nulla perché ammanettato.
Poco prima tra l’altro, durante un “intervento”sempre lo stronzissimo e abbietto Rules aveva provocato il suicidio vero di una aspirante tale, una giovane ragazza di colore sconvolta, seduta sul bordo del tetto di un palazzo,
incominciando data la pericolosa frustrazione e rabbia repressa del personaggio, ad insultarla razzisticamente e sessualmente, pensando lui così di “smuoverla” e cogliendo anzi sicuramente, il tragico e agghiacciante effetto opposto.
Basterebbe citare com’è doveroso queste sequenze, per riuscire a restituire forse un minimo qual è il “marchio di fabbrica” aldrichiano di questo film, la demenza degradata di un pazzoide gruppo completamente al maschile, che non può avere propositi morali, e chi di loro ne ha, se ne ha, (come certamente in parte e alla sua maniera ma comunque avendoceli, per proteggere i “suoi” uomini e mettere così la sua prossima pensione in gioco,il personaggio di Durning/”Balena”Whalen) , è destinato irrimediabilmente alla sconfitta, perché si dovrà scontare con una morale “nazionale” ancor più depredata e degradata, nelle e dalle istituzioni, che dell’abuso hanno costituito “la” norma.
Qui, esemplarmente rappresentate/a dal Capo del Dipartimento Riggs (un sempre grande Robert Webber).
Quanto mai sempre attuale, o no…?
L’intento registico di Aldrich fu di demolire talmente l’istituzione dell’L.A.P.D. da far sì che Joseph Wambaugh, pur sempre un’ex poliziotto dello stesso Dipartimento e autore come detto dell’originale best seller (libro che vende bene, ancora oggi ogni anno nel mondo, insieme al sempre suo “The Onion’s Field”(Il Campo di cipolle), da cui fu tratto un altro bel film -non quanto quello di Aldrich, però-, diretto nel 1979 da Harold Becker, con protagonista uno splendido James Woods.); si dissociasse dall’adattamento a film del libro sganciandosi dalla sua lavorazione per poi rinnegare e citare addirittura in giudizio Aldrich, infatti la molta agiografia dell’L.A.P.D. presente nel libro ad uso e consumo degli stessi “ragazzi” ex-colleghi di Wambaugh non poteva che scontrarsi frontalmente con il “tocco” sprezzante e demolitorio, sublimemente “grossolano” di Aldrich, tant’è che dopo l’uscita del film Wambaugh accuserà Aldrich persino di “autoritarismo” nella realizzazione dell’opera, ma è innegabile che nonostante queste accuse e questi conflitti, nessuno meglio di Aldrich poteva individuare la vera angoscia che si celava dietro tutte quelle divise ritratte alla fine abbastanza agiograficamente da Wambaugh.
La pervasiva crudezza di tutto il film, che senza mezze misure (altro “forte” dell’Aldrich “post” “L’Imperatore del Nord”(The Emperor of the North Poole)(’73), probabilmente il suo capolavoro massimo, dei’70) ostenta alla “M*A*S*H*”, laddove nel capolavoro di Altman era quasi sempre “piacevole”, in “The Choirboys” al contrario è quasi sempre acre e appesantità di amara/e grevità.
Anche per ciò i punti di contatto , come film “precursore” dei film della serie di “Scuola di polizia” (seppur il primo [‘84]di Hugh Wilson, era un ottimo prodotto d’”evasione”fintamente “eversivo”) li possono vedere solo alcuni “dementi”, in quanto –e soprattutto-“I Ragazzi del coro” è veramente, e oggi ancor di più un film ideato concepito, e creato, per “battere il sistema” nell’unico modo forse possibile, con il delirio di personaggi alla fine da esso espulsi in quanto “spurghi”, come il grandissimo “Balena” Whalen/Charles Durning, mentre film come quelli di “Scuola di polizia” alla fin fine sono essi stessi parte di quel medesimo sistema. Non potranno mai “accodarsi” ad un film come quello di Aldrich, che le “file”, le “rompe”.
Non si può ma, che come spettatori, accodarsi all’irresistibile sghignazzante, drappello della “Sporca dozzina” dell’L.A.P.D., personaggi desolati dalla vita,(i “characters”di Burt Young, Charles Haid, Vic Tayback, Blair Brown) che devono abituarsi a “scorrere nella merda”, come da imbattibile battuta ad un suo superiore di “Balena”Whalen, durante il film …
-“Io so solo che la merda rotola in discesa, e noi, siamo esattamente in fondo ad una vallata”.-
Poi copiata, e ripresa da tutti, in altri film.

Suicide Is Painless
Neil McCauley/Robert DE Niro [ultime parole]:- "Visto che non ci torno in prigione?"
Vincent Hanna/Al Pacino :-"Già."
Noodles:"I vincenti si riconoscono alla partenza. Riconosci i vincenti e i brocchi.Chi avrebbe puntato su di me?"
Fat Moe:"Io avrei puntato tutto su di te."
Noodles:E avresti perso.

Offline Vicus

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“battere il sistema” nell’unico modo forse possibile, con il delirio di personaggi alla fine da esso espulsi
:clapping: A cambiare il sistema non saranno le inutili guerre o le finte rivoluzioni, ma le crescenti masse di discoccupati e marginali che la società non riesce a integrare. E senza muovere un dito: anche il non agire è azione.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.